Una bionda cognata, una figa bagnata

di
genere
etero

Era una di quelle giornate grigie e piovose. Ero a casa per malattia, anche se stavo bene. Avevo bisogno solo di stare un poco a riposo. Il mio tempo trascorreva nel leggere libri, giocare alla play station quando ero solo e naturalmente, prima di andare a letto, scopare come se non ci fosse un domani mia moglie. Il ticchettio della pioggia sul tetto quel pomeriggio era una melodia che creava una strana atmosfera, abbandonai il joystick sul divano e andai alla finestra. Osservai le gocce d’acqua scorrere lungo il vetro come lacrime, mi piaceva, immortalavo quelle scene con il telefono. La pioggia accompagnava il mio pomeriggio mentre mi perdevo in pensieri, ricordi e poi, improvvisamente, il suono del campanello interruppe il mio momento di tranquillità, portando con se la presenza inaspettata di mia cognata Anna. Rimasi basito nel vederla davanti la mia porta, la feci subito accomodare ma quando mi consegnò i suoi abiti umidi, capì che la sua visita non sarebbe stata breve. Un gesto tacito sembrava sottolineare la sua intenzione di fermasi. Le chiesi subito se potevo offrirle qualcosa, un tè. Lei accettò. Misi sull’appendi panni il suo soprabito e la feci accomodare sul divano cercando di rendere tutto più confortevole possibile. Mentre il profumo del tè si immischiava con l’atmosfera calda della stanza, dovetti chiederlo: “Anna è un piacere averti qui. Ma dimmi, cosa ti porta da me in questa giornata di… Diciamo grigia.”
Anna, con sincerità disse: “Ho sentito il bisogno di venire a ringraziarti. Grazie per avere trovato lavoro a mio marito. Hai cambiato la nostra vita.” I suoi occhi celesti esprimevano una profonda riconoscenza. I biondi capelli luccicavano sotto la luce calda. La loro lucentezza creava un’aura di eleganza intorno il suo viso. Gli porsi il tè verde.
“É il minimo che potessi fare.” Ricambiai il suo cordiale sorriso. “Raccontami come va? Suppongo che piano piano risolverete i vostri problemi economi.”
“Si. Non so davvero come ripagarti…”
“Sono felice di avervi aiutato…” Dopo giusto qualche sorso lei ripose il tè sul tavolino di fronte il divano.
Il suo sguardo, non volli sbagliarmi era avvolto da un’ombra di tensione che svelava lentamente una sorta di desiderio. In quel momento non sapevo come definirlo, qualunque cosa fosse impressa sul suo volto. Andando avanti nella conversazione, il dialogo di ingenua malizia che conduceva lei, aveva creato un contrasto tra innocenza e consapevolezza. Nei suoi occhi brillava questa curiosità mentre il suo sorriso mi raccontava come si sentiva, i suoi sentimenti. Anna, dopo averci riflettuto, decise di condividere con me le sue emozioni che gli ricordavano la sua prima volta, e così...
“Sai Giu, ricordo ancora la mia prima volta. Era emozionante e spaventosa allo stesso tempo. Mi sentivo vogliosa, pronta, desiderosa e nervosa…” Gesticolò con le mani come faceva solitamente.
“É una storia molto personale, sei sicura di volerla condividere con me?” Le chiesi mentre inevitabilmente l’attrazione verso mia cognata si riaccese come un vulcano nonostante la situazione mi sembrava irreale.
La conversazione si spostò su un terreno sempre più intimo, permettendoci di condividere nel nostre esperienze e creare una connessione.
“Fu un passo importante nella mia crescita e nella scoperta dell’intimità.” Si tolse gli stivaletti, mise le gambe accavallate sul divano, proprio come se fosse a casa sua. Mi faceva veramente piacere.
“Si, certo… Hai ragione…” Incespicai con le parole, del resto mi aveva raccontato momenti intimi e caldi della sua vita in maniera del tutto naturale. Aveva paragonato le emozioni intense del sesso alla felicità per suo marito.
Fosse stata un’altra donna, l’avrei presa, posseduta. Sbattuta fino al piacere per poi rifarlo. Gli strani pensieri vorticavano nella mia testa come bolle di sapone pronte a scoppiare. Intrigo, suggestione, desiderio si facevano strada in maniera violenta. Era come se la mia immaginazione stesse prendendo vita, non come un film, lei era sul mio divano e sorrideva sempre. Ero inquieto, il sangue pulsava scatenando contrazioni nella muscolatura alla base del pene. L’eccitazione aumentava ma, la mia mente era totalmente lucida.
“Lui mi disse che impazziva e allora mi feci venire in bocca ma, non ingoiai il suo sperma, mi faceva schifo.”
“E poi? Come hai fatto?” Chiesi reprimendo la voglia di avere le sue labbra intorno al pene ed il glande conficcato nella sua gola.
“Poi provandoci non mi faceva schifo. Nulla di lui poteva farmi schifo, mi dava leggermente fastidio. E poi, riprovandoci dopo svariate volte mi sono abituata al sapore.”
“Insomma, bocca, viso, tette…” Dissi fingendo disinteresse. Mi aveva raccontato qualche sua avventura. Per me era molto difficile ascoltarla e non poter fare nulla.
“Esattamente.”
“Molto interessante!” Conclusi.
Credevo che il dialogo esplicito potesse spazzare via l’imbarazzo, alcuni dei silenzi, il carico di tensione. La prospettiva di fare la prima mossa sembrava avvolta da timidezza reciproca. Gli sguardi erano un fragile equilibrio che nessuno voleva frantumare. Non mi era mai capitato prima. Non ero un santo, ero un artista nell’arte del tradimento, faceva parte della mia vita. Con una donna sapevo muovermi abilmente, ma con mia cognata non riuscivo a muovere i primi passi. I confini erano tracciati da un rispetto o forse dalla paura delle conseguenze. Nonostante la tentazione, il legame familiare agiva come un voto infrangibile. La fiamma che lei voleva accendere, rimase spenta, io rimasi con una enorme erezione e qualunque cosa successe si concluse con imbarazzo. Trovai una scusa e la accompagnai alla porta, aiutandola ad indossare il soprabito. I gesti cortesi cercavano di mascherare l’intrigo del momento.
I confini tra giusto e sbagliato erano sfumati, un colore per la mia vita? Rosso, rosso come la passione che pulsava forte e spingeva oltre i limiti della moralità, la mia musa preferita: la Tentazione, come Odisseo con le sirene a Sorrento, cantava la sua melodia più seducente e proibita. Anna a 40 anni, irradiava quella bellezza matura e affascinante che gli uomini arroganti e stupidi non possono comprendere. Capelli biondi, occhi azzurri, un corpo spettacolare e attraente. Pensai a quello che vedevo, a quello che avevo sempre pensato di lei. Catturò la mia ammirazione e purtroppo spesso fu preda delle mie fantasie… Il suo fisico eccitante, la straordinaria presenza...
Il momento si fece complesso, l’anima mi chiese di scegliere tra desiderio e ragione ed io… Bellezza, fascino, seno prosperoso.
“Anna…?”
Lei si voltò ed io afferrai il suo collo sbattendola contro la porta in un unico abile e furente gesto di concitazione, la baciai avido, stringendo ancora, vedendo mutare la sua espressione di sorpresa in dolore improvviso, fino alle lacrime. Quando la lasciai continuammo a baciarci, il soprabito scivolò sinuoso a terra, una mano dentro la mia tuta in cerca del cazzo che bramava, lo strinse ma non gli diedi ancora l’occasione per smanettarlo. L'afferrai di nuovo per la gola. Silenzio, il groviglio di sentimenti era intricato e incomprensibile. Quella era l’unica occasione per fuggire via da me, lasciai la presa. Il suo respiro sfiorava delicatamente le mie labbra umide. Doveva andarsene e invece cadde dolcemente con le ginocchia sul pavimento. Sottomissione, abbandono al momento, i pantaloni della mia tuta calati, le sue mani alla base del cazzo, la lingua che roteava sul glande prima di imboccarlo in un pompino. Le mani nei suoi capelli biondi che scorrevano tra le mie dita fino a formare gradualmente una forte presa. In quel gesto si rifletteva la voglia di entrambi e la follia in cui eravamo caduti. Il suo pompino era meraviglioso, lento, dolce. Sentivo la lingua darsi da fare, darmi più piacere possibile, non bastava. Glielo affondai in gola sbaragliandola, fanculo i limiti, il rispetto, i desideri. Non avevo idea se potesse piacerle o no, non mi importava. Sbattevo forte, a onde e lei imperterrita non mollava, aumentava l’eccitazione, la mia. Stringevo capelli e scopavo la bocca di mia cognata. Il sussurro di gemiti sfuggiva dalla sua bocca, tracce di saliva scivolavano lungo le sue labbra. Avrei potuto sborrare se avessi continuato, volevo scoparla. Continuando a tenere le mani strette ai suoi capelli, la gettai sul pavimento come un oggetto senza valore, lei divaricò lesta le gambe sbottonandosi il jeans, afferrò l’orlo inferiore della maglia per sollevarla sopra la testa e mostrarmi i seni pieni, enormi. Io mi tolsi i pantaloni, afferrai con brama i suoi jeans sbottonati, abbassai la chiusura lampo, feci scivolare l’indumento giù lungo le gambe e li gettai chissà dove. Perizoma di cotone nero, lo scostai e senza aspettare il trasudo delle sue pareti vaginali gli infilai il cazzo, un attimo di fastidio accompagnato da gemiti di piacere dopo un paio di penetrazioni profonde. Lei distesa sul freddo pavimento e le braccia sopra la testa arrancanti, mi fissava mordendosi le labbra, io gambe larghe e in ginocchio tra le sue. Accompagnai la penetrazione con il bacino, scuotendola, guardandola. Una delicata dose di pentimento negli occhi dove intravvedevo tracce di tristezza. Un sorriso che la tradiva, in cui emergeva il piacere, la voglia di quell’atto irruente, la consapevolezza della decisione presa. Si bagnava sempre di più…
“Volevi essere scopata? Volevi essere scopata, dimmelo?” Urlai con il cuore in gola spingendo il cazzo nella sua fica come un dannato all’inferno costretto a fottere per sempre.
“Si… Si… Ancora più forte!” Quella spudorata conferma mi scombussolò.
Spinsi più forte che potevo, il respiro si fece intenso, poi affannato, un attimo per prendere fiato, mi calai sul suo petto, tolsi malamente il reggiseno senza slacciarlo. Presi in mano le tette per succhiarle. Leccai entrambi i capezzoli. La lingua risalì il petto e poi un lato del collo, un lembo di pelle che leccai, quasi morsi senza mai smettere di fotterla, meno irruente ma, più deciso e profondo. Il quel momento mi avvinghiò le mani intorno al collo, mi portò giù dinnanzi la bocca, un bacio rapido, bagnato. Mi spinse lontano dalle morbide labbra, un sorriso contorto e la piacevole sensazione di mani che scorrono lungo le spalle, unghia nella pelle, un dolore piacevole. Le sue dita si serrarono con forza, pareva un tentativo di afferrare qualcosa, gemetti quando solcò qualche centimetro, sentiva la necessità di esprimere la sua sofferenza che non poteva nulla contro la libido. Si bagnava sempre di più.
“Oh si Anna…” Le dissi sbaciucchiandole il collo. Il cazzo entrava e usciva dalla figa ormai bagnata e quasi colante.
E poi ancora un intenso bacio e graffi, senza mai perdere il ritmo dell’amplesso immorale, purtroppo pieno di passione ed energia. Afferrai con forza le mani di Anna, come se volessi fermare la tempesta che lacerava le mie spalle. Nello sguardo intenso tra noi due, il contatto delle mani diventò un legame, un tentativo di fermare il caos della passione. Non trovai nessuna resistenza: con la mano sinistra afferrai con fermezza le mani di Anna, imprigionandole contro il pavimento, con l’altra afferrai vigorosamente il suo collo ma prima, constatai la bontà delle sue tette. La guardavo e il desiderio malato cresceva senza sosta mentre il contatto tra mani e collo divenne un’emozione avvolgente e profonda. Eravamo dannatamente in sintonia. Avevo ripreso fiato e senza liberarla la scopai più forte che potevo. Il suo piacere era tale che ebbi difficoltà a scoparla forte, era quasi come se non sentissi il mio cazzo dentro la sua figa e la cosa mi eccitava ma, dopo qualche minuto sconvolgente lei iniziò ad urlare e subito dopo… Estrassi il cazzo dalla sua figa per schizzarle addosso tutta la mia sborra che si infranse sul corpo in tante gocce bianche e trasparenti, dalla bocca fino al ventre. L’ultimo rivolo di sperma colò lento dal mio cazzo sul suo monte di venere, lo spremetti fino all’ultima goccia. Solitamente lo facevo con gli orgasmi più intensi e quello lo era stato.
Rimasi in ginocchio guardandola. Lei cercò di sfilarsi via indietreggiando, io la fermai, mi avvicinai al suo viso soave.
“Non credo di poter resister più a te!”
“Che vuoi dire?” Mi chiese guardandomi seria, forse anche spaventata.
“Voglio che tu sia la mia puttana!” E le afferrai il collo. Lei fece ricadere la testa all’indietro eccitata. Le misi una mano nella figa per constatare quanto avesse goduto.
“Se qualcuno ci scopre, cosa succederà? La situazione è troppo complicata non posso… essere… la… tua puttana!”
“Ma ti piacerebbe?”
“Certo!” Ammise con un gemito di piacere mentre accarezzavo il clitoride.
“Dobbiamo essere cauti, troveremo dei modi per scopare. Di certo non ignorerò il fatto che voglio possederti.”
“Abbiamo delle…” mugolò inarcando la schiena invasa da un piacere diverso “… Responsabilità e legami con altre persone. Non mi capacito di quello che ho fatto… Ah!”
“Dunque?”
“Sono la tua puttana dal momento che sono entrata in casa tua!”
Misi la testa tra le cosce sode e iniziai a leccarle la fica.
di
scritto il
2024-01-08
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