Goccia di rugiada - Guerriera Crow. 1/2
di
Yuko
genere
saffico
Le sei lune previste per rispettare il lutto erano già abbondantemente trascorse e quella mattina Chumani si svegliò sentendosi una donna diversa.
Sarà forse stata l'aria frizzante della primavera che scendeva dalle alte montagne, ancora innevate sulle cime, o le prime fioriture nelle praterie, o forse l'odore fresco e vellutato dei primi germogli sui larici, o gli schiamazzi delle alci e dei cervi che dai boschi raggiungevano le loro colline.
Ma anche nel resto della tribù Absaroke di quella regione, tutti percepirono che quello sarebbe stato un giorno diverso, prima ancora di lasciare i propri tepee.
Chumani si alzò e all'entrata della sua tenda annusò rumorosamente l'aria giovane che le veniva incontro, satura dei sentori dei fiori. Verso le praterie, là dove sarebbe sorto il sole, brillava l'astro luminoso che a volte precedeva l'entrata in scena del rosso sole, e questo era considerato di buon auspicio.
Mentre le prime nebbie si tingevano di porpora scese al fiume a prendere l'acqua.
Bevve il liquido che tramandava il sapore dei ghiacci, quelle distese di cristallo che brillavano lontane all'orizzonte, racchiuse nel cuore delle grandi montagne.
Tornata al proprio tepee rimase a guardare il profilo vermiglio che con fatica ancestrale arrancava sopra l'orizzonte, talvolta variegato dal volo di lontani uccelli neri.
Chiuse gli occhi di fronte al generoso astro e rimase ad assaporare il calore dei suoi raggi, prima di dedicarsi alle faccende domestiche.
Poi sistemò il proprio giaciglio e fece prendere aria all'ambiente, riattizzò il fuoco con alcuni fini rami e prese tra le mani il nuovo vestito che aveva terminato la sera prima.
Come già era capitato nei giorni precedenti, trovò qualche cosa che non la soddisfaceva e si mise a sistemare con cura ossessiva la disposizione delle perline di vetro colorato lungo le frange che pendevano dai fianchi, intrecciò altri aculei di istrice sulle spalle, attenta a non rovinare i motivi geometrici che aveva dipinto intorno all'apertura del collo, sopra il vasto cielo azzurro che aveva dipinto.
Decise infine che quell'abito sarebbe andato bene così. Non lo avrebbe forse mai trovato perfetto ed era giusto imporsi un termine.
E quel giorno rappresentava il giusto compimento.
Tagliò alcune strisce di pelle di lontra che colorò di rosso, stendendole al sole ad asciugare.
Con queste si sarebbe adornata le due lunghe trecce nere e il messaggio del termine del lutto sarebbe stato manifestato apertamente.
Ma prima voleva consultarsi un'ultima volta con lo stregone, per un giudizio che sarebbe stato quello definitivo.
Oggi non sarebbe andata a cacciare, ma avrebbe fatto visita alla moglie dello stregone e alle proprie sorelle per preparare il corpo e i capelli a quella sera, quando tutta la tribù Crow si sarebbe riunita davanti al fuoco a danzare e a cantare per l'inizio della primavera.
Nella dimora dello sciamano fu accolta come una figlia.
Il vecchio indiano appoggiò la lunga pipa da cui stava aspirando voluttuosamente e accolse la ragazza a braccia aperte, mentre sua moglie finì rapidamente di sistemare alcune stoviglie.
“Goccia di rugiada!” la chiamò; questo era il significato del suo nome Sioux.
La giovane depositò il dono che aveva portato, la pelle conciata e affumicata di un'antilope, su cui aveva dipinto scene di caccia a cavallo.
“Enapay!” rispose poi chinando il capo in segno di riverenza.
Si lasciò abbracciare dal vecchio stregone e gli si inginocchiò di fronte, come conveniva a una giovane donna, in atteggiamento sottomesso, con lo sguardo rivolto verso i piedi dell'anziano che le si era seduto di fronte.
“Tante lune sono passate da quando Howahkan ha lasciato le nostre praterie per cavalcare con i nostri padri sui pascoli del cielo!”Continuò l'indiano alludendo alla scomparsa in combattimento dell'uomo che aveva preso Chumani in moglie.
Come d'abitudine tra il popolo dei Corvi lo stregone ripercorse con lunghe rievocazioni tutto quanto successo dal giorno in cui la giovane era rimasta vedova.
Riconosciuta per il suo valore e le sue capacità, Chumani aveva ottenuto, come da lei richiesto, il privilegio di proseguire il suo periodo di vedovanza da sola nel proprio tepee, invece di ritornare alla tenda di suo padre o di sottomettersi al capo tribù.
La ragazza, prima ancora di essere scelta come moglie, era già stata accolta tra i cacciatori, unica e prima donna nella tribù Absaroke, clamorosa e inedita eccezione.
Le prestigiose facoltà con l'arco, la velocità nella corsa, la capacità nell'arrampicarsi e l'agilità nella lotta, unite a una forza insospettabile e non comune, che più volte l'avevano portata a eccellere in competizioni contro abili guerrieri e cacciatori, erano state notate e apprezzate dalla loro guida, Kohana, il capo della tribù.
Lo stesso Howahkan, il forte guerriero, aveva più volte insistito perchè la ragazza fosse accolta tra i cacciatori e, alla fine, dopo una discussa riunione tra i saggi, Chumani era stata eletta nella ristretta cerchia.
Dopo l'unione con il guerriero, la ragazza aveva mostrato anche nobili doti nel governare le faccende domestiche e grandi abilità nel trattare le pelli e foggiare abiti eleganti di elevato gusto artistico.
Era cresciuta nelle pratiche venatorie e nelle competizioni, sviluppando il suo giovane corpo di donna, pur mantenendo forza e agilità.
La morte prematura del marito aveva interrotto la storia congiunta di questa coppia, che sarebbe stata destinata, come immaginato da molti, a governare la tribù al posto di Kohana, quando questo avesse lasciato la sua carica per entrare nel consiglio degli anziani.
Howahkan, “voce misteriosa”, a insaputa della donna, aveva già caldeggiato presso il capo tribù e presso lo stregone Enapay l'ingresso della moglie nella élite dei guerrieri, ma la richiesta era sempre stata rifiutata.
Il lungo discorso dello sciamano comprese anche l'episodio in cui Chumani, vedova da poche settimane, si era distinta nel combattimento, quando l'accampamento era stato attaccato da una rappresaglia Sioux.
La sua ferocia e l'audacia nella lotta contro il nemico, erano state determinanti per sventare l'attacco, tardiva risposta della battaglia in cui era morto suo marito.
Dopo quell'episodio, senza altre petizioni, forse anche per un riconoscimento alla donna e per toglierla dall'isolamento in cui si stava chiudendo nel proprio tepee, Goccia di rugiada era stata accolta tra i guerrieri.
Dopo la lunga sequenza di evocazioni, celebrate con voce compiaciuta, il vecchio Enapay finalmente formalizzò il termine del periodo di lutto.
La giovane indiana era, ora, una donna libera e avrebbe potuto legarsi con un altro guerriero della tribù.
Quel giorno stesso Enapay, “senza paura”, avrebbe parlato con il capo Kohana comunicandogli l'evento che sarebbe stato celebrato quella stessa sera, intorno al fuoco, tra i balli e i canti della festa della prima luna di primavera.
Mentre l'anziano si accomodava sul bordo della tenda riprendendo a fumare la lunga pipa, sua moglie Anpaytoo, la “raggiante”, si alzò prendendo per le mani la ragazza e invitandola a sollevarsi.
Le passò intorno al collo una collana di numerosi fili di conchiglie e denti di wapiti modellati e le legò le due trecce con le pelli di lontra colorate di rosso che la giovane aveva portato, segnale formale e definitivo del termine del lutto.
Quella giornata sarebbe stata dedicata alla cura del corpo della giovane, in preparazione dell'importante evento che si programmava per la serata.
Chumani, con gli occhi lucidi dalla gioia, si accomiatò dallo stregone e, ritornata alla propria dimora, dopo aver rigovernato il proprio tepee scese al fiume per lavarsi accuratamente.
Senza che nessuno ne avesse fatto parola, la notizia del termine del lutto della guerriera cacciatrice si era intanto diffusa rapidamente in tutto il villaggio Crow.
La giovane si recò alla lontana ansa in cui le donne si dedicavano all'igiene personale, ancora vestita dei suoi umili abiti da cacciatrice.
Si tolse i mocassini e si sfilò la casacca di pelle e i gambali, rimanendo a petto nudo e perizoma, immersa fino alle ginocchia nella indolente corrente di quel tratto di fiume.
Con le mani accarezzò la corrente d'acqua che trasportava petali rosa chiaro di qualche fiore lontano.
Sotto lo strato di acqua fresca muoveva le dita dei piedi come per meglio assaporare la liscia superficie delle pietre arrotondate del fiume; tutto il suo corpo sembrava alla ricerca di ogni tipo di percezione, come se in quel momento la giovane indiana volesse riappropriarsi di tutte le sensazioni di cui si era privata in quelle interminabili sei lune.
Non si accorse della persona che, con passo lento e silenzioso, le si era accostata alle spalle, intenta com'era ad annusare l'aria mossa dal fiume.
Due mani delicate le avvolsero i fianchi, riunendosi sul suo ventre.
“Makawee!” esclamò la cacciatrice, voltandosi e riconoscendo l'amica, più giovane, che l'aveva abbracciata.
“Lascia che ti aiuti a lavarti, sorella.” Le rispose l'altra con quell'appellativo che era solo convenzionale, guardandola fissa negli occhi.
Con un piccolo cenno del capo Chumani accolse l'invito, mentre la ragazza le scioglieva il legaccio di pelle che fungeva da cintura, sorreggendo il perizoma, lasciandola nuda sotto i suoi occhi.
Makawee, “amorevole”, da un contenitore in pelle estrasse delle ceneri mescolate a fine sabbia, si bagnò le mani e iniziò a frizionare il corpo della compagna dalla schiena ai glutei.
Poi, facendola girare, si dedicò al ventre e al petto, mentre Goccia di rugiada si scioglieva i capelli iniziando a lavarseli con altra cenere.
Makawee estese il massaggio fino al pube e alle cosce, invitando poi l'indiana a tuffarsi nell'acqua fonda, con un piccolo colpo del palmo della mano sul suo sedere.
Mentre Chumani si sciacquava nuotando nella corrente, la ragazza si sfilò il vestito gettandolo sulla riva e, lei pure completamente nuda, si inoltrò nel fiume.
Le due giovani si ritrovarono nell'acqua alta, una di fronte all'altra.
Chumani, più alta, toccava il fondo con le punte dei piedi, mentre la più giovane le galleggiava di fronte, reggendosi alle sue spalle.
“Sei cresciuta, Makawee”, le disse, “il tuo corpo è diventato quello di una bella donna!”
La ragazza sorrise e con le gambe avvolse a cintura la vita dell'amica stringendosi al suo ventre. Con la braccia cinse le spalle della guerriera; sotto il velo dell'acqua i loro seni si sfiorarono.
“Io seguirò le tue tracce e quando sarò più grande, vorrò essere come te!” Le rispose con tono ispirato.
“Piccola Makawee, una matta, in questo villaggio, è già sufficiente e c'è piuttosto bisogno di brave donne che sappiano diventare mogli e madri!”
“Allora è vero quello che si dice di te?”
Goccia di rugiada la guardò incuriosita, senza accorgersi che intanto la mano della ragazza le accarezzava la schiena, nascosta, sotto il livello dell'acqua, agli sguardi delle altre donne.
“E che cosa si dice di me?”
“Nulla!” le rispose l'altra, scappando a nuoto verso la riva, come per dispetto.
Chumani la raggiunse sulla riva del fiume e le due rimasero sdraiate a guardarsi negli occhi.
“Eh? Che cosa si dice di me?”
Makawee non rispose. Il suo sguardo si era spostato dal volto al seno dell'amica.
Quasi senza rendersene conto con due dita della mano le sfiorò il volto, seguendone poi il profilo lungo il collo, scivolando sul seno per arrestarsi sul capezzolo.
“Sei diventata bellissima, Chumani” pronunciò con un sospiro.
La guerriera le prese la mano spostandola dal seno e trattenendola nella sua.
“In questo momento è più importante che io sia forte, piuttosto che bella!” Rispose, mentre la ragazza, staccandosi dalla presa, aveva ricominciato ad accarezzarle il seno.
“Non vorrai dunque concederti in moglie a un altro uomo?” continuò “Amorevole” senza riuscire a staccare lo sguardo dalla propria mano che continuava a toccarle il seno.
La cacciatrice, senza far caso alle carezze che diventavano sempre più provocanti, distolse lo sguardo dal volto della ragazza, perdendosi lungo la distesa dei salici che immergevano nelle acque i lunghi rami di germogli verde chiaro.
Si risollevò dopo una lunga pausa carica di silenzio. Si sciacquò gli ultimi residui di cenere e di sabbia e, senza rispondere nulla si avviò a raccogliere i propri abiti.
La ragazza la raggiunse di corsa.
“Vieni!” Le prese la mano trascinandola oltre la fila dei primi arbusti, di là dalla fila dei larici che costeggiavano la riva.
“Lasciami prendere i vestiti!”
“No, vieni così!” Insistette la più giovane portandosi dietro a un gruppo di cespugli.
“Ma cosa hai in mente di fare? Siamo nude!”
Makawee controllò di trovarsi fuori dalla vista delle altre donne che stavano al fiume.
“Mi puoi abbracciare?” Chiese all'amica avvolgendole la vita con le mani.
“Ma certo.”
Le due indiane stettero qualche minuto una nelle braccia dell'altra.
La ragazza appoggiava il capo sul petto dell'amica quando cominciò a darle qualche bacio al seno.
“Vorresti essere la mia bambina?” Le chiese Chumani divertita.
“No, vorrei essere tua moglie!”
E prima che la guerriera potesse esprimere il suo stupore la ragazza la baciò sulla bocca.
La donna sentì il contatto contro quelle giovani labbra e la mano della ragazza scivolarle sul sedere per inoltrarsi tra le cosce.
"Makawee!" Si staccò dall'amplesso, quasi con dolore. "Da molte lune non tocco il corpo di un uomo!"
"Io invece desidero il tuo, di corpo!" Tornò alla carica la ragazza gettandosi contro l'amica.
Goccia di rugiada dovette arretrare sotto alle spinte della giovane che, come posseduta, la abbracciava avventandosi sui suoi seni e coprendoli di baci.
Le due si trovarono presto per terra.
Makawee si buttò sul corpo dell'amica immergendosi tra i seni, mentre le spingeva la mano tra le cosce in cerca della vulva.
"Sei matta, ci sentiranno!”
Riuscì ancora a dire la donna, prima che la sua volontà cedesse al desiderio del piacere.
Affondò le unghie nell'erba inarcando la schiena e lasciando che l'amica le allargasse le gambe.
La ragazza tuffò il volto nell'intimità della guerriera penetrandola con la lingua, finché, in un gemito soffocato nei folti ciuffi d'erba, l'orgasmo le scosse il corpo in una spasmodica contrazione. Imponendosi di non pensare, la donna strinse tra le cosce quel viso che le aveva fatto riassaporare il paradiso dopo molti mesi, abbandonandosi, completamente disarmata, alle sue carezze.
Poi, madida di sudore, accolse sul suo ventre e sul suo seno il corpo della ragazza ancora fremente di desiderio.
"Capisci ora che ti amo, coraggiosa guerriera?"
La cacciatrice non rispose nulla, ancora in preda a profondi respiri, mentre stringeva a sé la ragazza, accarezzandole la schiena.
Le due rimasero abbracciate nell'erba fresca per lunghi minuti senza dire una parola.
Solo Makawee di tanto in tanto si allungava a dare piccoli baci al petto e al collo della donna.
"Capisco che è ora di rientrare all'accampamento!" Concluse, invece, Chumani, dopo una lunga pausa, alzandosi a malincuore e ripulendo il corpo lucido da foglie e fili d'erba.
“Meglio che Enapay non sappia cosa è successo oggi dietro ai salici, all'ansa del fiume.”
E detto questo le due donne ritornarono al fiume per rinfrescarsi, prima di rivestirsi e rientrare alle proprie tende.
Chumani tornò alla sua tenda, racimolò i propri averi selezionando quanto aveva già deciso di lasciare alle sue sorelle. Sistemò un bagaglio preparando una scorta di cibo che le sarebbe servita per una lunga permanenza da sola nelle montagne verso cui aveva già deciso di partire. Passò da Kohana, la somma autorità del villaggio, per un ultimo colloquio in cui avrebbe rinnovato l'intenzione, già espressa di nascosto dal resto della tribù, di seguire una nuova pista verso altri territori e forse altre tribù. Fermatasi a mangiare, invitata dalla moglie del guerriero, ritornò alla propria dimora che era ormai pomeriggio.
Prese il vestito nuovo e tornò al tepee dello stregone dove l'attendeva la moglie dello sciamano per prepararla alla cerimonia prevista per la serata intorno al fuoco.
Anpaytoo fece allontanare lo stregone che lasciò la tenda bofonchiando parole di dissenso.
Si pose poi di fronte alla giovane tenendola per le spalle e rimirandola in tutta la sua statura.
“Sì, Chumani, sei diventata davvero una bella donna e una guerriera dall'indiscusso valore. Molti uomini nella tribù dei Corvi vorrebbero prenderti in moglie ora che si è concluso il tuo periodo di lutto.”
Goccia di rugiada ascoltava in silenzio le parole dell'anziana, per lei come una madre.
“Ma veramente pochi tra i guerrieri più valorosi sono veramente degni di te e all'altezza delle tue doti. Tu hai pensato bene e hai già preso la tua scelta. Davvero non pensi mai a Ohanzee?”
“Lo sai, madre”, così usava chiamare la donna, in segno di rispetto e affetto, “che il capo dei cacciatori mi tiene a distanza e che non mi considera degna del suo valore. Anche se fossi interessata, dubito che lui mi desideri come sua compagna.”
“Ma tu, se lui manifestasse la sua intenzione, saresti disposta a unirti a lui?”
“Se questo fosse accaduto già tempo fa, saggia Anpaytoo, ora prenderei in seria considerazione questa eventualità.”
L'anziana scosse la testa pensierosa.
“Troppa rivalità scorreva tra Ohanzee e Howahkan, tuo marito.”
“E troppa amicizia.”
La moglie della guida spirituale della tribù annuì gravemente.
“Molta competizione c'è stata tra i due per averti in moglie e Ohanzee non ha mai accettato che tu fossi diventata la compagna del suo migliore amico.”
La donna riattizzò il fuoco dopo una lunga pausa, così, come per chiudere un argomento rimasto dolorosamente irrisolto.
Si chinò poi a cercare un contenitore in pelle in cui conservava il grasso di bisonte e si riavvicinò alla giovane che nel frattempo era rimasta in piedi in ossequiosa attesa.
“È tempo che tu abbandoni questi miseri vestiti da cacciatore e ritorni ad assumere il tuo aspetto di donna libera!” Riprese in tono conclusivo.
Guardò con occhio critico le pelli di semplice fattura e foggia maschile che Chumani aveva indossato in quel lungo periodo di vedovanza. Abiti di aspetto mesto e senza alcun abbellimento, adatti alla caccia e al combattimento.
Sollevò la casacca della ragazza lasciandola a petto nudo, poi l'aiutò a liberarsi dai gambali slacciandone le cinghie in pelle.
Chumani rimase col solo perizoma che le copriva sedere e pube. Le cosce erano lunghe e forti, anche troppo per un corpo femminile che in teoria si apprestava a donarsi in nuova unione coniugale. Le braccia, avvolte sopra i bicipiti da due stringhe di pelle, erano piene, eppure ancora armoniosamente tornite. Nel complesso, comunque, la ragazza, nonostante una pronunciata muscolatura, manteneva invitanti forme femminili. Il seno era generoso e sostenuto, la vita stretta e magra, mentre i fianchi erano larghi e il sedere ben arrotondato, come la donna appurò facendo girare la ragazza, dopo averle sollevato la corta copertura in pelle.
“Sì”, confermò dopo un'attenta ispezione, come se non avesse mai interrotto il discorso iniziale, “sei veramente una bella donna, e caccia e combattimenti non hanno rovinato le tue forme femminili. Il tuo sedere è forte e il tuo petto invitante.”
La ragazza intanto si sollevava il seno con le mani, considerandone la consistenza, forse per la prima volta dopo tanto tempo, e, girandosi, cercò di guardarsi il fondo schiena per farsi lei stessa un'idea.
In tanti mesi non aveva più pensato a sé stessa come a una donna appetibile, considerandosi solo cacciatrice e guerriera, avendo scelto e ottenuto, con riserva speciale, di provvedere da sola alla propria sussistenza. Questa era stata davvero una concessione particolare, a lei attribuita in merito a doti dimostrate più volte sul campo.
Si rialzò ergendosi in piedi di fronte all'anziana che intanto aveva preso tra le mani una consistente manciata di grasso, lucido e scuro.
La donna cominciò a passarle il grasso sul seno, reggendola con l'altra mano sulla schiena, poi passò al ventre e al dorso, per risalire fino al collo. Proseguì sulle braccia per finire con energiche frizioni sulle cosce. Spostò il perizoma per non trascurare neanche gli inguini e i formosi glutei e ritornò minuziosamente sul seno della giovane.
“Il tuo petto è bello e alto, Chumani. Davvero una delizia per l'uomo che di nuovo ti avrà in moglie, e il tuo sesso sarà in grado di dare grandi soddisfazioni!”
Goccia di rugiada era pronta. Il suo corpo lucido e sensuale, la pelle morbida e inscurita dal grasso.
Anpaytoo, la "raggiante", la aiutò a provarsi il vestito nuovo che la stessa ragazza aveva confezionato. La pelle le stava divinamente e l'anziana non potè che lodare l'operato della giovane, che ancora una volta aveva mostrato competenza e senso artistico.
Aggiustò solamente alcune frange che ricadevano dalle spalle e le decorazioni in perline lungo i fianchi.
La ragazza si rivestì dei suoi precedenti abiti e, tornato lo stregone, si sottopose ai riti propiziatori e alla combustione di spezie ed erbe aromatiche che il rituale imponeva.
Salutò poi lo sciamano e sua moglie e si recò al tepee della sua famiglia di origine per cenare con loro, come avevano già convenuto.
Sarà forse stata l'aria frizzante della primavera che scendeva dalle alte montagne, ancora innevate sulle cime, o le prime fioriture nelle praterie, o forse l'odore fresco e vellutato dei primi germogli sui larici, o gli schiamazzi delle alci e dei cervi che dai boschi raggiungevano le loro colline.
Ma anche nel resto della tribù Absaroke di quella regione, tutti percepirono che quello sarebbe stato un giorno diverso, prima ancora di lasciare i propri tepee.
Chumani si alzò e all'entrata della sua tenda annusò rumorosamente l'aria giovane che le veniva incontro, satura dei sentori dei fiori. Verso le praterie, là dove sarebbe sorto il sole, brillava l'astro luminoso che a volte precedeva l'entrata in scena del rosso sole, e questo era considerato di buon auspicio.
Mentre le prime nebbie si tingevano di porpora scese al fiume a prendere l'acqua.
Bevve il liquido che tramandava il sapore dei ghiacci, quelle distese di cristallo che brillavano lontane all'orizzonte, racchiuse nel cuore delle grandi montagne.
Tornata al proprio tepee rimase a guardare il profilo vermiglio che con fatica ancestrale arrancava sopra l'orizzonte, talvolta variegato dal volo di lontani uccelli neri.
Chiuse gli occhi di fronte al generoso astro e rimase ad assaporare il calore dei suoi raggi, prima di dedicarsi alle faccende domestiche.
Poi sistemò il proprio giaciglio e fece prendere aria all'ambiente, riattizzò il fuoco con alcuni fini rami e prese tra le mani il nuovo vestito che aveva terminato la sera prima.
Come già era capitato nei giorni precedenti, trovò qualche cosa che non la soddisfaceva e si mise a sistemare con cura ossessiva la disposizione delle perline di vetro colorato lungo le frange che pendevano dai fianchi, intrecciò altri aculei di istrice sulle spalle, attenta a non rovinare i motivi geometrici che aveva dipinto intorno all'apertura del collo, sopra il vasto cielo azzurro che aveva dipinto.
Decise infine che quell'abito sarebbe andato bene così. Non lo avrebbe forse mai trovato perfetto ed era giusto imporsi un termine.
E quel giorno rappresentava il giusto compimento.
Tagliò alcune strisce di pelle di lontra che colorò di rosso, stendendole al sole ad asciugare.
Con queste si sarebbe adornata le due lunghe trecce nere e il messaggio del termine del lutto sarebbe stato manifestato apertamente.
Ma prima voleva consultarsi un'ultima volta con lo stregone, per un giudizio che sarebbe stato quello definitivo.
Oggi non sarebbe andata a cacciare, ma avrebbe fatto visita alla moglie dello stregone e alle proprie sorelle per preparare il corpo e i capelli a quella sera, quando tutta la tribù Crow si sarebbe riunita davanti al fuoco a danzare e a cantare per l'inizio della primavera.
Nella dimora dello sciamano fu accolta come una figlia.
Il vecchio indiano appoggiò la lunga pipa da cui stava aspirando voluttuosamente e accolse la ragazza a braccia aperte, mentre sua moglie finì rapidamente di sistemare alcune stoviglie.
“Goccia di rugiada!” la chiamò; questo era il significato del suo nome Sioux.
La giovane depositò il dono che aveva portato, la pelle conciata e affumicata di un'antilope, su cui aveva dipinto scene di caccia a cavallo.
“Enapay!” rispose poi chinando il capo in segno di riverenza.
Si lasciò abbracciare dal vecchio stregone e gli si inginocchiò di fronte, come conveniva a una giovane donna, in atteggiamento sottomesso, con lo sguardo rivolto verso i piedi dell'anziano che le si era seduto di fronte.
“Tante lune sono passate da quando Howahkan ha lasciato le nostre praterie per cavalcare con i nostri padri sui pascoli del cielo!”Continuò l'indiano alludendo alla scomparsa in combattimento dell'uomo che aveva preso Chumani in moglie.
Come d'abitudine tra il popolo dei Corvi lo stregone ripercorse con lunghe rievocazioni tutto quanto successo dal giorno in cui la giovane era rimasta vedova.
Riconosciuta per il suo valore e le sue capacità, Chumani aveva ottenuto, come da lei richiesto, il privilegio di proseguire il suo periodo di vedovanza da sola nel proprio tepee, invece di ritornare alla tenda di suo padre o di sottomettersi al capo tribù.
La ragazza, prima ancora di essere scelta come moglie, era già stata accolta tra i cacciatori, unica e prima donna nella tribù Absaroke, clamorosa e inedita eccezione.
Le prestigiose facoltà con l'arco, la velocità nella corsa, la capacità nell'arrampicarsi e l'agilità nella lotta, unite a una forza insospettabile e non comune, che più volte l'avevano portata a eccellere in competizioni contro abili guerrieri e cacciatori, erano state notate e apprezzate dalla loro guida, Kohana, il capo della tribù.
Lo stesso Howahkan, il forte guerriero, aveva più volte insistito perchè la ragazza fosse accolta tra i cacciatori e, alla fine, dopo una discussa riunione tra i saggi, Chumani era stata eletta nella ristretta cerchia.
Dopo l'unione con il guerriero, la ragazza aveva mostrato anche nobili doti nel governare le faccende domestiche e grandi abilità nel trattare le pelli e foggiare abiti eleganti di elevato gusto artistico.
Era cresciuta nelle pratiche venatorie e nelle competizioni, sviluppando il suo giovane corpo di donna, pur mantenendo forza e agilità.
La morte prematura del marito aveva interrotto la storia congiunta di questa coppia, che sarebbe stata destinata, come immaginato da molti, a governare la tribù al posto di Kohana, quando questo avesse lasciato la sua carica per entrare nel consiglio degli anziani.
Howahkan, “voce misteriosa”, a insaputa della donna, aveva già caldeggiato presso il capo tribù e presso lo stregone Enapay l'ingresso della moglie nella élite dei guerrieri, ma la richiesta era sempre stata rifiutata.
Il lungo discorso dello sciamano comprese anche l'episodio in cui Chumani, vedova da poche settimane, si era distinta nel combattimento, quando l'accampamento era stato attaccato da una rappresaglia Sioux.
La sua ferocia e l'audacia nella lotta contro il nemico, erano state determinanti per sventare l'attacco, tardiva risposta della battaglia in cui era morto suo marito.
Dopo quell'episodio, senza altre petizioni, forse anche per un riconoscimento alla donna e per toglierla dall'isolamento in cui si stava chiudendo nel proprio tepee, Goccia di rugiada era stata accolta tra i guerrieri.
Dopo la lunga sequenza di evocazioni, celebrate con voce compiaciuta, il vecchio Enapay finalmente formalizzò il termine del periodo di lutto.
La giovane indiana era, ora, una donna libera e avrebbe potuto legarsi con un altro guerriero della tribù.
Quel giorno stesso Enapay, “senza paura”, avrebbe parlato con il capo Kohana comunicandogli l'evento che sarebbe stato celebrato quella stessa sera, intorno al fuoco, tra i balli e i canti della festa della prima luna di primavera.
Mentre l'anziano si accomodava sul bordo della tenda riprendendo a fumare la lunga pipa, sua moglie Anpaytoo, la “raggiante”, si alzò prendendo per le mani la ragazza e invitandola a sollevarsi.
Le passò intorno al collo una collana di numerosi fili di conchiglie e denti di wapiti modellati e le legò le due trecce con le pelli di lontra colorate di rosso che la giovane aveva portato, segnale formale e definitivo del termine del lutto.
Quella giornata sarebbe stata dedicata alla cura del corpo della giovane, in preparazione dell'importante evento che si programmava per la serata.
Chumani, con gli occhi lucidi dalla gioia, si accomiatò dallo stregone e, ritornata alla propria dimora, dopo aver rigovernato il proprio tepee scese al fiume per lavarsi accuratamente.
Senza che nessuno ne avesse fatto parola, la notizia del termine del lutto della guerriera cacciatrice si era intanto diffusa rapidamente in tutto il villaggio Crow.
La giovane si recò alla lontana ansa in cui le donne si dedicavano all'igiene personale, ancora vestita dei suoi umili abiti da cacciatrice.
Si tolse i mocassini e si sfilò la casacca di pelle e i gambali, rimanendo a petto nudo e perizoma, immersa fino alle ginocchia nella indolente corrente di quel tratto di fiume.
Con le mani accarezzò la corrente d'acqua che trasportava petali rosa chiaro di qualche fiore lontano.
Sotto lo strato di acqua fresca muoveva le dita dei piedi come per meglio assaporare la liscia superficie delle pietre arrotondate del fiume; tutto il suo corpo sembrava alla ricerca di ogni tipo di percezione, come se in quel momento la giovane indiana volesse riappropriarsi di tutte le sensazioni di cui si era privata in quelle interminabili sei lune.
Non si accorse della persona che, con passo lento e silenzioso, le si era accostata alle spalle, intenta com'era ad annusare l'aria mossa dal fiume.
Due mani delicate le avvolsero i fianchi, riunendosi sul suo ventre.
“Makawee!” esclamò la cacciatrice, voltandosi e riconoscendo l'amica, più giovane, che l'aveva abbracciata.
“Lascia che ti aiuti a lavarti, sorella.” Le rispose l'altra con quell'appellativo che era solo convenzionale, guardandola fissa negli occhi.
Con un piccolo cenno del capo Chumani accolse l'invito, mentre la ragazza le scioglieva il legaccio di pelle che fungeva da cintura, sorreggendo il perizoma, lasciandola nuda sotto i suoi occhi.
Makawee, “amorevole”, da un contenitore in pelle estrasse delle ceneri mescolate a fine sabbia, si bagnò le mani e iniziò a frizionare il corpo della compagna dalla schiena ai glutei.
Poi, facendola girare, si dedicò al ventre e al petto, mentre Goccia di rugiada si scioglieva i capelli iniziando a lavarseli con altra cenere.
Makawee estese il massaggio fino al pube e alle cosce, invitando poi l'indiana a tuffarsi nell'acqua fonda, con un piccolo colpo del palmo della mano sul suo sedere.
Mentre Chumani si sciacquava nuotando nella corrente, la ragazza si sfilò il vestito gettandolo sulla riva e, lei pure completamente nuda, si inoltrò nel fiume.
Le due giovani si ritrovarono nell'acqua alta, una di fronte all'altra.
Chumani, più alta, toccava il fondo con le punte dei piedi, mentre la più giovane le galleggiava di fronte, reggendosi alle sue spalle.
“Sei cresciuta, Makawee”, le disse, “il tuo corpo è diventato quello di una bella donna!”
La ragazza sorrise e con le gambe avvolse a cintura la vita dell'amica stringendosi al suo ventre. Con la braccia cinse le spalle della guerriera; sotto il velo dell'acqua i loro seni si sfiorarono.
“Io seguirò le tue tracce e quando sarò più grande, vorrò essere come te!” Le rispose con tono ispirato.
“Piccola Makawee, una matta, in questo villaggio, è già sufficiente e c'è piuttosto bisogno di brave donne che sappiano diventare mogli e madri!”
“Allora è vero quello che si dice di te?”
Goccia di rugiada la guardò incuriosita, senza accorgersi che intanto la mano della ragazza le accarezzava la schiena, nascosta, sotto il livello dell'acqua, agli sguardi delle altre donne.
“E che cosa si dice di me?”
“Nulla!” le rispose l'altra, scappando a nuoto verso la riva, come per dispetto.
Chumani la raggiunse sulla riva del fiume e le due rimasero sdraiate a guardarsi negli occhi.
“Eh? Che cosa si dice di me?”
Makawee non rispose. Il suo sguardo si era spostato dal volto al seno dell'amica.
Quasi senza rendersene conto con due dita della mano le sfiorò il volto, seguendone poi il profilo lungo il collo, scivolando sul seno per arrestarsi sul capezzolo.
“Sei diventata bellissima, Chumani” pronunciò con un sospiro.
La guerriera le prese la mano spostandola dal seno e trattenendola nella sua.
“In questo momento è più importante che io sia forte, piuttosto che bella!” Rispose, mentre la ragazza, staccandosi dalla presa, aveva ricominciato ad accarezzarle il seno.
“Non vorrai dunque concederti in moglie a un altro uomo?” continuò “Amorevole” senza riuscire a staccare lo sguardo dalla propria mano che continuava a toccarle il seno.
La cacciatrice, senza far caso alle carezze che diventavano sempre più provocanti, distolse lo sguardo dal volto della ragazza, perdendosi lungo la distesa dei salici che immergevano nelle acque i lunghi rami di germogli verde chiaro.
Si risollevò dopo una lunga pausa carica di silenzio. Si sciacquò gli ultimi residui di cenere e di sabbia e, senza rispondere nulla si avviò a raccogliere i propri abiti.
La ragazza la raggiunse di corsa.
“Vieni!” Le prese la mano trascinandola oltre la fila dei primi arbusti, di là dalla fila dei larici che costeggiavano la riva.
“Lasciami prendere i vestiti!”
“No, vieni così!” Insistette la più giovane portandosi dietro a un gruppo di cespugli.
“Ma cosa hai in mente di fare? Siamo nude!”
Makawee controllò di trovarsi fuori dalla vista delle altre donne che stavano al fiume.
“Mi puoi abbracciare?” Chiese all'amica avvolgendole la vita con le mani.
“Ma certo.”
Le due indiane stettero qualche minuto una nelle braccia dell'altra.
La ragazza appoggiava il capo sul petto dell'amica quando cominciò a darle qualche bacio al seno.
“Vorresti essere la mia bambina?” Le chiese Chumani divertita.
“No, vorrei essere tua moglie!”
E prima che la guerriera potesse esprimere il suo stupore la ragazza la baciò sulla bocca.
La donna sentì il contatto contro quelle giovani labbra e la mano della ragazza scivolarle sul sedere per inoltrarsi tra le cosce.
"Makawee!" Si staccò dall'amplesso, quasi con dolore. "Da molte lune non tocco il corpo di un uomo!"
"Io invece desidero il tuo, di corpo!" Tornò alla carica la ragazza gettandosi contro l'amica.
Goccia di rugiada dovette arretrare sotto alle spinte della giovane che, come posseduta, la abbracciava avventandosi sui suoi seni e coprendoli di baci.
Le due si trovarono presto per terra.
Makawee si buttò sul corpo dell'amica immergendosi tra i seni, mentre le spingeva la mano tra le cosce in cerca della vulva.
"Sei matta, ci sentiranno!”
Riuscì ancora a dire la donna, prima che la sua volontà cedesse al desiderio del piacere.
Affondò le unghie nell'erba inarcando la schiena e lasciando che l'amica le allargasse le gambe.
La ragazza tuffò il volto nell'intimità della guerriera penetrandola con la lingua, finché, in un gemito soffocato nei folti ciuffi d'erba, l'orgasmo le scosse il corpo in una spasmodica contrazione. Imponendosi di non pensare, la donna strinse tra le cosce quel viso che le aveva fatto riassaporare il paradiso dopo molti mesi, abbandonandosi, completamente disarmata, alle sue carezze.
Poi, madida di sudore, accolse sul suo ventre e sul suo seno il corpo della ragazza ancora fremente di desiderio.
"Capisci ora che ti amo, coraggiosa guerriera?"
La cacciatrice non rispose nulla, ancora in preda a profondi respiri, mentre stringeva a sé la ragazza, accarezzandole la schiena.
Le due rimasero abbracciate nell'erba fresca per lunghi minuti senza dire una parola.
Solo Makawee di tanto in tanto si allungava a dare piccoli baci al petto e al collo della donna.
"Capisco che è ora di rientrare all'accampamento!" Concluse, invece, Chumani, dopo una lunga pausa, alzandosi a malincuore e ripulendo il corpo lucido da foglie e fili d'erba.
“Meglio che Enapay non sappia cosa è successo oggi dietro ai salici, all'ansa del fiume.”
E detto questo le due donne ritornarono al fiume per rinfrescarsi, prima di rivestirsi e rientrare alle proprie tende.
Chumani tornò alla sua tenda, racimolò i propri averi selezionando quanto aveva già deciso di lasciare alle sue sorelle. Sistemò un bagaglio preparando una scorta di cibo che le sarebbe servita per una lunga permanenza da sola nelle montagne verso cui aveva già deciso di partire. Passò da Kohana, la somma autorità del villaggio, per un ultimo colloquio in cui avrebbe rinnovato l'intenzione, già espressa di nascosto dal resto della tribù, di seguire una nuova pista verso altri territori e forse altre tribù. Fermatasi a mangiare, invitata dalla moglie del guerriero, ritornò alla propria dimora che era ormai pomeriggio.
Prese il vestito nuovo e tornò al tepee dello stregone dove l'attendeva la moglie dello sciamano per prepararla alla cerimonia prevista per la serata intorno al fuoco.
Anpaytoo fece allontanare lo stregone che lasciò la tenda bofonchiando parole di dissenso.
Si pose poi di fronte alla giovane tenendola per le spalle e rimirandola in tutta la sua statura.
“Sì, Chumani, sei diventata davvero una bella donna e una guerriera dall'indiscusso valore. Molti uomini nella tribù dei Corvi vorrebbero prenderti in moglie ora che si è concluso il tuo periodo di lutto.”
Goccia di rugiada ascoltava in silenzio le parole dell'anziana, per lei come una madre.
“Ma veramente pochi tra i guerrieri più valorosi sono veramente degni di te e all'altezza delle tue doti. Tu hai pensato bene e hai già preso la tua scelta. Davvero non pensi mai a Ohanzee?”
“Lo sai, madre”, così usava chiamare la donna, in segno di rispetto e affetto, “che il capo dei cacciatori mi tiene a distanza e che non mi considera degna del suo valore. Anche se fossi interessata, dubito che lui mi desideri come sua compagna.”
“Ma tu, se lui manifestasse la sua intenzione, saresti disposta a unirti a lui?”
“Se questo fosse accaduto già tempo fa, saggia Anpaytoo, ora prenderei in seria considerazione questa eventualità.”
L'anziana scosse la testa pensierosa.
“Troppa rivalità scorreva tra Ohanzee e Howahkan, tuo marito.”
“E troppa amicizia.”
La moglie della guida spirituale della tribù annuì gravemente.
“Molta competizione c'è stata tra i due per averti in moglie e Ohanzee non ha mai accettato che tu fossi diventata la compagna del suo migliore amico.”
La donna riattizzò il fuoco dopo una lunga pausa, così, come per chiudere un argomento rimasto dolorosamente irrisolto.
Si chinò poi a cercare un contenitore in pelle in cui conservava il grasso di bisonte e si riavvicinò alla giovane che nel frattempo era rimasta in piedi in ossequiosa attesa.
“È tempo che tu abbandoni questi miseri vestiti da cacciatore e ritorni ad assumere il tuo aspetto di donna libera!” Riprese in tono conclusivo.
Guardò con occhio critico le pelli di semplice fattura e foggia maschile che Chumani aveva indossato in quel lungo periodo di vedovanza. Abiti di aspetto mesto e senza alcun abbellimento, adatti alla caccia e al combattimento.
Sollevò la casacca della ragazza lasciandola a petto nudo, poi l'aiutò a liberarsi dai gambali slacciandone le cinghie in pelle.
Chumani rimase col solo perizoma che le copriva sedere e pube. Le cosce erano lunghe e forti, anche troppo per un corpo femminile che in teoria si apprestava a donarsi in nuova unione coniugale. Le braccia, avvolte sopra i bicipiti da due stringhe di pelle, erano piene, eppure ancora armoniosamente tornite. Nel complesso, comunque, la ragazza, nonostante una pronunciata muscolatura, manteneva invitanti forme femminili. Il seno era generoso e sostenuto, la vita stretta e magra, mentre i fianchi erano larghi e il sedere ben arrotondato, come la donna appurò facendo girare la ragazza, dopo averle sollevato la corta copertura in pelle.
“Sì”, confermò dopo un'attenta ispezione, come se non avesse mai interrotto il discorso iniziale, “sei veramente una bella donna, e caccia e combattimenti non hanno rovinato le tue forme femminili. Il tuo sedere è forte e il tuo petto invitante.”
La ragazza intanto si sollevava il seno con le mani, considerandone la consistenza, forse per la prima volta dopo tanto tempo, e, girandosi, cercò di guardarsi il fondo schiena per farsi lei stessa un'idea.
In tanti mesi non aveva più pensato a sé stessa come a una donna appetibile, considerandosi solo cacciatrice e guerriera, avendo scelto e ottenuto, con riserva speciale, di provvedere da sola alla propria sussistenza. Questa era stata davvero una concessione particolare, a lei attribuita in merito a doti dimostrate più volte sul campo.
Si rialzò ergendosi in piedi di fronte all'anziana che intanto aveva preso tra le mani una consistente manciata di grasso, lucido e scuro.
La donna cominciò a passarle il grasso sul seno, reggendola con l'altra mano sulla schiena, poi passò al ventre e al dorso, per risalire fino al collo. Proseguì sulle braccia per finire con energiche frizioni sulle cosce. Spostò il perizoma per non trascurare neanche gli inguini e i formosi glutei e ritornò minuziosamente sul seno della giovane.
“Il tuo petto è bello e alto, Chumani. Davvero una delizia per l'uomo che di nuovo ti avrà in moglie, e il tuo sesso sarà in grado di dare grandi soddisfazioni!”
Goccia di rugiada era pronta. Il suo corpo lucido e sensuale, la pelle morbida e inscurita dal grasso.
Anpaytoo, la "raggiante", la aiutò a provarsi il vestito nuovo che la stessa ragazza aveva confezionato. La pelle le stava divinamente e l'anziana non potè che lodare l'operato della giovane, che ancora una volta aveva mostrato competenza e senso artistico.
Aggiustò solamente alcune frange che ricadevano dalle spalle e le decorazioni in perline lungo i fianchi.
La ragazza si rivestì dei suoi precedenti abiti e, tornato lo stregone, si sottopose ai riti propiziatori e alla combustione di spezie ed erbe aromatiche che il rituale imponeva.
Salutò poi lo sciamano e sua moglie e si recò al tepee della sua famiglia di origine per cenare con loro, come avevano già convenuto.
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