Alla luce del sole
di
Troy2a
genere
tradimenti
Cenavamo, silenziosi come non mai, uno di fronte all'altro. Avrei potuto cominciare io la conversazione, ma più guardavo mia moglie, tanto più notavo il suo nervosismo. Erano piccoli dettagli, all'apparenza senza importanza. Ma quel continuo pulirsi le labbra col tovagliolo, quel continuo spezzare il pane senza poi mangiarlo, quell'avvicinare il bicchiere alle labbra per poi riporlo senza essersele neanche bagnate penso fossero segnali sufficienti per testimoniare una mancanza di tranquillità.
Io e Giulia eravamo sposati da un po' più di un anno ed avevamo un'intesa perfetta praticamente in tutto, anche a letto. Eppure, qualche messaggio mi era arrivato da amici; il più esplicito era stato mio fratello: “A Giulia la carne piace proprio tanto, pare?”
Tolse i piatti del primo da tavola, prese il tegame dove attendevano due scaloppine e le servì per entrambi. Poi, mentre tornava a sedere, si decise a parlare.
“Sai, amore? Vorrei invitare il mio fidanzato a cena, una di queste sere!”
Mancò poco che mi strozzassi, mentre cercavo con lo sguardo il suo. Lei mi fronteggiò, aspettando che parlassi.
“Ma dai di matto? Chi sarebbe sto fidanzato? Ti rendi conto che siamo sposati, che sono tuo marito e che questo esclude altri rapporti?”
“Non fare queste scenate! Proprio non ti riconosco: ti stai comportando come quei benpensanti tradizionalisti che abbiamo sempre criticato. Non mi va di avere un amante, perché ti amo e ti rispetto. Voglio vivere il mio amore per lui alla luce del sole, almeno con te.”
Avrei dovuto urlare, forse rompere qualcosa, anche minacciarla fisicamente, forse. La verità è che lei continuava a parlare, raccontandomi di quest'uomo, un suo collega di lavoro con cui aveva una relazione da quasi 4 mesi ed io non riuscivo a sentirmi incazzato, anzi mi sembrava di essere contento.
“E quando avresti intenzione di invitarlo?” chiesi, quando lei tacque.
“Che ne dici di sabato prossimo?” il suo sorriso la faceva splendere in tutta la sua bellezza: la sua quarta di seno prese a ventilare come un mantice, mentre i suoi profondi occhi neri si ammantavano di una lacrima di felicità.
“Dico che mi sembra il giorno migliore, visto che possiamo fare tardi!”
“L'ho pensato anch'io!”
Se qualcuno vuol conoscere il menù della cena mi scriva in privato. Qui credo sia assolutamente irrilevante se fosse una cena gourmet, o delle semplici pizze. Lui arrivò puntualissimo alle 20,30 e toccò a me andare ad aprirgli, mentre lei si indaffarava ancora intorno alla tavola. Aveva sul braccio un mazzo di rose rosse e, nell'altra mano, una bottiglia di vino. Il perfetto fidanzato, pensai, qualche anno meno di noi, una ventina pressapoco, ben messo e sicuro di se.
“Tu sei Carlo, vero? Il marito di Giulia?” esordì, porgendomi la bottiglia di vino rosso che presi con la sinistra, mentre tendevo la destra per stringere la sua.
“Ovvio!” risposi “Tu, invece, sei Amedeo, il suo... ehm... fidanzato!” sorrise., mentre mi spostavo di lato per permettergli di entrare, proprio mentre sopraggiungeva Giulia, che mi passò accanto con le braccia larghe ed andò ad abbracciarlo e baciarlo.
“Ciao, amore! Vi siete già presentati? Sono sicura che diventerete buoni amici!”
Prese i fiori che lui le porgeva.
“Amore! Sono bellissimi, grazie!”
Gli fece strada verso l'interno, mentre io richiudevo l'uscio alle loro spalle. La sua mano scivolò, quasi distrattamente, sul culo di Giulia, che gli sorrise e tornò a baciarlo. Io avvertì una scossa di qualcosa di misto tra gelosia ed eccitazione, ma molto più la seconda della prima.
La cena scivolò via, tra discorsi di varia natura, innaffiati dal vino che Amedeo aveva portato.
“Perché non partiamo per un weekend, la settimana prossima? Tutti e tre insieme!” propose Giulia, mentre piluccavamo un grappolo d'uva.
“Mi sembra un'ottima idea!” commentò Amedeo. I loro sguardi si concentrarono all'unisono su di me.
“Mi spiace! Sabato prossimo abbiamo inventario in ditta, ma voi andate pure!”
La delusione di entrambi durò meno di un istante.
“Ma sì, dai! Andiamo noi! Un'altra volta andremo insieme.” si affrettò a concludere Giulia.
Stavolta il morso che provai all'altezza dello stomaco era di gelosia purissima, al massimo condida da un po' di invidia.
Finito di cenare, ci spostammo sui divani a sorseggiare un amaro, ma l'atmosfera non tardò a scaldarsi. Amedeo prese a far scorrere le sue mani sul corpo di Giulia, che rispose immediatamente alle sue provocazioni. Si comportavano come se io non ci fossi: le tette di Giulia, grandi, sode, sgattaiolarono fuori dal generoso decoltè, finendo in un attimo in bocca ad Amedeo, mentre la mano di lui si intrufolava sotto la sua gonna e, scostando di lato il minuscolo perizoma, metteva in vista la fica di lei, gonfia e rossa, desiderosa di cazzo, come io la conoscevo bene.
“Forse è meglio che io vada di là!” dissi, alzandomi dal mio posto.
“Perché? A noi non dai alcun fastidio!” mi fermò Amedeo.
“Ma sì, amore! Perché vai via? Resta insieme a noi: magari dopo ci facciamo un altro goccio!”
Tornai a sedere, poco convinto, ma con un'erezione che esplodeva nei pantaloni, mio malgrado. Lei, sempre con la mano di lui nella fica, gli abbassò la zip e, tiratogli fuori il cazzo, si distese per prenderglielo in bocca. Io cercavo di massaggiarmi il cazzo, senza farlo notare troppo: rischiavo di sborrare da un momento all'altro, ma mi imposi di resistere: quello sì, mi dissi, che sarebbe stato davvero imbarazzante. Aveva un cazzo imponente, Amedeo. Non sono mai stato bravo con le misure, ma era più lungo del mio, ma soprattutto più largo. Giulia mi sorrise, mentre se lo infilava nella fica, sedendosi a cavallo di lui. Si passava la lingua sulle labbra, gemendo, mentre il suo viso trasfigurava nelle smorfie del piacere. Di tanto in tanto mi guardava, mi sorrideva e mi lanciava dei baci, atteggiando le labbra. I suoi gemiti divennero sempre più forti, più frequenti, così come il respiro di lui. Giulia si sollevò, afferrò quello stupendo cazzo, stringendolo nel pugno della destra, mentre la sinistra passava, travolgente sulla sua fica, fino a penetrarla, per poi andare a strofinzre e d inumidire il suo accesso posteriore. Poi assunse una posizione da acrobata: I suoi piedi sul divano, le sue mani sul pavimento ed il culo all'altezza della testa di lui, che raccolse l'invito senza farsi pregare. Le mani di Amedeo si impossessarono delle chiappe di lei e la sua bocca si incollò alla sua fica. Leccava e succhiava labbra e clitoride. Pensai che dovesse essere davvero bravo, considerando il modo in cui lei si contorceva senza ritegno, continuando a mugolare. La lingua di Amedeo si spostò a leccare l'orifizio anale, indugiando a lungo e, quando si fermò, toccò a lei far capire di aver recepito il messaggio. Tornò a sedersi su di lui, ma stavolta indirizzò il cazzo nel culo, decisa. Guardai il membro di Amedeo scomparire lentamente dentro mia moglie, dalla porta di servizio. Sembrava sempre più invasata: i suoi capelli, come quelli delle Erinni, si ergevano contro le leggi della fisica, il suo seno ballava davanti ai miei occhi, mentre lei emetteva suoni gutturali, frammisti a frasi sconnesse di incitamento ed insulti per lui e per me. Prese a spruzzare con la fica, incurante di sporcare pavimento e divano, un attimo prima che lui, con un rantolo prolungato, gli riversasse nell'intestino il suo orgasmo.
Restarono così, lei distesa su di lui, per diversi minuti, sempre col cazzo infilato nel culo, che non voleva saperne di rilassarsi. Con un tonfo sordo, come di tappo che vola via, infine il cazzo di Amedeo si liberò dalla morsa ferrea dello sfintere di Giulia ed un'abbondante colata di sperma prese a scivolare sulle cosce tornite e bianchissime di lei. A turno, andarono in bagno a ripulirsi, poi Amedeo si rivestì, salutò ed andò via. La domenica era già arrivata da un pezzo. Guardai mia moglie, ancora sfatta dal godimento.
“Andiamo a letto?” le chiesi.
“Che altro vorresti fare?”
Ci mettemmo sotto le lenzuola e le augurai una buona notte,
“Che fai?” mi chiese “Stasera non mi scopi?”
“Pensavo fossi abbastanza sazia!”
“Se mi bastasse lui, semplicemente ti avrei lasciato, non credi?”
Era una teoria che non faceva una piega. Ed io avevo addosso una voglia che avevo represso a lungo, mi avvicinai a lei e facemmo l'amore ancora per un paio d'ore, con lei che sembrava non averne mai abbastanza.
Quando, dopo l'ennesimo orgasmo, ci convincemmo fosse ora di dormire, lei mi baciò intensamente.
“Ti va di farlo insieme a lui, qualche volta?”
“Che vuoi dire con qualche volta?”
“Che scopo con lui e con te quando voglio. E, ogni tanto, scopiamo in tre!”
Le sorrisi: è proprio una gran troia, la mia!
Io e Giulia eravamo sposati da un po' più di un anno ed avevamo un'intesa perfetta praticamente in tutto, anche a letto. Eppure, qualche messaggio mi era arrivato da amici; il più esplicito era stato mio fratello: “A Giulia la carne piace proprio tanto, pare?”
Tolse i piatti del primo da tavola, prese il tegame dove attendevano due scaloppine e le servì per entrambi. Poi, mentre tornava a sedere, si decise a parlare.
“Sai, amore? Vorrei invitare il mio fidanzato a cena, una di queste sere!”
Mancò poco che mi strozzassi, mentre cercavo con lo sguardo il suo. Lei mi fronteggiò, aspettando che parlassi.
“Ma dai di matto? Chi sarebbe sto fidanzato? Ti rendi conto che siamo sposati, che sono tuo marito e che questo esclude altri rapporti?”
“Non fare queste scenate! Proprio non ti riconosco: ti stai comportando come quei benpensanti tradizionalisti che abbiamo sempre criticato. Non mi va di avere un amante, perché ti amo e ti rispetto. Voglio vivere il mio amore per lui alla luce del sole, almeno con te.”
Avrei dovuto urlare, forse rompere qualcosa, anche minacciarla fisicamente, forse. La verità è che lei continuava a parlare, raccontandomi di quest'uomo, un suo collega di lavoro con cui aveva una relazione da quasi 4 mesi ed io non riuscivo a sentirmi incazzato, anzi mi sembrava di essere contento.
“E quando avresti intenzione di invitarlo?” chiesi, quando lei tacque.
“Che ne dici di sabato prossimo?” il suo sorriso la faceva splendere in tutta la sua bellezza: la sua quarta di seno prese a ventilare come un mantice, mentre i suoi profondi occhi neri si ammantavano di una lacrima di felicità.
“Dico che mi sembra il giorno migliore, visto che possiamo fare tardi!”
“L'ho pensato anch'io!”
Se qualcuno vuol conoscere il menù della cena mi scriva in privato. Qui credo sia assolutamente irrilevante se fosse una cena gourmet, o delle semplici pizze. Lui arrivò puntualissimo alle 20,30 e toccò a me andare ad aprirgli, mentre lei si indaffarava ancora intorno alla tavola. Aveva sul braccio un mazzo di rose rosse e, nell'altra mano, una bottiglia di vino. Il perfetto fidanzato, pensai, qualche anno meno di noi, una ventina pressapoco, ben messo e sicuro di se.
“Tu sei Carlo, vero? Il marito di Giulia?” esordì, porgendomi la bottiglia di vino rosso che presi con la sinistra, mentre tendevo la destra per stringere la sua.
“Ovvio!” risposi “Tu, invece, sei Amedeo, il suo... ehm... fidanzato!” sorrise., mentre mi spostavo di lato per permettergli di entrare, proprio mentre sopraggiungeva Giulia, che mi passò accanto con le braccia larghe ed andò ad abbracciarlo e baciarlo.
“Ciao, amore! Vi siete già presentati? Sono sicura che diventerete buoni amici!”
Prese i fiori che lui le porgeva.
“Amore! Sono bellissimi, grazie!”
Gli fece strada verso l'interno, mentre io richiudevo l'uscio alle loro spalle. La sua mano scivolò, quasi distrattamente, sul culo di Giulia, che gli sorrise e tornò a baciarlo. Io avvertì una scossa di qualcosa di misto tra gelosia ed eccitazione, ma molto più la seconda della prima.
La cena scivolò via, tra discorsi di varia natura, innaffiati dal vino che Amedeo aveva portato.
“Perché non partiamo per un weekend, la settimana prossima? Tutti e tre insieme!” propose Giulia, mentre piluccavamo un grappolo d'uva.
“Mi sembra un'ottima idea!” commentò Amedeo. I loro sguardi si concentrarono all'unisono su di me.
“Mi spiace! Sabato prossimo abbiamo inventario in ditta, ma voi andate pure!”
La delusione di entrambi durò meno di un istante.
“Ma sì, dai! Andiamo noi! Un'altra volta andremo insieme.” si affrettò a concludere Giulia.
Stavolta il morso che provai all'altezza dello stomaco era di gelosia purissima, al massimo condida da un po' di invidia.
Finito di cenare, ci spostammo sui divani a sorseggiare un amaro, ma l'atmosfera non tardò a scaldarsi. Amedeo prese a far scorrere le sue mani sul corpo di Giulia, che rispose immediatamente alle sue provocazioni. Si comportavano come se io non ci fossi: le tette di Giulia, grandi, sode, sgattaiolarono fuori dal generoso decoltè, finendo in un attimo in bocca ad Amedeo, mentre la mano di lui si intrufolava sotto la sua gonna e, scostando di lato il minuscolo perizoma, metteva in vista la fica di lei, gonfia e rossa, desiderosa di cazzo, come io la conoscevo bene.
“Forse è meglio che io vada di là!” dissi, alzandomi dal mio posto.
“Perché? A noi non dai alcun fastidio!” mi fermò Amedeo.
“Ma sì, amore! Perché vai via? Resta insieme a noi: magari dopo ci facciamo un altro goccio!”
Tornai a sedere, poco convinto, ma con un'erezione che esplodeva nei pantaloni, mio malgrado. Lei, sempre con la mano di lui nella fica, gli abbassò la zip e, tiratogli fuori il cazzo, si distese per prenderglielo in bocca. Io cercavo di massaggiarmi il cazzo, senza farlo notare troppo: rischiavo di sborrare da un momento all'altro, ma mi imposi di resistere: quello sì, mi dissi, che sarebbe stato davvero imbarazzante. Aveva un cazzo imponente, Amedeo. Non sono mai stato bravo con le misure, ma era più lungo del mio, ma soprattutto più largo. Giulia mi sorrise, mentre se lo infilava nella fica, sedendosi a cavallo di lui. Si passava la lingua sulle labbra, gemendo, mentre il suo viso trasfigurava nelle smorfie del piacere. Di tanto in tanto mi guardava, mi sorrideva e mi lanciava dei baci, atteggiando le labbra. I suoi gemiti divennero sempre più forti, più frequenti, così come il respiro di lui. Giulia si sollevò, afferrò quello stupendo cazzo, stringendolo nel pugno della destra, mentre la sinistra passava, travolgente sulla sua fica, fino a penetrarla, per poi andare a strofinzre e d inumidire il suo accesso posteriore. Poi assunse una posizione da acrobata: I suoi piedi sul divano, le sue mani sul pavimento ed il culo all'altezza della testa di lui, che raccolse l'invito senza farsi pregare. Le mani di Amedeo si impossessarono delle chiappe di lei e la sua bocca si incollò alla sua fica. Leccava e succhiava labbra e clitoride. Pensai che dovesse essere davvero bravo, considerando il modo in cui lei si contorceva senza ritegno, continuando a mugolare. La lingua di Amedeo si spostò a leccare l'orifizio anale, indugiando a lungo e, quando si fermò, toccò a lei far capire di aver recepito il messaggio. Tornò a sedersi su di lui, ma stavolta indirizzò il cazzo nel culo, decisa. Guardai il membro di Amedeo scomparire lentamente dentro mia moglie, dalla porta di servizio. Sembrava sempre più invasata: i suoi capelli, come quelli delle Erinni, si ergevano contro le leggi della fisica, il suo seno ballava davanti ai miei occhi, mentre lei emetteva suoni gutturali, frammisti a frasi sconnesse di incitamento ed insulti per lui e per me. Prese a spruzzare con la fica, incurante di sporcare pavimento e divano, un attimo prima che lui, con un rantolo prolungato, gli riversasse nell'intestino il suo orgasmo.
Restarono così, lei distesa su di lui, per diversi minuti, sempre col cazzo infilato nel culo, che non voleva saperne di rilassarsi. Con un tonfo sordo, come di tappo che vola via, infine il cazzo di Amedeo si liberò dalla morsa ferrea dello sfintere di Giulia ed un'abbondante colata di sperma prese a scivolare sulle cosce tornite e bianchissime di lei. A turno, andarono in bagno a ripulirsi, poi Amedeo si rivestì, salutò ed andò via. La domenica era già arrivata da un pezzo. Guardai mia moglie, ancora sfatta dal godimento.
“Andiamo a letto?” le chiesi.
“Che altro vorresti fare?”
Ci mettemmo sotto le lenzuola e le augurai una buona notte,
“Che fai?” mi chiese “Stasera non mi scopi?”
“Pensavo fossi abbastanza sazia!”
“Se mi bastasse lui, semplicemente ti avrei lasciato, non credi?”
Era una teoria che non faceva una piega. Ed io avevo addosso una voglia che avevo represso a lungo, mi avvicinai a lei e facemmo l'amore ancora per un paio d'ore, con lei che sembrava non averne mai abbastanza.
Quando, dopo l'ennesimo orgasmo, ci convincemmo fosse ora di dormire, lei mi baciò intensamente.
“Ti va di farlo insieme a lui, qualche volta?”
“Che vuoi dire con qualche volta?”
“Che scopo con lui e con te quando voglio. E, ogni tanto, scopiamo in tre!”
Le sorrisi: è proprio una gran troia, la mia!
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