Incontri
di
Anonima1981
genere
sentimentali
Alla Rinascente si fanno a volte incontri incantati.
Bionda, capelli a caschetto, una frangetta che, pare, esalta i miei occhi nocciola, una figura che ancora si mantiene elegante, insomma una donna non da buttare.
Me lo dicono gli sguardi degli uomini, meno quello delle donne soprattutto quando le incontro sotto braccio ai loro compagni. Del resto ci sono anche le donne che ti guardano e non sai mai, io non so mai, se ti guardano perché sei elegante nel tuo giacca-pantalone grigio scuro firmato, perché hai una smagliatura sul polpaccio o perché hai rovinato il trucco dell’occhio quando ti sei toccata con il fazzoletto di carta.
Quella giovane donna l’ho vista per caso, giù al piano terra mentre cercavo di sfuggire, senza successo, alle dimostratici del Reparto Beauty che volevano a tutti i costi farmi sentire una nuova fragranza di Louboutin (260 euro per 90 ml, che occasione imperdibile!!??) e ad alcuni commessi che reclamizzavano a destra e a manca l’inaffondabile Dior facendo piovere nebbioline profumate da atomiseur branditi come spade laser.
L’ho vista mentre si portava vicino al naso la strisciolina di carta assorbente su cui la solerte commessa aveva deposto qualche goccia di non so quale “fantastico nuovo prodotto” della Tom Ford.
Chiaramente non italiana, non molto alta, sul metro e sessanta direi a colpo d’occhio, bruna, certamente mediterranea. No, greca no, lusitana nemmeno, grandi occhi scuri, una bocca sensuale dalle labbra piene. Elegante, di un’eleganza non milanese. Le milanesi, come le parigine del resto, vestono in un modo difficile da definire. Sembra sempre che debbano correre da un’altra parte “Scappo. Sono già in ritardo!”.
Quindi non milanese, non parigina. Ecco, mi sono detta, ci sono: spagnola. Le sono passata apposta di fianco per cogliere una parola che confermasse l’ipotesi di lavoro. Puntuale il suo “me gusta esto también” inchioda i miei occhi nei suoi. L’ombra di un sorriso accennato mentre la sfioro andando verso le scale mobili.
Uno dei soliti incontri fugaci, visi che incontri una volta e poi più, milioni di occhi che ti guardano senza vederti, corpi che sfiori mentre cammini per strada o ti muovi su un tram. Quante persone abbiamo incontrato negli anni della nostra vita? A volte mi fermo a guardare un bambino, un uomo, una donna e cerco di indovinarne la vita, immaginarne i dolori o le felicità. A volte rispondono al mio sguardo con occhi curiosi, a volte infastiditi, per lo più indifferenti.
La incontro di nuovo al Reparto Bambini mentre sfiora con mano gentile T-shirt e polo dai colori vivaci per maschietti di qualche anno e tiene già in mano una felpa Ralph Lauren dai colori morbidi, femminili, della taglia giusta per una bimba più piccola. Dunque una mamma o una zia? Il suo sguardo mi sfiora di nuovo, le sorrido e lei alza la gruccia che tiene nella mano sinistra, come a chiedere un mio parere. Alzo il pollice in segno di approvazione.
Lei sorride convinta e dischiude le labbra su un sorriso smagliante.
Poi si avvicina con due T-shirt e in un italiano un po’ zoppicante ma con un affascinante accento mi chiede di sceglierne una per il suo piccolo hijo. Le indico quella che mi sembra la più carina, ringrazia con un nuovo sorriso e scivola via avvolgendomi con il suo profumo elegante.
La seguo con lo sguardo. Da cosa nasce il magnetismo che questa donna emana? Dal viso, dallo sguardo, Dal suo modo di porsi? Mi rendo conto dell’eccitazione imprevista che lei suscita in me, del formicolio sulla pelle della nuca sotto i capelli.
Mi scuoto. Ma cosa vado a pensare? Che pensieri cretini per una donna sconosciuta? Rido dentro di me. Certo, il famoso fascino spagnolo!
Salgo di un altro piano, trascuro il settore abbigliamento maschile dove di certo sarei costretta a fermarmi se lui fosse con me.
Sto cercando un soprabito, un impermeabile per il prossimo autunno e qui ce ne sono a iosa, a dire il vero ci sono anche prezzi da capogiro! Marella, Kelvin Klein, Fabiana Filippi… Ma quei prezzi per un capo che magari metti tre volte?! E mentre faccio queste sagge (quanto sagge!!??) considerazioni, ecco di nuovo il profumo che riconosco. E’ qui al mio fianco, presenza silenziosa, imprevista e inconsapevolmente desiderata.
“Y si vamos a tomar un café?” mi dice con un sorriso facendo il tipico gesto italiano di sollevare un’inesistente tazzina, nel caso non capissi quello che dice.
“Possiamo andare avanti dopo con lo shopping” continua nel suo zoppicante e seducente italiano. Mi sembra del tutto naturale accettare e salire con lei all’ultimo piano e vederla andare sicura a un tavolino d’angolo della terrazza che si affaccia sulle guglie del Duomo.
Mezz’ora vola via in quello che sembra un minuto e quando ci alziamo è naturale che lei, Marina, andalusa di Siviglia, un marito e due bimbi, mi prenda per mano come se ci conoscessimo da sempre e mi guidi di nuovo nel reparto dell’abbigliamento femminile.
Prende al volo, quasi senza guardare, due camicette eleganti e con la mia mano stretta nella sua mi porta nella zona di prova, passa decisa davanti all’addetta che per cercare di fermarla solleva un timido e inutile braccio e si infila nel camerino libero tenendo la gruccia di una delle due camicette e gli altri sacchetti dei suoi acquisti.
Io rimango fuori, in mano la gruccia della seconda camicetta, e comincio a chiedermi, come se mi svegliassi da un sogno, cosa sto facendo qui.
La risposta arriva dopo un minuto quando dalla tenda socchiusa spunta una mano e la sua voce mi dice “Por favor me puedes pasar la otra blusa?”. Io allungo la gruccia.
Ma la mano afferra la mia e, in un attimo, mi ritrovo nel camerino, come in una dimensione diversa. Marina appende la gruccia al gancio sulla parete e poi mi guarda sorridente e seduttiva. La camicetta che si stava provando le sta d’incanto se non fosse che è tutta aperta su lei, sul suo seno rigoglioso e prepotente coperto dal leggero reggiseno di pizzo.
Le sue labbra si incollano alle mie, la lingua scivola curiosa nella mia bocca, saggia il mio sapore, gioca con la mia lingua che, esitante e stupita, prende subito confidenza. Mi emoziona il suo gesto, mi spaventano il rumore dei passi dietro la tenda e le voci di altre clienti alla ricerca di camerini vuoti.
Mentre mi bacia fissa i miei occhi spalancati sui suoi. Poi mi afferra la mano inerte sul fianco e se la porta sul reggiseno forzandola ad abbassarne la coppa. La mano si riempie del caldo e morbido seno.
Incontrollabili sento crescere le contrazioni del ventre e nascere in mezzo alle cosce l’umido calore che mai ha trovato origine nel contatto con un’altra donna. Il desiderio di lei è ormai padrone dei sensi e della mente che immagina inimmaginabili amplessi, ignoti sapori e carezze proibite fino a pochi istanti fa.
La sua mano slaccia il bottone che protegge la cerniera dei miei jeans e scivola senza trovare resistenza sulla pelle liscia del ventre, le dita si fanno agevole strada tra i riccioli chiari del pube e si immergono con sicurezza nel lago del mio desiderio che tracima inarrestabile oltre i suoi confini.
E lei mi porta al di là della soglia del paradiso dei sensi, un rapido viaggio imprevisto che termina lento nel silenzio che ci avvolge, isolate dal mondo che corre furioso all’esterno.
“Que ganas tuve de tu boca, de tus labios, de tu sabor. Que lastima no haberte conocido antes” mi sussurra la compagna di giochi prima di lasciarmi inerme e sola in quel cubicolo illuminato dalla fredda luce di una lampada al neon.
La mente si ricollega al tempo che corre veloce e rimango a chiedermi, guardando senza vedere la camicetta appesa al gancio sul muro, se è stato sogno sognato o realtà di sogno.
Bionda, capelli a caschetto, una frangetta che, pare, esalta i miei occhi nocciola, una figura che ancora si mantiene elegante, insomma una donna non da buttare.
Me lo dicono gli sguardi degli uomini, meno quello delle donne soprattutto quando le incontro sotto braccio ai loro compagni. Del resto ci sono anche le donne che ti guardano e non sai mai, io non so mai, se ti guardano perché sei elegante nel tuo giacca-pantalone grigio scuro firmato, perché hai una smagliatura sul polpaccio o perché hai rovinato il trucco dell’occhio quando ti sei toccata con il fazzoletto di carta.
Quella giovane donna l’ho vista per caso, giù al piano terra mentre cercavo di sfuggire, senza successo, alle dimostratici del Reparto Beauty che volevano a tutti i costi farmi sentire una nuova fragranza di Louboutin (260 euro per 90 ml, che occasione imperdibile!!??) e ad alcuni commessi che reclamizzavano a destra e a manca l’inaffondabile Dior facendo piovere nebbioline profumate da atomiseur branditi come spade laser.
L’ho vista mentre si portava vicino al naso la strisciolina di carta assorbente su cui la solerte commessa aveva deposto qualche goccia di non so quale “fantastico nuovo prodotto” della Tom Ford.
Chiaramente non italiana, non molto alta, sul metro e sessanta direi a colpo d’occhio, bruna, certamente mediterranea. No, greca no, lusitana nemmeno, grandi occhi scuri, una bocca sensuale dalle labbra piene. Elegante, di un’eleganza non milanese. Le milanesi, come le parigine del resto, vestono in un modo difficile da definire. Sembra sempre che debbano correre da un’altra parte “Scappo. Sono già in ritardo!”.
Quindi non milanese, non parigina. Ecco, mi sono detta, ci sono: spagnola. Le sono passata apposta di fianco per cogliere una parola che confermasse l’ipotesi di lavoro. Puntuale il suo “me gusta esto también” inchioda i miei occhi nei suoi. L’ombra di un sorriso accennato mentre la sfioro andando verso le scale mobili.
Uno dei soliti incontri fugaci, visi che incontri una volta e poi più, milioni di occhi che ti guardano senza vederti, corpi che sfiori mentre cammini per strada o ti muovi su un tram. Quante persone abbiamo incontrato negli anni della nostra vita? A volte mi fermo a guardare un bambino, un uomo, una donna e cerco di indovinarne la vita, immaginarne i dolori o le felicità. A volte rispondono al mio sguardo con occhi curiosi, a volte infastiditi, per lo più indifferenti.
La incontro di nuovo al Reparto Bambini mentre sfiora con mano gentile T-shirt e polo dai colori vivaci per maschietti di qualche anno e tiene già in mano una felpa Ralph Lauren dai colori morbidi, femminili, della taglia giusta per una bimba più piccola. Dunque una mamma o una zia? Il suo sguardo mi sfiora di nuovo, le sorrido e lei alza la gruccia che tiene nella mano sinistra, come a chiedere un mio parere. Alzo il pollice in segno di approvazione.
Lei sorride convinta e dischiude le labbra su un sorriso smagliante.
Poi si avvicina con due T-shirt e in un italiano un po’ zoppicante ma con un affascinante accento mi chiede di sceglierne una per il suo piccolo hijo. Le indico quella che mi sembra la più carina, ringrazia con un nuovo sorriso e scivola via avvolgendomi con il suo profumo elegante.
La seguo con lo sguardo. Da cosa nasce il magnetismo che questa donna emana? Dal viso, dallo sguardo, Dal suo modo di porsi? Mi rendo conto dell’eccitazione imprevista che lei suscita in me, del formicolio sulla pelle della nuca sotto i capelli.
Mi scuoto. Ma cosa vado a pensare? Che pensieri cretini per una donna sconosciuta? Rido dentro di me. Certo, il famoso fascino spagnolo!
Salgo di un altro piano, trascuro il settore abbigliamento maschile dove di certo sarei costretta a fermarmi se lui fosse con me.
Sto cercando un soprabito, un impermeabile per il prossimo autunno e qui ce ne sono a iosa, a dire il vero ci sono anche prezzi da capogiro! Marella, Kelvin Klein, Fabiana Filippi… Ma quei prezzi per un capo che magari metti tre volte?! E mentre faccio queste sagge (quanto sagge!!??) considerazioni, ecco di nuovo il profumo che riconosco. E’ qui al mio fianco, presenza silenziosa, imprevista e inconsapevolmente desiderata.
“Y si vamos a tomar un café?” mi dice con un sorriso facendo il tipico gesto italiano di sollevare un’inesistente tazzina, nel caso non capissi quello che dice.
“Possiamo andare avanti dopo con lo shopping” continua nel suo zoppicante e seducente italiano. Mi sembra del tutto naturale accettare e salire con lei all’ultimo piano e vederla andare sicura a un tavolino d’angolo della terrazza che si affaccia sulle guglie del Duomo.
Mezz’ora vola via in quello che sembra un minuto e quando ci alziamo è naturale che lei, Marina, andalusa di Siviglia, un marito e due bimbi, mi prenda per mano come se ci conoscessimo da sempre e mi guidi di nuovo nel reparto dell’abbigliamento femminile.
Prende al volo, quasi senza guardare, due camicette eleganti e con la mia mano stretta nella sua mi porta nella zona di prova, passa decisa davanti all’addetta che per cercare di fermarla solleva un timido e inutile braccio e si infila nel camerino libero tenendo la gruccia di una delle due camicette e gli altri sacchetti dei suoi acquisti.
Io rimango fuori, in mano la gruccia della seconda camicetta, e comincio a chiedermi, come se mi svegliassi da un sogno, cosa sto facendo qui.
La risposta arriva dopo un minuto quando dalla tenda socchiusa spunta una mano e la sua voce mi dice “Por favor me puedes pasar la otra blusa?”. Io allungo la gruccia.
Ma la mano afferra la mia e, in un attimo, mi ritrovo nel camerino, come in una dimensione diversa. Marina appende la gruccia al gancio sulla parete e poi mi guarda sorridente e seduttiva. La camicetta che si stava provando le sta d’incanto se non fosse che è tutta aperta su lei, sul suo seno rigoglioso e prepotente coperto dal leggero reggiseno di pizzo.
Le sue labbra si incollano alle mie, la lingua scivola curiosa nella mia bocca, saggia il mio sapore, gioca con la mia lingua che, esitante e stupita, prende subito confidenza. Mi emoziona il suo gesto, mi spaventano il rumore dei passi dietro la tenda e le voci di altre clienti alla ricerca di camerini vuoti.
Mentre mi bacia fissa i miei occhi spalancati sui suoi. Poi mi afferra la mano inerte sul fianco e se la porta sul reggiseno forzandola ad abbassarne la coppa. La mano si riempie del caldo e morbido seno.
Incontrollabili sento crescere le contrazioni del ventre e nascere in mezzo alle cosce l’umido calore che mai ha trovato origine nel contatto con un’altra donna. Il desiderio di lei è ormai padrone dei sensi e della mente che immagina inimmaginabili amplessi, ignoti sapori e carezze proibite fino a pochi istanti fa.
La sua mano slaccia il bottone che protegge la cerniera dei miei jeans e scivola senza trovare resistenza sulla pelle liscia del ventre, le dita si fanno agevole strada tra i riccioli chiari del pube e si immergono con sicurezza nel lago del mio desiderio che tracima inarrestabile oltre i suoi confini.
E lei mi porta al di là della soglia del paradiso dei sensi, un rapido viaggio imprevisto che termina lento nel silenzio che ci avvolge, isolate dal mondo che corre furioso all’esterno.
“Que ganas tuve de tu boca, de tus labios, de tu sabor. Que lastima no haberte conocido antes” mi sussurra la compagna di giochi prima di lasciarmi inerme e sola in quel cubicolo illuminato dalla fredda luce di una lampada al neon.
La mente si ricollega al tempo che corre veloce e rimango a chiedermi, guardando senza vedere la camicetta appesa al gancio sul muro, se è stato sogno sognato o realtà di sogno.
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