Come iniziare 1
di
zorrogatto
genere
gay
«Se davvero vuoi provare, potrei scendere alla tua stazione, lo facciamo e dopo prendo il treno seguente...»
Ci pensai tipo un secondo o due e poi: «Sì, va bene, facciamolo!»
Così, scesi dal treno, ci avventurammo nell'area accanto al deposito della stazione...
Dopo pochi istanti stavo inaspettatamente succhiando il primo cazzo della mia vita e di lì a poco, il premio promessomi: sentirmi entrare quel cazzo dietro, nel culo.
Ma forse è meglio raccontare con minore precipitazione e qualche dettaglio in più.
Sono nato a metà degli anni 50 ed a casa non si parlava assolutamente di sesso, come prassi dell'epoca.
Io però sentivo irrequietezza in me ed una sera, nel mio lettuccio, scoprii che toccarmi il buchino dietro (dio che scandalo! Neanche nominarlo, per carità!) mi dava sensazioni.... uhhmmm... piacevoli, ecco!
Sera dopo sera, sono passato dagli sfioramenti all'appoggiarci un dito e poi spingerlo e ohhh! E poi sentire che non scorre e allora insalivarlo e... mmmhhh, adesso sì!!!
E provavo ad introdurre matite ed i primi pennarelli ad alcol che mio padre portava dall'ufficio e la cosa era piaceeeevole!
E guardavo la dimensione degli stronzi che mi uscivano, prima di tirar l'acqua e riflettevo che non avevo sentito male (anzi!) a farli uscire, nonostante fossero grandi come due o tre delle mie dita unite.
E quindi presi coraggio e provai....Mhhhhh!!!!
Poi arrivammo a quell'anno, il migliore per cominciare a fare sesso con altre persone: il 1969.
Per il ponte di Pasqua, con i miei genitori fummo ospitati da un'amica di mia madre in un paesino sul mare vicino alle cinqueterre.
All'epoca l'autostrada partiva da Ge-Nervi per arrivare a Sestri Levante e per proseguire in direzione della Toscana bisognava affrontare il temibile Passo del Bracco, con narrazioni di assalti banditeschi, scontri tra partigiani e nazifascisti e lunghe e lente teorie di autotreni puzzolenti di nafta che con lenta inesorabilità si arrampicavano su per le salite.
Il viaggio di andata fu piacevole -per quanto lo possa essere con un padre che guidava tacendo e una madre che continuava a spiegare come l'universo mondo andasse sistemato per piacere a lei- e fu piacevole la scoperta del paese di mare e la spiaggia e dell'appartamento della conoscente che ci ospitava e che aveva preso subito in simpatia Micia, la mia docilissima gattina che ci eravamo portati per quel lungo fine settimana.
A metà del lunedì pomeriggio, riprendemmo la strada di casa e, a pochi chilometri dall'inizio dell'autostrada, fermi in coda, venimmo tamponati da un idiota che ci mandò a sbattere contro la macchina davanti, facendoci fracassare il radiatore.
Arrivammo a stento ad una grande officina di soccorso a Sestri, dove lasciammo l'auto di mio padre ed andammo in stazione per aspettare un trono per andare verso casa.
Le ubbie di grandama di mia madre, fecero sì che ci mettessimo nella deserta sala d'attesa di prima classe, ma poi mia madre polemizzò con mio padre che essendo lui socio Aci l'officina doveva darci un'auto sostitutiva e bla bla bla... e alla fine decisero di tornare all'officina lasciando me, Micia -che tenevo al guinzaglio col collarino e la grossa valigia, che ci eravamo portati per quei tre giorni, in sala d'attesa.
Aspettavo, annoiandomi e accarezzando distrattamente il groppone della mia gattina, quando nella sala entrò un tizio che mi sorrise, fece qualche complimento a Micia e poi mi chiese se poteva accarezzarla: accettai con piacere e lui le accarezzò il groppone... poi le accarezzò il fianco... poi le accarezzò il pancino insinuando le dita tra lei ed il mio grembo e poi... poi mi accorsi che accarezzava ME... ma non volevo essere scortese con un “grande” e perciò non dissi nulla, non provai a scansarlo, ma... subivo... e, a poco a poco, la cosa mi piaceva!
«Dai, vieni con me nei bagni e ti faccio godere tanto!» Disse il tipo e ormai ero in sua balia: decisi di fissare il guinzaglietto ai manici della valigia, mi alzai in piedi per seguirlo (lui si era già avviato) e... «Dai prendi Micia e la valigia, che a papà hanno dato una macchina per tornare a casa!»
E io, senza una parola, salii su quella Seicento Multipla e per tutto il viaggio cercai d studiare un modo plausibile per farmi riportare a quella stazione per qualche minuto...
Poi arrivò la fine dell'anno scolastico scoprii che quell'estate la villeggiatura l'avremmo fatta (io, mia madre e Micia) ospitati dall'amica di mia madre con mio padre che sarebbe venuto giusto per i finesettimana.
Essendo un paese “tranquillo”, “sicuro”, potei godere di una libertà mai neanche immaginata nei miei 14 anni: in pratica, bastava che mi presentassi a pranzo, a cena e poi a dormire, ma ero libero come l'aria...
Anche libero di farmi amici nei bagni dove avevamo la cabina (tutti ragazzi “grandi”, sui 16 anni, che mi portavano spesso in vespa con loro nei dintorni, tutti insieme) e con un ragazzino di Roma, circa della mia età o appena più giovane, col quale ci eravamo chiusi qualche volta i cabina a abbassarci i costumini e giocherellare coi nostri “cosini” (il suo davvero “ino”, tra l'altro!).
Credo che il film che mi abbia più formato, che più abbia inciso sulla mia personalità sia stato “La grande fuga”, da cui ho imparato l'importanza della pianificazione, della cura di ogni dettaglio, dl saper adattare le cose per farle sembrare altre e che ci vuole coraggio, perseveranza e incoscienza per realizzare i propri progetti.
Così cominciai, subito dopo pranzo, a prendere il treno per Sestri, illudendomi di trovare subito il mio famoso accarezzatore... ma i giorni passavano e... niente! Sembrava che ci fosse qualcuno interessato, ma poi scappava a gambe levate, prima di... non capivo perché!
Analizzai la situazione e riflettei che in effetti il contatto con quel tipo il lunedi di Pasqua c'era stato tipo alle nove passate la sera e quindi, di pomeriggio non avevo troppe possibilità: perciò studiai per bene gli orari per partire dopo cena e per tornare con un treno ad un'ora plausibile...
---Segue---
Ci pensai tipo un secondo o due e poi: «Sì, va bene, facciamolo!»
Così, scesi dal treno, ci avventurammo nell'area accanto al deposito della stazione...
Dopo pochi istanti stavo inaspettatamente succhiando il primo cazzo della mia vita e di lì a poco, il premio promessomi: sentirmi entrare quel cazzo dietro, nel culo.
Ma forse è meglio raccontare con minore precipitazione e qualche dettaglio in più.
Sono nato a metà degli anni 50 ed a casa non si parlava assolutamente di sesso, come prassi dell'epoca.
Io però sentivo irrequietezza in me ed una sera, nel mio lettuccio, scoprii che toccarmi il buchino dietro (dio che scandalo! Neanche nominarlo, per carità!) mi dava sensazioni.... uhhmmm... piacevoli, ecco!
Sera dopo sera, sono passato dagli sfioramenti all'appoggiarci un dito e poi spingerlo e ohhh! E poi sentire che non scorre e allora insalivarlo e... mmmhhh, adesso sì!!!
E provavo ad introdurre matite ed i primi pennarelli ad alcol che mio padre portava dall'ufficio e la cosa era piaceeeevole!
E guardavo la dimensione degli stronzi che mi uscivano, prima di tirar l'acqua e riflettevo che non avevo sentito male (anzi!) a farli uscire, nonostante fossero grandi come due o tre delle mie dita unite.
E quindi presi coraggio e provai....Mhhhhh!!!!
Poi arrivammo a quell'anno, il migliore per cominciare a fare sesso con altre persone: il 1969.
Per il ponte di Pasqua, con i miei genitori fummo ospitati da un'amica di mia madre in un paesino sul mare vicino alle cinqueterre.
All'epoca l'autostrada partiva da Ge-Nervi per arrivare a Sestri Levante e per proseguire in direzione della Toscana bisognava affrontare il temibile Passo del Bracco, con narrazioni di assalti banditeschi, scontri tra partigiani e nazifascisti e lunghe e lente teorie di autotreni puzzolenti di nafta che con lenta inesorabilità si arrampicavano su per le salite.
Il viaggio di andata fu piacevole -per quanto lo possa essere con un padre che guidava tacendo e una madre che continuava a spiegare come l'universo mondo andasse sistemato per piacere a lei- e fu piacevole la scoperta del paese di mare e la spiaggia e dell'appartamento della conoscente che ci ospitava e che aveva preso subito in simpatia Micia, la mia docilissima gattina che ci eravamo portati per quel lungo fine settimana.
A metà del lunedì pomeriggio, riprendemmo la strada di casa e, a pochi chilometri dall'inizio dell'autostrada, fermi in coda, venimmo tamponati da un idiota che ci mandò a sbattere contro la macchina davanti, facendoci fracassare il radiatore.
Arrivammo a stento ad una grande officina di soccorso a Sestri, dove lasciammo l'auto di mio padre ed andammo in stazione per aspettare un trono per andare verso casa.
Le ubbie di grandama di mia madre, fecero sì che ci mettessimo nella deserta sala d'attesa di prima classe, ma poi mia madre polemizzò con mio padre che essendo lui socio Aci l'officina doveva darci un'auto sostitutiva e bla bla bla... e alla fine decisero di tornare all'officina lasciando me, Micia -che tenevo al guinzaglio col collarino e la grossa valigia, che ci eravamo portati per quei tre giorni, in sala d'attesa.
Aspettavo, annoiandomi e accarezzando distrattamente il groppone della mia gattina, quando nella sala entrò un tizio che mi sorrise, fece qualche complimento a Micia e poi mi chiese se poteva accarezzarla: accettai con piacere e lui le accarezzò il groppone... poi le accarezzò il fianco... poi le accarezzò il pancino insinuando le dita tra lei ed il mio grembo e poi... poi mi accorsi che accarezzava ME... ma non volevo essere scortese con un “grande” e perciò non dissi nulla, non provai a scansarlo, ma... subivo... e, a poco a poco, la cosa mi piaceva!
«Dai, vieni con me nei bagni e ti faccio godere tanto!» Disse il tipo e ormai ero in sua balia: decisi di fissare il guinzaglietto ai manici della valigia, mi alzai in piedi per seguirlo (lui si era già avviato) e... «Dai prendi Micia e la valigia, che a papà hanno dato una macchina per tornare a casa!»
E io, senza una parola, salii su quella Seicento Multipla e per tutto il viaggio cercai d studiare un modo plausibile per farmi riportare a quella stazione per qualche minuto...
Poi arrivò la fine dell'anno scolastico scoprii che quell'estate la villeggiatura l'avremmo fatta (io, mia madre e Micia) ospitati dall'amica di mia madre con mio padre che sarebbe venuto giusto per i finesettimana.
Essendo un paese “tranquillo”, “sicuro”, potei godere di una libertà mai neanche immaginata nei miei 14 anni: in pratica, bastava che mi presentassi a pranzo, a cena e poi a dormire, ma ero libero come l'aria...
Anche libero di farmi amici nei bagni dove avevamo la cabina (tutti ragazzi “grandi”, sui 16 anni, che mi portavano spesso in vespa con loro nei dintorni, tutti insieme) e con un ragazzino di Roma, circa della mia età o appena più giovane, col quale ci eravamo chiusi qualche volta i cabina a abbassarci i costumini e giocherellare coi nostri “cosini” (il suo davvero “ino”, tra l'altro!).
Credo che il film che mi abbia più formato, che più abbia inciso sulla mia personalità sia stato “La grande fuga”, da cui ho imparato l'importanza della pianificazione, della cura di ogni dettaglio, dl saper adattare le cose per farle sembrare altre e che ci vuole coraggio, perseveranza e incoscienza per realizzare i propri progetti.
Così cominciai, subito dopo pranzo, a prendere il treno per Sestri, illudendomi di trovare subito il mio famoso accarezzatore... ma i giorni passavano e... niente! Sembrava che ci fosse qualcuno interessato, ma poi scappava a gambe levate, prima di... non capivo perché!
Analizzai la situazione e riflettei che in effetti il contatto con quel tipo il lunedi di Pasqua c'era stato tipo alle nove passate la sera e quindi, di pomeriggio non avevo troppe possibilità: perciò studiai per bene gli orari per partire dopo cena e per tornare con un treno ad un'ora plausibile...
---Segue---
1
voti
voti
valutazione
1
1
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Incontri a tutto campo - 2a parteracconto sucessivo
Come iniziare 2
Commenti dei lettori al racconto erotico