Vetrine
di
Margie
genere
esibizionismo
L'effetto specchio delle vetrine mi attrae sempre, da anni, dopo esser stata cacciata dalla famiglia. Mi ci fermo spesso, lo sfrutto per considerarmi, se sola, o per considerarci, quando sono in compagnia. Uno dei miei tanti vizi. Il vizio: quanto di più importante ci sia nella vita. Mi controllo: se sono lontana dal paese, in giro per l'Italia o per l'Europa, mi vesto con più libertà. Controllo in tal caso se l'essere succinta vada oltre i limiti della decenza. Spero sempre di vedermi sull'orlo dell'indecenza. Però resisto alla tentazione di sollevarmi la gonna per controllare se la passera mi si rifletta luccicando. Non è uno sforzo da poco, solleverei volentieri la gonna. Così, per il gusto; ma anche per mostrare un'opportunità. Soprattutto quando immagino che la vetrina sia lo schermo di un cinema o di una televisione. E, considerate le temperature roventi di questi mesi, anche per rinfrescare il fuoco che mi trovo stabile in mezzo alla cosce.
Una volta, mentre mi specchiavo, mi è successo di osservare degli oggetti stravaganti (ora è scritto correttamente “oggetti”, ma prima c'era un equivoco e speculare “occhietti” che la dice lunga; potrei scriverci sopra un racconto) descritti da ironici bigliettini, come se si trattasse di sculture con sotto l'etichetta riportante il titolo. Ho pensato allora a un calco in gesso della mia passera: “figa di Margie”. L'ho considerata in tutte le angolazioni, in diverse situazioni. Che so? “figa di Margie prima della scopata”. E poi, in condizioni estetiche diverse: “figa di Margie durante la scopata”, ma questa mi risultava ostile, assolutamente inapplicabile. Oh, un cazzo dentro è sempre una grande soddisfazione, non fraintendetemi. Un cazzo dentro poteva anche starci, ma quello di chi? Si potrebbe insinuare (e qui possiamo estendere il significato della parola) che sia quello di mio marito. Ma allora che si vedrebbe? Il cazzo di mio marito costituisce uno riempimento abbondante, forse troppo per questo scopo (e anche qui i significati s'intersecano in modo interessante, arrapante). Quello di un altro, allora, quello di un uomo qualsiasi: il barbone che dorme sul marciapiedi mentre mi scruto, l'idraulico (e qui sarebbe più opportuno utilizzare il termine toscano, trombaio, che aggiungerebbe coerenza all'immagine e al concetto), l'organista del duomo, un passante, un suonatore di chitarra... ad libitum. In generale nessuno calzerebbe granché. Ci sarebbe qualcosa di troppo, un eccesso distruttivo. Perché allora non “figa di Margie dopo la scopata”? Eh, sì e come si potrebbero raffigura le gocce di rugiada profumata che scendono senza pudore? Sarebbero un respiro trattenuto troppo a lungo, così posate immobili e perenni sulla carne fremente. E che dire di “figa di Margie durante la masturbazione”? Di certo sarebbe più semplice da organizzare, ma come si potrebbero tenere sospese per aria le gocce schizzate, quelle gocce che sembrano ruscelli, per la verità, anche se non sono scroscianti. Ma a far rumore ci penso io. È vero: il rumore non è scrosciante, ma resta pur sempre coinvolgente.
Specchiarmi nelle vetrine di negozi d'abbigliamento è un'attrazione, mi attira come una potente calamita: non tanto per desiderio di cambiare vestito (ne ho, li cambio quotidianamente) o di averne di più. Banalità, queste. Ve l'immaginate quel vestito giallo con tanti bottoni sul davanti? Me lo vedo addosso con tutti i bottoni dall'inguine in giù e dallo stomaco in su pendere fuori dalle loro asole, con le tette che di sguincio fanno capolino, con le gambe che si muovono all'aria aperta, anche perché lo spacchetto posteriore è stato allungato dal bordo inferiore sino alla base delle chiappe? O quella gonnellina di jeans corta corta col bordo cucito? Ma non sarebbe tanto meglio se l'orlo fosse sfilacciato fino al punto critico? Oppure quella gonna in pelle scamosciata ridotta dalle forbici a una serie di frange dalla cinta in giù? Oppure quell'austero tailleur manageriale, indossato senza niente sotto, con la cucitura posteriore aperta dalla vita in giù? Mi penso al lavoro a quel modo e percepisco su me stessa l'effetto che potrebbe fare sui maschi. Meno stimolanti le vetrine dei sex shop, con quegli indumenti trasparenti che non servono a nulla. In pubblico, perché non usabili (salvo in località come Cap d'Agde), in privato perché si sta meglio nudi. Più comodo e più confortevole.
Anche le vetrine dei negozi di intimo, con quei preziosi completini di seta e pizzo, dai colori pastello, non sarebbero niente male. Mi piace immaginare me stessa una volta che siano stati strategicamente forati nei punti critici. È più pratico, no? Per quale motivo si indossano? Per mostrarli ed invogliare. E allora facciamolo per bene, no? Se no, che gusto c'è? L'approssimazione non rende.
Una volta ho visto un perizoma che mi ha lasciata di stucco, tanto che la pratica di specchiarmi e considerarmi è stata trascurata del tutto e immediatamente. Era a foglia di fico, il perizoma, non la vetrina (per inciso: una vetrina a forma di foglia di fico avrebbe la funzione di nascondere o di mostrare?). Avete presente la foglia del fico? Ecco, aveva proprio quella forma, fatti salvi il filo dietro e l'elastico, dei quali le foglie di fico reali sono sprovviste. Terribile o comico? Per me tragico. La foglia di fico è l'unico indumento che abbia sempre visto usare come unico indumento. E con unico riferimento all'origine dei tempi. Come si può andare in giro con una cosa del genere al giorno d'oggi? Mica puoi far credere a tutti che si sta girando un film su Adamo ed Eva: dov'è il regista? Dov'è la cinepresa? E dov'è Adamo? Sarebbe interessante capire come funziona la foglia di fico, nel caso di un uomo: legata attorno all'uccello? Allora questo dovrebbe essere eretto. Interessante, ma se ad un certo punto gli si ammoscia? Significa che è arrivato l'autunno? E poi, dov'è lo staff di truccatori, di suggeritori, di varie ed eventuali che contraddistingue la ripresa cinematografica? Non ho la minima esperienza, né la minima formazione, di arte cinematografica, quindi è ovvio che l'elenco sia limitato e confuso. Poco credibile, assolutamente, il film su Adamo ed Eva! Tanto più nel centro di una città. Come si può scambiare il centro di una città col paradiso terrestre? Dai, non ci crederebbe neanche il più stupido del mondo, cioè quello che alle gare di stupidità vince la medaglia d'argento perché è così stupido da perdere quella d'oro (frase tratta da una disquisizione di mio suocero pronunciata qualche giorno fa riguardo alcuni politici italiani). In ogni caso l'ipotesi è decisamente poco sostenibile, se non addirittura irrealizzabile. Chi andrebbe in giro per una città indossando solo una foglia di fico, anche se è un perizoma? Neanch'io, che pure, quanto ad esibizionismo e diversamente dall'argomento cinema, posso scrivere dei trattati. E se qualcuno mangia la foglia? Mi sono informata: non era un costume da bagno, ma da indossare sotto a un vestito. Ma a che serve la foglia di fico (che, per tradizione, si usa per celare la propria nudità) se sopra c'è un vestito? La nudità è già occultata da questo. Il ricordo sta diventando pericoloso: mi porta alla filosofia, scienza che m'è piovuta addosso ai tempi liceali lasciando poche importanti tracce: du sollst, conosci te stesso, pyr aeì zoon, en archè en logos, tesi-antitesi-sintesi (la sorgente di tutte le perversioni ideologiche) e poc'altro. Insomma, la tremula base scientifica della mia vita, senza con questo voler confondere la mia vita con un budino.
Resta appurato che le vetrine mi piacciono, sola o in compagnia. Persino quando sono di fretta un'occhiata mi scappa sempre, così, per cominciare. Poi può succedere di tutto.
Una volta, mentre mi specchiavo, mi è successo di osservare degli oggetti stravaganti (ora è scritto correttamente “oggetti”, ma prima c'era un equivoco e speculare “occhietti” che la dice lunga; potrei scriverci sopra un racconto) descritti da ironici bigliettini, come se si trattasse di sculture con sotto l'etichetta riportante il titolo. Ho pensato allora a un calco in gesso della mia passera: “figa di Margie”. L'ho considerata in tutte le angolazioni, in diverse situazioni. Che so? “figa di Margie prima della scopata”. E poi, in condizioni estetiche diverse: “figa di Margie durante la scopata”, ma questa mi risultava ostile, assolutamente inapplicabile. Oh, un cazzo dentro è sempre una grande soddisfazione, non fraintendetemi. Un cazzo dentro poteva anche starci, ma quello di chi? Si potrebbe insinuare (e qui possiamo estendere il significato della parola) che sia quello di mio marito. Ma allora che si vedrebbe? Il cazzo di mio marito costituisce uno riempimento abbondante, forse troppo per questo scopo (e anche qui i significati s'intersecano in modo interessante, arrapante). Quello di un altro, allora, quello di un uomo qualsiasi: il barbone che dorme sul marciapiedi mentre mi scruto, l'idraulico (e qui sarebbe più opportuno utilizzare il termine toscano, trombaio, che aggiungerebbe coerenza all'immagine e al concetto), l'organista del duomo, un passante, un suonatore di chitarra... ad libitum. In generale nessuno calzerebbe granché. Ci sarebbe qualcosa di troppo, un eccesso distruttivo. Perché allora non “figa di Margie dopo la scopata”? Eh, sì e come si potrebbero raffigura le gocce di rugiada profumata che scendono senza pudore? Sarebbero un respiro trattenuto troppo a lungo, così posate immobili e perenni sulla carne fremente. E che dire di “figa di Margie durante la masturbazione”? Di certo sarebbe più semplice da organizzare, ma come si potrebbero tenere sospese per aria le gocce schizzate, quelle gocce che sembrano ruscelli, per la verità, anche se non sono scroscianti. Ma a far rumore ci penso io. È vero: il rumore non è scrosciante, ma resta pur sempre coinvolgente.
Specchiarmi nelle vetrine di negozi d'abbigliamento è un'attrazione, mi attira come una potente calamita: non tanto per desiderio di cambiare vestito (ne ho, li cambio quotidianamente) o di averne di più. Banalità, queste. Ve l'immaginate quel vestito giallo con tanti bottoni sul davanti? Me lo vedo addosso con tutti i bottoni dall'inguine in giù e dallo stomaco in su pendere fuori dalle loro asole, con le tette che di sguincio fanno capolino, con le gambe che si muovono all'aria aperta, anche perché lo spacchetto posteriore è stato allungato dal bordo inferiore sino alla base delle chiappe? O quella gonnellina di jeans corta corta col bordo cucito? Ma non sarebbe tanto meglio se l'orlo fosse sfilacciato fino al punto critico? Oppure quella gonna in pelle scamosciata ridotta dalle forbici a una serie di frange dalla cinta in giù? Oppure quell'austero tailleur manageriale, indossato senza niente sotto, con la cucitura posteriore aperta dalla vita in giù? Mi penso al lavoro a quel modo e percepisco su me stessa l'effetto che potrebbe fare sui maschi. Meno stimolanti le vetrine dei sex shop, con quegli indumenti trasparenti che non servono a nulla. In pubblico, perché non usabili (salvo in località come Cap d'Agde), in privato perché si sta meglio nudi. Più comodo e più confortevole.
Anche le vetrine dei negozi di intimo, con quei preziosi completini di seta e pizzo, dai colori pastello, non sarebbero niente male. Mi piace immaginare me stessa una volta che siano stati strategicamente forati nei punti critici. È più pratico, no? Per quale motivo si indossano? Per mostrarli ed invogliare. E allora facciamolo per bene, no? Se no, che gusto c'è? L'approssimazione non rende.
Una volta ho visto un perizoma che mi ha lasciata di stucco, tanto che la pratica di specchiarmi e considerarmi è stata trascurata del tutto e immediatamente. Era a foglia di fico, il perizoma, non la vetrina (per inciso: una vetrina a forma di foglia di fico avrebbe la funzione di nascondere o di mostrare?). Avete presente la foglia del fico? Ecco, aveva proprio quella forma, fatti salvi il filo dietro e l'elastico, dei quali le foglie di fico reali sono sprovviste. Terribile o comico? Per me tragico. La foglia di fico è l'unico indumento che abbia sempre visto usare come unico indumento. E con unico riferimento all'origine dei tempi. Come si può andare in giro con una cosa del genere al giorno d'oggi? Mica puoi far credere a tutti che si sta girando un film su Adamo ed Eva: dov'è il regista? Dov'è la cinepresa? E dov'è Adamo? Sarebbe interessante capire come funziona la foglia di fico, nel caso di un uomo: legata attorno all'uccello? Allora questo dovrebbe essere eretto. Interessante, ma se ad un certo punto gli si ammoscia? Significa che è arrivato l'autunno? E poi, dov'è lo staff di truccatori, di suggeritori, di varie ed eventuali che contraddistingue la ripresa cinematografica? Non ho la minima esperienza, né la minima formazione, di arte cinematografica, quindi è ovvio che l'elenco sia limitato e confuso. Poco credibile, assolutamente, il film su Adamo ed Eva! Tanto più nel centro di una città. Come si può scambiare il centro di una città col paradiso terrestre? Dai, non ci crederebbe neanche il più stupido del mondo, cioè quello che alle gare di stupidità vince la medaglia d'argento perché è così stupido da perdere quella d'oro (frase tratta da una disquisizione di mio suocero pronunciata qualche giorno fa riguardo alcuni politici italiani). In ogni caso l'ipotesi è decisamente poco sostenibile, se non addirittura irrealizzabile. Chi andrebbe in giro per una città indossando solo una foglia di fico, anche se è un perizoma? Neanch'io, che pure, quanto ad esibizionismo e diversamente dall'argomento cinema, posso scrivere dei trattati. E se qualcuno mangia la foglia? Mi sono informata: non era un costume da bagno, ma da indossare sotto a un vestito. Ma a che serve la foglia di fico (che, per tradizione, si usa per celare la propria nudità) se sopra c'è un vestito? La nudità è già occultata da questo. Il ricordo sta diventando pericoloso: mi porta alla filosofia, scienza che m'è piovuta addosso ai tempi liceali lasciando poche importanti tracce: du sollst, conosci te stesso, pyr aeì zoon, en archè en logos, tesi-antitesi-sintesi (la sorgente di tutte le perversioni ideologiche) e poc'altro. Insomma, la tremula base scientifica della mia vita, senza con questo voler confondere la mia vita con un budino.
Resta appurato che le vetrine mi piacciono, sola o in compagnia. Persino quando sono di fretta un'occhiata mi scappa sempre, così, per cominciare. Poi può succedere di tutto.
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