Volontaria al canile 2
di
beast
genere
zoofilia
Da due mesi circa ero stata presa come volontaria al canile municipale della mia città.
(potete leggere come sia andata nel mio primo racconto di qualche settimana fa)
Non avevo combinato molto fino ad oggi, soprattutto perché avevo paura di essere beccata da qualcuno, mentre mi dimostravo troppo affettuosa nei confronti di qualche ospite a quattro zampe.
Ma era stato molto difficile resistere, alla tentazione di lasciarsi andare, soprattutto nei confronti di tre ospiti del canile, tre cani maschi, particolarmente grossi e dotati.
Erano esemplari che nessuno avrebbe mai adottato, ormai più che adulti, grandi e grossi, dall’aspetto anche un po’ aggressivo, mettevano paura, o quanto meno prenotazione, la gente in genere veniva a cercare un cucciolo o comunque un cagnolino di piccola taglia.
Quei tre avrebbero passato il resto della loro vita nel canile, ma per me non era certo un problema, anzi, mi lasciava il tempo di fare amicizia con loro e diventare sempre più intima, non so se capite cosa intendo.
Ma ripeto, al momento non ero riuscita a combinare molto più di qualche carezza intima e qualche bacio alla francese.
Con Black, uno di loro, in effetti avevo avuto un primo approccio, mentre la responsabile era fuori per una commissione, glielo avevo preso in bocca per qualche secondo, ma la paura che la tipa rientrasse era troppa e avevo desistito subito.
Anche se breve, avere a che fare con il pene di un cane e con il suo sapore forte, era stato comunque bellissimo.
La voglia mi era rimasta eccome e, appena arrivata a casa, approfittando dell’assenza dei miei mi ero masturbata ripensando al sapore acre del suo cazzo e degli schizzi che mi avevano riempito al bocca in quei pochi secondi.
Ora non vedevo l’ora che mi capitasse un’altra occasione, e questa volta volevo proprio osare di più.
Fu così che qualche giorno dopo, quando la responsabile del canile mi disse che dovevo prendere il furgoncino per portare Elvis dal veterinario non mi sembrò vero!
Elvis, lo avrete forse letto nel primo capitolo della mia storia, era una specie di alto e grosso pastore irlandese, dal pelo grigio, lungo e arruffato, una razza dal carattere non certo facile, ma devo dire che con me si era sempre comportato in maniera più che affettuosa.
Ogni volta che entravo nel suo box mi veniva incontro un po’ sostenuto, ma poi quando mi chinavo alla sua altezza mi leccava sempre la faccia scodinzolando.
Mi eccitava il suo pelo così lungo e un po’ inzaccherato, non era molto profumato, ma a me la puzza di cane è sempre piaciuta, come mi piace il gusto della loro saliva, ormai lo avrete capito che sono un po’ ”particolare”.
Ma veniamo al dunque, lo andai a prendere, lo feci salire nel retro del furgoncino del canile,
e lo portai dal veterinario.
Era quasi una visita di routine, e avrebbe tranquillamente potuto venire da noi il dottore se non fosse che doveva fargli una radiografia per controllare l’andamento di un’operazione di un anno prima.
Ci sbrigammo in fretta e così, proprio come avevo pensato, adesso avevamo quasi un’ora tutta per noi.
Mi fermai e parcheggiai all’ombra, in una via abbastanza deserta che portava al canile.
Aprii le porte posteriori e salii dietro con lui.
Elvis mi guardò perplesso.
L’aria nel furgoncino era calda e pervasa dall’odore di cane, e la cosa già mi eccitava assai.
Mi chiusi le porte alle spalle e mi avvicinai a lui a quattro zampe sussurrandogli delle parole affettuose.
Lui inclinò la testa di lato guardandomi interrogativamente.
Gli presi la bella testa tra le mani e lo accarezzai dietro le orecchie e sotto le mascelle, avvicinandomi ancora di più.
La prima leccata alla faccia mi fece ridere per il
solletico, ma intanto nella mia pancia le farfalle avevano cominciato ad agitarsi.
Aprii la bocca e mi feci baciare sul serio, la sua lingua e la mia si intrecciarono in una serie di baci via-via più profondi e frenetici mentre l’eccitazione di entrambi cresceva.
Nel frattempo lo accarezzavo, per quanto la sua agitazione non rendesse la cosa facile.
Scesi con le mani lungo il suo fianco, fino alla pancia e mi spinsi oltre, arrivando a sfiorargli il pene, ancora completamente inguainato.
Una scossa di eccitazione mi percorse il corpo quando me lo trovai tra le mani, andai oltre, volevo prendergli in mano le palle, non fu facile trovarle in mezzo a tutto quel pelo, ma ci riuscii.
Non erano particolarmente grosse, ma fu eccitante ugualmente stringerle dolcemente tra le dita.
Erano morbide e calde e gliele massaggiai delicatamente.
Lui intanto continuava a baciarmi sempre più eccitato, e io mentre gli tenevo i testicoli con una mano, con l’altra cercavo di fargli una specie di sega.
Era eccitante da morire sentire che il suo cazzo stava diventando duro grazie alle mie carezze, attraverso la pelle che protegge il pene, lo sentivo crescere e potevo anche sentire che stava cominciando a formarsi il nodo.
La punta del suo cazzo spuntò finalmente dalla guaina.
Rossa, lucida, gocciolante.
Infilai la testa sotto la sua pancia e mi avvicinai, uno schizzo caldo mi colpì una guancia.
Ritrassi al testa, raccolsi un po’ di quel liquido vischioso sulla punta di un dito e lo assaggiai, era quasi dolce, meno acido e salato di quello di Black.
Tornai con la testa sotto il suo ventre, lui si era fermato e stava immobile, uggiolando flebilmente in attesa che io continuassi.
Così mentre con una mano lo segavo, avvicinai nuovamente la faccia a quella punta vibrante, un altro schizzo mi colpì, poi un altro e un altro ancora.
Il suo sperma liquido mi colava sulle guance e lungo il collo, lo sentivo scendere in caldi rivoli in mezzo ai miei piccoli seni.
Dischiusi le labbra e mi avvicinai ancora finché non sentii nuovamente la punta sfiorarmi la bocca.
Quel contatto piacque a entrambi, Elvis uggiolò quasi disperatamente ed io fui percorsa da un brivido di eccitazione mentre la punta del suo pene scivolava tra le mie labbra.
Il suo bacino aveva cominciato a muoversi ritmicamente simulando la copula e il suo cazzo, ancora abbastanza piccolo entrava e usciva dalla mia bocca senza però riuscire a trovare definitivamente la strada giusta, del resto eravamo entrambi alle prime armi e ne io ne lui sapevamo bene come fare.
Decisi quindi di aiutarlo, glielo presi in mano e cercai di guidare i suoi colpi verso la bocca, ma era talmente eccitato che non riusciva a mettermelo definitivamente dentro.
Decisi di provare a calmarlo, mi staccai da lui e riemersi da sotto la sua pancia.
Elvis si buttò su di me e riprese a leccarmi forsennatamente, dovevo proprio cercare di tranquillizzarlo, così risposi ai suoi baci aprendo la bocca, ci baciammo lingua a lingua e intanto gli facevo delle carezze abbastanza innocenti.
Lentamente riuscii a calmarlo, lo guardai in faccia e gli dissi: “riproviamo?”
Elvis sembrò capirmi perché mi guardò e si mise di lato, offrendomi il fianco, pronto a ricevere di nuovo le mie coccole, così ripresi ad accarezzargli il membro.
La punta era quasi completamente rientrata ma il nodo non si era sgonfiato del tutto ed era ben visibile all’interno dell’astuccio penico, così ricominciai ad accarezzarglielo.
In pochi secondi diventò di nuovo duro, lo sentivo vibrare al tocco delle mie dita e la punta rossa si fece di nuovo avanti, fuoriuscendo sempre di più.
Gliela toccai con la punta della lingua, raccogliendo e gustandomi le prime gocce di quella dolce rugiada che aveva ripreso a gocciolare copiosa.
Adesso era molto più tranquillo, sembrava volersi godere le mie attenzioni, così proseguii a masturbarlo accogliendo con la bocca il suo cazzo che emergeva sempre più duro.
Era ancora abbastanza piccolo e sottile ma stava iniziando a gonfiarsi come si deve.
Lo presi bene in bocca e cominciai a succhiarlo.
Elvis uggiolava ma per fortuna rimaneva più tranquillo di prima, permettendomi di dedicarmi al mio lavoro di bocca con la dovuta calma.
Intanto però continuava a schizzare regolarmente, riempiendomi la bocca di quel liquido dolce e vischioso, un po’ lo mandavo giù ma era talmente copioso che, per la maggior parte mi colava dagli angoli della bocca, gocciolando sul pavimento del furgoncino e colandomi come e più di prima dappertutto, lungo il collo, sui seni, facendomi inturgidire i capezzoli ed eccitandomi da morire.
In poco tempo era diventato un bel cazzo dalle dimensioni di tutto rispetto, ben più lungo e largo di tutti i cazzi umani con cui avevo avuto a che fare fino ad allora.
Il nodo era sempre più grosso ma ancora contenuto all’interno del fodero, lo strinsi tra le dita e gli tirai indietro la pelle in modo da farlo uscire, anche se feci una certa fatica a causa di quanto fosse diventato duro e gonfio.
Ora il suo pene era veramente enorme, riuscivo a tenerne in bocca solo una parte, ne succhiavo la punta e intanto con la mano lo masturbavo, soprattutto tra il nodo e le palle.
Andai avanti per pochi minuti, non più di due o tre, poi sentii che il cazzo gli si gonfiò ancora di più e cominciò a vibrarmi tra le mani fino a quando Elvis non si immobilizzò, e il primo vero schizzo di sperma mi esplose in bocca!
E poi un secondo e un terzo, Elvis stava immobile ma il suo cazzo vibrante e gonfio da scoppiare continuò a bombardarmi con copiosi schizzi di sborra bianca, decisamente più densa degli schizzi di lubrificante con cui mi aveva precedentemente preparato per la copula.
Mi sentivo soffocare a causa della enorme quantità di roba che mi stava sparando in gola, ma era anche una sensazione meravigliosa, non riuscivo ne a ingoiare ne a tenere in bocca tutto quello sperma, che zampillava letteralmente fuori dalle mie labbra.
Ero tutta sudata e bagnata fradicia e non solo a causa del suo orgasmo, anche la mia fica era un lago e mi aveva inzuppato le mutandine.
Poco a poco gli spruzzi diminuirono di intensità, fino a cessare del tutto, il mio amico si spostò un po’ in disparte e si mise a leccarsi il grosso cazzo che gli penzolava ancora gonfio sotto la pancia.
Dio che esperienza meravigliosa, ero ancora intontita dalla cosa, per come era stata rapida e intensa.
Mi sedetti con la schiena appoggiata alla parete del furgone.
Ero fradicia, del mio sudore, dei miei umori ma soprattutto di quel quintale di sperma con cui Elvis mi aveva inondata.
Ancora stordita strusciai fuori dal retro del furgone, salii davanti e velocemente mi cambiai la maglietta con una asciutta e pulita.
Guidai come in trance fino al canile, parcheggiai e feci rientrare Elvis nel suo box.
I suoi vicini, avevano capito benissimo che era successo qualcosa di particolare, infatti ci guardavano uggiolando disperatamente e, immaginavo io, carichi di invidia e gelosia.
“Non vi preoccupate che mi occuperò presto anche di voi” dissi loro, e andai a riporre le chiavi del furgoncino in ufficio.
Arrivata a casa quella sera, mangiai come in trance e poi mi chiusi nella mia stanza, potete ben immaginare a fare cosa…
Continua…
(potete leggere come sia andata nel mio primo racconto di qualche settimana fa)
Non avevo combinato molto fino ad oggi, soprattutto perché avevo paura di essere beccata da qualcuno, mentre mi dimostravo troppo affettuosa nei confronti di qualche ospite a quattro zampe.
Ma era stato molto difficile resistere, alla tentazione di lasciarsi andare, soprattutto nei confronti di tre ospiti del canile, tre cani maschi, particolarmente grossi e dotati.
Erano esemplari che nessuno avrebbe mai adottato, ormai più che adulti, grandi e grossi, dall’aspetto anche un po’ aggressivo, mettevano paura, o quanto meno prenotazione, la gente in genere veniva a cercare un cucciolo o comunque un cagnolino di piccola taglia.
Quei tre avrebbero passato il resto della loro vita nel canile, ma per me non era certo un problema, anzi, mi lasciava il tempo di fare amicizia con loro e diventare sempre più intima, non so se capite cosa intendo.
Ma ripeto, al momento non ero riuscita a combinare molto più di qualche carezza intima e qualche bacio alla francese.
Con Black, uno di loro, in effetti avevo avuto un primo approccio, mentre la responsabile era fuori per una commissione, glielo avevo preso in bocca per qualche secondo, ma la paura che la tipa rientrasse era troppa e avevo desistito subito.
Anche se breve, avere a che fare con il pene di un cane e con il suo sapore forte, era stato comunque bellissimo.
La voglia mi era rimasta eccome e, appena arrivata a casa, approfittando dell’assenza dei miei mi ero masturbata ripensando al sapore acre del suo cazzo e degli schizzi che mi avevano riempito al bocca in quei pochi secondi.
Ora non vedevo l’ora che mi capitasse un’altra occasione, e questa volta volevo proprio osare di più.
Fu così che qualche giorno dopo, quando la responsabile del canile mi disse che dovevo prendere il furgoncino per portare Elvis dal veterinario non mi sembrò vero!
Elvis, lo avrete forse letto nel primo capitolo della mia storia, era una specie di alto e grosso pastore irlandese, dal pelo grigio, lungo e arruffato, una razza dal carattere non certo facile, ma devo dire che con me si era sempre comportato in maniera più che affettuosa.
Ogni volta che entravo nel suo box mi veniva incontro un po’ sostenuto, ma poi quando mi chinavo alla sua altezza mi leccava sempre la faccia scodinzolando.
Mi eccitava il suo pelo così lungo e un po’ inzaccherato, non era molto profumato, ma a me la puzza di cane è sempre piaciuta, come mi piace il gusto della loro saliva, ormai lo avrete capito che sono un po’ ”particolare”.
Ma veniamo al dunque, lo andai a prendere, lo feci salire nel retro del furgoncino del canile,
e lo portai dal veterinario.
Era quasi una visita di routine, e avrebbe tranquillamente potuto venire da noi il dottore se non fosse che doveva fargli una radiografia per controllare l’andamento di un’operazione di un anno prima.
Ci sbrigammo in fretta e così, proprio come avevo pensato, adesso avevamo quasi un’ora tutta per noi.
Mi fermai e parcheggiai all’ombra, in una via abbastanza deserta che portava al canile.
Aprii le porte posteriori e salii dietro con lui.
Elvis mi guardò perplesso.
L’aria nel furgoncino era calda e pervasa dall’odore di cane, e la cosa già mi eccitava assai.
Mi chiusi le porte alle spalle e mi avvicinai a lui a quattro zampe sussurrandogli delle parole affettuose.
Lui inclinò la testa di lato guardandomi interrogativamente.
Gli presi la bella testa tra le mani e lo accarezzai dietro le orecchie e sotto le mascelle, avvicinandomi ancora di più.
La prima leccata alla faccia mi fece ridere per il
solletico, ma intanto nella mia pancia le farfalle avevano cominciato ad agitarsi.
Aprii la bocca e mi feci baciare sul serio, la sua lingua e la mia si intrecciarono in una serie di baci via-via più profondi e frenetici mentre l’eccitazione di entrambi cresceva.
Nel frattempo lo accarezzavo, per quanto la sua agitazione non rendesse la cosa facile.
Scesi con le mani lungo il suo fianco, fino alla pancia e mi spinsi oltre, arrivando a sfiorargli il pene, ancora completamente inguainato.
Una scossa di eccitazione mi percorse il corpo quando me lo trovai tra le mani, andai oltre, volevo prendergli in mano le palle, non fu facile trovarle in mezzo a tutto quel pelo, ma ci riuscii.
Non erano particolarmente grosse, ma fu eccitante ugualmente stringerle dolcemente tra le dita.
Erano morbide e calde e gliele massaggiai delicatamente.
Lui intanto continuava a baciarmi sempre più eccitato, e io mentre gli tenevo i testicoli con una mano, con l’altra cercavo di fargli una specie di sega.
Era eccitante da morire sentire che il suo cazzo stava diventando duro grazie alle mie carezze, attraverso la pelle che protegge il pene, lo sentivo crescere e potevo anche sentire che stava cominciando a formarsi il nodo.
La punta del suo cazzo spuntò finalmente dalla guaina.
Rossa, lucida, gocciolante.
Infilai la testa sotto la sua pancia e mi avvicinai, uno schizzo caldo mi colpì una guancia.
Ritrassi al testa, raccolsi un po’ di quel liquido vischioso sulla punta di un dito e lo assaggiai, era quasi dolce, meno acido e salato di quello di Black.
Tornai con la testa sotto il suo ventre, lui si era fermato e stava immobile, uggiolando flebilmente in attesa che io continuassi.
Così mentre con una mano lo segavo, avvicinai nuovamente la faccia a quella punta vibrante, un altro schizzo mi colpì, poi un altro e un altro ancora.
Il suo sperma liquido mi colava sulle guance e lungo il collo, lo sentivo scendere in caldi rivoli in mezzo ai miei piccoli seni.
Dischiusi le labbra e mi avvicinai ancora finché non sentii nuovamente la punta sfiorarmi la bocca.
Quel contatto piacque a entrambi, Elvis uggiolò quasi disperatamente ed io fui percorsa da un brivido di eccitazione mentre la punta del suo pene scivolava tra le mie labbra.
Il suo bacino aveva cominciato a muoversi ritmicamente simulando la copula e il suo cazzo, ancora abbastanza piccolo entrava e usciva dalla mia bocca senza però riuscire a trovare definitivamente la strada giusta, del resto eravamo entrambi alle prime armi e ne io ne lui sapevamo bene come fare.
Decisi quindi di aiutarlo, glielo presi in mano e cercai di guidare i suoi colpi verso la bocca, ma era talmente eccitato che non riusciva a mettermelo definitivamente dentro.
Decisi di provare a calmarlo, mi staccai da lui e riemersi da sotto la sua pancia.
Elvis si buttò su di me e riprese a leccarmi forsennatamente, dovevo proprio cercare di tranquillizzarlo, così risposi ai suoi baci aprendo la bocca, ci baciammo lingua a lingua e intanto gli facevo delle carezze abbastanza innocenti.
Lentamente riuscii a calmarlo, lo guardai in faccia e gli dissi: “riproviamo?”
Elvis sembrò capirmi perché mi guardò e si mise di lato, offrendomi il fianco, pronto a ricevere di nuovo le mie coccole, così ripresi ad accarezzargli il membro.
La punta era quasi completamente rientrata ma il nodo non si era sgonfiato del tutto ed era ben visibile all’interno dell’astuccio penico, così ricominciai ad accarezzarglielo.
In pochi secondi diventò di nuovo duro, lo sentivo vibrare al tocco delle mie dita e la punta rossa si fece di nuovo avanti, fuoriuscendo sempre di più.
Gliela toccai con la punta della lingua, raccogliendo e gustandomi le prime gocce di quella dolce rugiada che aveva ripreso a gocciolare copiosa.
Adesso era molto più tranquillo, sembrava volersi godere le mie attenzioni, così proseguii a masturbarlo accogliendo con la bocca il suo cazzo che emergeva sempre più duro.
Era ancora abbastanza piccolo e sottile ma stava iniziando a gonfiarsi come si deve.
Lo presi bene in bocca e cominciai a succhiarlo.
Elvis uggiolava ma per fortuna rimaneva più tranquillo di prima, permettendomi di dedicarmi al mio lavoro di bocca con la dovuta calma.
Intanto però continuava a schizzare regolarmente, riempiendomi la bocca di quel liquido dolce e vischioso, un po’ lo mandavo giù ma era talmente copioso che, per la maggior parte mi colava dagli angoli della bocca, gocciolando sul pavimento del furgoncino e colandomi come e più di prima dappertutto, lungo il collo, sui seni, facendomi inturgidire i capezzoli ed eccitandomi da morire.
In poco tempo era diventato un bel cazzo dalle dimensioni di tutto rispetto, ben più lungo e largo di tutti i cazzi umani con cui avevo avuto a che fare fino ad allora.
Il nodo era sempre più grosso ma ancora contenuto all’interno del fodero, lo strinsi tra le dita e gli tirai indietro la pelle in modo da farlo uscire, anche se feci una certa fatica a causa di quanto fosse diventato duro e gonfio.
Ora il suo pene era veramente enorme, riuscivo a tenerne in bocca solo una parte, ne succhiavo la punta e intanto con la mano lo masturbavo, soprattutto tra il nodo e le palle.
Andai avanti per pochi minuti, non più di due o tre, poi sentii che il cazzo gli si gonfiò ancora di più e cominciò a vibrarmi tra le mani fino a quando Elvis non si immobilizzò, e il primo vero schizzo di sperma mi esplose in bocca!
E poi un secondo e un terzo, Elvis stava immobile ma il suo cazzo vibrante e gonfio da scoppiare continuò a bombardarmi con copiosi schizzi di sborra bianca, decisamente più densa degli schizzi di lubrificante con cui mi aveva precedentemente preparato per la copula.
Mi sentivo soffocare a causa della enorme quantità di roba che mi stava sparando in gola, ma era anche una sensazione meravigliosa, non riuscivo ne a ingoiare ne a tenere in bocca tutto quello sperma, che zampillava letteralmente fuori dalle mie labbra.
Ero tutta sudata e bagnata fradicia e non solo a causa del suo orgasmo, anche la mia fica era un lago e mi aveva inzuppato le mutandine.
Poco a poco gli spruzzi diminuirono di intensità, fino a cessare del tutto, il mio amico si spostò un po’ in disparte e si mise a leccarsi il grosso cazzo che gli penzolava ancora gonfio sotto la pancia.
Dio che esperienza meravigliosa, ero ancora intontita dalla cosa, per come era stata rapida e intensa.
Mi sedetti con la schiena appoggiata alla parete del furgone.
Ero fradicia, del mio sudore, dei miei umori ma soprattutto di quel quintale di sperma con cui Elvis mi aveva inondata.
Ancora stordita strusciai fuori dal retro del furgone, salii davanti e velocemente mi cambiai la maglietta con una asciutta e pulita.
Guidai come in trance fino al canile, parcheggiai e feci rientrare Elvis nel suo box.
I suoi vicini, avevano capito benissimo che era successo qualcosa di particolare, infatti ci guardavano uggiolando disperatamente e, immaginavo io, carichi di invidia e gelosia.
“Non vi preoccupate che mi occuperò presto anche di voi” dissi loro, e andai a riporre le chiavi del furgoncino in ufficio.
Arrivata a casa quella sera, mangiai come in trance e poi mi chiusi nella mia stanza, potete ben immaginare a fare cosa…
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