Sono il pappone di mia madre 2

di
genere
incesti

Bastarono pochi giorni, per rientrare dell'affitto. Quando, raggiungemmo gli ottocento eruto pagati, mia madre rifiutò l'incasso:
“Sei tu il pappa: dividi!”
La guardai, tra il divertito ed il sorpreso, poi feci 40 a me e 60 a lei. Lo sguardo sorpreso, stavolta, fu il suo.
“Soci?£ mi chiese.
“Soci!” risposi.
Allora lei mi restituii il denaro fino a fare 50 e 50. Avevamo fatto già un bel giro e non erano pochi i clienti diventati affezionati. Mio padre, nel frattempo, veniva chiamato sempre più spesso dall'azienda nella sua sede del bolognese, rafforzando le mie preoccupazioni,
Giunse luglio.
“Stasera vorrei portarvi a cena tutti e due!| Sempre che non abbiate impegni.” Mio padre aveva un sorriso stampato sulla faccia. Forse qualcosa tornava a girare, pensai.
Non mi aspettavo quel ristorante, troppo esclusivo per noi, anche nei tempi migliori di papà. Non mi aspettavo neanche che potessimo consumare senza badare a spese, ma cos' fu, nonostante mia madre cercasse di frenare. Sorseggiavamo un amaro, quando mio padre assunse quell'aria tronfia di quando raggiungeva un traguardo ambizioso.
“Devo dirvi che, da domani, dovrò lavorare di più, o forse in maniera diversa, ma comunque starò fuori casa più tempo. Da domani, signora e signore, il qui presente diventa capo area. L'azienda ha voluto premiarmi per la costanza nel raggiungimento di tutti gli obiettivi. Sono orgoglioso di me stesso e spero lo siate anche voi!”
A mia madre sfuggì una lacrima, mentre lo abbracciava teneramente. Io dissimulai bene, credo, la mia sorpresa.

L'indomani rimasi a letto e saltai le lezioni in facoltà. Attesi che mio padre uscisse per andare al lavoro e raggiunsi mia madre in cucina. Mise su la caffettiera, mentre io sedevo al mio solito posto,
“Ora mi devi spiegare!” dissi, con tono perentorio.
Lei attese che il caffé salisse, lo verso nella tazzine e sedette di fronte a me. Era vestita come una qualunque casalinga, ma io, guardandola, vedevo il suo splendido seno nudo, quel seno che, tante volte, si era seduto accanto a me, dopo una veloce doccia, in attesa del prossimo cliente. Prese un respiro lungo, come se dovesse affrontare un'apnea. Mi guardò negli occhi.
“Voglio bene a tuo padre, non puoi immaginare quanto. Ma, da ragazzi, ognuno sogna il suo futuro. Ricordo che, tra i miei compagni, c'era chi sognava di diventare ingegnere, chi medico, qualcuno agricoltore. Io no! Io dicevo che avrei voluto fare l'estetista, ma non era vero. Il mio sogno era di diventare una puttana e non potevo dirlo. Poi, ho incontrato tuo padre e lui ha voluto sposarmi quasi subito. Ho accantonato i miei sogni, ma loro sono tornati prepotenti a scuotermi. Credimi: ho vissuto un travaglio indicibile. Poi ho deciso che non potevo resistere oltre e che era giusto che realizzassi i miei sogni. Sapevo che, prima o poi, tutto sarebbe venuto a galla. Ma speravo poi; invece mia carriera si interrompe sul nascere...”
Lasciò la frase come incompiuta, mentre tornava a sorseggiare il caffé, negli occhi un velo di amarezza, ma nessun dubbio che riguardasse cosa avrei fatto io. Guardai le pose, sul fondo della mia tazzina, poi tornai a guardare lei ed il suo seno nudo ai miei occhi, nonostante la maglietta.
“Mi piace fare il pappone. E si guadagna anche bene!” dissi, con una serenità che meravigliò me stesso.
“Vuoi dire che posso continuare a fare la puttana?” il suo volto si era illuminato ed era più bella che mai.
“Ma... C'è un ma!” mi guardò curiosa, invitandomi a parlare con lo sguardo. Ed io la accontentai.
“I papponi si scopano le puttane della loro scuderia quando vogliono...”
Mi aspettavo una qualche forma di resistenza, qualche obiezione, anche blanda, invece scoppiò in una risata irrefrenabile.
“Sai che non avevo capito che mi desiderassi? Una puttana è una puttana e basta: sono tua quando vuoi, tutte le volte. È un diritto del pappone, no?”.
“Direi di cominciare subito, allora!”
Non attese oltre e cominciò a spogliarsi: non era la prima volta, certo, che la vedevo nuda, ma era la prima che si spogliava per me e la cosa mi eccitò da morire. Avrei voluto saltarle addosso e prenderla ella maniera selvaggia che, in quel momento, l'istinto mi suggeriva. Ma lei anticipò le mie mosse: dopo essersi spogliata, cominciò a denudare me. E mentre lo faceva, mi sussurrava all'orecchio frasi del tipo:
“Tu sei il mio protettore e da te mi aspetto tutto. Ed io ti darò tutta me stessa: potrai usarmi quando vuoi, ma non quando sono al lavoro. Il lavoro prima di tutto: anche una puttana ha la sua deontologia!”
Mi mordicchiava il lobo dell'orecchio, mentre mi sfilava lentamente la camicia. Poi fu la volta dei pantaloni, mentre i suoi denti graffiavano il mio torace e tormentavano i miei capezzoli. Cominciavo a capire il perché di tanti clienti ormai fissi ed anche perché alcuni lasciassero un esxtra. Mia madre sapeva fare la puttana proprio bene.
Il mio cazzo scivolò nella sua bocca come una barca in un porto sicuro: sentivo la sua lingua arrotarsi sulla mia cappella e le sue guance contrarsi nella suzione. Io avevo le mani immerse nei suoi lunghi capelli e vivevo un sogno reale, con la paura di svegliarmi all'improvviso. Le sue lunghe unghia graffiavano dolcemente lo scroto e sollecitavano il mio sfintere. Mi abbandonavo alei come quando ero bambino, ma con tutt'altri sentimenti. Mi fece distendere e fu sopra di me: s'impalò sul mio cazzo, rimanendo ferma, gli occhi piantati nei miei.
“Ora, padrone, dimmi se vuoi che la tua puttana ti faccia godere, o se preferisci che ti lasci cuocere ancora a fuoco lento!”
“Fammi quello che vuoi, mamma! Fammi impazzire!”
“Certo tesoro! Ma tu promettimi che mi lascerai fare la puttana fin quando vorrò e che tu sarai il mio pappone!”
“Puoi giurarci, mamma! Voglio essere il tuo pappone e scoparti e fare i soldi col tuo corpo!”
“Questo volevo sentirti dire, amore. Non te ne pentirai.”
Prese a muoversi lentissimamente, senza sollevarsi: solo un appena percettibile movimento del bacino in avanti ed indietro, con le unghie che strisciavano lungo il mio corpo, lasciando visibili segno rossastri.
“Questi segni ti costringeranno ad essere solo mio. Dovrai implorarmi di non farteli più!”
“Ora voglio essere solo tuo, mamma. Voglio che tu sia la mia donna!”
“La tua puttana!” mi corresse lei.
“La mia puttana... per tutti!”
“Per tutti!” fece eco lei. Mentre cominciava a muoversi anche su e giù, ma sempre con una lentezza che in altri contesti sarebbe risultata insopportabile.
“Lo sai, amore, che mi sta piacendo? Sto scopando mio figlio: sono una puttana che si scopa suo figlio!”
“Il suo figlio pappone!”
“Il suo figlio pappone! Che cosa meravigliosa, amore! Potremo scopare quando vogliamo, fuori dal lavoro: il mio pappoe me lo potrà chiedere ogni volta che ne ha voglia.”
“E anche tu, mamma puttana!” mi sorrise ed in quel sorriso espresse tutta la felicità di stare realizzando il suo sogno di sempre. Si sollevò, sfilandosi il cazzo dalla fica, ma solo per farlo scivolare nel culo. E di nuovo riprese quel fantastico movimento, che mi eccitava senza farmi raggiungere l'orgasmo.
Andammo avanti così per un'enormità di tempo, coi suoi umori che ormai ricoprivano buona parte dei nostri corpi, misti al sudore di entrambi.
“Amore, ora!” mi disse. Ed il suo ritmo accelerò improvvisamente, mentre il suo corpo prese a fremere e le sue unghia si conficcavano in profondità nel mio corpo. Sentii il suo ed il mio orgasmo montare irrefrenabilmente e mi svuotai dentro di lei, proprio mentre il suo urlo rompeva il placido trascorrere del tempo, fissando in quell'attimo la realizzazione estrema della nostra lussuria.
“Ti amo, puttana!”
Mi sorrise felice, prima di baciarmi intensamente.
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scritto il
2022-08-25
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