Il libro del piacere
di
Kugher
genere
sadomaso
Una parte dell'ultima luce naturale illuminava il libro appoggiato sul tavolino, dal quale spuntava il segnalibro cui era stato affidato il compito di indicare la pagina che per ultima aveva ospitato i suoi pensieri.
La giovane donna lo prese, se lo strinse al seno nudo per quella breve distanza che la separava dalla poltrona sulla quale si sedette, giovando della luce artificiale posta lì accanto.
Aprì il libro cercando le sue emozioni.
Alle prime letture, giorni addietro, la copertina era di sola carta spessa e le pagine scritte con un carattere freddo.
Più leggeva, più il libro mutava e, con esso, i suoi pensieri.
La copertina divenne prima di cartone spesso e, poi, di pelle. Anche un osservatore non attento avrebbe potuto vedere che la pelle del libro era segnata da piccole striature.
Solo pochi avrebbero capito che erano i tipici segni lasciati da uno scudiscio.
Le pagine, inizialmente bianche, assunsero, col loro progredire, una colorazione più tenue, riposante ma, soprattutto, che rispecchiava il suo animo.
I freddi caratteri della stampa assunsero lentamente il colore dell'inchiostro che, con le sue imperfezioni, dona carattere ai caratteri.
La prima volta che aprì quel libro, giorni addietro, si era stupita del fatto che ad un certo punto le pagine non erano più scritte. Solo col progredire nella lettura si accorse che le parole riempivano gli spazi vuoti anticipando su carta i suoi pensieri, nei quali ella si ritrovava e che, avvolgendola, la proiettavano verso l’uomo col quale aveva iniziato a vivere quel turbine di eccitazione e che, nel privato, chiamava “Padrone”, complice e partecipe delle emozioni e dell’umido che, come in quel momento, aveva tra le cosce.
Più leggeva e più le pagine si riempivano delle sensazioni che, sapeva, non erano solo sue ma scritte a quattro mani, nel calore della complicità e della condivisione delle sensazioni con colui che impugnava quello scudiscio che, a breve, avrebbe segnato la sua schiena, al pari dei segni che la copertina di quel libro costantemente recava, per ricordare loro la natura del rapporto.
La portiera dell’auto che si chiuse non poteva essere diversa da quella di tante altre ma, orario e parcheggio, attirarono la sua attenzione, distogliendola dal ricordo delle emozioni passate e presto rinnovate in nuove eccitazioni.
Tenendo il dito indice tra le pagine del libro, si alzò per guardare attraverso i vetri, in strada, incurante della sua nudità che, anzi, la faceva sentire vestita del proprio desiderio pronta per stimolare ed accogliere quello dell’uomo.
Al segnalibro che le era stato regalato dal Padrone affidò nuovamente il compito di ricordare il punto in cui i suoi pensieri avevano interrotto il ricordo per proiettarsi verso le prossime ore che, a loro volta, sarebbero state scritte sulle pagine delle emozioni che le si sarebbero conservate nella parte della sua anima deputata ad ospitare quella parte di lei che la vedeva appagata nella sottomissione.
Il libro era tornato sul tavolino.
I muri delle scale amplificavano il suono costante di chi le percorre in salita.
La poltrona di pelle, illuminata dalla calda luce artificiale, ospitava sulla sua seduta il capo della donna, mentre le ginocchia di lei erano posate a terra, scostate quel tanto da non celare il suo sesso che, in controluce, evidenziava l’umido testimone del piacere.
Aspettava, senza avvertire quel freddo ambientale che non riusciva a penetrare la sua pelle calda di eccitazione ed i secondi scorrevano più lenti del battito del suo cuore.
Sapeva, quasi potesse sentirli, che lo stesso numero di battiti caratterizzava il ritmo dell’uomo che l’avrebbe usata e posseduta a suo totale piacimento.
Fu solo una sensazione, ma i due cuori si fermarono nel momento in cui la porta si aprì. Per lei, sapendo di essere vista, offerta, per lui vedendola, offerta.
Il Padrone si sedette sulla poltrona ampia che consentiva alla testa della schiava di restare poggiata ed esposta alla carezza dell’uomo, che la percorreva con la mano tipica di chi tocca una cosa sua.
Una carezza diversa da quella che li avrebbe uniti tra qualche ora, a piacere raggiunto. In quel momento non era tempo per questa. Adesso era tempo per quella di possesso che, tenendo le distanze tra Proprietario e schiava, li avvicinava nella loro specularità.
Il collo della giovane donna fu cinto dal collare acquistato in un negozio per animali, ripetuto rituale che vedeva quel freddo acciaio del guinzaglio, unire il potere dell’uno al corpo dell’altra.
L’uomo osservava quella schiena ancora intonsa mentre la sua schiava, ora inginocchiata tra le sue gambe, si curava di far crescere il suo piacere nella bocca.
La scarpa passava tra le cosce trovando la pelle della calzatura umida e facendo sorgere un sorriso eccitato.
Il colpo dello scudiscio, scelto per la sua maneggevolezza in spazi ristretti e distanze ravvicinate, arrivò inaspettato e l’inarcamento della schiena fu fonte di ulteriore piacere per entrambi.
“Riprendilo in bocca!”
L’ordine fu secco, al pari del secondo colpo che la puniva per esserselo fatto uscire dalla bocca che, tra qualche tempo, avrebbe dovuto raccogliere il piacere del Padrone, facendolo proprio.
Entrambi sapevano che un’altra pagina del libro delle loro emozioni veniva in quel momento scritta, con la sicura calligrafia nelle pagine di quel libro la cui copertina si marchiò di un altro segno.
-----
krugher.1863@gmail.com
La giovane donna lo prese, se lo strinse al seno nudo per quella breve distanza che la separava dalla poltrona sulla quale si sedette, giovando della luce artificiale posta lì accanto.
Aprì il libro cercando le sue emozioni.
Alle prime letture, giorni addietro, la copertina era di sola carta spessa e le pagine scritte con un carattere freddo.
Più leggeva, più il libro mutava e, con esso, i suoi pensieri.
La copertina divenne prima di cartone spesso e, poi, di pelle. Anche un osservatore non attento avrebbe potuto vedere che la pelle del libro era segnata da piccole striature.
Solo pochi avrebbero capito che erano i tipici segni lasciati da uno scudiscio.
Le pagine, inizialmente bianche, assunsero, col loro progredire, una colorazione più tenue, riposante ma, soprattutto, che rispecchiava il suo animo.
I freddi caratteri della stampa assunsero lentamente il colore dell'inchiostro che, con le sue imperfezioni, dona carattere ai caratteri.
La prima volta che aprì quel libro, giorni addietro, si era stupita del fatto che ad un certo punto le pagine non erano più scritte. Solo col progredire nella lettura si accorse che le parole riempivano gli spazi vuoti anticipando su carta i suoi pensieri, nei quali ella si ritrovava e che, avvolgendola, la proiettavano verso l’uomo col quale aveva iniziato a vivere quel turbine di eccitazione e che, nel privato, chiamava “Padrone”, complice e partecipe delle emozioni e dell’umido che, come in quel momento, aveva tra le cosce.
Più leggeva e più le pagine si riempivano delle sensazioni che, sapeva, non erano solo sue ma scritte a quattro mani, nel calore della complicità e della condivisione delle sensazioni con colui che impugnava quello scudiscio che, a breve, avrebbe segnato la sua schiena, al pari dei segni che la copertina di quel libro costantemente recava, per ricordare loro la natura del rapporto.
La portiera dell’auto che si chiuse non poteva essere diversa da quella di tante altre ma, orario e parcheggio, attirarono la sua attenzione, distogliendola dal ricordo delle emozioni passate e presto rinnovate in nuove eccitazioni.
Tenendo il dito indice tra le pagine del libro, si alzò per guardare attraverso i vetri, in strada, incurante della sua nudità che, anzi, la faceva sentire vestita del proprio desiderio pronta per stimolare ed accogliere quello dell’uomo.
Al segnalibro che le era stato regalato dal Padrone affidò nuovamente il compito di ricordare il punto in cui i suoi pensieri avevano interrotto il ricordo per proiettarsi verso le prossime ore che, a loro volta, sarebbero state scritte sulle pagine delle emozioni che le si sarebbero conservate nella parte della sua anima deputata ad ospitare quella parte di lei che la vedeva appagata nella sottomissione.
Il libro era tornato sul tavolino.
I muri delle scale amplificavano il suono costante di chi le percorre in salita.
La poltrona di pelle, illuminata dalla calda luce artificiale, ospitava sulla sua seduta il capo della donna, mentre le ginocchia di lei erano posate a terra, scostate quel tanto da non celare il suo sesso che, in controluce, evidenziava l’umido testimone del piacere.
Aspettava, senza avvertire quel freddo ambientale che non riusciva a penetrare la sua pelle calda di eccitazione ed i secondi scorrevano più lenti del battito del suo cuore.
Sapeva, quasi potesse sentirli, che lo stesso numero di battiti caratterizzava il ritmo dell’uomo che l’avrebbe usata e posseduta a suo totale piacimento.
Fu solo una sensazione, ma i due cuori si fermarono nel momento in cui la porta si aprì. Per lei, sapendo di essere vista, offerta, per lui vedendola, offerta.
Il Padrone si sedette sulla poltrona ampia che consentiva alla testa della schiava di restare poggiata ed esposta alla carezza dell’uomo, che la percorreva con la mano tipica di chi tocca una cosa sua.
Una carezza diversa da quella che li avrebbe uniti tra qualche ora, a piacere raggiunto. In quel momento non era tempo per questa. Adesso era tempo per quella di possesso che, tenendo le distanze tra Proprietario e schiava, li avvicinava nella loro specularità.
Il collo della giovane donna fu cinto dal collare acquistato in un negozio per animali, ripetuto rituale che vedeva quel freddo acciaio del guinzaglio, unire il potere dell’uno al corpo dell’altra.
L’uomo osservava quella schiena ancora intonsa mentre la sua schiava, ora inginocchiata tra le sue gambe, si curava di far crescere il suo piacere nella bocca.
La scarpa passava tra le cosce trovando la pelle della calzatura umida e facendo sorgere un sorriso eccitato.
Il colpo dello scudiscio, scelto per la sua maneggevolezza in spazi ristretti e distanze ravvicinate, arrivò inaspettato e l’inarcamento della schiena fu fonte di ulteriore piacere per entrambi.
“Riprendilo in bocca!”
L’ordine fu secco, al pari del secondo colpo che la puniva per esserselo fatto uscire dalla bocca che, tra qualche tempo, avrebbe dovuto raccogliere il piacere del Padrone, facendolo proprio.
Entrambi sapevano che un’altra pagina del libro delle loro emozioni veniva in quel momento scritta, con la sicura calligrafia nelle pagine di quel libro la cui copertina si marchiò di un altro segno.
-----
krugher.1863@gmail.com
1
voti
voti
valutazione
7
7
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Let it beracconto sucessivo
Offerta agli ospiti (parte 1)
Commenti dei lettori al racconto erotico