Mi scopo mia figlia G. (parte II)
di
Rosco_p
genere
incesti
Giulia spuntò dalla sua camera con la borsa a tracolla e, frettolosa come sempre, diede un bacio a sua madre poi uno a me che, mentre le offrivo la guancia fresca di rasatura al gel, le chiedevo perché non si fermasse neanche quella mattina a fare colazione con noi.
Afferrando e mettendosi tra i denti bianchissimi e smaltati una fetta biscottata biascicò che doveva seguire un corso all'università ed era già in ritardo. Mia moglie Laura ancora in vestaglia e senza voltarsi dal lavello dove armeggiava con le stoviglie, le chiese se ci sarebbe stata almeno a pranzo e lei rispose che avrebbe mangiato un'insalata al McDonald's con Andrea.
Quando Giulia si sporse per baciare la madre l'occhio mi cadde sulla sua gamba lunga, liscia e tornita, velata da un collant scuro; scese al bel polpaccio che usciva da uno stivaletto di camoscio e poi risalì fino al bordo della gonna, che, notai, si era appena sollevata mostrandomi il dietro della coscia. Non era il suo un abbigliamento disinibito ed equivoco, mia figlia era una ragazza elegante ed estremamente seria; era però anche bellissima e con un fisico perfetto nelle sue forme non esagerate e meravigliosamente armonizzate fra loro. Era quindi naturale che, anche con un indosso una normale gonna di velluto, potesse suscitare pensieri arditi e impudichi in chiunque incrociasse il suo cammino, e ad un padre fa un effetto non piacevole l'idea che la propria principessina popoli le lascive fantasie di chissà quanti sconosciuti.
Dopo che mi diede il bacio la salutai ricordandole che lei era appunto la mia principessa e Giulia sorrise, incalzai dicendole che il "suo" Andrea doveva tenerlo bene a mente, e il suo sorriso divenne una squillante risata che sentii scemare mentre si allontanava verso il portone.
Quando restammo soli scambiai qualche parola con mia moglie su Andrea che, dopo i vari e classici flirt amorosi da adolescenti e le storie succedutesi per alcuni anni, pareva che fosse per nostra figlia il primo legame serio, e convenimmo che fosse un bravo ragazzo. Stavano insieme da circa tre mesi ma a me e alla madre era già un anno che lo nominava quando raccontava dei suoi amici.
Passarono altri sei mesi ed il legame tra mia figlia ed il suo ragazzo andò avanti in piena armonia e con grande soddisfazione per entrambi i giovani. Un po' meno -lo confesso- per noi genitori che dovemmo poi accettare la loro decisione di andare a convivere in un appartamentino preso in affitto a qualche km da casa nostra. Giulia aveva comunque 28 anni ed era più che giusto che prendesse la sua strada che, inevitabilmente, la portava fuori dal nido familiare.
Aiutammo la coppietta nel trasloco che ci impegnò per una buona settimana e questo servì per dare a me e a Laura la possibilità di conoscere in maniera ancor più stretta Andrea che confermò la nostra impressione sul fatto di essere un bravo ragazzo. Notai che era un tipo a cui piaceva divertirsi ma senza esagerare, e comunque nel senso più positivo del termine, e a cui non mancavano le battute di spirito e il sarcasmo. Un ragazzo insomma affabile e alla mano, e la cosa soddisfò entrambi.
Comunque, l'ultimo giorno di lavoro io e Andrea lo dedicammo a piccole rifiniture, roba di viti, chiodi, bulloncini e pinze e cavi e cavetti da sistemare in giro, e per farlo non ritenemmo necessario l'aiuto delle donne. Quindi Laura restò a casa a preparare per il ritorno di Miriam, la nostra secondogenita di 19 anni che rientrava da una gita con la classe del liceo scientifico che frequentava a Modena; mentre Giulia sbrigò diverse faccende tra l'università, il commercialista e la spesa. Faccende che la tennero fuori casa fino al tardo pomeriggio, e così io e Andrea ne approfittammo per concederci più libertà nel chiacchierare tra una girata di bulloni e un passaggio di cavi e una rinfrescata di gola a sorsi di birra.
Ci ritrovammo così a parlare anche di donne (dopotutto, per quanto seri e con la testa sulle spalle, eravamo pur sempre due maschi e ci fu naturale concedersi qualche battuta sull'argomento) e di Calcio e Motori, ma fu sull'argomento 'donne' che ci lasciammo un po' andare. La frequentazione intensa di quei giorni per via del trasloco aveva allentato quell'imbarazzo e quella rigidità che può esserci tra 'suocero' e 'genero' (anche se non ancora effettivi) e questo ci portò così a scambiare qualche impressione su questo o quel tipo di donna e a liberare qualche fantasiola.
Quando Giulia rientrò io e il suo Andrea liquidammo quei discorsetti da niente con una risata e lei si compiacque nel vederci andare tanto d'accordo. Rientrò con due buste della spesa, e visto che i lavoretti non erano del tutto completati, anche se mancava solo qualche dettaglio, decise (senza accettare dinieghi) che mi sarei fermato lì per cena. Poi posò le buste sul bancone che faceva da divisorio tra cucina e salotto, si liberò del borsone col pc che portava a tracolla e disse che andava a cambiarsi.
L'appartamento era a due piani e scese dopo pochi minuti. Si era tolta l'elegante tailleur scuro per concedersi una comodissima tenuta da casa: una canottiera blu e degli short sfrangiati estremamente corti e stretti al punto che, notai, le mettevano in risalto il sottochiappa morbido. Lo notò anche Andrea che dopo aver fissato quel particolare mi guardò sorridente, come se cercasse un'intesa con me, ma io lesto volsi lo sguardo verso le ultime viti da inserire nei ripiani a muro del salotto.
Dopo una decina di minuti Giulia ci chiamò per farci mettere a tavola e consumare la semplice ma gustosa cenetta che aveva preparato al volo. Spiluccammo allegramente diversi antipasti (che in pratica fecero da cena effettiva) accompagnandoli con tante battute e innaffiandole con altra birra fresca, che si aggiunse al paio di lattine bevute a testa durante il giorno, e l'atmosfera si fece ancor più leggera e scollacciata tanto che ad un certo punto cominciò a girare sul tavolo una canna.
Sinceramente non sentii se i ragazzi avessero prima proposto la cosa, solo supposi che essendosi stabilita una ottima confidenza avevano pensato che rollare una canna non avrebbe creato nessun problema, e infatti la cosa non me ne creò alcuno.
Mi piacque tornare a fare un giro di fumo dopo tanti anni. Mi piaceva tornare a sentirmi come ai tempi in cui ci ritrovavamo con gli amici del liceo a passare le serate rinchiusi nello scantinato di uno di loro, a pompare musica dai subwoofer ed a passarci la canna, dando delle profonde boccate e sballando di piacere. E così sorrisi nel vedere Giulia e Andrea scambiarsela sorridendo a loro volta e ridacchiando con una complicità che ammetto mi procurò una certa invidia, e fu anche per questo che subito mi accodai a loro e invitai mia figlia a passarmela.
A quella canna ne seguirono un altro paio, insieme a dei bicchierini di vodka, poi persi il conto e pensai solo a chiacchierare con Andrea, restando seduti a tavola mentre, ad un certo punto, Giulia andò ad accomodarsi sul divano che in pratica, per la mancanza di una vera parete, ci veniva proprio di fronte, regalandoci l'immagine di lei che stanca e parecchio intontita dal bere e dal fumare ci crollò sopra addormentandosi subito.
La posizione che prese era scomposta e le mise in risalto le tette che oltretutto non erano costrette dal reggiseno. Appena rientrata a casa infatti salì in camera e se lo levò insieme al tailleur, lasciandole così libere di (lo confesso) imbarazzarmi.
Senza rendermene conto la fissai per un po', era proprio una gran bella figliola la mia Giulia, con quella seconda di seno che per tutta la serata pareva mi ammiccasse dalla larga scollatura di una misera canottiera di cotone.
Andrea mi destò facendo un colpo di tosse ed io, sempre più imbarazzato, mi stropicciai gli occhi con i polpastrelli dicendo che ero stordito e che si era fatta l'ora che tornassi a casa. Lui sorridendo mi porse il mozzicone per, disse, l'ultima tirata di fumo, ed io stupidamente accettai. Per tutto il tempo che mi ero più o meno inconsciamente fissato con gli occhi sul bel corpo di Giulia aveva regnato un silenzio assoluto; per tutto quel tempo Andrea aveva osservato me che squadravo le grazie di mia figlia esposte in maniera oscena ma inconsapevole, e la cosa dapprima lo aveva stupito poi intrigato e spinto ad alzarsi da tavola e raggiungere la fidanzata. A quel punto mi alzai deciso ad andarmene ma prima, com'ero solito fare a casa, impilai uno sull'altro i nostri piatti e vi raccolsi sopra le posate mettendo tutto nell'acquaio; gettai le lattine di birra vuote nella pattumiera e conservai in frigo le fette di crudo avanzate. Davo le spalle ai due ragazzi e sentii Andrea accennarmi che non c'era bisogno che mi scomodassi ma gli risposi che visto che lo facevo spesso per dare una mano a mia moglie perché mai non avrei dovuto farlo per mia figlia?
Quando ebbi finito di dare una sistemata mi voltai per salutare e mi si presentò davanti l'immagine di Andrea che, appoggiato sul bracciolo della poltrona, era intento ad accarezzare Giulia. Prima sulle cosce lisce e snelle che percorse su e giù più volte, poi sul ventre che prese a massaggiarle con fare languido per poi infilarle le dita sotto la canottiera e con movimenti lenti e studiati dedicarsi alle tette, palpeggiandole e stuzzicandole i capezzoli.
Giulia, seppur mezza addormentata e stordita dal fumo e dall'alcol, iniziò a mugolare ed a muoversi seguendo i movimenti dettati dalla mano del compagno. Mostrando così di apprezzare l'intraprendenza di quelle dita. Era chiaro che non si rendesse più conto del fatto che suo padre si trovasse là e che potesse vedere e sentire tutto.
La situazione era del tutto surreale, con me che fissavo imbambolato loro due che amoreggiavano. Fissavo mia figlia palpata e frugata nell'intimità dal suo ragazzo e quando ogni tanto incrociavo gli occhi di Andrea e la sua espressione, notavo la sua eccitazione e la sua soddisfazione nel farmi capire che percepiva il mio imbarazzo. Percepiva la mia inspiegabile incapacità di darmi una scrollata e guadagnare l'uscita da quell'appartamento, ma percepiva anche la mia eccitazione. Capiva, attraverso il mio respiro sempre più affannato e i miei occhi fissati su di loro, quanto fossi catturato da quella sequenza. E mia figlia, che restava sempre intontita, continuava a godere e a muoversi scossa dai fremiti di piacere che lui le dava.
Andrea si lasciò prendere dalla situazione che lui stesso stava creando, e resosi conto del mio profondo sconcerto e confusione decise (e non capirò mai cosa gli prese in quel momento) di spogliare Giulia davanti a me!
Le sollevò la canottiera arrotolandogliela sotto le ascelle; mettendo sfacciatamente a nudo le bianche e graziose tette di mia figlia, che prese subito a palparle facendo risaltare la loro morbidezza. Le pizzicò i capezzoli duri e si chinò per leccarglieli e giocarci con la punta della lingua. Poi alzò lo sguardo, sbirciando con un ghigno malizioso verso di me che assistevo alla scena, con la bocca completamente asciutta e impastata dall'acre sapore del fumo.
Andrea le sbottonò l'apertura degli short, le infilò tre dita sotto le mutande e vidi il tessuto muoversi per via dei suoi tocchi nella fica ancora nascosta. In quegli attimi pazzeschi mi scorsero davanti diverse immagini di mia figlia: la Giulia bambina che trottolava nuda per casa frignando per non voler fare il bagno; il frugoletto di cinque anni che mi divertivo a coccolare mentre mi deliziavo a sentirne il profumo di pulito e fresco della pelle; poi la Giulia che cresceva sempre più bella, sempre più la cocca e la principessa di papà e sempre più da tenere d'occhio perché le gambe che si allungavano, i seni che prendevano vigore e le forme del corpo che si sviluppavano iniziavano ad attirare l'interesse dei maschi.
Continua.......
Afferrando e mettendosi tra i denti bianchissimi e smaltati una fetta biscottata biascicò che doveva seguire un corso all'università ed era già in ritardo. Mia moglie Laura ancora in vestaglia e senza voltarsi dal lavello dove armeggiava con le stoviglie, le chiese se ci sarebbe stata almeno a pranzo e lei rispose che avrebbe mangiato un'insalata al McDonald's con Andrea.
Quando Giulia si sporse per baciare la madre l'occhio mi cadde sulla sua gamba lunga, liscia e tornita, velata da un collant scuro; scese al bel polpaccio che usciva da uno stivaletto di camoscio e poi risalì fino al bordo della gonna, che, notai, si era appena sollevata mostrandomi il dietro della coscia. Non era il suo un abbigliamento disinibito ed equivoco, mia figlia era una ragazza elegante ed estremamente seria; era però anche bellissima e con un fisico perfetto nelle sue forme non esagerate e meravigliosamente armonizzate fra loro. Era quindi naturale che, anche con un indosso una normale gonna di velluto, potesse suscitare pensieri arditi e impudichi in chiunque incrociasse il suo cammino, e ad un padre fa un effetto non piacevole l'idea che la propria principessina popoli le lascive fantasie di chissà quanti sconosciuti.
Dopo che mi diede il bacio la salutai ricordandole che lei era appunto la mia principessa e Giulia sorrise, incalzai dicendole che il "suo" Andrea doveva tenerlo bene a mente, e il suo sorriso divenne una squillante risata che sentii scemare mentre si allontanava verso il portone.
Quando restammo soli scambiai qualche parola con mia moglie su Andrea che, dopo i vari e classici flirt amorosi da adolescenti e le storie succedutesi per alcuni anni, pareva che fosse per nostra figlia il primo legame serio, e convenimmo che fosse un bravo ragazzo. Stavano insieme da circa tre mesi ma a me e alla madre era già un anno che lo nominava quando raccontava dei suoi amici.
Passarono altri sei mesi ed il legame tra mia figlia ed il suo ragazzo andò avanti in piena armonia e con grande soddisfazione per entrambi i giovani. Un po' meno -lo confesso- per noi genitori che dovemmo poi accettare la loro decisione di andare a convivere in un appartamentino preso in affitto a qualche km da casa nostra. Giulia aveva comunque 28 anni ed era più che giusto che prendesse la sua strada che, inevitabilmente, la portava fuori dal nido familiare.
Aiutammo la coppietta nel trasloco che ci impegnò per una buona settimana e questo servì per dare a me e a Laura la possibilità di conoscere in maniera ancor più stretta Andrea che confermò la nostra impressione sul fatto di essere un bravo ragazzo. Notai che era un tipo a cui piaceva divertirsi ma senza esagerare, e comunque nel senso più positivo del termine, e a cui non mancavano le battute di spirito e il sarcasmo. Un ragazzo insomma affabile e alla mano, e la cosa soddisfò entrambi.
Comunque, l'ultimo giorno di lavoro io e Andrea lo dedicammo a piccole rifiniture, roba di viti, chiodi, bulloncini e pinze e cavi e cavetti da sistemare in giro, e per farlo non ritenemmo necessario l'aiuto delle donne. Quindi Laura restò a casa a preparare per il ritorno di Miriam, la nostra secondogenita di 19 anni che rientrava da una gita con la classe del liceo scientifico che frequentava a Modena; mentre Giulia sbrigò diverse faccende tra l'università, il commercialista e la spesa. Faccende che la tennero fuori casa fino al tardo pomeriggio, e così io e Andrea ne approfittammo per concederci più libertà nel chiacchierare tra una girata di bulloni e un passaggio di cavi e una rinfrescata di gola a sorsi di birra.
Ci ritrovammo così a parlare anche di donne (dopotutto, per quanto seri e con la testa sulle spalle, eravamo pur sempre due maschi e ci fu naturale concedersi qualche battuta sull'argomento) e di Calcio e Motori, ma fu sull'argomento 'donne' che ci lasciammo un po' andare. La frequentazione intensa di quei giorni per via del trasloco aveva allentato quell'imbarazzo e quella rigidità che può esserci tra 'suocero' e 'genero' (anche se non ancora effettivi) e questo ci portò così a scambiare qualche impressione su questo o quel tipo di donna e a liberare qualche fantasiola.
Quando Giulia rientrò io e il suo Andrea liquidammo quei discorsetti da niente con una risata e lei si compiacque nel vederci andare tanto d'accordo. Rientrò con due buste della spesa, e visto che i lavoretti non erano del tutto completati, anche se mancava solo qualche dettaglio, decise (senza accettare dinieghi) che mi sarei fermato lì per cena. Poi posò le buste sul bancone che faceva da divisorio tra cucina e salotto, si liberò del borsone col pc che portava a tracolla e disse che andava a cambiarsi.
L'appartamento era a due piani e scese dopo pochi minuti. Si era tolta l'elegante tailleur scuro per concedersi una comodissima tenuta da casa: una canottiera blu e degli short sfrangiati estremamente corti e stretti al punto che, notai, le mettevano in risalto il sottochiappa morbido. Lo notò anche Andrea che dopo aver fissato quel particolare mi guardò sorridente, come se cercasse un'intesa con me, ma io lesto volsi lo sguardo verso le ultime viti da inserire nei ripiani a muro del salotto.
Dopo una decina di minuti Giulia ci chiamò per farci mettere a tavola e consumare la semplice ma gustosa cenetta che aveva preparato al volo. Spiluccammo allegramente diversi antipasti (che in pratica fecero da cena effettiva) accompagnandoli con tante battute e innaffiandole con altra birra fresca, che si aggiunse al paio di lattine bevute a testa durante il giorno, e l'atmosfera si fece ancor più leggera e scollacciata tanto che ad un certo punto cominciò a girare sul tavolo una canna.
Sinceramente non sentii se i ragazzi avessero prima proposto la cosa, solo supposi che essendosi stabilita una ottima confidenza avevano pensato che rollare una canna non avrebbe creato nessun problema, e infatti la cosa non me ne creò alcuno.
Mi piacque tornare a fare un giro di fumo dopo tanti anni. Mi piaceva tornare a sentirmi come ai tempi in cui ci ritrovavamo con gli amici del liceo a passare le serate rinchiusi nello scantinato di uno di loro, a pompare musica dai subwoofer ed a passarci la canna, dando delle profonde boccate e sballando di piacere. E così sorrisi nel vedere Giulia e Andrea scambiarsela sorridendo a loro volta e ridacchiando con una complicità che ammetto mi procurò una certa invidia, e fu anche per questo che subito mi accodai a loro e invitai mia figlia a passarmela.
A quella canna ne seguirono un altro paio, insieme a dei bicchierini di vodka, poi persi il conto e pensai solo a chiacchierare con Andrea, restando seduti a tavola mentre, ad un certo punto, Giulia andò ad accomodarsi sul divano che in pratica, per la mancanza di una vera parete, ci veniva proprio di fronte, regalandoci l'immagine di lei che stanca e parecchio intontita dal bere e dal fumare ci crollò sopra addormentandosi subito.
La posizione che prese era scomposta e le mise in risalto le tette che oltretutto non erano costrette dal reggiseno. Appena rientrata a casa infatti salì in camera e se lo levò insieme al tailleur, lasciandole così libere di (lo confesso) imbarazzarmi.
Senza rendermene conto la fissai per un po', era proprio una gran bella figliola la mia Giulia, con quella seconda di seno che per tutta la serata pareva mi ammiccasse dalla larga scollatura di una misera canottiera di cotone.
Andrea mi destò facendo un colpo di tosse ed io, sempre più imbarazzato, mi stropicciai gli occhi con i polpastrelli dicendo che ero stordito e che si era fatta l'ora che tornassi a casa. Lui sorridendo mi porse il mozzicone per, disse, l'ultima tirata di fumo, ed io stupidamente accettai. Per tutto il tempo che mi ero più o meno inconsciamente fissato con gli occhi sul bel corpo di Giulia aveva regnato un silenzio assoluto; per tutto quel tempo Andrea aveva osservato me che squadravo le grazie di mia figlia esposte in maniera oscena ma inconsapevole, e la cosa dapprima lo aveva stupito poi intrigato e spinto ad alzarsi da tavola e raggiungere la fidanzata. A quel punto mi alzai deciso ad andarmene ma prima, com'ero solito fare a casa, impilai uno sull'altro i nostri piatti e vi raccolsi sopra le posate mettendo tutto nell'acquaio; gettai le lattine di birra vuote nella pattumiera e conservai in frigo le fette di crudo avanzate. Davo le spalle ai due ragazzi e sentii Andrea accennarmi che non c'era bisogno che mi scomodassi ma gli risposi che visto che lo facevo spesso per dare una mano a mia moglie perché mai non avrei dovuto farlo per mia figlia?
Quando ebbi finito di dare una sistemata mi voltai per salutare e mi si presentò davanti l'immagine di Andrea che, appoggiato sul bracciolo della poltrona, era intento ad accarezzare Giulia. Prima sulle cosce lisce e snelle che percorse su e giù più volte, poi sul ventre che prese a massaggiarle con fare languido per poi infilarle le dita sotto la canottiera e con movimenti lenti e studiati dedicarsi alle tette, palpeggiandole e stuzzicandole i capezzoli.
Giulia, seppur mezza addormentata e stordita dal fumo e dall'alcol, iniziò a mugolare ed a muoversi seguendo i movimenti dettati dalla mano del compagno. Mostrando così di apprezzare l'intraprendenza di quelle dita. Era chiaro che non si rendesse più conto del fatto che suo padre si trovasse là e che potesse vedere e sentire tutto.
La situazione era del tutto surreale, con me che fissavo imbambolato loro due che amoreggiavano. Fissavo mia figlia palpata e frugata nell'intimità dal suo ragazzo e quando ogni tanto incrociavo gli occhi di Andrea e la sua espressione, notavo la sua eccitazione e la sua soddisfazione nel farmi capire che percepiva il mio imbarazzo. Percepiva la mia inspiegabile incapacità di darmi una scrollata e guadagnare l'uscita da quell'appartamento, ma percepiva anche la mia eccitazione. Capiva, attraverso il mio respiro sempre più affannato e i miei occhi fissati su di loro, quanto fossi catturato da quella sequenza. E mia figlia, che restava sempre intontita, continuava a godere e a muoversi scossa dai fremiti di piacere che lui le dava.
Andrea si lasciò prendere dalla situazione che lui stesso stava creando, e resosi conto del mio profondo sconcerto e confusione decise (e non capirò mai cosa gli prese in quel momento) di spogliare Giulia davanti a me!
Le sollevò la canottiera arrotolandogliela sotto le ascelle; mettendo sfacciatamente a nudo le bianche e graziose tette di mia figlia, che prese subito a palparle facendo risaltare la loro morbidezza. Le pizzicò i capezzoli duri e si chinò per leccarglieli e giocarci con la punta della lingua. Poi alzò lo sguardo, sbirciando con un ghigno malizioso verso di me che assistevo alla scena, con la bocca completamente asciutta e impastata dall'acre sapore del fumo.
Andrea le sbottonò l'apertura degli short, le infilò tre dita sotto le mutande e vidi il tessuto muoversi per via dei suoi tocchi nella fica ancora nascosta. In quegli attimi pazzeschi mi scorsero davanti diverse immagini di mia figlia: la Giulia bambina che trottolava nuda per casa frignando per non voler fare il bagno; il frugoletto di cinque anni che mi divertivo a coccolare mentre mi deliziavo a sentirne il profumo di pulito e fresco della pelle; poi la Giulia che cresceva sempre più bella, sempre più la cocca e la principessa di papà e sempre più da tenere d'occhio perché le gambe che si allungavano, i seni che prendevano vigore e le forme del corpo che si sviluppavano iniziavano ad attirare l'interesse dei maschi.
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