Immersione
di
Anonima1981
genere
etero
L’estate. Il sole. Il caldo. Il mare, la “tavola blu” di una vecchia canzone anni ’60.
Sono sola, i figli adolescenti ormai si vedono solo al mattino e alla sera. Come sempre, il marito non è ancora arrivato per le sue canoniche due settimane di vacanza.
La noia, gran brutta compagna estiva.
Stamane, per fare qualcosa di diverso ho aperto l’armadio dove ammasso ricordi e cose dimenticate e ho rivisto le mie mute da sub. Quanti anni sono passati. Quanti? Almeno dieci da quell’ultima volta a Sharm. La muta da 3 mm, quella da 5 mm, più in là non sono mai andata. Non amo il freddo nemmeno d’estate.
Nel cassetto in basso, conservati nelle loro custodie, ho ritrovato profondimetro ed erogatore. Chissà se ci si può ancora fidare di quelle cose vecchie di anni e non più impiegate. “Se oggi dovessi fare un’immersione dovrei comprarne di nuove o, per lo meno, affittarle” mi dico mentre ci passo sopra le dita, commossa dal ricordo di quegli anni lontani.
Ma perché non fare un’immersione uno di questi giorni? Ho visto che si possono prenotare in un diving vicino al porto, anche in solitaria, solo con l’istruttore-accompagnatore.
Ho prenotato. Mi darebbero anche la muta, ma preferisco usare la mia 3 mm. Ho sempre temuto che quelle a noleggio non siano ben lavate.
Sono in mare, su un gommone di medie dimensioni con un vecchio motore Honda che ogni tanto scoppietta e fa un po’ di fumo. Sta scivolando sull’acqua diritto verso le alte falesie bianche che sovrastano quella grotta a 15 metri sotto il livello del mare.
La mia prima immersione dopo tanti anni. Ho mostrato il mio vecchio brevetto e mi hanno fatto anche uno sconto. Alla guida Marco, un giovane bruno, sui trenta, non tanto alto, con folti capelli corti e ricci e due occhi azzurri che non ti aspetti in un uomo per altri versi così mediterraneo. Sotto la maglietta un po’ lisa gonfiata dalla corsa sull’acqua si indovina una muscolatura non eccessiva ma di certo ben delineata.
Ogni tanto mi guarda, sorride, non si può parlare molto per il rumore del vecchio motore. Non mi sento del tutto sicura né per l’immersione (la prima dopo tanti anni…) né per il mio aspetto di donna over40. Ho indossato un due pezzi scuro, piuttosto castigato, forse potevo anche osare di più.
Sul posto c’è un altro gommone ma hanno già finito l’immersione. I due istruttori si conoscono e si salutano, i sub dell’altro gommone, una coppia di giovani, si stanno togliendo ora la muta.
Indosso con un po’ di fatica la mia, sotto gli occhi attenti di Marco che è già pronto. Credo che voglia controllare che faccia le cose per bene. Mi aiuta a caricarmi sulla schiena la bombola, controlla erogatore e profondimetro. Siamo pronti.
Lui mi fa entrare in acqua per prima e mi segue subito dopo. Boccaglio, maschera, pollice alzato e giù, scendiamo in coppia, lentamente. Fa più freddo di quanto pensassi, forse era meglio la muta da 5 mm. Ecco l’ingresso della grotta, Marco mi fa segno di calmare il respiro. Lo so, sono agitata ed emozionata. E’ buio lì dentro, accendiamo le torce.
Entriamo. Calmo il respiro ma ho freddo. Siamo sotto da 10 minuti. L’immersione è programmata per 30 minuti. Una meraviglia l’interno della grotta in questa area marina protetta: coralli rossi a perdita d’occhio e i pesci, piccoli e grandi, si avvicinano senza paura. Non è come il Mar Rosso, mancano quei colori incredibili, però è bello anche qui. Marco mi indica una murena che sporge la grossa testa dalla tana, poi una cernia e altri due o tre grossi pesci che non riconosco. Il tempo vola, è già tempo di risalita. Lenta, pinneggiando senza fretta verso la luce.
Sono contenta di me, anche Marco mi mostra il pollice alzato. L’unico problema è che ho un gran freddo.
Sul gommone cerco di togliermi la muta, ma non ho più l’abitudine di un tempo. Tremo dal freddo, eppure c’è il sole, intorno a noi il mare è deserto. Un paio di barche a vela lontane. Marco si avvicina, è già di nuovo con il suo costume così aderente che non si può non notare. Mi chiede se ho freddo mentre fa scivolare la muta ai miei piedi e mi mette una mano sul fianco per farmi appoggiare alla spalla.
“Hai le labbra blu. Non potevi dirmi di risalire prima?” mi dice mentre vedo che guarda il reggiseno del costume dove fanno bella mostra di sé due capezzoli irrigiditi dal freddo.
“Siediti sul fondo del gommone, ti faccio un massaggio per riscaldarti prima di fare ritorno. Abbiamo ancora un po’ di tempo”
Le mani, forti e lisce, avviano un deciso massaggio sulle spalle. E’ molto piacevole, sento la pelle riscaldarsi sotto le dita. Sono un po’ imbarazzata perché mi accorgo che i seni scivolano sotto il costume a ogni movimento delle sue mani, i capezzoli non accennano a rilassarsi. Ma non ho più freddo ora: e quindi?
Non accetto il fatto che ora sono irrigiditi non più per il freddo ma per l’eccitazione che sento nascere. Mare, cielo azzurro, silenzio, solo il grido dei gabbiani che si incrociano sulle falesie incombenti e un giovane uomo che mi sta massaggiando.
Marco tace, in ginocchio dietro di me appoggia il petto e l’addome alla schiena. Continua il massaggio ma le sue mani stanno lentamente scendendo verso l’attaccatura dei seni. Lo devo fermare?
“Va meglio ora?” mi chiede a voce bassa vicino al mio orecchio, vicino al mio collo. “Si, meglio. Sei bravo” rispondo appoggiandomi a lui. Ora sento il suo sesso eretto contro la schiena.
“Ma davvero lo sto facendo? Avrà una quindicina di anni meno di me!” mi dico cercando giustificazioni che non trovo.
Il rumore di un motore che si avvicina interrompe il massaggio di Marco, che comunque lascia le mani sulle mie spalle e guarda il mare. “No, non viene qui” e intende che siamo ancora soli in questo azzurro deserto.
Abbassa le spalline del reggiseno. Entrambi sappiamo che non è più un massaggio. Le dita forti e nervose scivolano sotto il leggero reggiseno bagnato, afferrano i seni nudi, li stringono, giocano con i capezzoli. Appoggio la testa contro la sua spalla e chiudo gli occhi quando slaccia il gancetto del reggiseno.
I seni nudi si scaldano sotto i raggi del sole, si abbandonano tra le mani di Marco. Le sue labbra sul mio collo, la lingua gioca tra le pieghe del mio orecchio. Apro la bocca in un sospiro non trattenuto. Il rumore di un altro motore che si avvicina. No, per fortuna anche questo va da un’altra parte.
“Era un amico. Gli ho fatto segno di andare in un altro punto” mi sussurra mentre mi fa stendere sul fondo del gommone. Mi piace questa forza decisa che usa con me!
Apro gli occhi. E’ così evidente l’erezione sotto il costume. Si china a baciarmi il collo, poi la lingua forza le mie labbra che si lasciano vincere con facilità. Gocce di mare cadono sul mio viso dai suoi capelli bagnati.
Le mani sono padrone dei seni, chiudo gli occhi e sospiro quando mi toglie lo slip. Nuda in mezzo al mare, accarezzata dalla brezza e dalle sue mani, dalla bocca, dalla lingua che scende sulla mia pelle fino giocare nervosa tra i peli bagnati del pube, fino a esplorare la mia intimità abbandonata al suo e mio desiderio.
“Non ricordo come ti chiami” … la voce soffocata in mezzo alle cosce umide di mare e di voglia.
“Non importa” gli rispondo ridendo mentre le dita giocano tra i suoi ricci bruni. Dopo un tempo infinito che dura solo qualche minuto la sua lingua mi abbandona lasciandomi nuda ed esposta al suo sguardo.
Libera la sua virilità sfilando il costume aderente. Il cazzo svetta, duro e pulsante, in mezzo al folto pelo del pube. Lo prendo con dita intimidite che diventano via via più sicure mentre inizio a masturbarlo. Sono sposata da quindici anni e da quindici anni non prendo in mano, non vedo un cazzo diverso da quello di mio marito.
Marco vuole di più. Scivola sul fondo del gommone che dondola lieve sulla increspatura del mare. Mi prende la testa con una mano e con l’altra avvicina il suo cazzo alla mia bocca. Guardo gli occhi del mio giovane amante, poi socchiudo le labbra, apro la bocca e accolgo quella calda meraviglia che prende a scoparmi la bocca.
Mi fa sentire troia, una femmina senza pudore. Io nuda sotto il cielo, cullata dal mare, mentre succhio, lecco e mordo il giovane cazzo di un uomo che conosco da poche ore.
Sento che sto per godere, sento l’onda che sale. Il brivido che parte in mezzo alle cosce, sale lungo la schiena fino alla nuca per esplodere nel cervello. I muscoli dell’addome si tendono. Mi fermo. Lo voglio dentro di me.
Eccolo, ora mi prende. No, non mi vuole così. Mi gira con furia a pancia sotto e mi penetra da dietro. Afferro con le mani le maniglie del gommone per reggermi e non scivolare in avanti a ogni violenta spinta del suo bacino. Marco è dentro di me, mi scopa come non vengo scopata da tempo. Come mio marito non fa da una vita.
Questo non è fare l’amore. Questo è sesso, duro e violento. Questa è una scopata di puro sesso. Lo sento accompagnare con rauchi ansiti i colpi poderosi dentro di me.
Finalmente vengo travolta dal mio piacere. Mi lascio andare in un lungo grido che si confonde con il verso dei gabbiani. Si scarica dentro, senza chiedere alcun permesso mi riempie del suo godimento caldo che cola in mezzo alle cosce.
Indosso di nuovo il costume. Sento ancora colare lo sperma, sento ancora vibrare la mia intimità violata, è una sensazione piacevole che accompagna il rientro in porto nel silenzio coperto dal rombo del motore.
Lui mi guarda un po’ imbarazzato, sorride quasi timido. Io lo guardo negli occhi. Decisa e sicura. Ero io che volevo questa fuga dalla noia della mia estate.
Sono sola, i figli adolescenti ormai si vedono solo al mattino e alla sera. Come sempre, il marito non è ancora arrivato per le sue canoniche due settimane di vacanza.
La noia, gran brutta compagna estiva.
Stamane, per fare qualcosa di diverso ho aperto l’armadio dove ammasso ricordi e cose dimenticate e ho rivisto le mie mute da sub. Quanti anni sono passati. Quanti? Almeno dieci da quell’ultima volta a Sharm. La muta da 3 mm, quella da 5 mm, più in là non sono mai andata. Non amo il freddo nemmeno d’estate.
Nel cassetto in basso, conservati nelle loro custodie, ho ritrovato profondimetro ed erogatore. Chissà se ci si può ancora fidare di quelle cose vecchie di anni e non più impiegate. “Se oggi dovessi fare un’immersione dovrei comprarne di nuove o, per lo meno, affittarle” mi dico mentre ci passo sopra le dita, commossa dal ricordo di quegli anni lontani.
Ma perché non fare un’immersione uno di questi giorni? Ho visto che si possono prenotare in un diving vicino al porto, anche in solitaria, solo con l’istruttore-accompagnatore.
Ho prenotato. Mi darebbero anche la muta, ma preferisco usare la mia 3 mm. Ho sempre temuto che quelle a noleggio non siano ben lavate.
Sono in mare, su un gommone di medie dimensioni con un vecchio motore Honda che ogni tanto scoppietta e fa un po’ di fumo. Sta scivolando sull’acqua diritto verso le alte falesie bianche che sovrastano quella grotta a 15 metri sotto il livello del mare.
La mia prima immersione dopo tanti anni. Ho mostrato il mio vecchio brevetto e mi hanno fatto anche uno sconto. Alla guida Marco, un giovane bruno, sui trenta, non tanto alto, con folti capelli corti e ricci e due occhi azzurri che non ti aspetti in un uomo per altri versi così mediterraneo. Sotto la maglietta un po’ lisa gonfiata dalla corsa sull’acqua si indovina una muscolatura non eccessiva ma di certo ben delineata.
Ogni tanto mi guarda, sorride, non si può parlare molto per il rumore del vecchio motore. Non mi sento del tutto sicura né per l’immersione (la prima dopo tanti anni…) né per il mio aspetto di donna over40. Ho indossato un due pezzi scuro, piuttosto castigato, forse potevo anche osare di più.
Sul posto c’è un altro gommone ma hanno già finito l’immersione. I due istruttori si conoscono e si salutano, i sub dell’altro gommone, una coppia di giovani, si stanno togliendo ora la muta.
Indosso con un po’ di fatica la mia, sotto gli occhi attenti di Marco che è già pronto. Credo che voglia controllare che faccia le cose per bene. Mi aiuta a caricarmi sulla schiena la bombola, controlla erogatore e profondimetro. Siamo pronti.
Lui mi fa entrare in acqua per prima e mi segue subito dopo. Boccaglio, maschera, pollice alzato e giù, scendiamo in coppia, lentamente. Fa più freddo di quanto pensassi, forse era meglio la muta da 5 mm. Ecco l’ingresso della grotta, Marco mi fa segno di calmare il respiro. Lo so, sono agitata ed emozionata. E’ buio lì dentro, accendiamo le torce.
Entriamo. Calmo il respiro ma ho freddo. Siamo sotto da 10 minuti. L’immersione è programmata per 30 minuti. Una meraviglia l’interno della grotta in questa area marina protetta: coralli rossi a perdita d’occhio e i pesci, piccoli e grandi, si avvicinano senza paura. Non è come il Mar Rosso, mancano quei colori incredibili, però è bello anche qui. Marco mi indica una murena che sporge la grossa testa dalla tana, poi una cernia e altri due o tre grossi pesci che non riconosco. Il tempo vola, è già tempo di risalita. Lenta, pinneggiando senza fretta verso la luce.
Sono contenta di me, anche Marco mi mostra il pollice alzato. L’unico problema è che ho un gran freddo.
Sul gommone cerco di togliermi la muta, ma non ho più l’abitudine di un tempo. Tremo dal freddo, eppure c’è il sole, intorno a noi il mare è deserto. Un paio di barche a vela lontane. Marco si avvicina, è già di nuovo con il suo costume così aderente che non si può non notare. Mi chiede se ho freddo mentre fa scivolare la muta ai miei piedi e mi mette una mano sul fianco per farmi appoggiare alla spalla.
“Hai le labbra blu. Non potevi dirmi di risalire prima?” mi dice mentre vedo che guarda il reggiseno del costume dove fanno bella mostra di sé due capezzoli irrigiditi dal freddo.
“Siediti sul fondo del gommone, ti faccio un massaggio per riscaldarti prima di fare ritorno. Abbiamo ancora un po’ di tempo”
Le mani, forti e lisce, avviano un deciso massaggio sulle spalle. E’ molto piacevole, sento la pelle riscaldarsi sotto le dita. Sono un po’ imbarazzata perché mi accorgo che i seni scivolano sotto il costume a ogni movimento delle sue mani, i capezzoli non accennano a rilassarsi. Ma non ho più freddo ora: e quindi?
Non accetto il fatto che ora sono irrigiditi non più per il freddo ma per l’eccitazione che sento nascere. Mare, cielo azzurro, silenzio, solo il grido dei gabbiani che si incrociano sulle falesie incombenti e un giovane uomo che mi sta massaggiando.
Marco tace, in ginocchio dietro di me appoggia il petto e l’addome alla schiena. Continua il massaggio ma le sue mani stanno lentamente scendendo verso l’attaccatura dei seni. Lo devo fermare?
“Va meglio ora?” mi chiede a voce bassa vicino al mio orecchio, vicino al mio collo. “Si, meglio. Sei bravo” rispondo appoggiandomi a lui. Ora sento il suo sesso eretto contro la schiena.
“Ma davvero lo sto facendo? Avrà una quindicina di anni meno di me!” mi dico cercando giustificazioni che non trovo.
Il rumore di un motore che si avvicina interrompe il massaggio di Marco, che comunque lascia le mani sulle mie spalle e guarda il mare. “No, non viene qui” e intende che siamo ancora soli in questo azzurro deserto.
Abbassa le spalline del reggiseno. Entrambi sappiamo che non è più un massaggio. Le dita forti e nervose scivolano sotto il leggero reggiseno bagnato, afferrano i seni nudi, li stringono, giocano con i capezzoli. Appoggio la testa contro la sua spalla e chiudo gli occhi quando slaccia il gancetto del reggiseno.
I seni nudi si scaldano sotto i raggi del sole, si abbandonano tra le mani di Marco. Le sue labbra sul mio collo, la lingua gioca tra le pieghe del mio orecchio. Apro la bocca in un sospiro non trattenuto. Il rumore di un altro motore che si avvicina. No, per fortuna anche questo va da un’altra parte.
“Era un amico. Gli ho fatto segno di andare in un altro punto” mi sussurra mentre mi fa stendere sul fondo del gommone. Mi piace questa forza decisa che usa con me!
Apro gli occhi. E’ così evidente l’erezione sotto il costume. Si china a baciarmi il collo, poi la lingua forza le mie labbra che si lasciano vincere con facilità. Gocce di mare cadono sul mio viso dai suoi capelli bagnati.
Le mani sono padrone dei seni, chiudo gli occhi e sospiro quando mi toglie lo slip. Nuda in mezzo al mare, accarezzata dalla brezza e dalle sue mani, dalla bocca, dalla lingua che scende sulla mia pelle fino giocare nervosa tra i peli bagnati del pube, fino a esplorare la mia intimità abbandonata al suo e mio desiderio.
“Non ricordo come ti chiami” … la voce soffocata in mezzo alle cosce umide di mare e di voglia.
“Non importa” gli rispondo ridendo mentre le dita giocano tra i suoi ricci bruni. Dopo un tempo infinito che dura solo qualche minuto la sua lingua mi abbandona lasciandomi nuda ed esposta al suo sguardo.
Libera la sua virilità sfilando il costume aderente. Il cazzo svetta, duro e pulsante, in mezzo al folto pelo del pube. Lo prendo con dita intimidite che diventano via via più sicure mentre inizio a masturbarlo. Sono sposata da quindici anni e da quindici anni non prendo in mano, non vedo un cazzo diverso da quello di mio marito.
Marco vuole di più. Scivola sul fondo del gommone che dondola lieve sulla increspatura del mare. Mi prende la testa con una mano e con l’altra avvicina il suo cazzo alla mia bocca. Guardo gli occhi del mio giovane amante, poi socchiudo le labbra, apro la bocca e accolgo quella calda meraviglia che prende a scoparmi la bocca.
Mi fa sentire troia, una femmina senza pudore. Io nuda sotto il cielo, cullata dal mare, mentre succhio, lecco e mordo il giovane cazzo di un uomo che conosco da poche ore.
Sento che sto per godere, sento l’onda che sale. Il brivido che parte in mezzo alle cosce, sale lungo la schiena fino alla nuca per esplodere nel cervello. I muscoli dell’addome si tendono. Mi fermo. Lo voglio dentro di me.
Eccolo, ora mi prende. No, non mi vuole così. Mi gira con furia a pancia sotto e mi penetra da dietro. Afferro con le mani le maniglie del gommone per reggermi e non scivolare in avanti a ogni violenta spinta del suo bacino. Marco è dentro di me, mi scopa come non vengo scopata da tempo. Come mio marito non fa da una vita.
Questo non è fare l’amore. Questo è sesso, duro e violento. Questa è una scopata di puro sesso. Lo sento accompagnare con rauchi ansiti i colpi poderosi dentro di me.
Finalmente vengo travolta dal mio piacere. Mi lascio andare in un lungo grido che si confonde con il verso dei gabbiani. Si scarica dentro, senza chiedere alcun permesso mi riempie del suo godimento caldo che cola in mezzo alle cosce.
Indosso di nuovo il costume. Sento ancora colare lo sperma, sento ancora vibrare la mia intimità violata, è una sensazione piacevole che accompagna il rientro in porto nel silenzio coperto dal rombo del motore.
Lui mi guarda un po’ imbarazzato, sorride quasi timido. Io lo guardo negli occhi. Decisa e sicura. Ero io che volevo questa fuga dalla noia della mia estate.
1
voti
voti
valutazione
1
1
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Paralipomeni a Educazione di una biondaracconto sucessivo
L'albero di Natale
Commenti dei lettori al racconto erotico