Distratta dal racconto di Lucrezia
di
Margie
genere
masturbazione
Penso alla giornata che è appena iniziata. Ah, già! Devo scrivere il mio commento al racconto di Lucrezia. È il primo pensiero che ho avuto stamattina dopo aver fatto l'amore con mio marito. Ieri è tornato da una cena di lavoro e mi ha trovata a cosce spalancate e figa schizzante. Non mi ero neppure accorta del suo rientro, distratta com'ero dalla frenesia del mio autoerotismo. Per meglio ripensare la scena descritta da Lucrezia avevo chiuso gli occhi, all'inizio. Bastava la figa aperta. L'unica pausa, sono venuta presto e senza riprender fiato, ho preso un plug, l'ho strusciato velocemente nella passera, senza venire, e mi sono sodomizzata per riprendere subito e con maggior slancio la mia attività digitale. Non trovandomi di sotto a riceverlo e sentendo che non stavo canticchiando (non canto mai: sono tanto stonata che riesco a distogliere dalla melodia anche le canzoni alla radio) dev'essersi immaginato che potevo aver bisogno di aiuto e s'è precipitato in camera. Proprio nel momento in cui stavo schizzando di nuovo. Il suo soccorso è stato immediato, accurato, insistente, oltremodo gratificante. Rilassante, finito l'intervento. Poi addormentarsi non è stato un grande sforzo.
Apro ER, scorro i titoli con una certa fretta. “Una giapponese allo specchio”: questo sarà per dopo, ora voglio dedicarmi al racconto di Lucrezia. Ha un titolo breve, ma non è questo che importa... arrivo a fondo pagina, passo alla successiva. Sono andata troppo avanti: ricordo da ieri mattina il titolo di un altro racconto. Clicco sul tasto “home” e riprendo. Stavolta guardo gli autori. Beccato. Apro disqus e mi chiedo che cosa scriverle per complimentarmi. Meglio che controlli un attimo il testo: è bene che eviti di lasciarmi trasportare dai ricordi di ieri sera. Da un lato perché magari faccio qualche viaggio con la fantasia e scrivo qualcosa che non c'entra col quadro vivissimo che è il racconto dell'ammaliatrice Lucrezia, d'altro lato perché i dettagli, ieri sera, si sono un po' confusi nel marasma di sensazioni che le sue parole hanno suscitato. Erore! Sì, con una sola erre, perché grave. Inizio e mi accorgo subito che il calore inguinale ha un'impennata vertiginosa. Peggio ancora, si permette anche di diffondersi sulla pelle con una specie di prurito sempre più ampio e intenso. Due dita per un capezzolo... oh, sì, ci stanno proprio bene. I piercing fungono da amplificatore. Ah, ecco! Potrei anche sfruttare il piercing del clitoride, così, per controllare quel senso di pulsazione che riscontro da quelle parti. Il mondo mi si stravolge. Chiudo un attimo gli occhi e immagino le mani. Mi serve un aiuto. Prendo un ovetto, lo succhio un istante per lubrificarlo, lo infilo nella passera. Succhiarlo non era necessario: la mia figa lo risucchia dentro di sé. Il telecomando... dov'è? Eccolo: devo usarlo con cautela, mica voglio perdere i sensi... E, per la verità, non voglio neanche perdere le sensazioni. Le mani, i corpi, le bocche, le fighe, i cazzi, i succhi, i sapori, le grida, gli odori, tutti così veridicamente descritti da Lucrezia... Oh, sì, gli odori! Mi assalgono, mi travolgono... vengo, schizzo, tremo, grido. Dov'è il telecomando? Diminuisco l'intensità di vibrazione. No, ho sbagliato. Volevo aumentarla... sì, al massimo, subito, ancora, di più... lo sento bene, l'odore della mia passera, dei miei schizzi. Sono stremata.
Mi sembra di muovermi al rallentatore mentre indosso il vestito e i sandali per andare in ufficio. Dovrò correre, in macchina, per arrivare in tempo al treno. Mi guardo allo specchio prima di chiudere la porta: ho un'espressione trasognata. Mi aspetta una giornata impegnativa. In treno scriverò il commento a Lucrezia: circa mezz'ora di viaggio... però devo star bene attenta a non leggere neanche una riga del suo racconto. Di mattina il treno è sempre bello pieno. Ma se mi chiudessi nella toilette...?
Apro ER, scorro i titoli con una certa fretta. “Una giapponese allo specchio”: questo sarà per dopo, ora voglio dedicarmi al racconto di Lucrezia. Ha un titolo breve, ma non è questo che importa... arrivo a fondo pagina, passo alla successiva. Sono andata troppo avanti: ricordo da ieri mattina il titolo di un altro racconto. Clicco sul tasto “home” e riprendo. Stavolta guardo gli autori. Beccato. Apro disqus e mi chiedo che cosa scriverle per complimentarmi. Meglio che controlli un attimo il testo: è bene che eviti di lasciarmi trasportare dai ricordi di ieri sera. Da un lato perché magari faccio qualche viaggio con la fantasia e scrivo qualcosa che non c'entra col quadro vivissimo che è il racconto dell'ammaliatrice Lucrezia, d'altro lato perché i dettagli, ieri sera, si sono un po' confusi nel marasma di sensazioni che le sue parole hanno suscitato. Erore! Sì, con una sola erre, perché grave. Inizio e mi accorgo subito che il calore inguinale ha un'impennata vertiginosa. Peggio ancora, si permette anche di diffondersi sulla pelle con una specie di prurito sempre più ampio e intenso. Due dita per un capezzolo... oh, sì, ci stanno proprio bene. I piercing fungono da amplificatore. Ah, ecco! Potrei anche sfruttare il piercing del clitoride, così, per controllare quel senso di pulsazione che riscontro da quelle parti. Il mondo mi si stravolge. Chiudo un attimo gli occhi e immagino le mani. Mi serve un aiuto. Prendo un ovetto, lo succhio un istante per lubrificarlo, lo infilo nella passera. Succhiarlo non era necessario: la mia figa lo risucchia dentro di sé. Il telecomando... dov'è? Eccolo: devo usarlo con cautela, mica voglio perdere i sensi... E, per la verità, non voglio neanche perdere le sensazioni. Le mani, i corpi, le bocche, le fighe, i cazzi, i succhi, i sapori, le grida, gli odori, tutti così veridicamente descritti da Lucrezia... Oh, sì, gli odori! Mi assalgono, mi travolgono... vengo, schizzo, tremo, grido. Dov'è il telecomando? Diminuisco l'intensità di vibrazione. No, ho sbagliato. Volevo aumentarla... sì, al massimo, subito, ancora, di più... lo sento bene, l'odore della mia passera, dei miei schizzi. Sono stremata.
Mi sembra di muovermi al rallentatore mentre indosso il vestito e i sandali per andare in ufficio. Dovrò correre, in macchina, per arrivare in tempo al treno. Mi guardo allo specchio prima di chiudere la porta: ho un'espressione trasognata. Mi aspetta una giornata impegnativa. In treno scriverò il commento a Lucrezia: circa mezz'ora di viaggio... però devo star bene attenta a non leggere neanche una riga del suo racconto. Di mattina il treno è sempre bello pieno. Ma se mi chiudessi nella toilette...?
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