La amazzone. 3. Amore saffico nella foresta vergine
di
Yuko
genere
saffico
3. Amore saffico nella foresta vergine
La piccola selvaggia sta riposando, si è addormentata e si concede finalmente un po' di riposo. Ben nutrita dall'abbondante pasto di frutta, curata dall'infezione e con un potente antibiotico in corpo, accudita e in compagnia, forse questa è la prima volta che riesce a rilassarsi e a riposarsi dopo tanti giorni di febbre, dolore e sofferenza, in un'incerta condizione che forse la stava portando verso una morte lenta e inevitabile.
Mi distendo al sole, di fianco a lei e osservo la sua giovane figura, il suo seno che si solleva in respiri rilassati.
Guardo il mio corpo. Mi sorprendo ancora per il fatto di trovarmi completamente nuda e di non farci troppo caso. Le zone più intime che normalmente tengo celate e invisibili, sono in bella vista. Il sole mi raggiunge ogni pertugio, sul petto e fra le cosce; sento il calore vitale raggiungermi le parti che d'abitudine sono coperte e inaccessibili ai raggi solari e mi sento libera, immersa in modo naturale nel regno di madre Natura. Anch'io non ho più quell'incertezza e quella paura di soccombere, travolta dall'ambiente così insidioso per la mia persona, e mi sento più tranquilla e senza la tensione di come sopravvivere.
Guardo la ragazza nuda al mio fianco ripensando a come mi ha manifestato il desiderio di essere accarezzata e amata, a come deve essere la sua vita nella tribù cui appartiene. Chissà se la sua tendenza è accolta in modo naturale e se la mia amica ha modo di vivere liberamente la sua sessualità, oppure se questa cosa è osteggiata e combattuta. Forse, piuttosto che per la sua malattia, la giovane è stata allontanata per il fatto di essere attratta da altre donne, e la perdita dell'autonomia è stato il pretesto per abbandonarla al suo destino.
O magari la piccola è bisessuale e non ha alcun problema tra la sua gente.
Pensieri senza una risposta.
Torno a guardarmi e immagino se qualcuno mi vedesse qui, come sono, in questo momento.
Qualcuno che conosco o anche soltanto una persona della mia terra o della mia cultura.
Qui, le cosce aperte in modo sconcio, il sole caldo direttamente sulla vulva. Il ciuffetto disordinato dei miei peli, all'aria aperta. I seni in vista. Sexy e desiderabile, abbandonata su queste rocce ricoperte da poca erba e muschio. Unico mio indumento sono la mia cintura e la custodia del mio coltello. Una specie di Lara Croft in versione sexy.
Donare sesso alla ragazza mi ha stimolata e la situazione particolare, il sole tiepido sulla pelle nuda, in mezzo alla natura, e la vicinanza di questa giovane senza veli, stanno accrescendo il mio desiderio.
Mi sfioro un seno con le dita, avvicinandomi con lente carezze al capezzolo, senza aver fretta di toccarlo, ma coltivando ogni sensazione per farla crescere e potenziarsi nel tempo. Mi accarezzo un'ascella e godo della visione del mio corpo nudo che si prepara all'atto sessuale, anche se manovrato dalle mie stesse attenzioni.
Le dita si muovono leggere alla base del mio collo, si infilano tra i capelli della nuca. Scuoto la testa e agito la chioma, mi porto il crine sul volto e chiudo gli occhi, immaginandomi vista da un'altra donna o un altro uomo, bella, nuda e seducente.
Con la punta dei capelli mi sfioro i capezzoli. Resto sopraffatta dalla sensualità del mio corpo di donna, di questa sensibilità erotica che riveste tutta la mia superficie.
Mi accarezzo la punta dei peli del pube, trasmettendo ai miei inguini un'ondata di piacere e di passione che mi fa sussultare. Con le due mani ora mi sfioro l'interno delle cosce. Piccoli cerchi, spirali che risalgono verso la vulva senza però toccarla. Le dita ancora si muovono sul mio ventre, intorno all'ombelico. Quanto vorrei che ci fosse qualcuno a coccolarmi, in questo momento. Dispersa in un continente sconosciuto, ancora incerta sul mio futuro e tremendamente bisognosa di affetto e di protezione. Sola e primitiva, al naturale; immersa nella foresta incontaminata a migliaia di chilometri dalla mia casa e dalla mia gente.
Mi sfioro ancora il ventre, la chioma e finalmente mi dedico ai capezzoli. Leggeri sfioramenti sulle areole e timidi approcci sulle puntine, dritte e vigili.
L'altra mano naviga fra i peli, che sento soffici e vaporosi: avverto l'umidità che stilla tra le mie labbra, quella sensazione inspiegabile a chi non la può provare, di bagnato crescente, di pulsazione sanguigna che ora gonfia le mie mucose più intime e sensibili.
Mi bagno le dita dei miei umori e mi tocco un capezzolo. Un sospiro mi sfugge, incoercibile, e un piccolo gemito mi fa udire di nuovo il suono della mia voce.
Voce di femmina che si dona piacere, sussurro di donna che desidera attenzioni.
Ma sento qualcosa che mi tocca il ventre. Apro gli occhi e vedo Ashàninka che mi sta guardando.
Chissà, forse è già da un po' che segue i miei gesti e ora mi osserva con un'espressione che interpreto come di desiderio.
È lei stessa che ora allunga la mano sul mio ventre, avendo capito il mio bisogno di attenzioni fisiche ed emotive. Sono anche io come lei una donna sola e indifesa, anche se adesso, in due, ci sosteniamo e ci aiutiamo. Ma restiamo anime sole e bisognose di premure.
Io la guardo e lascio fare e in cuor mio desidero che questa ragazza mi ami.
E lei, forse intuendo il mio pensiero, prende decisa l'iniziativa.
Allunga la sua mano sul mio ventre, raggiungendo la schiena, si gira e si appoggia su di me, mi tocca il sedere e avvicina la sua bocca al mio seno.
Io le passo una mano tra i capelli e l'altra sulla schiena, mentre lei si sdraia su di me.
Inizia a succhiarmi i capezzoli alternandosi nella cura dei miei seni, poi mi lecca sul collo e mi stringe una tetta nella mano. Il mio petto le deve piacere, grande e morbido, perchè ci affonda le dita rilasciandole lentamente, per avventarsi in un nuovo affondo.
Poi con la lingua mi accarezza ancora il capezzolo fermandosi ogni tanto a guardarmi mente gemo e godo delle sue carezze. Il suo corpo è ora caldo e lo percepisco, soffice e liscio, sul mio. Apro le cosce per invitare tra loro una sua gamba e lei vi scivola in mezzo.
Le sollevo il capo e porto la sua bocca sulla mia. Devo insegnarle a baciarmi e sporgo la mia lingua in cerca della sua. La ragazza, ricordando i miei baci che l'hanno accompagnata nel suo primo orgasmo insieme, ora allunga la sua lingua e me la fa succhiare nella mia bocca.
Piccola lucertola fresca e viscida, comincia a muoversi insieme alla mia mentre le nostre labbra aderiscono. Sento e accolgo il suo impeto, la sua energia di giovane donna in amore, il suo desiderio di vivere l'erotismo con un'altra donna e ascolto i suoi gemiti che mi rimbalzano fino in gola.
Le allungo una mano oltre il sedere per raggiungere la sua soglia e ci infilo le dita mentre lei fa lo stesso tra le mie cosce.
Io la accarezzo, la tocco e sento la sua umidità che affiora incontro alle mie dita.
Lei ripete i miei gesti e infila le dita profondamente nel mio sesso.
Abbracciate, la mia bocca sulla sua in un bacio infinito, le nostre estremità conficcate nei nostri nidi di amore e le membra che si agitano e si strofinano. I corpi a contatto, i suoi piccoli seni tatuati di nero che si schiacciano e pigiano sui miei.
I nostri gemiti sempre più forti e senza freni finchè raggiungiamo insieme un nuovo orgasmo, lungo, tenero, intenso.
Io mi abbatto sull'erba, con le braccia stringo ancora quel giovane corpo nudo, mentre lei ritorna a leccarmi il collo e i seni, massaggiandomeli con piccoli morsi, e insieme ci addormentiamo, una sopra l'altra, abbandonate e rilassate sotto i caldi raggi del sole.
Richiami di uccelli esotici affiorano nei nostri sogni.
Quando mi risveglio Ashàninka è di fianco a me, in ginocchio. Nelle mani ha il suo lungo arco con una freccia incoccata. L'espressione è attenta e concentrata e sembra scrutare l'oceano vegetale in cerca di qualcosa.
Non riesco a capire se si è messa in caccia o se siamo minacciate da qualche pericolo, animale o umano.
La guardo cercando di cogliere qualche spiegazione dalla sua espressione, ma il mio interrogativo rimane senza soluzione, quando sento distintamente il verso di qualche animale sconosciuto.
Io mi ritraggo e l'amazzone tende l'arco verso la direzione da cui è giunto il suono.
Scrutiamo la coltre di fronde, ma io non scorgo nulla. Lei invece si blocca e resta immobile con la freccia pronta a scoccare. Io non riesco ad avvertire alcun suono o un movimento, ma vedo i suoi occhi che saettano seguendo qualche particolare o in cerca di qualcosa.
Passa qualche minuto e la giovane allenta l'arco abbassando la punta della freccia. Poi, senza distogliere lo sguardo da un punto indefinito, mi sussurra qualcosa.
Io non capisco e la guardo, e lei mi fa cenno muovendo l'arco verso la base di alcuni grossi tronchi.
Indugio, ma lei mi ripete quei suoni indecifrabili più ad alta voce, muovendo il mento nella stessa direzione. Probabilmente devo andare a prendere qualcosa.
D'improvviso mi sento in imbarazzo per essere nuda, dovendo andare incontro allo sconosciuto, ma obbedisco e, rotto l'imbarazzo, mi allontano dal nostro rifugio.
Col coltello nella destra, mi muovo a gambe piegate per nascondermi nella vegetazione e raggiungo il posto che mi è stato indicato. Annuso l'aria, ma non sento alcun odore. Non ho la capacità dei locali di sfruttare tutti i miei sensi. Non c'è alcun suono, anche gli uccelli tacciono, forse in allerta per una presenza anomala.
Poi sento un rumore di rami smossi e un giovane uomo compare tra alcune basse piante dal fogliame molto folto.
Io arretro allungando il coltello verso di lui, ma quello si ferma. Rimaniamo a guardarci per qualche secondo, io immobile in posizione di attacco, lui fermo, senza manifestare alcun segno di ostilità.
Il gonnellino e i tatuaggi sono del tutto simili a quelli della mia compagna, ma non so se questo sia sufficiente a garantire che il nuovo arrivato sia della sua tribù e non abbasso la mia allerta.
Lui scosta lentamente alcuni rami e mi si mostra completamente. Butta a terra la sua lancia e mi mostra un pezzo di animale arrostito. Io non faccio alcun movimento e seguo ogni suo gesto senza tradire la mia emozione.
Potrebbe facilmente uccidermi, se lo volesse, con la lancia e con la sua attitudine al combattimento, come pure potrebbe fuggire scomparendo rapidamente dalla mia vista. Però non si muove e mi scruta incuriosito.
Mi rendo di nuovo conto di essere nuda sotto gli occhi di un uomo, cosa che non era mai successa in questo mio viaggio, e mi sento vulnerabile e indifesa da un attacco che potrebbe avere qualunque conseguenza.
Ma lui appoggia il pezzo di carne e arretra.
Il suo atteggiamento è pacifico e mi convinco che questo giovane sia qualcuno della tribù della mia compagna giunto per darle un aiuto.
Sono sicura che la mia presenza non sia passata inosservata, che la mia persona sia stata scrutata e seguita in tutti questi giorni e forse di essere anche stata guidata qui a mia insaputa.
Forse, viste le cure fornite all'indigena e la nuova piega degli eventi, qualcuno, animato da una speranza, un suo amico che non ha voluto abbandonarla, ora le sta portando del cibo per aiutarla a riprendersi.
Lui fa qualche passo indietro e sembra nascondersi tra le foglie.
“Aspetta!” Gli grido. Lui compare ancora per un secondo, ma poi sparisce senza fare il minimo rumore.
Faccio qualche passo di corsa, ma mi fermo prima del cespuglio per non subire un agguato.
Ma tutto tace. Raggiungo il pezzo di arrosto e cerco nella vegetazione: nessun segno di vita mi indica più la presenza dello sconosciuto.
Prendo la carne e corro al nostro riparo, accolta da Ashàninka che emette un grido di eccitazione e si avventa sul bottino.
La giovane divora il boccone come se lo stesse aspettando da mesi, ma poi si ferma e me lo porge.
Io le sorrido e col coltello ne taglio una porzione.
Il sapore della carne è buono e sento subito energia e calore. Da quanto non mangiavo proteine animali?
Ci nutriamo assistendo a un magnifico tramonto. Il sole si avvicina al bordo della superficie terrestre, saturo di nebbie e di umidità. Si distorce e si frammenta in curiosi fenomeni di diffrazione.
“Guarda!” Dico alla ragazza e lei, viste le bizzarre forme in cui il sole si sta scomponendo, si inchina con il capo appoggiato alla terra ad onorare la divinità che cala il sipario.
Il fresco umido si impossessa subito di noi appena il disco rosso scompare, avvolto da un alone arancione, sotto il livello della foresta e mentre scorgo la luce di Venere che si impone nel cielo terso e ancora chiaro, mangiati alcuni frutti di maracuja, ci infiliamo nel nostro nascondiglio.
Di nuovo ci troviamo nella semioscurità, io e lei, appiccicate una all'altra per darci calore, e il suo corpo nudo ha un imprescindibile fascino erotico ed eccitante su di me. La notte è lunga e non siamo più così stanche o ammalate come era successo solo ieri.
La accolgo tra le mie braccia e lei prende posizione accucciandosi tra le mie cosce e il mio seno.
Ma non riesco a resistere e sento che anche lei ha ripreso ad accarezzarmi.
La bacio sulla bocca, sul volto e sul collo e la sento che freme e geme di desiderio. Lei, turbata dal piacere, ripete il gesto dei baci sul mio corpo e sul mio seno.
Rimaniamo così, abbracciate a baciarci e a scambiarci il calore dei nostri corpi che lentamente si accendono e si infiammano insieme alla nostra passione.
Nel buio della notte amazzonica, racchiuse nello scrigno di una grotta, due donne si amano, liberamente, senza barriere culturali, senza limiti.
Discendo sul suo corpo mentre lei mi infila le mani sui capelli e me li tira. Le mordo il ventre e l'ombelico e lei sporge il monte di Venere per aumentare il contatto col mio viso; non sa ancora cosa le sta per accadere.
Le tiro i peli del pube con i denti e la faccio gemere. Il suo odore è forte e selvatico eppure riconosco il sentore di eccitazione comune a tutte le donne del mondo.
Con le dita le scosto le piccole labbra per scoprire il suo clitoride, che scorgo a fatica nell'oscurità incipiente, ma quando lo tocco con la punta della lingua piena di saliva calda, lei esplode in un urlo di sorpresa e di piacere. 'Piccola mia, non hai ancora provato nulla dell'amore saffico!'
Le prendo il piccolo pulcino tra le labbra e lo succhio. Lo lascio e lo aspiro e ogni volta lo accarezzo con la lingua. Ashàninka emette un urlo a ogni mio assalto e scuote la sua vulva contro la mia bocca. Mi affonda le unghie nel cuoio capelluto e mi stringe alla sua passera come se volesse farmici entrare tutta dentro. Allungo una mano sul suo seno e le pizzico un capezzolo mentre le infilo due dita dentro. E continuo a succhiarla e a leccarla.
La ragazza urla, schiamazza come non l'ho ancora sentita e forse gode come non ha mai goduto.
Le urla si fanno acute e più intense e le mie carezze più profonde e provocanti, finché non la sento contorcersi e irrigidirsi. Le sue cosce mi stringono e le sue mani si serrano in pugni nei miei capelli.
Tace e smette di respirare, io le stritolo la tetta e la mia lingua le tortura il clitoride e finalmente l'amazzone erompe con uno strepito roco e disumano cui segue una sequenza di urla sincrone con le contrazioni del suo ventre. Sulla mia bocca sento una vampata dei suoi umori e la sua vulva che si spinge sulle mie dita per sentirle dentro fino alla sua anima.
Geme ancora e si dimena fino a quando la stretta nei miei capelli e quella delle sue cosce si rilassano e la ragazza si lascia andare in un unico lamento che la svuota di tutta la sua essenza, inondando la grotta e incendiando ogni mio pensiero.
Rimane poi affannata a respirare rumorosamente, mentre io risalgo sulla sua pelle sudata e mi faccio rapire nel suo stretto abbraccio.
Lei inizia a parlarmi, a raccontarmi qualcosa e ricopre il mio viso di baci. Mi stringe la schiena e mi schiaccia sul suo petto e con le cosce mi avvolge e mi stritola i fianchi come se fosse un anaconda.
Ma quando credo che si voglia consegnare al sonno, la selvaggia urla qualcosa nella sua lingua, mi ribalta e inizia un lungo discorso ad alta voce.
Non faccio in tempo a dirle che non sto capendo nulla, che quella mi graffia le tette e mi morde il ventre.
“Ossantocielo!” Ho la forza di esclamare, ma la giovane è già tra le mie cosce.
Affascinata dal trattamento che ha appena subito e che immagino non abbia mai provato, subito vuole fare esperienza rendendomi il servigio e sento una maledetta lingua che mi entra dentro e sembra non finire mai. La sento muoversi fuori e dentro, e poi mi accorgo che mi sta mordendo le piccole labbra, le succhia e le mastica tra i suoi incisivi, mentre io lancio urla di dolore e di eccitazione.
Mi morde tra il monte di Venere e la passera facendomi esplodere il clitoride e me lo massaggia con i denti. Ci sputa sopra e poi lecca la sua saliva e con le unghie mi graffia, come posseduta da un demone, succhia e lecca e in breve mi conduce a un orgasmo violento e conturbante, una sensazione prolungata dal dolore che mi infligge con i suoi denti e un piacere che non vuole più finire.
Anch'io le inondo il viso con un fiotto del mio nettare e lei si distende sulla mia pelle come una macchia d'olio; risale sui miei seni strusciandoli contro i suoi e si sdraia sopra di me, spingendo il suo pube contro il mio, ancora scosso da sussulti, i suoi seni sui miei e la sua bocca sulla mia, finchè ci addormentiamo avvolte come liane e rampicanti, tra baci e sospiri di tenerezza.
- Continua
La piccola selvaggia sta riposando, si è addormentata e si concede finalmente un po' di riposo. Ben nutrita dall'abbondante pasto di frutta, curata dall'infezione e con un potente antibiotico in corpo, accudita e in compagnia, forse questa è la prima volta che riesce a rilassarsi e a riposarsi dopo tanti giorni di febbre, dolore e sofferenza, in un'incerta condizione che forse la stava portando verso una morte lenta e inevitabile.
Mi distendo al sole, di fianco a lei e osservo la sua giovane figura, il suo seno che si solleva in respiri rilassati.
Guardo il mio corpo. Mi sorprendo ancora per il fatto di trovarmi completamente nuda e di non farci troppo caso. Le zone più intime che normalmente tengo celate e invisibili, sono in bella vista. Il sole mi raggiunge ogni pertugio, sul petto e fra le cosce; sento il calore vitale raggiungermi le parti che d'abitudine sono coperte e inaccessibili ai raggi solari e mi sento libera, immersa in modo naturale nel regno di madre Natura. Anch'io non ho più quell'incertezza e quella paura di soccombere, travolta dall'ambiente così insidioso per la mia persona, e mi sento più tranquilla e senza la tensione di come sopravvivere.
Guardo la ragazza nuda al mio fianco ripensando a come mi ha manifestato il desiderio di essere accarezzata e amata, a come deve essere la sua vita nella tribù cui appartiene. Chissà se la sua tendenza è accolta in modo naturale e se la mia amica ha modo di vivere liberamente la sua sessualità, oppure se questa cosa è osteggiata e combattuta. Forse, piuttosto che per la sua malattia, la giovane è stata allontanata per il fatto di essere attratta da altre donne, e la perdita dell'autonomia è stato il pretesto per abbandonarla al suo destino.
O magari la piccola è bisessuale e non ha alcun problema tra la sua gente.
Pensieri senza una risposta.
Torno a guardarmi e immagino se qualcuno mi vedesse qui, come sono, in questo momento.
Qualcuno che conosco o anche soltanto una persona della mia terra o della mia cultura.
Qui, le cosce aperte in modo sconcio, il sole caldo direttamente sulla vulva. Il ciuffetto disordinato dei miei peli, all'aria aperta. I seni in vista. Sexy e desiderabile, abbandonata su queste rocce ricoperte da poca erba e muschio. Unico mio indumento sono la mia cintura e la custodia del mio coltello. Una specie di Lara Croft in versione sexy.
Donare sesso alla ragazza mi ha stimolata e la situazione particolare, il sole tiepido sulla pelle nuda, in mezzo alla natura, e la vicinanza di questa giovane senza veli, stanno accrescendo il mio desiderio.
Mi sfioro un seno con le dita, avvicinandomi con lente carezze al capezzolo, senza aver fretta di toccarlo, ma coltivando ogni sensazione per farla crescere e potenziarsi nel tempo. Mi accarezzo un'ascella e godo della visione del mio corpo nudo che si prepara all'atto sessuale, anche se manovrato dalle mie stesse attenzioni.
Le dita si muovono leggere alla base del mio collo, si infilano tra i capelli della nuca. Scuoto la testa e agito la chioma, mi porto il crine sul volto e chiudo gli occhi, immaginandomi vista da un'altra donna o un altro uomo, bella, nuda e seducente.
Con la punta dei capelli mi sfioro i capezzoli. Resto sopraffatta dalla sensualità del mio corpo di donna, di questa sensibilità erotica che riveste tutta la mia superficie.
Mi accarezzo la punta dei peli del pube, trasmettendo ai miei inguini un'ondata di piacere e di passione che mi fa sussultare. Con le due mani ora mi sfioro l'interno delle cosce. Piccoli cerchi, spirali che risalgono verso la vulva senza però toccarla. Le dita ancora si muovono sul mio ventre, intorno all'ombelico. Quanto vorrei che ci fosse qualcuno a coccolarmi, in questo momento. Dispersa in un continente sconosciuto, ancora incerta sul mio futuro e tremendamente bisognosa di affetto e di protezione. Sola e primitiva, al naturale; immersa nella foresta incontaminata a migliaia di chilometri dalla mia casa e dalla mia gente.
Mi sfioro ancora il ventre, la chioma e finalmente mi dedico ai capezzoli. Leggeri sfioramenti sulle areole e timidi approcci sulle puntine, dritte e vigili.
L'altra mano naviga fra i peli, che sento soffici e vaporosi: avverto l'umidità che stilla tra le mie labbra, quella sensazione inspiegabile a chi non la può provare, di bagnato crescente, di pulsazione sanguigna che ora gonfia le mie mucose più intime e sensibili.
Mi bagno le dita dei miei umori e mi tocco un capezzolo. Un sospiro mi sfugge, incoercibile, e un piccolo gemito mi fa udire di nuovo il suono della mia voce.
Voce di femmina che si dona piacere, sussurro di donna che desidera attenzioni.
Ma sento qualcosa che mi tocca il ventre. Apro gli occhi e vedo Ashàninka che mi sta guardando.
Chissà, forse è già da un po' che segue i miei gesti e ora mi osserva con un'espressione che interpreto come di desiderio.
È lei stessa che ora allunga la mano sul mio ventre, avendo capito il mio bisogno di attenzioni fisiche ed emotive. Sono anche io come lei una donna sola e indifesa, anche se adesso, in due, ci sosteniamo e ci aiutiamo. Ma restiamo anime sole e bisognose di premure.
Io la guardo e lascio fare e in cuor mio desidero che questa ragazza mi ami.
E lei, forse intuendo il mio pensiero, prende decisa l'iniziativa.
Allunga la sua mano sul mio ventre, raggiungendo la schiena, si gira e si appoggia su di me, mi tocca il sedere e avvicina la sua bocca al mio seno.
Io le passo una mano tra i capelli e l'altra sulla schiena, mentre lei si sdraia su di me.
Inizia a succhiarmi i capezzoli alternandosi nella cura dei miei seni, poi mi lecca sul collo e mi stringe una tetta nella mano. Il mio petto le deve piacere, grande e morbido, perchè ci affonda le dita rilasciandole lentamente, per avventarsi in un nuovo affondo.
Poi con la lingua mi accarezza ancora il capezzolo fermandosi ogni tanto a guardarmi mente gemo e godo delle sue carezze. Il suo corpo è ora caldo e lo percepisco, soffice e liscio, sul mio. Apro le cosce per invitare tra loro una sua gamba e lei vi scivola in mezzo.
Le sollevo il capo e porto la sua bocca sulla mia. Devo insegnarle a baciarmi e sporgo la mia lingua in cerca della sua. La ragazza, ricordando i miei baci che l'hanno accompagnata nel suo primo orgasmo insieme, ora allunga la sua lingua e me la fa succhiare nella mia bocca.
Piccola lucertola fresca e viscida, comincia a muoversi insieme alla mia mentre le nostre labbra aderiscono. Sento e accolgo il suo impeto, la sua energia di giovane donna in amore, il suo desiderio di vivere l'erotismo con un'altra donna e ascolto i suoi gemiti che mi rimbalzano fino in gola.
Le allungo una mano oltre il sedere per raggiungere la sua soglia e ci infilo le dita mentre lei fa lo stesso tra le mie cosce.
Io la accarezzo, la tocco e sento la sua umidità che affiora incontro alle mie dita.
Lei ripete i miei gesti e infila le dita profondamente nel mio sesso.
Abbracciate, la mia bocca sulla sua in un bacio infinito, le nostre estremità conficcate nei nostri nidi di amore e le membra che si agitano e si strofinano. I corpi a contatto, i suoi piccoli seni tatuati di nero che si schiacciano e pigiano sui miei.
I nostri gemiti sempre più forti e senza freni finchè raggiungiamo insieme un nuovo orgasmo, lungo, tenero, intenso.
Io mi abbatto sull'erba, con le braccia stringo ancora quel giovane corpo nudo, mentre lei ritorna a leccarmi il collo e i seni, massaggiandomeli con piccoli morsi, e insieme ci addormentiamo, una sopra l'altra, abbandonate e rilassate sotto i caldi raggi del sole.
Richiami di uccelli esotici affiorano nei nostri sogni.
Quando mi risveglio Ashàninka è di fianco a me, in ginocchio. Nelle mani ha il suo lungo arco con una freccia incoccata. L'espressione è attenta e concentrata e sembra scrutare l'oceano vegetale in cerca di qualcosa.
Non riesco a capire se si è messa in caccia o se siamo minacciate da qualche pericolo, animale o umano.
La guardo cercando di cogliere qualche spiegazione dalla sua espressione, ma il mio interrogativo rimane senza soluzione, quando sento distintamente il verso di qualche animale sconosciuto.
Io mi ritraggo e l'amazzone tende l'arco verso la direzione da cui è giunto il suono.
Scrutiamo la coltre di fronde, ma io non scorgo nulla. Lei invece si blocca e resta immobile con la freccia pronta a scoccare. Io non riesco ad avvertire alcun suono o un movimento, ma vedo i suoi occhi che saettano seguendo qualche particolare o in cerca di qualcosa.
Passa qualche minuto e la giovane allenta l'arco abbassando la punta della freccia. Poi, senza distogliere lo sguardo da un punto indefinito, mi sussurra qualcosa.
Io non capisco e la guardo, e lei mi fa cenno muovendo l'arco verso la base di alcuni grossi tronchi.
Indugio, ma lei mi ripete quei suoni indecifrabili più ad alta voce, muovendo il mento nella stessa direzione. Probabilmente devo andare a prendere qualcosa.
D'improvviso mi sento in imbarazzo per essere nuda, dovendo andare incontro allo sconosciuto, ma obbedisco e, rotto l'imbarazzo, mi allontano dal nostro rifugio.
Col coltello nella destra, mi muovo a gambe piegate per nascondermi nella vegetazione e raggiungo il posto che mi è stato indicato. Annuso l'aria, ma non sento alcun odore. Non ho la capacità dei locali di sfruttare tutti i miei sensi. Non c'è alcun suono, anche gli uccelli tacciono, forse in allerta per una presenza anomala.
Poi sento un rumore di rami smossi e un giovane uomo compare tra alcune basse piante dal fogliame molto folto.
Io arretro allungando il coltello verso di lui, ma quello si ferma. Rimaniamo a guardarci per qualche secondo, io immobile in posizione di attacco, lui fermo, senza manifestare alcun segno di ostilità.
Il gonnellino e i tatuaggi sono del tutto simili a quelli della mia compagna, ma non so se questo sia sufficiente a garantire che il nuovo arrivato sia della sua tribù e non abbasso la mia allerta.
Lui scosta lentamente alcuni rami e mi si mostra completamente. Butta a terra la sua lancia e mi mostra un pezzo di animale arrostito. Io non faccio alcun movimento e seguo ogni suo gesto senza tradire la mia emozione.
Potrebbe facilmente uccidermi, se lo volesse, con la lancia e con la sua attitudine al combattimento, come pure potrebbe fuggire scomparendo rapidamente dalla mia vista. Però non si muove e mi scruta incuriosito.
Mi rendo di nuovo conto di essere nuda sotto gli occhi di un uomo, cosa che non era mai successa in questo mio viaggio, e mi sento vulnerabile e indifesa da un attacco che potrebbe avere qualunque conseguenza.
Ma lui appoggia il pezzo di carne e arretra.
Il suo atteggiamento è pacifico e mi convinco che questo giovane sia qualcuno della tribù della mia compagna giunto per darle un aiuto.
Sono sicura che la mia presenza non sia passata inosservata, che la mia persona sia stata scrutata e seguita in tutti questi giorni e forse di essere anche stata guidata qui a mia insaputa.
Forse, viste le cure fornite all'indigena e la nuova piega degli eventi, qualcuno, animato da una speranza, un suo amico che non ha voluto abbandonarla, ora le sta portando del cibo per aiutarla a riprendersi.
Lui fa qualche passo indietro e sembra nascondersi tra le foglie.
“Aspetta!” Gli grido. Lui compare ancora per un secondo, ma poi sparisce senza fare il minimo rumore.
Faccio qualche passo di corsa, ma mi fermo prima del cespuglio per non subire un agguato.
Ma tutto tace. Raggiungo il pezzo di arrosto e cerco nella vegetazione: nessun segno di vita mi indica più la presenza dello sconosciuto.
Prendo la carne e corro al nostro riparo, accolta da Ashàninka che emette un grido di eccitazione e si avventa sul bottino.
La giovane divora il boccone come se lo stesse aspettando da mesi, ma poi si ferma e me lo porge.
Io le sorrido e col coltello ne taglio una porzione.
Il sapore della carne è buono e sento subito energia e calore. Da quanto non mangiavo proteine animali?
Ci nutriamo assistendo a un magnifico tramonto. Il sole si avvicina al bordo della superficie terrestre, saturo di nebbie e di umidità. Si distorce e si frammenta in curiosi fenomeni di diffrazione.
“Guarda!” Dico alla ragazza e lei, viste le bizzarre forme in cui il sole si sta scomponendo, si inchina con il capo appoggiato alla terra ad onorare la divinità che cala il sipario.
Il fresco umido si impossessa subito di noi appena il disco rosso scompare, avvolto da un alone arancione, sotto il livello della foresta e mentre scorgo la luce di Venere che si impone nel cielo terso e ancora chiaro, mangiati alcuni frutti di maracuja, ci infiliamo nel nostro nascondiglio.
Di nuovo ci troviamo nella semioscurità, io e lei, appiccicate una all'altra per darci calore, e il suo corpo nudo ha un imprescindibile fascino erotico ed eccitante su di me. La notte è lunga e non siamo più così stanche o ammalate come era successo solo ieri.
La accolgo tra le mie braccia e lei prende posizione accucciandosi tra le mie cosce e il mio seno.
Ma non riesco a resistere e sento che anche lei ha ripreso ad accarezzarmi.
La bacio sulla bocca, sul volto e sul collo e la sento che freme e geme di desiderio. Lei, turbata dal piacere, ripete il gesto dei baci sul mio corpo e sul mio seno.
Rimaniamo così, abbracciate a baciarci e a scambiarci il calore dei nostri corpi che lentamente si accendono e si infiammano insieme alla nostra passione.
Nel buio della notte amazzonica, racchiuse nello scrigno di una grotta, due donne si amano, liberamente, senza barriere culturali, senza limiti.
Discendo sul suo corpo mentre lei mi infila le mani sui capelli e me li tira. Le mordo il ventre e l'ombelico e lei sporge il monte di Venere per aumentare il contatto col mio viso; non sa ancora cosa le sta per accadere.
Le tiro i peli del pube con i denti e la faccio gemere. Il suo odore è forte e selvatico eppure riconosco il sentore di eccitazione comune a tutte le donne del mondo.
Con le dita le scosto le piccole labbra per scoprire il suo clitoride, che scorgo a fatica nell'oscurità incipiente, ma quando lo tocco con la punta della lingua piena di saliva calda, lei esplode in un urlo di sorpresa e di piacere. 'Piccola mia, non hai ancora provato nulla dell'amore saffico!'
Le prendo il piccolo pulcino tra le labbra e lo succhio. Lo lascio e lo aspiro e ogni volta lo accarezzo con la lingua. Ashàninka emette un urlo a ogni mio assalto e scuote la sua vulva contro la mia bocca. Mi affonda le unghie nel cuoio capelluto e mi stringe alla sua passera come se volesse farmici entrare tutta dentro. Allungo una mano sul suo seno e le pizzico un capezzolo mentre le infilo due dita dentro. E continuo a succhiarla e a leccarla.
La ragazza urla, schiamazza come non l'ho ancora sentita e forse gode come non ha mai goduto.
Le urla si fanno acute e più intense e le mie carezze più profonde e provocanti, finché non la sento contorcersi e irrigidirsi. Le sue cosce mi stringono e le sue mani si serrano in pugni nei miei capelli.
Tace e smette di respirare, io le stritolo la tetta e la mia lingua le tortura il clitoride e finalmente l'amazzone erompe con uno strepito roco e disumano cui segue una sequenza di urla sincrone con le contrazioni del suo ventre. Sulla mia bocca sento una vampata dei suoi umori e la sua vulva che si spinge sulle mie dita per sentirle dentro fino alla sua anima.
Geme ancora e si dimena fino a quando la stretta nei miei capelli e quella delle sue cosce si rilassano e la ragazza si lascia andare in un unico lamento che la svuota di tutta la sua essenza, inondando la grotta e incendiando ogni mio pensiero.
Rimane poi affannata a respirare rumorosamente, mentre io risalgo sulla sua pelle sudata e mi faccio rapire nel suo stretto abbraccio.
Lei inizia a parlarmi, a raccontarmi qualcosa e ricopre il mio viso di baci. Mi stringe la schiena e mi schiaccia sul suo petto e con le cosce mi avvolge e mi stritola i fianchi come se fosse un anaconda.
Ma quando credo che si voglia consegnare al sonno, la selvaggia urla qualcosa nella sua lingua, mi ribalta e inizia un lungo discorso ad alta voce.
Non faccio in tempo a dirle che non sto capendo nulla, che quella mi graffia le tette e mi morde il ventre.
“Ossantocielo!” Ho la forza di esclamare, ma la giovane è già tra le mie cosce.
Affascinata dal trattamento che ha appena subito e che immagino non abbia mai provato, subito vuole fare esperienza rendendomi il servigio e sento una maledetta lingua che mi entra dentro e sembra non finire mai. La sento muoversi fuori e dentro, e poi mi accorgo che mi sta mordendo le piccole labbra, le succhia e le mastica tra i suoi incisivi, mentre io lancio urla di dolore e di eccitazione.
Mi morde tra il monte di Venere e la passera facendomi esplodere il clitoride e me lo massaggia con i denti. Ci sputa sopra e poi lecca la sua saliva e con le unghie mi graffia, come posseduta da un demone, succhia e lecca e in breve mi conduce a un orgasmo violento e conturbante, una sensazione prolungata dal dolore che mi infligge con i suoi denti e un piacere che non vuole più finire.
Anch'io le inondo il viso con un fiotto del mio nettare e lei si distende sulla mia pelle come una macchia d'olio; risale sui miei seni strusciandoli contro i suoi e si sdraia sopra di me, spingendo il suo pube contro il mio, ancora scosso da sussulti, i suoi seni sui miei e la sua bocca sulla mia, finchè ci addormentiamo avvolte come liane e rampicanti, tra baci e sospiri di tenerezza.
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