Io e Giovanni parte sesta. Epilogo

di
genere
trio

Io e Giovanni parte sesta.
Epilogo
Il pomeriggio con Lidia aveva individuato una radice scoperta nel rapporto tra me e Giovanni. Ero certo che tutto quello che facevamo avrei potuto ripeterlo a fotocopia, tale era la mia infatuazione per quel ragazzo. Ma, pur continuando a sentire i battiti cardiaci aumentare ogni volta che entrava nel mio campo visivo o meglio ancora quando il suo profumo acre da adolescente inondava le narici o le papille gustative ne apprezzavano il sapore; il pensiero di essere posseduto mi bloccava, mi esortava a pensare come innaturale quel rapporto che fino al giorno prima, vivevo come una meravigliosa sorprendente storia d’amore.
Adesso avrei proprio voluto capire cosa significasse tutto questo per lui, mi sentivo improvvisamente alquanto confuso. Inutile, Giovanni non si sbottonava, anzi, si arrabbiava se solo tentavo di estorcergli qualsivoglia esplicitazione di sentimento o sensazione, anche durante i rapporti sessuali. Nulla da dire, era bello e basta; non c’era bisogno di aggiungere altro. La cosa mi destabilizzava. I nostri incontri continuavano come sempre. Proseguirei con decine di storie che però risulterebbero tutte uguali o quasi. Non mi chiese più di andare da Lidia per i successivi quattro mesi ed a tutte le richieste di lei, non mi risulta abbia mai fornito alcuna spiegazione.
Continuava ad accompagnarmi al lavoro ed a riportarmi a casa per stare assieme e fare le nostre solite sedute di sesso e funzionavano alla grande. Ci scambiavamo sempre meno baci e carezze, tuttavia, persisteva l’abitudine all’esercizio dei “sessantanove” infuocati con orgasmi tirati fino all’esasperazione, oppure, seguendo i suoi desideri lui non eiaculava per godersi una bella scopata con sborrata finale che gli inondasse l’intestino. Ovviamente Giovanni non parlava così apertamente, erano deduzioni le mie, prese da qualche frase che gli sfuggiva qua e la. Per esempio uno di quei giorni mi disse io vengo dopo, strusciandomi sul lenzuolo sotto i tuoi movimenti, contemporaneamente a quando vieni tu così sarò a posto. Intendendo che aveva inghiottito la mia sborrata in bocca e teneva quella in culo gelosamente stretta, la sua avrebbe disegnato una carta geografica sul lenzuolo sigh!
Non mi interessava dover cambiare il lenzuolo, non dovevo risponderne ancora a nessuno, ma avrei voluto vederci chiaro in quello che provavo, come avrei fatto a vivere senza di lui se avessi deciso di mollarlo una volta sposato? Non avrei più avuto la possibilità di condividere il letto e l’amore durante la notte e comunque pur continuando a sentirmi stregato dalla sua presenza, dai suoi profumi e sapori, il senso di inquietudine che mi pervadeva ogni volta che ci lasciavamo, era sempre più preoccupante.
Cosa temevo oltre al fatto che mi chiedesse la reciprocità nell’accoppiamento? Non mi ci volle molto a darmi la risposta che probabilmente da sempre sapevo ma della quale non mi ero mai preoccupato: Giovanni non mi disse mai un banale ti voglio bene, mai un futile mi piaci, mai un comunissimo ho voglia di te. Bastava un massaggino, una carezza, un’occhiata e tutto l’ingranaggio si metteva in moto e la macchina percorreva l’intero tragitto che variava a seconda dell’orario del posto e del tempo a disposizione, ma niente di più. Mi era sempre andato bene così, adesso qualcosa era cambiato.
Con sua cugina (la mia fidanzata), avevamo deciso la data delle nozze ed ero certo che a lui non avrei potuto dirlo alla leggera. Qualcosa era cambiato anche per lui. Da un paio di settimane frequentava una mia vecchia fiamma. Gilda, (la mia ex spasimante), era convinta l’avessi contattata per uscire assieme, invece, quella sera mi presentai con Giovanni. Lui non sapeva nulla, feci apparire tutto come un caso. Sin dal primo approccio Gilda lo guardò con interesse. Ci sentimmo al telefono a tarda notte, eravamo a letto e Giovanni stava succhiandomi accovacciato fra le mie gambe. All’apparecchio lei era furente per la manovra che avevo architettato e mi riservò parole infuocate. Mi paragonò alla sensibilità ed alle buone maniere del mio amico, che le era parso gentile educato e onesto e non un doppiogiochista come me.
Giovanni portò a termine il pompino e si girò a dormire, non ci dicemmo nulla. Stetti fuori tre giorni per lavoro, al rientro venne a prendermi e facemmo una bella seduta notturna di sesso. Dopo aver sborrato sul lenzuolo con il culetto,< pieno del mio godimento, si girò per dirmi che la sera prima aveva portato Gilda a casa mia e avevano scopato. Lei gli aveva detto che era bravo a fare all’amore e si erano messi insieme come fidanzati. Me lo diceva così in modo asettico, come se la cosa riguardasse un altra persona. Ed aggiunse, prima che potessi aprire bocca: del resto anche tu hai mia cugina che continui a scopare.
La cosa mi lasciò di stucco. Secondo la mia lettura, aveva scopato Gilda e si erano messi assieme solo perché anch’io avevo una donna con la quale facevo sesso. Messe così le cose non potevo certo dirgli che di li ad un paio di mesi avrei preso moglie. Con Gilda tra i piedi, pensai che i giochi potessero cambiare, inoltre, arrivò una proposta di lavoro ad impegnarlo a tempo pieno, quindi sfumarono tutte le occasioni dei “pompini all’autista” consumati nei tragitti casa lavoro. Ma le notti a casa mia rimasero sia per le sere del dopo tennis, sia a tarda sera, quando lasciate le rispettive partner rientravamo e ci trovavamo da me.
Una di queste sere iniziai a lavorarmi l’amico raccontando e facendomi raccontare (sempre per la regola della reciprocità), come si svolgessero le sedute amorose con Gilda. Credevo si sarebbe opposto, invece con voce piatta mi raccontò ogni particolare. Mi descrisse le posizioni: del missionario, a pecora, a sponda, in posizione fetale riusciva a farla urlare dal piacere/dolore. Ed a mia volta descrivevo le mie e quando tentai di portarlo ad elencare le emozioni che la partner manifestava nell’amplesso, dribblando si schernì che quelle erano cose inutili da descrivere, era chiaro che a Gilda piaceva ciò che facevano quindi niente da aggiungere.
Una di quelle sere ammise di aver ricevuto una telefonata da Lidia; (io la vedevo al lavoro e ogni tanto scopavamo quindi sapevo che l’aveva chiamato decine di volte in quei tre mesi e mezzo). Mi comunicò che avrebbe intenzione di andarci, se fossi riuscito a liberarmi il giovedì pomeriggio della settimana successiva; lui era libero dal lavoro e non voleva farlo sapere a Gilda. Acconsentii e parlandone con Lidia mi raccomandai di non uscire con strane scenografie. Lei rise, sapevo che ad una cavalla pazza come lei non si poteva certo comandare ed in campo sessuale era sempre un fiume in piena. Mi andava bene abbassare la guardia condividendo con un’altra persona la malsana passione che mi aveva pervaso per quel quasi coetaneo.
La settimana che ci separò dal convivio in casa di Lidia fu molto impegnativa per me; rimasi fuori per lavoro in due diverse città e ci sentimmo solo per telefono. Al rientro dedicai il primo pomeriggio libero alla mia fidanzata e la sera, Giovanni non riuscì a liberarsi da un impegno con Gilda che si protrasse fino a tarda ora, lontano da casa, per cui dormirono in albergo. Lo sentii molto contrariato al telefono e non compresi il motivo visto che era stato lui a darle il consenso ad accompagnarla; pensava di fare in tempo a rientrare. Avrei voluto anch’io trascorrere la notte assieme gli dissi (da parte sua, nessuna risposta).
Il pomeriggio successivo a casa di Lidia, solita scena da rapimento, subito baci e palpeggiamenti dall’androne, in ascensore e nel salotto. La prima scena però la donna l’aveva prevista in camera da letto, ci chiese di denudarci tutti per guardarci, era da troppo tempo che non ci osservava e voleva vedere se eravamo cambiati. Qualche commento sulla mia abbronzatura integrale e sulla pelle ambrata al naturale di Giovanni, poi l’assalto alla diligenza con un cazzo in bocca e uno in figa, a turno, era lei a decidere chi e quando. La posizione? Lidia a quattro zampe, ben piazzata, roteava il bacino vigorosamente e con una mano dava robusti colpi di sega al cazzo che aveva in bocca, ammonendoci di non sborrare finché non lo avesse deciso lei.
Era la solita solfa! Oramai non mi eccitava nemmeno ma guardando la serietà e l’impegno di Giovanni che sistematicamente e senza nemmeno cercare di nasconderlo, fissava il mio cazzo in azione l’eccitazione faceva cento! La mossa successiva la concordò parlando con Giovanni all’orecchio. Lui non lasciò trasparire nulla, si avvicinò e mi fece sedere sul letto con la schiena appoggiata ai cuscini, poi prese qualcosa dal comodino senza che riuscissi a comprendere cosa stesse facendo, ma l’azione successiva fu eloquente: si sedette letteralmente a spegni moccolo sul mio cazzo, limitandosi ad emettere un leggero sospiro. Una volta accomodato, iniziò una danza ritmata che mi toglieva il fiato per la vicinanza del suo volto con gli occhi piantati sui miei.
La bocca semiaperta che avrei voluto baciare ma lui non accennava a farlo ed io ne rimanev
o intimorito, era come se lo vedessi per la prima volta. Lidia si era seduta di lato ed accarezzando Giovanni, ci guardava come per studiarci. Desideravo accarezzarlo e baciarlo ma non riuscivo a muovere un muscolo e lui si muoveva come se non avessi un corpo attaccato al cazzo, ma si trattasse semplicemente di un dildo. Stavo male per quella situazione e dopo un poco, visto che nulla si modificava, ma continuava quella scena per me senza senso, dissi un perentorio “Basta”! invitando l’amico a smettere. Lui si limitò a scivolare seduto sul letto mentre Lidia protestò dicendo che si trattava solo di un gioco e non comprendeva perché non mi fosse piaciuto. Avevo capito troppe cose che già sapevo ed il comportamento di Giovanni era diventato puro cinismo.
La cosa per me finiva li, mi rivestii dicendo che avrei atteso Giovanni in auto. Lidia non commentò abbracciando l’amico e portandoselo accanto si chinò a succhiargli il cazzo. Giovanni non disse nulla. Uscii e cercai di riordinare le idee soprattutto tentai di calmare quel caleidoscopio di emozioni tra loro contrastanti che stavo vivendo. L’innamoramento per l’amico era un dato di fatto, ma su tutto aveva priorità l’idea di costruire la mia famiglia ed il rapporto così non dichiaratamente corrisposto con Giovanni non mi lasciava tranquillo. Avrei potuto andare in tilt se di punto in bianco avesse preso decisioni diverse dal nostro quotidiano e sentivo di non potermi fidare di lui.
Scesi le scale volando gradini e pianerottoli fino a trovarmi in strada dove salito in auto mi accomodai al posto di guida. Non feci in tempo a pensare cosa fare, sentii la porta aprirsi e l’amico si accomodò silenzioso sul sedile passeggero. Non volevo mettere in moto e prendere decisioni per primo, fu lui a dirmi; dai metti in moto ed andiamocene, qui non abbiamo più nulla da fare. Anzi, continuò con tono monocorde, non avremmo neanche dovuto venirci visto il gioco che ci ha fatto l’ultima volta. Già, continuai, ma non sei mai stato chiaro con lei!
Quasi mi assalì, sai che quello che faccio con te volevo rimanesse segreto e che nessuno mai lo avrebbe dovuto sapere, anzi, nemmeno sospettare! Gli ricordai quello che Lidia aveva già chiaramente letto tra noi, ma stavo parlando ad un muro da rimbalzo. Poi, incalzai, quello che ha più da perdere sarei io che tra un paio di mesi mi sposerò! Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Divenne furente e mi gridò in faccia tutta la sua delusione. Alla fine parlavo e parlavo ma lo abbandonavo sposandomi e lui si sarebbe trovato nuovamente solo.
Tentai di fargli notare che adesso aveva anche lui una donna con la quale scopare, ma non ci fu storia. Non voleva vedermi più, non venne a casa mia ne andammo in piscina o al tennis. Non sapevo che fare, gli rubai ancora qualche pompino ma per sua stessa ammissione si trattava di vere estorsioni, per l’eccitazione che ero ancora in grado di creargli, ma era finita. E così terminò tutto. Lui venne al mio matrimonio ma io non andai al suo. Ci si vedeva solo quando i parenti di mia moglie si incontravano tutti, ma eravamo due estranei.
Non ci fu mai alcun chiarimento ulteriore, mi rimane un ricordo “panico” dell’intera vicenda. Capii con Giovanni come avrebbe potuto essere una vera storia d’amore con un uomo. Compresi cosa vuol dire desiderarlo ed essere vittima della sua seduzione fisica e, come accade per le storie con una donna, le infinite incomprensioni, i ricatti ed i fraintendimenti. L’amore, alla fine o è un dono incondizionato dove chi più ama più dona, oppure, chi ama maggiormente paga a piè di lista cedendo terreno e capitale ad ogni piccola scaramuccia, Giovanni mi ha ubriacato ma anche costretto a disintossicarmi quasi con la stessa velocità. Non lo potrò dimenticare mai.
scritto il
2021-12-19
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