Milano da bere
di
Anonima1981
genere
saffico
Mi raccontava mio padre dei ruggenti anni ’80, quando Milano era da bere e i socialisti di Craxi dominavano la scena della politica e degli affari.
A me bambina era rimasto impresso soprattutto il nome di un locale, un ristorante dove si riuniva il Gotha del Partito Socialista: Al matarel, un nome che sapeva di farina e di pasta fatta in casa, una cucina di piatti milanesi e lombardi….
Esiste ancora quel ristorante, in una piccola traversa di Corso Garibaldi, con quella sua sala di tavoli di legno e di tovaglie bianche, con quelle pareti bianche piene di quadri….
E’ qui che ho prenotato un tavolo per due per stasera, l’ultima sera mia e di Amaia…
La incontro, puntuale, alle 20 a pochi metri dal piccolo ingresso del ristorante: come sempre favolosa, indossa ancora il piumino nero a mezza coscia di ieri, i capelli sciolti, un trucco leggero che esalta i suoi lineamenti delicati, i suoi occhi grandi e la sua bocca dalle labbra morbide che ben conosco…
Mi sorride abbracciandomi, mi stringe il braccio sopra il gomito mentre posa un bacio leggero all’angolo della bocca, intimo ma non tanto da suscitare curiosità nei passanti…
Si allontana un poco per guardarmi meglio, nei suoi occhi vedo che apprezza quello che vede, i miei capelli biondi un poco mossi, il trucco solo degli occhi, il cappotto di cammello Max Mara (costato un occhio della testa ma sempre elegante)…
La guido nel locale, solleciti prendono cappotto e piumino. Sembra che ci siamo accordate: indossiamo due completi giacca-pantalone, nero lei e grigio scuro io… Sotto le giacche credo che entrambe ci siamo limitate al reggiseno, io per certo…
Ci portano al tavolo, lei davanti, io la seguo… Guardo di nascosto il movimento dolce delle sue gambe, la morbida altalena dei suoi glutei… la mia Venere Callipigia, penso dentro di me…
Gli sguardi degli altri tavoli, qualche coppia, un paio di cene di lavoro, sono tutti per noi… non è così frequente una coppia di giovani donne in un ristorante che mantiene tuttora un certo livello…
Un uomo sta fissando con insistenza il seno di Amaia che tende il tessuto della giacca promettendo un tesoro nascosto, la donna che lo accompagna mi guarda curiosa per capire il nostro segreto. Le sorrido e, complice, mi fa un cenno del capo. Ci siamo capite, le donne capiscono….
Ordino io per tutte e due, lei si affida a me e ciò un poco mi inorgoglisce: risotto alla milanese, una tagliata di filetto che ci divideremo, due dolci al cucchiaio. Da bere vino rosso dell’astigiano….
Siamo sedute in un tavolo d’angolo, un po’ discosto. Ne approfitto per togliermi una scarpa e accarezzare con le dita del piede la sua gamba, spero che nessuno veda, ma chi se ne frega… non resisto a quel suo sorriso che mi invita a continuare…
Mentre mangiamo spesso le sfioro, come per caso, la mano abbandonata sulla tovaglia… dopo ogni sorso di vino mi sorride e poi si accarezza le labbra con la lingua… “Mio Dio, mi fai morire..” le sussurro guardandola.. I miei occhi continuano a cadere sullo scollo della sua giacca leggermente aperto, l’attaccatura del seno si mostra nel movimento del braccio che porta alla bocca la forchetta… Vorrei che non fossimo qui, vorrei slacciare quegli odiosi bottoni, vorrei cadere sui suoi seni nudi…
Lei sa cosa penso… “Dopo andiamo al mio albergo, stasera devo dormire presto perché domani la giornata comincia all’alba per me..” racconta a me che ancora ignoro quale sia il suo lavoro.
Più tardi, dopo un assaggio di Passito di Pantelleria, saliamo sul taxi che ci porta al suo albergo, dalle parti della Stazione Centrale. Sedute sul sedile posteriore della piccola auto elettrica, non riusciamo a non prenderci per mano, le dita intrecciate.
Guido la sua mano in mezzo alle mie cosce, la premo sul mio sesso già umido per lei, sento le sue dita che sfiorano il tessuto dei pantaloni, lo slippino nero che indosso si incolla alla pelle, si insinua tra le labbra del mio fiore già aperto e pronto….
Non parliamo, sento solo il suo respiro, il suo profumo che mi avvolge.. il taxi si ferma e scendiamo.
L’albergo grande ed elegante è sfavillante di luci, la hall piena di clienti, il concierge saluta con cenno cortese Amaia e finge di non vedere la donna che l’accompagna e che entra con lei in ascensore.
La camera, ampia, dai colori morbidi e tenui, è illuminata da una luce soffusa che proviene da alcuni faretti a luce gialla distribuiti sulla testa del letto matrimoniale king-size…o meglio Queens size per questa notte…
Dal frigo-bar prende una mezza bottiglia di Veuve Cliquot perché io la apra… Non mi interessa bere, poso la bottiglia e tiro lei verso di me per fare quello che sogno da tutta la sera…
Slaccio i bottoni della sua giacca, uno dopo l’altro, la faccio scivolare a terra e rimango senza fiato davanti allo spettacolo dei suoi seni palpitanti coperti dal reggiseno nero a balconcino che sembra offrirli alla mia bocca… Mi chino e li bacio, ne sento il sapore, ne aspiro il profumo mentre lei mi toglie la giacca, la sfila, mi circonda il torace con le braccia e mi slaccia il reggiseno….
Cadiamo, come ubriache di noi, sul grande morbido letto… la sua bocca sui miei capezzoli che morde come presa da frenesia. I miei occhi sono spalancati sul soffitto mentre le dita di Amaia slacciano altri bottoni, abbassano cerniere, quasi strappano ciò che resta del mio intimo bagnato…
Nuda e quasi inerme mi lascio possedere dalla sua bocca, dalla lingua, da mani e dita che percorrono sentieri nel mio umido bosco.. la lingua percorre instancabile il breve tratto tra la mia vulva gonfia di desiderio e il mio fiorellino segreto che dita umettate dalla saliva penetrano con dolce violenza…
Stringo tra le mani i miei seni, torturo i capezzoli eccitati… mentre guardo i suoi capelli sparsi come una bruna corona sul mio Monte di Venere, la sua testa che senza tregua si muove nel movimento che mi porta al piacere, all’abisso del piacere, alla piccola morte…
Ansante e sudata mi adagio sul comodo letto e la guardo mentre mi guarda con occhi di gatta, i seni generosi appoggiati sul mio petto, la mano che ancora gioca tra i miei chiari ricci…
Imploro che la sua bocca venga a saziare la mia sete di lei, che la sua lingua riprenda a percorrere la mia pelle bollente…
Mi alzo in ginocchio sul letto e finisco di spogliare la mia amante, le sfilo i pantaloni, faccio scivolare lo slip nero e rimango immobile a godere del suo vello serico e scuro… mi chino a farmi solleticare le guance dai folti ricci, strofino il mio naso in lei, inspiro il profumo mescolato all’odore del suo piacere, colgo con la punta della lingua gli umori che lenti calano tra le cosce aperte…
Poi risalgo, con baci e carezze, il dolce monte, l’ombrosa vallata, i morbidi seni, il collo di seta e giungo alla meta, le carnose labbra che si dischiudono per dare accesso alla mia lingua che gioca inarrestabile con la sua, mentre salive e sapori si mescolano…
La mia coscia apre le sue gambe di velluto e si posa sul fiore bagnato, le cosce di Amaia si stringono sulla mia gamba, la sua coscia raggiunge la mia vulva aperta per lei e ricomincia l’eterno movimento che da lento si fa frenetico, fino a raggiungere ancora una volta l’orlo dell’abisso ed a precipitare insieme dentro di esso…
Un leggero rumore mi sveglia dal vago torpore in cui sono precipitata, dalla finestra con le tende socchiuse entra la prima luce dell’alba… lei esce dal bagno, è vestita, guardo le ore sulla piccola sveglia.. sono le 6 del mattino…
Amaia si siede sul bordo del letto, accarezza con lo sguardo e con mano leggera il mio corpo nudo disteso sul letto, si china a baciare il mio capezzolo addormentato, lo ridesta…
Alzo una mano sulla sua guancia, la attiro a me e la bacio…un bacio leggero, sulle labbra… so che non è più tempo… Lei si alza, mi guarda e sorride…
“Ecco la mia uniforme!”, è blue scura, una camicia bianca e una cravatta sui toni del blue, sulle maniche della giacca delle strisce dorate e degli altri simboli dorati sulle spalline…
“Sono ufficiale in seconda su una nave da crociera di Costa, credevi davvero di poter salire in camera senza che ti fermassero alla reception? Qui mi conoscono bene, mi fermo sempre qui quando passo da Milano e hanno fatto finta di non vedere…. E ora devo andare, comincia il mio nuovo turno sulla nave…. Tu rimani qui, la camera è a tua disposizione tutta la mattina”.
“Quando ci rivedremo?” le chiedo temendo la sua risposta…
“Presto, tesoro mio. Presto! Appena finisce il nuovo turno, tra 3 settimane, tornerò a Milano. Pensi che potrei tornare qui senza vederti?” mi dice mentre sta già uscendo e mi lascia sola nel primo mattino vestita solo del suo profumo e del suo ricordo….
A me bambina era rimasto impresso soprattutto il nome di un locale, un ristorante dove si riuniva il Gotha del Partito Socialista: Al matarel, un nome che sapeva di farina e di pasta fatta in casa, una cucina di piatti milanesi e lombardi….
Esiste ancora quel ristorante, in una piccola traversa di Corso Garibaldi, con quella sua sala di tavoli di legno e di tovaglie bianche, con quelle pareti bianche piene di quadri….
E’ qui che ho prenotato un tavolo per due per stasera, l’ultima sera mia e di Amaia…
La incontro, puntuale, alle 20 a pochi metri dal piccolo ingresso del ristorante: come sempre favolosa, indossa ancora il piumino nero a mezza coscia di ieri, i capelli sciolti, un trucco leggero che esalta i suoi lineamenti delicati, i suoi occhi grandi e la sua bocca dalle labbra morbide che ben conosco…
Mi sorride abbracciandomi, mi stringe il braccio sopra il gomito mentre posa un bacio leggero all’angolo della bocca, intimo ma non tanto da suscitare curiosità nei passanti…
Si allontana un poco per guardarmi meglio, nei suoi occhi vedo che apprezza quello che vede, i miei capelli biondi un poco mossi, il trucco solo degli occhi, il cappotto di cammello Max Mara (costato un occhio della testa ma sempre elegante)…
La guido nel locale, solleciti prendono cappotto e piumino. Sembra che ci siamo accordate: indossiamo due completi giacca-pantalone, nero lei e grigio scuro io… Sotto le giacche credo che entrambe ci siamo limitate al reggiseno, io per certo…
Ci portano al tavolo, lei davanti, io la seguo… Guardo di nascosto il movimento dolce delle sue gambe, la morbida altalena dei suoi glutei… la mia Venere Callipigia, penso dentro di me…
Gli sguardi degli altri tavoli, qualche coppia, un paio di cene di lavoro, sono tutti per noi… non è così frequente una coppia di giovani donne in un ristorante che mantiene tuttora un certo livello…
Un uomo sta fissando con insistenza il seno di Amaia che tende il tessuto della giacca promettendo un tesoro nascosto, la donna che lo accompagna mi guarda curiosa per capire il nostro segreto. Le sorrido e, complice, mi fa un cenno del capo. Ci siamo capite, le donne capiscono….
Ordino io per tutte e due, lei si affida a me e ciò un poco mi inorgoglisce: risotto alla milanese, una tagliata di filetto che ci divideremo, due dolci al cucchiaio. Da bere vino rosso dell’astigiano….
Siamo sedute in un tavolo d’angolo, un po’ discosto. Ne approfitto per togliermi una scarpa e accarezzare con le dita del piede la sua gamba, spero che nessuno veda, ma chi se ne frega… non resisto a quel suo sorriso che mi invita a continuare…
Mentre mangiamo spesso le sfioro, come per caso, la mano abbandonata sulla tovaglia… dopo ogni sorso di vino mi sorride e poi si accarezza le labbra con la lingua… “Mio Dio, mi fai morire..” le sussurro guardandola.. I miei occhi continuano a cadere sullo scollo della sua giacca leggermente aperto, l’attaccatura del seno si mostra nel movimento del braccio che porta alla bocca la forchetta… Vorrei che non fossimo qui, vorrei slacciare quegli odiosi bottoni, vorrei cadere sui suoi seni nudi…
Lei sa cosa penso… “Dopo andiamo al mio albergo, stasera devo dormire presto perché domani la giornata comincia all’alba per me..” racconta a me che ancora ignoro quale sia il suo lavoro.
Più tardi, dopo un assaggio di Passito di Pantelleria, saliamo sul taxi che ci porta al suo albergo, dalle parti della Stazione Centrale. Sedute sul sedile posteriore della piccola auto elettrica, non riusciamo a non prenderci per mano, le dita intrecciate.
Guido la sua mano in mezzo alle mie cosce, la premo sul mio sesso già umido per lei, sento le sue dita che sfiorano il tessuto dei pantaloni, lo slippino nero che indosso si incolla alla pelle, si insinua tra le labbra del mio fiore già aperto e pronto….
Non parliamo, sento solo il suo respiro, il suo profumo che mi avvolge.. il taxi si ferma e scendiamo.
L’albergo grande ed elegante è sfavillante di luci, la hall piena di clienti, il concierge saluta con cenno cortese Amaia e finge di non vedere la donna che l’accompagna e che entra con lei in ascensore.
La camera, ampia, dai colori morbidi e tenui, è illuminata da una luce soffusa che proviene da alcuni faretti a luce gialla distribuiti sulla testa del letto matrimoniale king-size…o meglio Queens size per questa notte…
Dal frigo-bar prende una mezza bottiglia di Veuve Cliquot perché io la apra… Non mi interessa bere, poso la bottiglia e tiro lei verso di me per fare quello che sogno da tutta la sera…
Slaccio i bottoni della sua giacca, uno dopo l’altro, la faccio scivolare a terra e rimango senza fiato davanti allo spettacolo dei suoi seni palpitanti coperti dal reggiseno nero a balconcino che sembra offrirli alla mia bocca… Mi chino e li bacio, ne sento il sapore, ne aspiro il profumo mentre lei mi toglie la giacca, la sfila, mi circonda il torace con le braccia e mi slaccia il reggiseno….
Cadiamo, come ubriache di noi, sul grande morbido letto… la sua bocca sui miei capezzoli che morde come presa da frenesia. I miei occhi sono spalancati sul soffitto mentre le dita di Amaia slacciano altri bottoni, abbassano cerniere, quasi strappano ciò che resta del mio intimo bagnato…
Nuda e quasi inerme mi lascio possedere dalla sua bocca, dalla lingua, da mani e dita che percorrono sentieri nel mio umido bosco.. la lingua percorre instancabile il breve tratto tra la mia vulva gonfia di desiderio e il mio fiorellino segreto che dita umettate dalla saliva penetrano con dolce violenza…
Stringo tra le mani i miei seni, torturo i capezzoli eccitati… mentre guardo i suoi capelli sparsi come una bruna corona sul mio Monte di Venere, la sua testa che senza tregua si muove nel movimento che mi porta al piacere, all’abisso del piacere, alla piccola morte…
Ansante e sudata mi adagio sul comodo letto e la guardo mentre mi guarda con occhi di gatta, i seni generosi appoggiati sul mio petto, la mano che ancora gioca tra i miei chiari ricci…
Imploro che la sua bocca venga a saziare la mia sete di lei, che la sua lingua riprenda a percorrere la mia pelle bollente…
Mi alzo in ginocchio sul letto e finisco di spogliare la mia amante, le sfilo i pantaloni, faccio scivolare lo slip nero e rimango immobile a godere del suo vello serico e scuro… mi chino a farmi solleticare le guance dai folti ricci, strofino il mio naso in lei, inspiro il profumo mescolato all’odore del suo piacere, colgo con la punta della lingua gli umori che lenti calano tra le cosce aperte…
Poi risalgo, con baci e carezze, il dolce monte, l’ombrosa vallata, i morbidi seni, il collo di seta e giungo alla meta, le carnose labbra che si dischiudono per dare accesso alla mia lingua che gioca inarrestabile con la sua, mentre salive e sapori si mescolano…
La mia coscia apre le sue gambe di velluto e si posa sul fiore bagnato, le cosce di Amaia si stringono sulla mia gamba, la sua coscia raggiunge la mia vulva aperta per lei e ricomincia l’eterno movimento che da lento si fa frenetico, fino a raggiungere ancora una volta l’orlo dell’abisso ed a precipitare insieme dentro di esso…
Un leggero rumore mi sveglia dal vago torpore in cui sono precipitata, dalla finestra con le tende socchiuse entra la prima luce dell’alba… lei esce dal bagno, è vestita, guardo le ore sulla piccola sveglia.. sono le 6 del mattino…
Amaia si siede sul bordo del letto, accarezza con lo sguardo e con mano leggera il mio corpo nudo disteso sul letto, si china a baciare il mio capezzolo addormentato, lo ridesta…
Alzo una mano sulla sua guancia, la attiro a me e la bacio…un bacio leggero, sulle labbra… so che non è più tempo… Lei si alza, mi guarda e sorride…
“Ecco la mia uniforme!”, è blue scura, una camicia bianca e una cravatta sui toni del blue, sulle maniche della giacca delle strisce dorate e degli altri simboli dorati sulle spalline…
“Sono ufficiale in seconda su una nave da crociera di Costa, credevi davvero di poter salire in camera senza che ti fermassero alla reception? Qui mi conoscono bene, mi fermo sempre qui quando passo da Milano e hanno fatto finta di non vedere…. E ora devo andare, comincia il mio nuovo turno sulla nave…. Tu rimani qui, la camera è a tua disposizione tutta la mattina”.
“Quando ci rivedremo?” le chiedo temendo la sua risposta…
“Presto, tesoro mio. Presto! Appena finisce il nuovo turno, tra 3 settimane, tornerò a Milano. Pensi che potrei tornare qui senza vederti?” mi dice mentre sta già uscendo e mi lascia sola nel primo mattino vestita solo del suo profumo e del suo ricordo….
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