Hjalta, la ragazza vichinga
di
Yuko
genere
saffico
Hjalta, la vichinga
(Prosecuzione ideale dei racconti “La hot pot di Hòlmavìk” e “Pecore di Islanda”)
Qualcuno bussa alla mia porta, alla stanza 14 della guest house di Hòlmavìk, Islanda.
Il mio babydoll sarebbe un po' troppo trasparente per andare ad aprire, così come sono, senza neanche una vestaglietta, ma sono ragionevolmente sicura di trovare una persona attesa.
Hjalta, la giovane cameriera islandese che ho appena conosciuto nella vasca di acqua termale di questa mia temporanea residenza, è puntualissima.
Finito il turno alle undici di sera, concesso il tempo di una doccia, già è alla mia porta, come ci eravamo messe d'accordo questo tardo pomeriggio, e come speravo che si avverasse.
In punta di piedi mi avvicino all'ingresso.
Passo davanti allo specchio per un breve check.
Il mio abbigliamento è veramente quasi invisibile. I seni riempiono bene il tessuto e i capezzoli scuri risaltano quasi di più che se fossi nuda.
Le mutandine, poi! Fin troppo attillate. Un ciuffo scuro ne spunta al di sopra e comunque sono così trasparenti che il pelo nero si vede distintamente.
La mia intenzione di seduzione è palese, e, soddisfatta del contorno a “S” dei miei fianchi, saltello leggera e senza far rumore incontro al mio appuntamento saffico.
Socchiudo l'uscio e Hjalta entra, silenziosa e furtiva, come uno spiffero di vento.
Capisco il suo imbarazzo e la paura di farsi vedere e riconoscere, e chiudo a chiave la porta alle sue spalle.
Ora possiamo vederci, in piedi una di fronte all'altra, alla luce soffusa della abat jour.
Lei, con il suo accappatoio da orsetta polare, bianco e soffice, le trecce biondo scuro legate dietro alla nuca; io col mio abbigliamento che lascia vedere tutto e promette molto di più.
La osservo mentre mi esplora il seno con lo sguardo, mentre allunga una mano verso il mio ventre ad accarezzare il tessuto virtuale che sfuma il contorno dei miei fianchi, attorno all'ombelico e con queste mutandine pressochè inesistenti.
Timorosa di toccarmi, affascinata ed emozionata per la serata che ci accingiamo a passare insieme.
Protendo le dita verso il suo volto e sciolgo le due trecce chiare facendole ricadere sulle sue spalle.
Lei resta con le palme aperte davanti alle mie tette, indecisa e desiderosa di toccarmele.
Ci guardiamo con un sorriso e mi avvicino per baciarla sulle labbra.
Lei mi cade tra le braccia, apre la sua bocca e le nostre lingue si ritrovano e si riconoscono.
Le sue braccia intorno a me, una mano che si allunga verso il mio sedere.
I miei tentacoli intorno ai suoi fianchi, la stringo e la sollevo portandola verso il letto.
Davanti alla fioca luce la deposito in piedi, tra me e il grande specchio sulla parete.
Allungo le mani verso la cintura del suo accappatoio, mentre lei solleva le braccia per fare spazio alla mia iniziativa.
I suoi occhi contemplano le mani di una donna orientale che la spoglia per assaporare il suo giovane corpo nudo.
L'attimo si dilata in una dimensione senza tempo.
Le mie dita sciolgono il nodo e il lembo dell'accappatoio si discosta mostrandomi frammenti della sua pallida pelle.
Con gli indici sposto le due cortine del sipario e il suo corpo mi appare in tutta la sua bellezza e nudità.
Seno abbondante e fianchi larghi si alternano intorno alla stretta vita.
Capezzoli rosa chiaro, eccitati e frementi, e una bionda chioma vichinga che annuncia una vulva calda e golosa.
Lo specchio alle sue spalle mi regala l'immagine del suo sedere, tondo, pieno e dai glutei alti e sodi.
Lei arrossisce sotto il mio sguardo prolungato e interessato e accenna a coprirsi la passera con una mano, ma io la prendo e la stringo al mio corpo, le indirizzo le mani verso le mie natiche, lascio cadere l'accappatoio alle sue spalle e ancora la stringo, sentendo sotto i polpastrelli la sua pelle fresca e profumata di detergente.
Ci baciamo ancora, in piedi, e finalmente la ragazza spinge la sua mano tra i miei glutei accarezzandomi il sedere.
Comincio a trascinarla verso di me con l'intento di cadere sul letto, una sopra all'altra, ma lei mi sussurra di aspettare.
La piccola islandese vuole guardarmi ancora in questo abbigliamento sexy che evidentemente apprezza.
Mi accarezza i seni con le dita, sfiorando il tessuto sottile e allungando lo sfioramento sul mio ventre fino al ciuffetto di peli che spunta dalle mutandine.
Mi sposta il babydoll e insidia l'elastico degli slip insinuandosi le dita.
Io intanto sospiro di desiderio e, vedendo che ancora indugia, le dirigo la mano all'interno delle mie mutandine.
Ecco che Hjalta prende coraggio e confidenza e comincia a sfilarmi gli slip, prima con una mano e poi, più decisa, con due.
La mia passerotta nera è ora sotto i suoi occhi curiosi.
Mi si inginocchia davanti e comincia una processione di piccoli baci, dall'ombelico al monte di Venere e poi sul soffice pelo.
Le sue mani mi prendono per le cosce e la sua bocca affonda alla ricerca della mia vulva.
Percepisco io stessa l'odore della mia eccitazione sessuale e la guardo mentre mi annusa e comincia a leccarmela con una punta di lingua timida e delicata.
La risollevo in piedi e la bacio, sentendo sulla sua lingua il sapore della mia figa, l'odore delle mie essenze.
E mentre la bacio sono io, ora, che le infilo due dita nella passera, sentendola già bagnata, morbida e invitante.
Mi porto le dita direttamente in bocca, con il sapore dei suoi intimi liquidi e questo gesto la diverte e la eccita ancora di più. Lei ripete la cosa su di me, mentre allargo la cosce per invitarla a penetrarmi.
Lei mi tocca, mi infila e poi si annusa le dita, se le porta in bocca imitandomi.
E poi mi salta addosso con impeto, abbracciandomi e baciandomi.
Per l'assalto sexy perdiamo l'equilibrio e cadiamo sulle lenzuola fresche, lei sopra di me.
Questa focosa vichinga ha rotto ogni indugio e scatena le sue voglie represse, i suoi istinti lesbici, la sua eccitazione e i suoi desideri di sesso buttandosi a baciarmi dappertutto e a toccarmi, come se avesse cento appendici.
Non ha forse mai toccato una donna e ora ogni parte del mio corpo, ogni superficie, ogni sporgenza e ogni mio buco sono preda della sua irrefrenabile passione.
Le sue dita nella mia bocca, le sue dita nella mia figa, mi strizza le tette, mi morde le chiappe, mi lecca il ventre, mi riempie di succhiotti sul collo e sulla pancia.
Tra l'eccitazione e il divertimento, le stimolazioni erotiche e il solletico, cerco di riprendere le redini di questa puledra artica.
Mi monta addosso, a cavallo del mio ventre e finalmente mi guarda ansimando, stanca e stravolta dalla sua stessa veemenza.
Le mie mani nelle sue, dall'alto mi guarda i seni che si sollevano con i miei profondi sospiri, e il volto, che le sorride e la invita.
Mi solleva l'ultimo tessuto per spogliarmi definitivamente, nuda sotto i suoi occhi e nelle sue mani.
Io l'assecondo, lanciando di lato l'ormai inutile babydoll.
E mentre si appoggia al mio petto, affondandoci le mani come nella pasta del pane io la prendo per i fianchi muovendola avanti e indietro.
La sua figa è sopra il mio monte di Venere e io ne percepisco il calore e il bagnato.
Lei capisce tutto al volo e comincia a strofinare il suo sesso sopra di me.
Inarca la schiena e solleva il seno sotto l'eccitazione del contatto della sua vulva sui miei peli.
Ma non voglio che abbia subito il suo orgasmo, almeno non prima di sapere se può provare più volte l'estasi.
La ribalto e prendo io il comando, sopra di lei.
Lei ride divertita.
Mi guarda con occhi spiritati e continua a ridere mentre ci stringiamo prendendoci per le dita delle mani.
La diverte questa lotta, lei, nuda, contro un'altra donna nuda.
Morsi, strette e ribaltamenti alternati a baci, carezze, lisciate di lingua e strusciamenti.
La guardo fissa negli occhi come per ipnotizzarla mentre lentamente arretro il mio bacino, spostandomi sulle sue cosce.
Lei lascia fare. Ha così tanto da sperimentare e da imparare, e la notte è lunga.
Mi fissa la vulva, esplicita tra le mie cosce aperte. Le strofino il mio clitoride su una cosca per farle percepire quanto anche io sono bagnata, poi mi sdraio sulla sua passera, le afferro le cosce allargandole e lentamente le passo la lingua tra le grandi labbra.
Lei lancia un urlo di piacere. Eccitata come è ora, la mia carezza ha ottenuto un effetto devastante che non si aspettava. Le allargo ancora di più le cosce e gliele sollevo. Voglio la sua passera disponibile e accessibili per i miei occhi e i miei baci.
Sotto il contorno dei biondi peli, le allargo le grandi labbra, poi le piccole ancelle a protezione del suo segreto più bagnato e più profondo, e sporgo il suo piccolo clitoride che arde come una fiammella rosso vermiglio.
Mi riempio la punta della lingua di saliva e glielo sfioro; lei lancia un altro urlo, esploso al culmine di un sospiro che non riesce a trattenere.
Poi ancora, la mia lingua pietosa accarezza, vezzeggia, corteggia il suo petalo più bello, l'apice del suo amore, con piccoli tocchi. Poi ci appoggio la punta delle labbra e lo succhio con delicatezza.
Lei urla e una scossa del bacino mi proietta la sua vulva sulla faccia, bagnandomi del suo profumo.
Aroma di figa, sentore di passera di giovane vichinga in amore, estasi di una donna al suo primo rapporto lesbico.
Il liquido le cola sulle cosce bagnando il lenzuolo. Io lo raccolgo con la lingua, mi bagno le dita e me le porto sui capezzoli che strofino con movimenti circolari, e questa cosa eccita ed esalta Hjalta in maniera prodigiosa.
Subito vuole ripetere questo gesto su di me, e allora risalgo a cosce aperte, a cavalcioni fino al suo seno. Lei mi infila due dita nella passera e se le lecca, mi penetra di nuovo, me la annusa socchiudendo le palpebre, poi si riempie i polpastrelli del mio muco e se lo passa sui capezzoli.
Il vischio le scintilla, sulle tette, con piccoli fili lucenti, come seta di ragno che vanno dalla mia figa alle sue tette.
Questa ragazza sta scoprendo le gioie del sesso con una donna, le più focose manie e varianti per prolungare un piacere che deve recuperare anni di astinenza, sogni e autoerotismo davanti a immagini al computer.
Strofino il clitoride sui suoi capezzoli e porto la vulva sulla sua bocca, quasi seduta sopra il suo viso, le ginocchia ai suoi lati e la mia figa davanti alla sua lingua.
Lei mi lecca, mi si infila in vagina, mi risucchia le piccole labbra mentre io, inarcando la schiena, con una mano mi accarezzo una tetta e con l'altra infilo le dita nella sua passera.
Con un lungo gemito le vengo direttamente in bocca squirtandole in faccia un caldo getto del mio piacere; lei, ascoltandomi, velocizza i movimenti del suo bacino intorno alle mie dita che la stanno penetrando, e viene subito dopo di me, stritolandomi la mano tra le cosce e urlando un roco gorgoglio selvaggio.
Ci urliamo addosso il nostro orgasmo, possedendoci come due animali primitivi, in questa gelida terra primordiale, per poi scioglierci una addosso all'altra.
Come un petalo di ciliegio decanto poi sul suo corpo, le lecco il viso asciugandola dalla mia squirtata, come una gatta con i suoi gattini, mentre lei gioca con i peli attorno alla mia vulva e mi accarezza il seno.
In una sensazione di torpore e obnubilamento, le nostre carezze scivolano lentamente attorno alle curve dei nostri corpi, indugiano là dove convergono le gambe, alle ascelle, nell'insenatura dei nostri seni. Le mie dita si infilano nei suoi capelli, percorrono il suo capo e le sciolgono le trecce, ancora e ancora, mentre lei gioca con i miei capelli e mi disegna con i polpastrelli il profilo degli occhi.
Poi, senza aver mai interrotto il delicato ricamo delle nostre dita sull'altrui corpo, la trama si infittisce nuovamente, come una marea che periodicamente rimonta sugli scogli e li abbandona per poi rivestirsi di nuova vita e nuove energie.
Disegno sottili filigrane intorno ai suoi capezzoli, con le dita e poi ancora con la lingua, mentre lei, lungo sentieri di irresistibile piacere, risale lungo le mie cosce per assediare ancora la mia vulva e insinuarsi gentilmente nell'ingresso umido e segreto che apro alla sua rispettosa richiesta.
Mi accarezza il clitoride, mi entra in vagina mentre io mi nutro dei suoi seni, poi mi gira e con il volto si adagia tra le mie cosce, aperte come un nido protettivo attorno alle sue gote.
Mi lecca la figa, mi esplora, mi eccita mandandomi di nuovo in orgasmo; un'estasi, questa volta, più contenuta, dolce e vaporosa.
E quando risale lungo il mio ventre, con impietose carezze di lingua che mi fanno sussultare in brividi incontenibili, mi giro su di lei, mi distendo sul suo corpo girandomi con la testa fra le sue cosce e la sua tra le mie.
Ora sono io a leccarla, a farla gemere e sospirare.
La mia lingua ancora dentro di lei, un ditino le si infila nel sedere, bagnato del muco colato dal suo ventre.
La lingua sul suo apice amoroso, il pollice adagiato nella figa, con l'indice la penetro dal buco più stretto.
Lei mi pianta le unghie nella schiena e stringe la mia vulva sulla sua bocca. Mi morde, mi succhia, mi aspira.
La sento stringersi intrappolandomi la mano in questa inedita stimolazione tripla, e con lamenti e sospiri la guido nuovamente in paradiso.
La sento ora sospirare tra le mie cosce, il suo alito caldo mi accarezza le piccole labbra e la sua lingua riprende a dialogare con la mia fiammella.
Ormai non contiamo più gli orgasmi, quelli piccoli e quelli violenti, quelli vaginali e quelli clitoridei.
Le dita in vagina e le dita nel culetto, le carezze e i morsi alle tette, alle cosce, alle chiappe.
È ormai l'una e mezza quando la piccola vichinga si risveglia e, leggera come le ali di una farfalla, riprende la sua pelliccia da orsetta e riprende la via verso la sua dimora.
L'accompagno con un velo di dispiacere.
Giro la chiave del nostro rifugio e spalanco l'uscio sulla fredda notte.
Ancora sul vestibolo, questa volta incuranti di chiunque possa scorgerci, ci baciamo lungamente e con passione, rimanendo avvolte una all'altra, lei inel suo accappatoio slacciato, io nuda tra le sue braccia, mentre le stelle ruotano nella sfera celeste.
Ma quando riapro gli occhi, ammiro la sua espressione dolce e il suo sguardo implorante.
Restiamo a guardarci mentre l'intensità del respiro cresce ancora, si carica con la potenza di un vulcano in imminente eruzione, brilla nei nostri occhi coi riflessi purpurei di lave che schizzano energia.
No, così proprio non si può fare.
La trascino di nuovo per il bavero della sua calda pelliccia, dentro al nostro covo, nel segreto della tana di due femmine in calore.
Spingo la porta con un calcio e le strappo di dosso l'accappatoio.
Il suo corpo esplode nudo, giovane e eccitato, di nuovo, di fronte ai miei occhi.
Ci buttiamo sul letto, fra le lenzuola sgualcite a baciarci, a toccarci. Il mio seno sul suo, il mio ventre appiccicato al suo, le mie dita dentro di lei e le sue a ricercarmi l'anima dentro alla mia figa.
Ci perdiamo in dimensioni senza tempo, in sentieri sconfinati sulle infinite distese di ghiaccio del Vatnajökull, l'immenso deserto artico nel sud di questa isola strappata ai ghiacci polari e alle colate di vulcani ancora attivi, volteggiamo come spiritelli tra i geysir e le fumate solforose, danze di foglie e di petali sconvolte dalle correnti eoliche, senza più ritrovare la strada di casa.
Verso le tre di notte un uomo raggiunge l'entrata della stanza 14, andatura incerta, appoggiato alle pareti per non cadere, mentre barcolla vistosamente.
La porta è solo accostata, ma non chiusa.
Entra all'interno cercando di distinguere i particolari nella penombra illuminata solo dalla fioca luce di una abat jour caduta in terra di fianco al letto matrimoniale.
Due ragazze giacciono nude riverse una sul corpo dell'altra, abbandonate in un sonno senza sogni.
Una bruna, le gambe aperte, sdraiata di traverso nel grande letto; l'altra bionda, rannicchiata sul ventre della prima, il capo depositato tra suoi i seni, il sedere per aria, la sua mano ancora infilata tra le cosce della compagna.
(Prosecuzione ideale dei racconti “La hot pot di Hòlmavìk” e “Pecore di Islanda”)
Qualcuno bussa alla mia porta, alla stanza 14 della guest house di Hòlmavìk, Islanda.
Il mio babydoll sarebbe un po' troppo trasparente per andare ad aprire, così come sono, senza neanche una vestaglietta, ma sono ragionevolmente sicura di trovare una persona attesa.
Hjalta, la giovane cameriera islandese che ho appena conosciuto nella vasca di acqua termale di questa mia temporanea residenza, è puntualissima.
Finito il turno alle undici di sera, concesso il tempo di una doccia, già è alla mia porta, come ci eravamo messe d'accordo questo tardo pomeriggio, e come speravo che si avverasse.
In punta di piedi mi avvicino all'ingresso.
Passo davanti allo specchio per un breve check.
Il mio abbigliamento è veramente quasi invisibile. I seni riempiono bene il tessuto e i capezzoli scuri risaltano quasi di più che se fossi nuda.
Le mutandine, poi! Fin troppo attillate. Un ciuffo scuro ne spunta al di sopra e comunque sono così trasparenti che il pelo nero si vede distintamente.
La mia intenzione di seduzione è palese, e, soddisfatta del contorno a “S” dei miei fianchi, saltello leggera e senza far rumore incontro al mio appuntamento saffico.
Socchiudo l'uscio e Hjalta entra, silenziosa e furtiva, come uno spiffero di vento.
Capisco il suo imbarazzo e la paura di farsi vedere e riconoscere, e chiudo a chiave la porta alle sue spalle.
Ora possiamo vederci, in piedi una di fronte all'altra, alla luce soffusa della abat jour.
Lei, con il suo accappatoio da orsetta polare, bianco e soffice, le trecce biondo scuro legate dietro alla nuca; io col mio abbigliamento che lascia vedere tutto e promette molto di più.
La osservo mentre mi esplora il seno con lo sguardo, mentre allunga una mano verso il mio ventre ad accarezzare il tessuto virtuale che sfuma il contorno dei miei fianchi, attorno all'ombelico e con queste mutandine pressochè inesistenti.
Timorosa di toccarmi, affascinata ed emozionata per la serata che ci accingiamo a passare insieme.
Protendo le dita verso il suo volto e sciolgo le due trecce chiare facendole ricadere sulle sue spalle.
Lei resta con le palme aperte davanti alle mie tette, indecisa e desiderosa di toccarmele.
Ci guardiamo con un sorriso e mi avvicino per baciarla sulle labbra.
Lei mi cade tra le braccia, apre la sua bocca e le nostre lingue si ritrovano e si riconoscono.
Le sue braccia intorno a me, una mano che si allunga verso il mio sedere.
I miei tentacoli intorno ai suoi fianchi, la stringo e la sollevo portandola verso il letto.
Davanti alla fioca luce la deposito in piedi, tra me e il grande specchio sulla parete.
Allungo le mani verso la cintura del suo accappatoio, mentre lei solleva le braccia per fare spazio alla mia iniziativa.
I suoi occhi contemplano le mani di una donna orientale che la spoglia per assaporare il suo giovane corpo nudo.
L'attimo si dilata in una dimensione senza tempo.
Le mie dita sciolgono il nodo e il lembo dell'accappatoio si discosta mostrandomi frammenti della sua pallida pelle.
Con gli indici sposto le due cortine del sipario e il suo corpo mi appare in tutta la sua bellezza e nudità.
Seno abbondante e fianchi larghi si alternano intorno alla stretta vita.
Capezzoli rosa chiaro, eccitati e frementi, e una bionda chioma vichinga che annuncia una vulva calda e golosa.
Lo specchio alle sue spalle mi regala l'immagine del suo sedere, tondo, pieno e dai glutei alti e sodi.
Lei arrossisce sotto il mio sguardo prolungato e interessato e accenna a coprirsi la passera con una mano, ma io la prendo e la stringo al mio corpo, le indirizzo le mani verso le mie natiche, lascio cadere l'accappatoio alle sue spalle e ancora la stringo, sentendo sotto i polpastrelli la sua pelle fresca e profumata di detergente.
Ci baciamo ancora, in piedi, e finalmente la ragazza spinge la sua mano tra i miei glutei accarezzandomi il sedere.
Comincio a trascinarla verso di me con l'intento di cadere sul letto, una sopra all'altra, ma lei mi sussurra di aspettare.
La piccola islandese vuole guardarmi ancora in questo abbigliamento sexy che evidentemente apprezza.
Mi accarezza i seni con le dita, sfiorando il tessuto sottile e allungando lo sfioramento sul mio ventre fino al ciuffetto di peli che spunta dalle mutandine.
Mi sposta il babydoll e insidia l'elastico degli slip insinuandosi le dita.
Io intanto sospiro di desiderio e, vedendo che ancora indugia, le dirigo la mano all'interno delle mie mutandine.
Ecco che Hjalta prende coraggio e confidenza e comincia a sfilarmi gli slip, prima con una mano e poi, più decisa, con due.
La mia passerotta nera è ora sotto i suoi occhi curiosi.
Mi si inginocchia davanti e comincia una processione di piccoli baci, dall'ombelico al monte di Venere e poi sul soffice pelo.
Le sue mani mi prendono per le cosce e la sua bocca affonda alla ricerca della mia vulva.
Percepisco io stessa l'odore della mia eccitazione sessuale e la guardo mentre mi annusa e comincia a leccarmela con una punta di lingua timida e delicata.
La risollevo in piedi e la bacio, sentendo sulla sua lingua il sapore della mia figa, l'odore delle mie essenze.
E mentre la bacio sono io, ora, che le infilo due dita nella passera, sentendola già bagnata, morbida e invitante.
Mi porto le dita direttamente in bocca, con il sapore dei suoi intimi liquidi e questo gesto la diverte e la eccita ancora di più. Lei ripete la cosa su di me, mentre allargo la cosce per invitarla a penetrarmi.
Lei mi tocca, mi infila e poi si annusa le dita, se le porta in bocca imitandomi.
E poi mi salta addosso con impeto, abbracciandomi e baciandomi.
Per l'assalto sexy perdiamo l'equilibrio e cadiamo sulle lenzuola fresche, lei sopra di me.
Questa focosa vichinga ha rotto ogni indugio e scatena le sue voglie represse, i suoi istinti lesbici, la sua eccitazione e i suoi desideri di sesso buttandosi a baciarmi dappertutto e a toccarmi, come se avesse cento appendici.
Non ha forse mai toccato una donna e ora ogni parte del mio corpo, ogni superficie, ogni sporgenza e ogni mio buco sono preda della sua irrefrenabile passione.
Le sue dita nella mia bocca, le sue dita nella mia figa, mi strizza le tette, mi morde le chiappe, mi lecca il ventre, mi riempie di succhiotti sul collo e sulla pancia.
Tra l'eccitazione e il divertimento, le stimolazioni erotiche e il solletico, cerco di riprendere le redini di questa puledra artica.
Mi monta addosso, a cavallo del mio ventre e finalmente mi guarda ansimando, stanca e stravolta dalla sua stessa veemenza.
Le mie mani nelle sue, dall'alto mi guarda i seni che si sollevano con i miei profondi sospiri, e il volto, che le sorride e la invita.
Mi solleva l'ultimo tessuto per spogliarmi definitivamente, nuda sotto i suoi occhi e nelle sue mani.
Io l'assecondo, lanciando di lato l'ormai inutile babydoll.
E mentre si appoggia al mio petto, affondandoci le mani come nella pasta del pane io la prendo per i fianchi muovendola avanti e indietro.
La sua figa è sopra il mio monte di Venere e io ne percepisco il calore e il bagnato.
Lei capisce tutto al volo e comincia a strofinare il suo sesso sopra di me.
Inarca la schiena e solleva il seno sotto l'eccitazione del contatto della sua vulva sui miei peli.
Ma non voglio che abbia subito il suo orgasmo, almeno non prima di sapere se può provare più volte l'estasi.
La ribalto e prendo io il comando, sopra di lei.
Lei ride divertita.
Mi guarda con occhi spiritati e continua a ridere mentre ci stringiamo prendendoci per le dita delle mani.
La diverte questa lotta, lei, nuda, contro un'altra donna nuda.
Morsi, strette e ribaltamenti alternati a baci, carezze, lisciate di lingua e strusciamenti.
La guardo fissa negli occhi come per ipnotizzarla mentre lentamente arretro il mio bacino, spostandomi sulle sue cosce.
Lei lascia fare. Ha così tanto da sperimentare e da imparare, e la notte è lunga.
Mi fissa la vulva, esplicita tra le mie cosce aperte. Le strofino il mio clitoride su una cosca per farle percepire quanto anche io sono bagnata, poi mi sdraio sulla sua passera, le afferro le cosce allargandole e lentamente le passo la lingua tra le grandi labbra.
Lei lancia un urlo di piacere. Eccitata come è ora, la mia carezza ha ottenuto un effetto devastante che non si aspettava. Le allargo ancora di più le cosce e gliele sollevo. Voglio la sua passera disponibile e accessibili per i miei occhi e i miei baci.
Sotto il contorno dei biondi peli, le allargo le grandi labbra, poi le piccole ancelle a protezione del suo segreto più bagnato e più profondo, e sporgo il suo piccolo clitoride che arde come una fiammella rosso vermiglio.
Mi riempio la punta della lingua di saliva e glielo sfioro; lei lancia un altro urlo, esploso al culmine di un sospiro che non riesce a trattenere.
Poi ancora, la mia lingua pietosa accarezza, vezzeggia, corteggia il suo petalo più bello, l'apice del suo amore, con piccoli tocchi. Poi ci appoggio la punta delle labbra e lo succhio con delicatezza.
Lei urla e una scossa del bacino mi proietta la sua vulva sulla faccia, bagnandomi del suo profumo.
Aroma di figa, sentore di passera di giovane vichinga in amore, estasi di una donna al suo primo rapporto lesbico.
Il liquido le cola sulle cosce bagnando il lenzuolo. Io lo raccolgo con la lingua, mi bagno le dita e me le porto sui capezzoli che strofino con movimenti circolari, e questa cosa eccita ed esalta Hjalta in maniera prodigiosa.
Subito vuole ripetere questo gesto su di me, e allora risalgo a cosce aperte, a cavalcioni fino al suo seno. Lei mi infila due dita nella passera e se le lecca, mi penetra di nuovo, me la annusa socchiudendo le palpebre, poi si riempie i polpastrelli del mio muco e se lo passa sui capezzoli.
Il vischio le scintilla, sulle tette, con piccoli fili lucenti, come seta di ragno che vanno dalla mia figa alle sue tette.
Questa ragazza sta scoprendo le gioie del sesso con una donna, le più focose manie e varianti per prolungare un piacere che deve recuperare anni di astinenza, sogni e autoerotismo davanti a immagini al computer.
Strofino il clitoride sui suoi capezzoli e porto la vulva sulla sua bocca, quasi seduta sopra il suo viso, le ginocchia ai suoi lati e la mia figa davanti alla sua lingua.
Lei mi lecca, mi si infila in vagina, mi risucchia le piccole labbra mentre io, inarcando la schiena, con una mano mi accarezzo una tetta e con l'altra infilo le dita nella sua passera.
Con un lungo gemito le vengo direttamente in bocca squirtandole in faccia un caldo getto del mio piacere; lei, ascoltandomi, velocizza i movimenti del suo bacino intorno alle mie dita che la stanno penetrando, e viene subito dopo di me, stritolandomi la mano tra le cosce e urlando un roco gorgoglio selvaggio.
Ci urliamo addosso il nostro orgasmo, possedendoci come due animali primitivi, in questa gelida terra primordiale, per poi scioglierci una addosso all'altra.
Come un petalo di ciliegio decanto poi sul suo corpo, le lecco il viso asciugandola dalla mia squirtata, come una gatta con i suoi gattini, mentre lei gioca con i peli attorno alla mia vulva e mi accarezza il seno.
In una sensazione di torpore e obnubilamento, le nostre carezze scivolano lentamente attorno alle curve dei nostri corpi, indugiano là dove convergono le gambe, alle ascelle, nell'insenatura dei nostri seni. Le mie dita si infilano nei suoi capelli, percorrono il suo capo e le sciolgono le trecce, ancora e ancora, mentre lei gioca con i miei capelli e mi disegna con i polpastrelli il profilo degli occhi.
Poi, senza aver mai interrotto il delicato ricamo delle nostre dita sull'altrui corpo, la trama si infittisce nuovamente, come una marea che periodicamente rimonta sugli scogli e li abbandona per poi rivestirsi di nuova vita e nuove energie.
Disegno sottili filigrane intorno ai suoi capezzoli, con le dita e poi ancora con la lingua, mentre lei, lungo sentieri di irresistibile piacere, risale lungo le mie cosce per assediare ancora la mia vulva e insinuarsi gentilmente nell'ingresso umido e segreto che apro alla sua rispettosa richiesta.
Mi accarezza il clitoride, mi entra in vagina mentre io mi nutro dei suoi seni, poi mi gira e con il volto si adagia tra le mie cosce, aperte come un nido protettivo attorno alle sue gote.
Mi lecca la figa, mi esplora, mi eccita mandandomi di nuovo in orgasmo; un'estasi, questa volta, più contenuta, dolce e vaporosa.
E quando risale lungo il mio ventre, con impietose carezze di lingua che mi fanno sussultare in brividi incontenibili, mi giro su di lei, mi distendo sul suo corpo girandomi con la testa fra le sue cosce e la sua tra le mie.
Ora sono io a leccarla, a farla gemere e sospirare.
La mia lingua ancora dentro di lei, un ditino le si infila nel sedere, bagnato del muco colato dal suo ventre.
La lingua sul suo apice amoroso, il pollice adagiato nella figa, con l'indice la penetro dal buco più stretto.
Lei mi pianta le unghie nella schiena e stringe la mia vulva sulla sua bocca. Mi morde, mi succhia, mi aspira.
La sento stringersi intrappolandomi la mano in questa inedita stimolazione tripla, e con lamenti e sospiri la guido nuovamente in paradiso.
La sento ora sospirare tra le mie cosce, il suo alito caldo mi accarezza le piccole labbra e la sua lingua riprende a dialogare con la mia fiammella.
Ormai non contiamo più gli orgasmi, quelli piccoli e quelli violenti, quelli vaginali e quelli clitoridei.
Le dita in vagina e le dita nel culetto, le carezze e i morsi alle tette, alle cosce, alle chiappe.
È ormai l'una e mezza quando la piccola vichinga si risveglia e, leggera come le ali di una farfalla, riprende la sua pelliccia da orsetta e riprende la via verso la sua dimora.
L'accompagno con un velo di dispiacere.
Giro la chiave del nostro rifugio e spalanco l'uscio sulla fredda notte.
Ancora sul vestibolo, questa volta incuranti di chiunque possa scorgerci, ci baciamo lungamente e con passione, rimanendo avvolte una all'altra, lei inel suo accappatoio slacciato, io nuda tra le sue braccia, mentre le stelle ruotano nella sfera celeste.
Ma quando riapro gli occhi, ammiro la sua espressione dolce e il suo sguardo implorante.
Restiamo a guardarci mentre l'intensità del respiro cresce ancora, si carica con la potenza di un vulcano in imminente eruzione, brilla nei nostri occhi coi riflessi purpurei di lave che schizzano energia.
No, così proprio non si può fare.
La trascino di nuovo per il bavero della sua calda pelliccia, dentro al nostro covo, nel segreto della tana di due femmine in calore.
Spingo la porta con un calcio e le strappo di dosso l'accappatoio.
Il suo corpo esplode nudo, giovane e eccitato, di nuovo, di fronte ai miei occhi.
Ci buttiamo sul letto, fra le lenzuola sgualcite a baciarci, a toccarci. Il mio seno sul suo, il mio ventre appiccicato al suo, le mie dita dentro di lei e le sue a ricercarmi l'anima dentro alla mia figa.
Ci perdiamo in dimensioni senza tempo, in sentieri sconfinati sulle infinite distese di ghiaccio del Vatnajökull, l'immenso deserto artico nel sud di questa isola strappata ai ghiacci polari e alle colate di vulcani ancora attivi, volteggiamo come spiritelli tra i geysir e le fumate solforose, danze di foglie e di petali sconvolte dalle correnti eoliche, senza più ritrovare la strada di casa.
Verso le tre di notte un uomo raggiunge l'entrata della stanza 14, andatura incerta, appoggiato alle pareti per non cadere, mentre barcolla vistosamente.
La porta è solo accostata, ma non chiusa.
Entra all'interno cercando di distinguere i particolari nella penombra illuminata solo dalla fioca luce di una abat jour caduta in terra di fianco al letto matrimoniale.
Due ragazze giacciono nude riverse una sul corpo dell'altra, abbandonate in un sonno senza sogni.
Una bruna, le gambe aperte, sdraiata di traverso nel grande letto; l'altra bionda, rannicchiata sul ventre della prima, il capo depositato tra suoi i seni, il sedere per aria, la sua mano ancora infilata tra le cosce della compagna.
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