La piscina

di
genere
saffico

La prima volta che l’ho vista nuotava. Nuotava. Una vasca dopo l’altra, alternando lo stile libero al dorso, con movimenti perfetti.
Indossava un costume intero, nero, da atleta…uno Speedo, lo ricordo bene. Una cuffia nera di lattice e occhialini da nuoto.
Facendo finta di niente l’ho spiata quando è uscita dall’acqua e con gesto elegante si è tolta la cuffia liberando la sua folta chioma di lunghi capelli castani. Non tanto alta, magra, spalle larghe, una pelle candida e liscia, un seno non pronunciato. Un corpo perfetto, da giovane donna.
Un brivido inatteso mi ha attraversato la schiena quando ho pensato a come doveva essere morbida quella pelle sotto il tocco leggero di un dito. Poi è scomparsa nello spogliatoio e mi ha lasciato da sola a nuotare pensando a quel costume nero e a lei che lo indossava.
Non l’ho più vista. Sono partita per le vacanze. Al rientro in città ho ripreso la noia della palestra e del nuoto in piscina. Ma ogni volta che entravo mi chiedevo se l’avrei rivista.
Sono passate le settimane, anche i mesi. Poi un giorno, un lunedì (come potrei dimenticare quel giorno!!??) l’ho incontrata di nuovo. Nuotava. Instancabile nel suo stile perfetto scivolava sull’acqua.
Mi sono data coraggio e sono uscita dall’acqua prima di lei, sono andata di corsa nello spogliatoio e l’ho aspettata. Per fortuna a quell’ora non c’era nessuno, a parte una donna sui sessanta che stava finendo di vestirsi e poco dopo è uscita accennando un saluto.
Io l’ho tirata in lungo prendendo con calma dalla borsa il telo di spugna e lo shampoo, attenta a ogni minimo rumore che mi facesse pensare a qualcuno che entrava nello spogliatoio, nella speranza che fosse lei. Poi sotto la pioggia bollente della doccia lentamente mi sono lavata…lentamente mi sono asciugata…lentamente mi sono rivestita. Mi sentivo delusa, altre donne sono entrate e altre sono uscite. Ero pronta ad andare e solo allora sulla porta l’ho incontrata, più alta di me, due lampi d’azzurro i suoi occhi, morbide le labbra che ha increspato in un distratto sorriso quando l’ho salutata uscendo.
Sono cominciate così tante mattine di agguati e di attese, cercando di imparare i suoi orari.
Lei non mi guardava più con occhi distratti. Mi riconoscevano quegli occhi di cielo sereno. Il suo sorriso non mi attraversava più come fossi fatta di aria. Anna, il nome che finalmente mi ha regalato quando un giorno, vincendo i miei timori, l’ho salutata con un ciao squillante e timido al tempo.
Da quel giorno ho spiato quando arrivava, ho guardato senza farmi vedere quando i vestiti scivolavano via dalla sua pelle, sono rimasta delusa quando il nero costume nascondeva il corpo allenato.
Entravo in acqua con lei sperando che ci fossero altri a nuotare, sperando di poter condividere la stessa corsia, sperando di riuscire a sfiorarla in un incrocio di braccia e di gambe.
Cercavo di precedere la sua uscita per attenderne trepidante l’ingresso nello spogliatoio. Lei ha cominciato a guardarmi in modo diverso, ero una presenza conosciuta e amica con cui scambiare qualche parola.
Ma lei per me era di più, era sogno, era incanto, proibito pensiero di una donna che mai era stata sfiorata da un desiderio saffico… Ne avevo paura già solo a pensarlo.
Le parole sono diventate più dolci, gli sguardi più lunghi, i silenzi più densi di significati che io non sapevo nemmeno decifrare o che forse avevo paura a capire.
Parlare e ridere o stare in silenzio mentre ci vestivamo o ci stavamo spogliando non era più qualcosa di imbarazzante, come scambiarsi il flacone di doccia-schiuma sotto la doccia.
Scherzavamo ridendo sotto il getto di due docce vicine, separate da un sottile strato di vetro opaco. Le parlavo fissando quel vetro che ostacolava lo sguardo, immaginando le mani che scivolavano sulla pelle nuda e che spandevano soffice schiuma. A volte rimaneva il silenzio dell’acqua.
Fino a quel giorno, quando con il tumulto nel cuore ho superato la sottile barriera. Lei era lì che mi guardava sotto lo scroscio dell’acqua, sulle labbra un sorriso incerto e pieno di domande inespresse.
Mi sono avvicinata tremando e tremando ho baciato quella morbida bocca. Anna ha risposto al mio bacio socchiudendo le labbra.
Sono scappata. Sono uscita quasi cadendo sul pavimento bagnato. Lei è rimasta in silenzio. Mi sono asciugata e rivestita in fretta nello spogliatoio deserto, ritrovandomi all’improvviso nel traffico e nel frastuono della città.
Non so quanto tempo è passato. Un minuto, dieci. Guardavo il traffico senza vederlo. Poi ho sentito un rumore di passi di corsa, la porta della palestra che sbatteva.
Profumo di lei. La sua mano è scivolata nella mia, l’ha stretta. “Cosa ti ha preso? Perché sei scappata? Eravamo sole” con quella voce che mi dava i brividi.
Mi ha guidato in silenzio verso una strada vicina, l’ho seguita senza porre domande. Aperto un portone, il numero 12 della via parallela a quella dove abito con mio marito e i miei figli, siamo saliti al suo piano, la mia mano sempre nella sua, il cuore al galoppo, gli occhi aperti senza vedere.
E’ silenzio in casa quando chiude la porta e si gira a baciarmi, la schiena appoggiata alla porta, le sue mani sul mio viso, sul seno, sui fianchi. Il suo respiro caldo mescolato al mio. Profumo di lei, l’odore della sua pelle, il sapore della sua bocca.
Un letto disfatto. Mani che sfiorano, svestono, bottoni slacciati, reggiseni quasi strappati. Le lenzuola sanno di lei. Le mie mani tra i suoi capelli ancora umidi, stringo la testa che mi morde un seno, mi succhia un capezzolo. La lascio scivolare verso il mio ventre, la scia di saliva della sua lingua. Riprendo la morbida testa perfetta e la guido verso il mio nido eccitato e vergine da femminei tocchi.
Quando mi prende con lingua esperta dei segreti di donna spalanco gli stupefatti occhi sul soffitto che incombe e mentre lascio che il prolungato grido si liberi dalla mia gola un pensiero mi attraversa come un lampo la mente “E’ dunque così far l’amore con un’altra donna? Così travolgente, così… tutto? ”
“Dove sei stata finora?” le chiedo quando riesco a riprendere vita e il respiro ritorna normale.
La sua bocca chiude la mia. Con la mano scendo lungo il suo corpo slanciato, accarezzo quel seno piccolo e morbido, la schiena allenata, il gluteo sodo, il pube nudo.
Scivolo senza timore nella sua intimità, nel suo miele copioso. Cerco i suoi luoghi segreti, quelli che lei conosce. Li trovo, so di averli trovati quando la sento irrigidire, quando sento il suo ventre contrarsi. La schiena si inarca. I suoi denti mi mordono il labbro a sangue. Il dolore è intenso piacere quando aprendo gli occhi mi trovo immersa nel cielo dei suoi.
scritto il
2023-10-26
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