Non siamo disPERSI
di
Giu!!!
genere
bondage
Nudi, io in piedi dietro di te mentre sei seduta davanti lo specchio della tolette. Sono un'ombra appena accennata alla tua vista, non sei la mia luce, siamo gli opposti della medesima cosa.
Braccia rigide sul liscio piano di legno laccato, sei immobile. Una spazzola stretta nella morsa della mia mano, sfila tra i tuoi capelli. Diventano sempre più lisci. Vedo il volto sorridente riflesso attraverso lo specchio. Abbiamo smesso di parlare, ora non ci serve: comunichiamo attraverso gli sguardi, i movimenti dei nostri corpi. Una cosa sola?
Non conosco nessuno a fondo come te, direi che potrei carpire i tuoi pensieri tuttavia, sono così disinteressato, non voglio sapere che pensi.
Poggio la spazzola, accanto il tuo braccio destro, solo sfiorarti mi scompiglia la ragione, sono stato disturbatamente bravo. I tuoi capelli profumano di cocco. Forse per poco, ho intenzione di accendere erba.
Inizi a truccarti, non è lentezza ma movimenti orchestrati, ben precisi anche quando gli arti sono sospesi. Passi il rossetto rosso sulle labbra, un rosso profondo, labbro superiore, labbro inferiore. Una passata, una seconda, baci le labbra.
Prendo in mano i tuoi delicati capelli lucenti, ogni singolo filamento passa tra le mie dita, nel palmo della mano. Solcano la linea della vita, del destino. Il mio e il tuo non dovevano incrociarsi, neppure per uno sguardo. Compongo una treccia, lentamente, accuratamente. Intreccio le ciocche, mi impegno.
Il tuo appartamento, la camera da letto, noi siamo qui. Quelli che ci vogliono bene ci cercano come se fossimo disPERSI. Non ci troveranno mai.
Adagio le mani delicatamente sulle tue spalle, allento la pressione, sciolgo i tuoi muscoli, anche tu sei tesa. Ti accorgi dei miei calli?
Lascio che continui a truccarti, non ti importuno. Resisterò?
Il nostro rituale altera la realtà, addolcisce la perversione, la dissennatezza di cui siamo complici.
La tua pelle è calda, il calore si addentra nelle vene, nel corpo. Ti ammiro, sei così apparentemente calma. Io sono teso come te un attimo prima, teso perché non ho esitazione, voglio andare fino in fondo e tu non mi fermi. Assecondi la mia follia, mi accogli sempre, non mi lasci fuggire… torno sempre… perdoni sempre.
Relazione tossica, violenta. Così dolce che l’invidia li divora. Abbiamo i nostri momenti, lo ammetto, mi piacciono. Ma sono più quelli in cui tocchiamo il fondo. Inizio a schifare il catrame nella gola, l’alcol che mi divora, tu? Beviamo per dimenticare, fumiamo per restare calmi. Per quando ancora?
In questo ultimo periodo mi chiedo se sono io che ti spezzo le ali o tu che te le strappi, il male fisico ti eccita, quello emotivo ti altera, ti appassisce, lo nascondi. Perdi la testa ma, non con me. Lo so che cerchi di curare i miei mali, di uccidere i miei demoni, ma tu hai i tuoi ed io non sono capace di combatterli. Ci ho provato, è come affrontare due te: sorridi, mi baci, l’attimo dopo mi prendi a schiaffi ed urli. Il giorno dopo ti trovo nel bagno… ed è una scena che non voglio ricordare. Non posso tenerti viva solo con le nostre perversioni.
Scosto la treccia di lato, cade sul tuo seno. Voglio toccarli, scivolo con le mani pieni di duroni verso i piccoli seni, forse è vero che la dolcezza è una carezza con i calli sopra le mani.
Appoggio le labbra sul collo che pieghi, ti lasci coccolare. Lo bacio, lo mordo affettuosamente, non resisto. Curvo la tua testa verso di me, un bacio al rovescio, pieno di passione, un bacio che si riempie di prepotenza nella tua bocca, la mia lingua nella tua gola, la saliva che adoro sputarti in bocca. Sto pensando che forse dovrei fotterti… prima.
Mando all’aria tutto il programma, apprezza uno dei rari momenti in cui non voglio sottomettermi ma, donarti piacere, a modo mio.
Ti alzi veloce, mi baci e mi accarezzi, ti spingo verso la tolette, ti ci sbatto. Accusi il dolore quando il tuo fondo schiena impatta sulla superficie di legno, quel plug, chissà quanto sarà entrato dentro.
La mano sinistra intorno al tuo collo, la mano che ti soffoca, adoro stringerti. Tu che subito ansimi. Persistiamo nel baciarci con desiderio, con rabbia, ogni volta che mi sfiori con le labbra e come se fosse l’ultima, in fondo lo sai che non puoi più fidarti di me. Mi chiedo se ci stai pensando.
Divarico le tue gambe, spingendo con forza entrambi i pollici tra le cosce e l’anca, più vicino alla vagina, il mio sesso pulsante è sempre duro per te. Non sei ancora bagnata, entro lo stesso. Blocchi le gambe intorno a me, attorno i miei fianchi, mi avvolgi, siamo avvinghiati. É tra le sensazioni per cui vivo. Se volessi potrei udire i tuoi battiti.
Io appoggio le mani sulla tolette, tu sulle mie guance. Ho gli occhi aperti, sei bellissima mentre mi baci. Non ci baciamo spesso, me lo fai notare. Ora bambolina, voglio baciarti, finché non ci stancheremo, non importa se ti riempirò di seme, continuerò a baciarti, il tempo non ci manca.
La stanza si scalda, farlo sulla tolette è sempre eccitante, sai scopare e sai farti scopare. Siamo due corpi che si cercano, che vogliono concedersi, solo chimica, attrazione fisica? Va oltre questo.
Dopo due anni siamo ancora affiatati… però, io non so che voglio. Hai una colpa bambolina, una soltanto: non mi hai mai fermato.
Sono uno che ha bisogno di paletti, anche se poi i paletti te li ficca nel sedere, ti lega ad un letto, e ti scopa tutto il giorno. Esce, e rientra di casa… si fa i cazzi suoi e ti viene sempre nella bocca. Sono quello che per punirti ti ha legato polsi e caviglie, ti ha lasciata in ginocchio sul pavimento con un cazzo di legno nel culo a guardare un porno. Almeno ora sai fare dei pompini assurdi.
E tu bambolina quando sei in te… sei semplicemente fantastica. Remissiva, devota, un corpo da sfilata, occhi…rari e speciali... come quelli di Selphie Tilmitt.
Il sesso, l’orgasmo, i tuoi fantastici gemiti, il sudore, le gambe ancora avvinghiate a me. Io che ti penetro con un crescendo di foga, non voglio esplodere, ti mordo il collo, tu urli e non vuoi che smetta… mi fermo affannato, tieni ancora le tue mani sul mio volto, mi guardi felice e soddisfatta. Adoro quell’espressione di sforzo che si crea sul tuo viso, chinando la testa, accennando un sorriso, mi fa sentire ancora più virile. Vorrei uscire, il mio membro sfila solo per entrare di nuovo, con più prepotenza di prima. Il mio inguine continua a sbattere contro il tuo. L’ardore del sesso s’impossessa di noi, sei costretta ad abbracciarmi per tenerti salda, l’amplesso ha fatto sì che non avessi più forza nelle tue gambe, le dita dei tuoi piccoli piedi sfiorano il pavimento.
Siamo fermi di nuovo, esco con i tuoi umori che versano sulla superficie di legno, avvicino a me una seggiola, ove mi siedo con il pene eretto. Non mi basta mai, voglio ancora, voglio l’orgasmo, voglio vederti ingoiare. Voglio tutto ma, dovresti prepararti, finire di prepararti. Io accendo una canna, tu mi guardi, vedo la voglia nei tuoi occhi, sono tizzoni ardenti. Ti lascio respirare il fumo che esce dalla mia bocca.
Mi allontano dalla tolette, ti lascio in pace. Dopo qualche mio tiro ti lascio fumare, ti passo l’erba. Ci piace fumare insieme e poi scopare… la sera lo facciamo spesso. Quante cose che facciamo… quante cose che faccio per te e tu per me… non c’è ne siamo mai accorti, vero?
Quando ti volti e mi fai un cenno, capisco, mi avvicino a te, quasi non senti i miei passi, non ti accorgi che sono alle tue spalle se non per il brivido che i nostri corpi provano nello sfiorarsi. Dove eri?
Non è una collana preziosa quella che ti metto al collo bensì un collare di pelle nera, a cui lego un nastro di raso bianco, delicato. Lo indossi con discrezione e devozione. Ti strattono, ti bacio, ti alzi in piedi, ti schiaffeggio per allontanarti, giusto qualche passo poi ti tiro a me con prepotenza, sei mia. Ti bacio ancora, ancora uno schiaffo, le tue guance diventano rosse, lividi.
Ti trascino nel soggiorno, ti afferro per i capelli e ti sbatto con la faccia sul tavolo, quel tavolo imponente. Schiaffeggio con decisione i tuoi glutei sodi. Godo con ogni singolo ceffone. Il rossore che si crea è più vivo di quello delle guance. Ne vuoi ancora, mi istighi, ti accontento. Tiro il collare al il mio petto, ti trattengo mentre agguanto i capelli e ti piego verso di me, lascio il collare e ti infilo le dita in bocca, il collo… ho un debole per il tuo collo, lo stringo, prendo anche il tuo respiro, ne sono il padrone e poi giù in picchiata contro il tavolo, un botto. Il palmi delle tue mani attenuano l’impatto. Ti strapazzo come una bambolina di pezza, ti giro, ti alzo e ti scuoto come voglio senza nessuno sforzo, ti sbatto con il sedere sul tavolo e ti divarico le gambe ove metto la mano, due dita ti penetrano, apri la bocca per gemere… le dita ti stanno perforando senza darti il tempo di percepire il piacere. Stringo uno dei tuoi capezzoli; dolore che mi urli in faccia sputando piccole gocce di saliva. Il dolore si fa insopportabile, non resisti, lo capisco… con la stessa mano ti spingo all’indietro, come un corpo esanime crolli supina sul tavolo, ti tiro a me afferrandoti dai polpacci, mi scivoli, acchiappo le caviglie. Ti ritrovi in ginocchio sul pavimento freddo dopo un tonfo con in faccia il mio enorme pene, te lo ritrovi in gola l’attimo a seguire. Mentre abuso della tua bocca e violento la tua gola ti aggrappi alle mie natiche, sento le tue unghie dentro. Mi ecciti e lo sai, al tempo stesso ti opponi dopo qualche minuto… non vuoi farmi venire, dobbiamo proseguire, ti alzi a stento, sei già ridotta male, afferro il tuo collo, ti guardo negli occhi, sei incantevole. Attraverso la tua iride vedo il mostro che ti soffoca, fuggi via, invece che fai? Sali sul patibolo della depravazione.
Prendo gli altri nastri di raso, bianchi. Ti trovo in ginocchio sul tavolo, ti raggiungo. Lego le tue sottili caviglie, ed i polsi dietro la schiena, ti spingo verso il margine del tavolo. É un gioco perfido e pericoloso questo. Perché alimenti la mia follia perversa?
Le tue ginocchia sono al filo del tavolo, il resto del corpo sporge oltre, io ti tengo in equilibrio afferrando il nastro del collare, agguanto il plug e lo getto via, prendo il pene, senza esitazione e pentimento lo infilo dentro, ti sbatto più forte che posso all’istante, sono una furia inebriata di perversione, tu una bambolina senza volontà che non mi incita più, geme nel suo silenzio mentre viene strozzata e fottuta con le ginocchia al bordo di un tavolo… in questo momento potrebbe essere un burrone.
L’idea di cadere legata da quell’altezza ti eccita, adrenalina o cosa? Sono lo strumento del tuo masochismo?
L’atto di sodomia avviene come un dannato moto perpetuo, entro ed esco, stringo i denti, ritmo sostenuto, sento solo il mio affanno e i tuoi lamenti, sbavo. Spingo con forza come a volerti buttare giù, ora sono io che lo voglio, tu resisti, ti opponi… hai paura?
Qualcosa è cambiata, non per me. Voglio fotterti, devastarti, distruggerti… qualsiasi cosa in questo lampo.
Nel momento in cui pensavo stessi per cedere, tu che fai? Mi inciti?
Gridi che sei una puttana, si, la mia puttana… le tue urla di rabbia e dolore varcano probabilmente i confini dell’appartamento, ti volti, ora lo vedi il mostro? Sono io non tu, non ho pietà ma, non sono nemmeno cattivo.
Rosso, fermerai la follia.
Non si ferma nulla, continuo imperterrito come un macchina che deve fare solo quel movimento ossesso, fortuna che la macchina prima o poi si scarica. Al momento propizio, quando vedo che non resisti più e che sei in bilico, libero i tuoi polsi, lascio il nastro, solo dopo averti porta a me. Un macabro abbraccio, una ruvida passione.
Ti afferro, la mia mano sinistra tortura il tuo capezzolo, con la destra mentre ti avvolgo – e tu saltelli sul mio cazzo – arrivo fino al collo, ti lacero il respiro. Ti mollo, continuo a scopare il tuo culo mentre tu ti adagi a pecorina, sto per venire nel momento esatto in cui tu ti abbandoni… non riesco a tenerti dai fianchi, mi sfuggi via… non ti vedo, mi alzo sul tavolo, sul margine… sei raggomitolata sul pavimento in lacrime, mentre sul tuo corpo cadono rivoli di sperma.
Braccia rigide sul liscio piano di legno laccato, sei immobile. Una spazzola stretta nella morsa della mia mano, sfila tra i tuoi capelli. Diventano sempre più lisci. Vedo il volto sorridente riflesso attraverso lo specchio. Abbiamo smesso di parlare, ora non ci serve: comunichiamo attraverso gli sguardi, i movimenti dei nostri corpi. Una cosa sola?
Non conosco nessuno a fondo come te, direi che potrei carpire i tuoi pensieri tuttavia, sono così disinteressato, non voglio sapere che pensi.
Poggio la spazzola, accanto il tuo braccio destro, solo sfiorarti mi scompiglia la ragione, sono stato disturbatamente bravo. I tuoi capelli profumano di cocco. Forse per poco, ho intenzione di accendere erba.
Inizi a truccarti, non è lentezza ma movimenti orchestrati, ben precisi anche quando gli arti sono sospesi. Passi il rossetto rosso sulle labbra, un rosso profondo, labbro superiore, labbro inferiore. Una passata, una seconda, baci le labbra.
Prendo in mano i tuoi delicati capelli lucenti, ogni singolo filamento passa tra le mie dita, nel palmo della mano. Solcano la linea della vita, del destino. Il mio e il tuo non dovevano incrociarsi, neppure per uno sguardo. Compongo una treccia, lentamente, accuratamente. Intreccio le ciocche, mi impegno.
Il tuo appartamento, la camera da letto, noi siamo qui. Quelli che ci vogliono bene ci cercano come se fossimo disPERSI. Non ci troveranno mai.
Adagio le mani delicatamente sulle tue spalle, allento la pressione, sciolgo i tuoi muscoli, anche tu sei tesa. Ti accorgi dei miei calli?
Lascio che continui a truccarti, non ti importuno. Resisterò?
Il nostro rituale altera la realtà, addolcisce la perversione, la dissennatezza di cui siamo complici.
La tua pelle è calda, il calore si addentra nelle vene, nel corpo. Ti ammiro, sei così apparentemente calma. Io sono teso come te un attimo prima, teso perché non ho esitazione, voglio andare fino in fondo e tu non mi fermi. Assecondi la mia follia, mi accogli sempre, non mi lasci fuggire… torno sempre… perdoni sempre.
Relazione tossica, violenta. Così dolce che l’invidia li divora. Abbiamo i nostri momenti, lo ammetto, mi piacciono. Ma sono più quelli in cui tocchiamo il fondo. Inizio a schifare il catrame nella gola, l’alcol che mi divora, tu? Beviamo per dimenticare, fumiamo per restare calmi. Per quando ancora?
In questo ultimo periodo mi chiedo se sono io che ti spezzo le ali o tu che te le strappi, il male fisico ti eccita, quello emotivo ti altera, ti appassisce, lo nascondi. Perdi la testa ma, non con me. Lo so che cerchi di curare i miei mali, di uccidere i miei demoni, ma tu hai i tuoi ed io non sono capace di combatterli. Ci ho provato, è come affrontare due te: sorridi, mi baci, l’attimo dopo mi prendi a schiaffi ed urli. Il giorno dopo ti trovo nel bagno… ed è una scena che non voglio ricordare. Non posso tenerti viva solo con le nostre perversioni.
Scosto la treccia di lato, cade sul tuo seno. Voglio toccarli, scivolo con le mani pieni di duroni verso i piccoli seni, forse è vero che la dolcezza è una carezza con i calli sopra le mani.
Appoggio le labbra sul collo che pieghi, ti lasci coccolare. Lo bacio, lo mordo affettuosamente, non resisto. Curvo la tua testa verso di me, un bacio al rovescio, pieno di passione, un bacio che si riempie di prepotenza nella tua bocca, la mia lingua nella tua gola, la saliva che adoro sputarti in bocca. Sto pensando che forse dovrei fotterti… prima.
Mando all’aria tutto il programma, apprezza uno dei rari momenti in cui non voglio sottomettermi ma, donarti piacere, a modo mio.
Ti alzi veloce, mi baci e mi accarezzi, ti spingo verso la tolette, ti ci sbatto. Accusi il dolore quando il tuo fondo schiena impatta sulla superficie di legno, quel plug, chissà quanto sarà entrato dentro.
La mano sinistra intorno al tuo collo, la mano che ti soffoca, adoro stringerti. Tu che subito ansimi. Persistiamo nel baciarci con desiderio, con rabbia, ogni volta che mi sfiori con le labbra e come se fosse l’ultima, in fondo lo sai che non puoi più fidarti di me. Mi chiedo se ci stai pensando.
Divarico le tue gambe, spingendo con forza entrambi i pollici tra le cosce e l’anca, più vicino alla vagina, il mio sesso pulsante è sempre duro per te. Non sei ancora bagnata, entro lo stesso. Blocchi le gambe intorno a me, attorno i miei fianchi, mi avvolgi, siamo avvinghiati. É tra le sensazioni per cui vivo. Se volessi potrei udire i tuoi battiti.
Io appoggio le mani sulla tolette, tu sulle mie guance. Ho gli occhi aperti, sei bellissima mentre mi baci. Non ci baciamo spesso, me lo fai notare. Ora bambolina, voglio baciarti, finché non ci stancheremo, non importa se ti riempirò di seme, continuerò a baciarti, il tempo non ci manca.
La stanza si scalda, farlo sulla tolette è sempre eccitante, sai scopare e sai farti scopare. Siamo due corpi che si cercano, che vogliono concedersi, solo chimica, attrazione fisica? Va oltre questo.
Dopo due anni siamo ancora affiatati… però, io non so che voglio. Hai una colpa bambolina, una soltanto: non mi hai mai fermato.
Sono uno che ha bisogno di paletti, anche se poi i paletti te li ficca nel sedere, ti lega ad un letto, e ti scopa tutto il giorno. Esce, e rientra di casa… si fa i cazzi suoi e ti viene sempre nella bocca. Sono quello che per punirti ti ha legato polsi e caviglie, ti ha lasciata in ginocchio sul pavimento con un cazzo di legno nel culo a guardare un porno. Almeno ora sai fare dei pompini assurdi.
E tu bambolina quando sei in te… sei semplicemente fantastica. Remissiva, devota, un corpo da sfilata, occhi…rari e speciali... come quelli di Selphie Tilmitt.
Il sesso, l’orgasmo, i tuoi fantastici gemiti, il sudore, le gambe ancora avvinghiate a me. Io che ti penetro con un crescendo di foga, non voglio esplodere, ti mordo il collo, tu urli e non vuoi che smetta… mi fermo affannato, tieni ancora le tue mani sul mio volto, mi guardi felice e soddisfatta. Adoro quell’espressione di sforzo che si crea sul tuo viso, chinando la testa, accennando un sorriso, mi fa sentire ancora più virile. Vorrei uscire, il mio membro sfila solo per entrare di nuovo, con più prepotenza di prima. Il mio inguine continua a sbattere contro il tuo. L’ardore del sesso s’impossessa di noi, sei costretta ad abbracciarmi per tenerti salda, l’amplesso ha fatto sì che non avessi più forza nelle tue gambe, le dita dei tuoi piccoli piedi sfiorano il pavimento.
Siamo fermi di nuovo, esco con i tuoi umori che versano sulla superficie di legno, avvicino a me una seggiola, ove mi siedo con il pene eretto. Non mi basta mai, voglio ancora, voglio l’orgasmo, voglio vederti ingoiare. Voglio tutto ma, dovresti prepararti, finire di prepararti. Io accendo una canna, tu mi guardi, vedo la voglia nei tuoi occhi, sono tizzoni ardenti. Ti lascio respirare il fumo che esce dalla mia bocca.
Mi allontano dalla tolette, ti lascio in pace. Dopo qualche mio tiro ti lascio fumare, ti passo l’erba. Ci piace fumare insieme e poi scopare… la sera lo facciamo spesso. Quante cose che facciamo… quante cose che faccio per te e tu per me… non c’è ne siamo mai accorti, vero?
Quando ti volti e mi fai un cenno, capisco, mi avvicino a te, quasi non senti i miei passi, non ti accorgi che sono alle tue spalle se non per il brivido che i nostri corpi provano nello sfiorarsi. Dove eri?
Non è una collana preziosa quella che ti metto al collo bensì un collare di pelle nera, a cui lego un nastro di raso bianco, delicato. Lo indossi con discrezione e devozione. Ti strattono, ti bacio, ti alzi in piedi, ti schiaffeggio per allontanarti, giusto qualche passo poi ti tiro a me con prepotenza, sei mia. Ti bacio ancora, ancora uno schiaffo, le tue guance diventano rosse, lividi.
Ti trascino nel soggiorno, ti afferro per i capelli e ti sbatto con la faccia sul tavolo, quel tavolo imponente. Schiaffeggio con decisione i tuoi glutei sodi. Godo con ogni singolo ceffone. Il rossore che si crea è più vivo di quello delle guance. Ne vuoi ancora, mi istighi, ti accontento. Tiro il collare al il mio petto, ti trattengo mentre agguanto i capelli e ti piego verso di me, lascio il collare e ti infilo le dita in bocca, il collo… ho un debole per il tuo collo, lo stringo, prendo anche il tuo respiro, ne sono il padrone e poi giù in picchiata contro il tavolo, un botto. Il palmi delle tue mani attenuano l’impatto. Ti strapazzo come una bambolina di pezza, ti giro, ti alzo e ti scuoto come voglio senza nessuno sforzo, ti sbatto con il sedere sul tavolo e ti divarico le gambe ove metto la mano, due dita ti penetrano, apri la bocca per gemere… le dita ti stanno perforando senza darti il tempo di percepire il piacere. Stringo uno dei tuoi capezzoli; dolore che mi urli in faccia sputando piccole gocce di saliva. Il dolore si fa insopportabile, non resisti, lo capisco… con la stessa mano ti spingo all’indietro, come un corpo esanime crolli supina sul tavolo, ti tiro a me afferrandoti dai polpacci, mi scivoli, acchiappo le caviglie. Ti ritrovi in ginocchio sul pavimento freddo dopo un tonfo con in faccia il mio enorme pene, te lo ritrovi in gola l’attimo a seguire. Mentre abuso della tua bocca e violento la tua gola ti aggrappi alle mie natiche, sento le tue unghie dentro. Mi ecciti e lo sai, al tempo stesso ti opponi dopo qualche minuto… non vuoi farmi venire, dobbiamo proseguire, ti alzi a stento, sei già ridotta male, afferro il tuo collo, ti guardo negli occhi, sei incantevole. Attraverso la tua iride vedo il mostro che ti soffoca, fuggi via, invece che fai? Sali sul patibolo della depravazione.
Prendo gli altri nastri di raso, bianchi. Ti trovo in ginocchio sul tavolo, ti raggiungo. Lego le tue sottili caviglie, ed i polsi dietro la schiena, ti spingo verso il margine del tavolo. É un gioco perfido e pericoloso questo. Perché alimenti la mia follia perversa?
Le tue ginocchia sono al filo del tavolo, il resto del corpo sporge oltre, io ti tengo in equilibrio afferrando il nastro del collare, agguanto il plug e lo getto via, prendo il pene, senza esitazione e pentimento lo infilo dentro, ti sbatto più forte che posso all’istante, sono una furia inebriata di perversione, tu una bambolina senza volontà che non mi incita più, geme nel suo silenzio mentre viene strozzata e fottuta con le ginocchia al bordo di un tavolo… in questo momento potrebbe essere un burrone.
L’idea di cadere legata da quell’altezza ti eccita, adrenalina o cosa? Sono lo strumento del tuo masochismo?
L’atto di sodomia avviene come un dannato moto perpetuo, entro ed esco, stringo i denti, ritmo sostenuto, sento solo il mio affanno e i tuoi lamenti, sbavo. Spingo con forza come a volerti buttare giù, ora sono io che lo voglio, tu resisti, ti opponi… hai paura?
Qualcosa è cambiata, non per me. Voglio fotterti, devastarti, distruggerti… qualsiasi cosa in questo lampo.
Nel momento in cui pensavo stessi per cedere, tu che fai? Mi inciti?
Gridi che sei una puttana, si, la mia puttana… le tue urla di rabbia e dolore varcano probabilmente i confini dell’appartamento, ti volti, ora lo vedi il mostro? Sono io non tu, non ho pietà ma, non sono nemmeno cattivo.
Rosso, fermerai la follia.
Non si ferma nulla, continuo imperterrito come un macchina che deve fare solo quel movimento ossesso, fortuna che la macchina prima o poi si scarica. Al momento propizio, quando vedo che non resisti più e che sei in bilico, libero i tuoi polsi, lascio il nastro, solo dopo averti porta a me. Un macabro abbraccio, una ruvida passione.
Ti afferro, la mia mano sinistra tortura il tuo capezzolo, con la destra mentre ti avvolgo – e tu saltelli sul mio cazzo – arrivo fino al collo, ti lacero il respiro. Ti mollo, continuo a scopare il tuo culo mentre tu ti adagi a pecorina, sto per venire nel momento esatto in cui tu ti abbandoni… non riesco a tenerti dai fianchi, mi sfuggi via… non ti vedo, mi alzo sul tavolo, sul margine… sei raggomitolata sul pavimento in lacrime, mentre sul tuo corpo cadono rivoli di sperma.
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