Il 18mo di Fabio
di
ValeLo
genere
incesti
Questa volta, il compleanno di mio figlio Fabio sarebbe stato importante.
18 anni!
Sono sempre stata orgogliosa di lui; dal giorno del mio divorzio, mi sono dedicata maggiormente alla sua crescita, e posso dire che, anche per me, questo traguardo, i suoi diciotto anni, suonavano come un traguardo importante.
Aveva organizzato una festa, e mai mi sarei aspettata di vederlo entrare, col volto afflitto, le spalle abbassate, alle cinque del pomeriggio.
"Fabio, cosa è successo?"
Lui, stavolta, neppure mi guardò, tenne la testa bassa, mi passò a fianco come un fantoccio, e mormorò: "Pamela mi ha lasciato, la festa non la faccio più."
"Cosa?" mormorai, stupita, delusa, innervosita. Come può una ragazza lasciare un ragazzo il giorno del proprio compleanno? Questo pensiero mi fece irrigidire.
"Scusami mamma, vado di là".
Lo vidi camminare di spalle, nel corridoio, aprire la porta della sua stanza, scomparire in un silenzio surreale.
Rimasi impietrita.
Bussai alla porta.
Non ottenendo risposta, aprii da sola quella porta che, negli anni passati, mai avevo varcato senza il suo permesso.
Rividi i suoi giochi, i quadri, i poster di un ragazzo sempre solare ed allegro.
Ora era chino, seduto sul letto, immobile come gli oggetti colorati di una stanza che, ora, sembrava immota nel tempo.
"Fabio, ascolta..."
"No" bofonchiò.
"Ma i tuoi amici?"
Scosse il capo: "Non mi interessa, avremo altre occasioni".
"Ma cosa dici?" chiesi. "Il diciottesimo avviene solo una volta, è importante"
Non rispose.
Era immobile, i gomiti sulle ginocchia, le mani alle guance.
Mi sedetti al suo fianco, su quel letto che mi ricordava ogni fase della sua vita.
"Fabio, vai alla festa"
Il suo volto si rigò di una lacrima.
"Mamma, è colpa mia. Mi ha lasciato perché non sono all'altezza delle sue aspettative, ho qualcosa che non va".
Quali parole avrei potuto dirgli?
"Pensaci, ma domani. Non oggi, non rovinare questo giorno"
Lui mi guardò: "Questo giorno ha sancito la nascita di un fallimento! Non va festeggiato!"
Non lo avevo mai visto così, mai, neppure in momenti difficili.
Cosa avevo sbagliato?
Cosa avrei potuto fare?
Mi sentii abbracciare.
"Mamma scusami, non è colpa tua, tu hai fatto tanto, tutto, di più per me."
Lo abbracciai, in quel frangente rividi ogni istante, un susseguirsi di immagini, di ricordi, di emozioni.
Mi venne da piangere.
Lui parve destarsi dal torpore, ebbe un sussulto.
"Mamma?"
Lo guardai.
Ci guardammo.
Distogliemmo lo sguardo.
Fu la prima volta che avvenne, cosa era accaduto?
"Dopo la separazione da papà, hai fatto tutto per me" disse, con lo sguardo rivolto al pavimento macchiato delle nostre lacrime. "So quanto tu abbia sofferto, mamma, sempre sola contro tutto"
Mi sentii meglio, ora era lui, ora era Fabio.
"Mamma, devo assimilare la fine della storia con Pamela, scusami, non hai fatto nascere un fallito"
Feci per alzarmi, mi tenne la mano, la sentii calda, carica di affetto, di gratitudine.
"Grazie mamma"
Ci guardammo.
La stanza era silenziosa, qualcosa mi aveva fatto battere il cuore più velocemente, la sua mano mi stava trasmettendo una emozione che non riuscivo a decifrare.
Feci per staccarmi, lui mi tenne, con delicatezza.
"Ero già nato, da un'ora" disse.
Guardai l'orologio: erano le 17.30, lui era nato alle 16.30.
"Buon compleanno, figlio mio" dissi in modo strano, quasi automatico.
"Grazie" replicò lui. "Adesso sono maggiorenne, un uomo a tutti gli effetti"
Ero turbata: prima era afflitto, ora era come l'opposto.
Stranamente, desideravo andarmene, ma la sua mano mi teneva ancora.
"Stai qui"
"Vai alla festa, dammi retta" replicai.
"Ho voglia di stare un po' con te. Pamela aveva tentato diverse volte, di metterti in cattiva luce, sai?"
La cosa non mi stupiva. Non dissi nulla, volevo solo andare via.
"Diceva che mi avevi cresciuto al tuo cospetto, reso insicuro, tarpato le ali"
"Addirittura?!?"
"Mi ha lasciato per te sai, alla fine. Ha capito che tu sei più importante di lei, per me"
"Fabio, penso che per chiunque la madre sia più importante..."
"Mi ha lasciata per te" mi interruppe.
La stanza mi parve meno colorata, i giochi della sua infanzia erano solo pezzi di plastica nella penombra.
La mano mi teneva ferma.
Guardai l'orologio: 17.40.
Lui mi sorrise.
Gli occhi impenetrabili.
"Sei stata sempre sola, mi hai accudito sempre. Mai uno svago, mai nulla. Ti sono debitore".
"Ma non dire sciocchezze..."
La mano si strinse.
"Sei la donna che è stata sempre con me, sempre"
Ero stranamente agitata: "Fabio, ogni mamma sta sempre accanto ai suoi figli..."
"Anche adesso"
"Cosa vuol dire?"
"È il mio compleanno, il mio diciottesimo. Hai ragione. Bisogna che sia memorabile" concluse con un sospiro.
Si alzò, sentii il rumore della chiave. Aveva chiuso la stanza?
Si girò.
"Fabio?!"
Era in piedi, alto, il sorriso distorto dalla penombra.
Si avvicinò, feci per alzarmi, mi fece stare seduta sul letto, mi carezzò il mento, poi la guancia.
Allontanai la mano, infastidita.
"Fabio!"
Lui riprese a carezzarmi il viso, non era più chino nella postura, ma dritto e sicuro.
"Pamela diceva che sono bello"
"Sì..."
"Lo dicevi sempre anche tu"
"Erano situazioni diverse..."
"Lo dicevi anche tu!" replicò.
Volevo andare via, sentivo il disagio attorno a me.
Cosa stava accadendo?
"Mamma, sei sempre sola, come può essere che nessuno ti voglia?"
Era troppo!
"Fabio, ma cosa stai dicendo?!?"
"È colpa mia...lo diceva sempre Pamela. Scusami"
"Fabio, sei ancora in tempo ad andare alla festa con i tuoi amici, credimi sarà meglio che stare qui a casa a non fare nulla"
Lui si imbronciò: "Passerei la sera a sentirmi dire cose su Pamela, no, non voglio".
"Va bene, vado a preparare la cena allora"
Mi tenne ferma.
Mi carezzò i capelli, mi prese il mento, ci guardammo.
"Mamma..."
Come in un sogno, al rallentatore, vidi la sua mano aprire la zip dei jeans, i suoi slip erano bagnati, e non solo.
"Fabio!"
"È il mio diciottesimo.
Mi hai sempre fatto dei bei regali. Delle buone torte"
"Ma???"
La sua mano scostò gli slip, e vidi la punta del suo pene uscire con un guizzo, un serpente rosa da troppo in trappola.
Chiusi gli occhi.
Feci per alzarmi.
Era forte e dolce, la sua presa.
"Ricordi quando mi lavavi il pisellino mamma?"
"Fabio!"
Ero spaventata, la porta era chiusa, ma non solo.
Volevo andare via, ma aprii gli occhi.
Lui mi sorrise, carezzò i capelli, iniziò a masturbarsi.
Chissà quante volte lo aveva fatto, in quella stanza.
Non lo avevo mai visto, né desiderato vederlo.
Ero ferma: la sua cappella era gonfia, la pelle scorreva al ritmo lento della sua mano, iniziavo a sentire l'odore...
"Mamma scusa..."
La punta si poggiò alle mie labbra, un contatto mai avvenuto, un contatto spregevole, innaturale.
Era il suo compleanno.
Guardai nuovamente i giochi, i pupazzi, quadri, e l'orologio.
Alle 17.55 la mia lingua si mosse, e toccò la sua cappella.
Ci guardammo.
Eravamo tristi.
Ma lui sorrideva.
Continuavo a guardarlo, mentre iniziavo a dargli piacere.
Era il suo compleanno.
Ora le mie labbra avvolgevano la sua cappella, un sapore che da anni non sentivo più, un odore fresco...
"Oh mamma..." disse lui, con il viso all'indietro.
Ecco, lo stavo facendo: la mia bocca adesso scorreva lungo la sua asta, i suoi umori facevano scorrere le mie labbra.
"Ohhhhh..."
Ora non mi teneva più.
Non c'era più bisogno.
Le mie labbra sentivano il pizzicore dello sfregamento, il suo pene era diventato duro, turgido.
Si mise a gambe larghe.
Cosa stavo facendo?
Presi la sua asta con le mani, tirai indietro la pelle ed iniziai, stupendo anche me stessa, a succhiarlo come fosse un gelato irresistibile.
"Oddio mamma...scusa... succhia, leccami, oddio..."
Adesso anche io non mi riconoscevo piú, ero caduta in una trappola spaventosa ma piacevole.
Mi misi in ginocchio.
Stavo facendo un pompino a Fabio, mio figlio.
E mi piaceva...
Era durissimo, aveva iniziato a gemere nella stanza.
"Succhia mamma...mi fai impazzire...succhia troia!"
Mi fermai.
"Come ti permetti?!?"
Lui mi prese la testa, affondò il pene nella bocca ed iniziò a penetrarla muovendo il bacino.
Non potevo parlare.
La sua punta scorreva sulla mia lingua, ed andava a sbattere in fondo alla gola.
La mia saliva lo lubrificava.
Mi stava violentando la bocca.
Ruotai la lingua.
Urlò dal piacere.
A quel punto mi prese ed in un attimo mi mise sul letto, con le spalle sul materasso.
Ero intontita, la saliva ed i suoi umori su labbra e mento.
Sentii che mi sfilava la tuta, non opposi resistenza.
L'orologio segnava le 18.15.
Fabio era rosso, aveva i pantaloni abbassati, un membro che pulsava.
Sentii che mi scostava le mutande in pizzo che mi aveva regalato il mio ex marito, anni prima.
Ero immobile, lui ansimava.
Mi mise i piedi sulle spalle, si avvicinò.
Non ero pronta.
Volevo tornare indietro, resettare tutto...la sua punta entrò, lenta ed inesorabile, iniziò ad allargare la mia vagina, ormai stretta da anni, lentamente...ma inesorabile.
Era tutto dentro.
Ci guardammo.
Spinse.
Ed indietreggiò... spinse.
Chiusi gli occhi.
"Ah mamma..."
Ecco...il mio corpo riprovò un brivido.
Spinse ancora.
Aprii la bocca.
Un lieve gemito mi uscì...
Fu un suono che lo stupì, ma lo caricò a tal punto da spingere con più vigore.
"Ah Fabio..." dissi.
Iniziò a muovere il bacino con una forza che mai avrei immaginato, il letto cigolava, il letto innocente era ora teatro di un accoppiamento forte ed innaturale.
"Ah mamma, siii"
"Spingi Fabio, continua..."
Ora lui spingeva, ed io mi muovevo con lui.
Il suono della mia vagina, martellata dal suo pene giovane, era come uno schiocco di un motore che si rimetteva in moto.
I nostri liquidi erano divenuti una omogenea viscosità, che permetteva ad un figlio di penetrare sua madre con un impeto crescente.
"Ti scopo...prendilo tutto, godi troia!"
Non dissi nulla, il piacere prevaricava la mia moralità.
"Godo mamma, godo! Troia godi!"
"Oh Fabio..."
"Troia sentilo, senti come ti apre!"
La mia schiena era inarcata, il suo cazzo entrava ed usciva, provavo un piacere immenso.
Non capivo nulla.
"Mamma ti sborro dentro!"
Non potevo permetterlo, feci per muovermi, ma lui mi mise una mano sulla pancia e mi blocco.
Spingeva forte, sentii la vagina cedere, un piacere mai provato si impossessò di me, una energia assopita da troppo anni.
"Spingi Fabio, spingi continua ti prego..."
Mi prese le gambe, mi alzò, iniziò a spingere con le punte dei piedi, quasi volesse entrare con tutto il corpo.
"Troia... troia!"
Strinsi i piedi sulla nuca di Fabio, ci guardammo...
"Sborrami tutta...sborra tua mamma..." disse una voce fuori controllo, la mia voce.
"Ecco..."
Il suo viso era rosso, sentii il suo enorme pene gonfiarsi ancora di più.
Mi mossi quel poco per mettermi ancora più contro al suo bacino.
Eravamo attaccati, sudati.
"Fabio siiiii, scopami!"
"Ti scopo... ohhhhh"
Ero fuori di me: "Spingi, fai uscire la sborra calda figliolo...entra da dove sei uscito, rientra in me...sborrami dentro!"
Lui ansimò, emise un gemito animalesco, si irrigidì ed iniziò a tremare.
Ad ogni colpo sentivo la mia vagina accogliere quei fiotti di seme.
"Sborro..eccola...ahhhhh!"
Era venuto dentro, il suo pene ancora duro scivolava in me, ero stravolta, ma tremavo tutta.
Fabio rimase fermo, vidi che tirò fuori il pene, ancora duro.
Il seme colava ancora e cadeva sul pavimento.
Ed era anche dentro di me.
Ci guardammo.
Lui tirò su i pantaloni.
Si volse, non disse nulla, aprì la porta con la chiave, chiuse la porta.
Io ero ferma, con la schiena sul letto, abbassai le gambe, tentai di ricompormi, vidi la mia vagina rossa, il suo sperma che usciva, le labbra che avevano spasmi per la penetrazione subíta.
La stanza era davvero buia.
Il silenzio era assordante.
Vidi solo l'orologio.
Erano le 18.30.
Buon compleanno Fabio.
18 anni!
Sono sempre stata orgogliosa di lui; dal giorno del mio divorzio, mi sono dedicata maggiormente alla sua crescita, e posso dire che, anche per me, questo traguardo, i suoi diciotto anni, suonavano come un traguardo importante.
Aveva organizzato una festa, e mai mi sarei aspettata di vederlo entrare, col volto afflitto, le spalle abbassate, alle cinque del pomeriggio.
"Fabio, cosa è successo?"
Lui, stavolta, neppure mi guardò, tenne la testa bassa, mi passò a fianco come un fantoccio, e mormorò: "Pamela mi ha lasciato, la festa non la faccio più."
"Cosa?" mormorai, stupita, delusa, innervosita. Come può una ragazza lasciare un ragazzo il giorno del proprio compleanno? Questo pensiero mi fece irrigidire.
"Scusami mamma, vado di là".
Lo vidi camminare di spalle, nel corridoio, aprire la porta della sua stanza, scomparire in un silenzio surreale.
Rimasi impietrita.
Bussai alla porta.
Non ottenendo risposta, aprii da sola quella porta che, negli anni passati, mai avevo varcato senza il suo permesso.
Rividi i suoi giochi, i quadri, i poster di un ragazzo sempre solare ed allegro.
Ora era chino, seduto sul letto, immobile come gli oggetti colorati di una stanza che, ora, sembrava immota nel tempo.
"Fabio, ascolta..."
"No" bofonchiò.
"Ma i tuoi amici?"
Scosse il capo: "Non mi interessa, avremo altre occasioni".
"Ma cosa dici?" chiesi. "Il diciottesimo avviene solo una volta, è importante"
Non rispose.
Era immobile, i gomiti sulle ginocchia, le mani alle guance.
Mi sedetti al suo fianco, su quel letto che mi ricordava ogni fase della sua vita.
"Fabio, vai alla festa"
Il suo volto si rigò di una lacrima.
"Mamma, è colpa mia. Mi ha lasciato perché non sono all'altezza delle sue aspettative, ho qualcosa che non va".
Quali parole avrei potuto dirgli?
"Pensaci, ma domani. Non oggi, non rovinare questo giorno"
Lui mi guardò: "Questo giorno ha sancito la nascita di un fallimento! Non va festeggiato!"
Non lo avevo mai visto così, mai, neppure in momenti difficili.
Cosa avevo sbagliato?
Cosa avrei potuto fare?
Mi sentii abbracciare.
"Mamma scusami, non è colpa tua, tu hai fatto tanto, tutto, di più per me."
Lo abbracciai, in quel frangente rividi ogni istante, un susseguirsi di immagini, di ricordi, di emozioni.
Mi venne da piangere.
Lui parve destarsi dal torpore, ebbe un sussulto.
"Mamma?"
Lo guardai.
Ci guardammo.
Distogliemmo lo sguardo.
Fu la prima volta che avvenne, cosa era accaduto?
"Dopo la separazione da papà, hai fatto tutto per me" disse, con lo sguardo rivolto al pavimento macchiato delle nostre lacrime. "So quanto tu abbia sofferto, mamma, sempre sola contro tutto"
Mi sentii meglio, ora era lui, ora era Fabio.
"Mamma, devo assimilare la fine della storia con Pamela, scusami, non hai fatto nascere un fallito"
Feci per alzarmi, mi tenne la mano, la sentii calda, carica di affetto, di gratitudine.
"Grazie mamma"
Ci guardammo.
La stanza era silenziosa, qualcosa mi aveva fatto battere il cuore più velocemente, la sua mano mi stava trasmettendo una emozione che non riuscivo a decifrare.
Feci per staccarmi, lui mi tenne, con delicatezza.
"Ero già nato, da un'ora" disse.
Guardai l'orologio: erano le 17.30, lui era nato alle 16.30.
"Buon compleanno, figlio mio" dissi in modo strano, quasi automatico.
"Grazie" replicò lui. "Adesso sono maggiorenne, un uomo a tutti gli effetti"
Ero turbata: prima era afflitto, ora era come l'opposto.
Stranamente, desideravo andarmene, ma la sua mano mi teneva ancora.
"Stai qui"
"Vai alla festa, dammi retta" replicai.
"Ho voglia di stare un po' con te. Pamela aveva tentato diverse volte, di metterti in cattiva luce, sai?"
La cosa non mi stupiva. Non dissi nulla, volevo solo andare via.
"Diceva che mi avevi cresciuto al tuo cospetto, reso insicuro, tarpato le ali"
"Addirittura?!?"
"Mi ha lasciato per te sai, alla fine. Ha capito che tu sei più importante di lei, per me"
"Fabio, penso che per chiunque la madre sia più importante..."
"Mi ha lasciata per te" mi interruppe.
La stanza mi parve meno colorata, i giochi della sua infanzia erano solo pezzi di plastica nella penombra.
La mano mi teneva ferma.
Guardai l'orologio: 17.40.
Lui mi sorrise.
Gli occhi impenetrabili.
"Sei stata sempre sola, mi hai accudito sempre. Mai uno svago, mai nulla. Ti sono debitore".
"Ma non dire sciocchezze..."
La mano si strinse.
"Sei la donna che è stata sempre con me, sempre"
Ero stranamente agitata: "Fabio, ogni mamma sta sempre accanto ai suoi figli..."
"Anche adesso"
"Cosa vuol dire?"
"È il mio compleanno, il mio diciottesimo. Hai ragione. Bisogna che sia memorabile" concluse con un sospiro.
Si alzò, sentii il rumore della chiave. Aveva chiuso la stanza?
Si girò.
"Fabio?!"
Era in piedi, alto, il sorriso distorto dalla penombra.
Si avvicinò, feci per alzarmi, mi fece stare seduta sul letto, mi carezzò il mento, poi la guancia.
Allontanai la mano, infastidita.
"Fabio!"
Lui riprese a carezzarmi il viso, non era più chino nella postura, ma dritto e sicuro.
"Pamela diceva che sono bello"
"Sì..."
"Lo dicevi sempre anche tu"
"Erano situazioni diverse..."
"Lo dicevi anche tu!" replicò.
Volevo andare via, sentivo il disagio attorno a me.
Cosa stava accadendo?
"Mamma, sei sempre sola, come può essere che nessuno ti voglia?"
Era troppo!
"Fabio, ma cosa stai dicendo?!?"
"È colpa mia...lo diceva sempre Pamela. Scusami"
"Fabio, sei ancora in tempo ad andare alla festa con i tuoi amici, credimi sarà meglio che stare qui a casa a non fare nulla"
Lui si imbronciò: "Passerei la sera a sentirmi dire cose su Pamela, no, non voglio".
"Va bene, vado a preparare la cena allora"
Mi tenne ferma.
Mi carezzò i capelli, mi prese il mento, ci guardammo.
"Mamma..."
Come in un sogno, al rallentatore, vidi la sua mano aprire la zip dei jeans, i suoi slip erano bagnati, e non solo.
"Fabio!"
"È il mio diciottesimo.
Mi hai sempre fatto dei bei regali. Delle buone torte"
"Ma???"
La sua mano scostò gli slip, e vidi la punta del suo pene uscire con un guizzo, un serpente rosa da troppo in trappola.
Chiusi gli occhi.
Feci per alzarmi.
Era forte e dolce, la sua presa.
"Ricordi quando mi lavavi il pisellino mamma?"
"Fabio!"
Ero spaventata, la porta era chiusa, ma non solo.
Volevo andare via, ma aprii gli occhi.
Lui mi sorrise, carezzò i capelli, iniziò a masturbarsi.
Chissà quante volte lo aveva fatto, in quella stanza.
Non lo avevo mai visto, né desiderato vederlo.
Ero ferma: la sua cappella era gonfia, la pelle scorreva al ritmo lento della sua mano, iniziavo a sentire l'odore...
"Mamma scusa..."
La punta si poggiò alle mie labbra, un contatto mai avvenuto, un contatto spregevole, innaturale.
Era il suo compleanno.
Guardai nuovamente i giochi, i pupazzi, quadri, e l'orologio.
Alle 17.55 la mia lingua si mosse, e toccò la sua cappella.
Ci guardammo.
Eravamo tristi.
Ma lui sorrideva.
Continuavo a guardarlo, mentre iniziavo a dargli piacere.
Era il suo compleanno.
Ora le mie labbra avvolgevano la sua cappella, un sapore che da anni non sentivo più, un odore fresco...
"Oh mamma..." disse lui, con il viso all'indietro.
Ecco, lo stavo facendo: la mia bocca adesso scorreva lungo la sua asta, i suoi umori facevano scorrere le mie labbra.
"Ohhhhh..."
Ora non mi teneva più.
Non c'era più bisogno.
Le mie labbra sentivano il pizzicore dello sfregamento, il suo pene era diventato duro, turgido.
Si mise a gambe larghe.
Cosa stavo facendo?
Presi la sua asta con le mani, tirai indietro la pelle ed iniziai, stupendo anche me stessa, a succhiarlo come fosse un gelato irresistibile.
"Oddio mamma...scusa... succhia, leccami, oddio..."
Adesso anche io non mi riconoscevo piú, ero caduta in una trappola spaventosa ma piacevole.
Mi misi in ginocchio.
Stavo facendo un pompino a Fabio, mio figlio.
E mi piaceva...
Era durissimo, aveva iniziato a gemere nella stanza.
"Succhia mamma...mi fai impazzire...succhia troia!"
Mi fermai.
"Come ti permetti?!?"
Lui mi prese la testa, affondò il pene nella bocca ed iniziò a penetrarla muovendo il bacino.
Non potevo parlare.
La sua punta scorreva sulla mia lingua, ed andava a sbattere in fondo alla gola.
La mia saliva lo lubrificava.
Mi stava violentando la bocca.
Ruotai la lingua.
Urlò dal piacere.
A quel punto mi prese ed in un attimo mi mise sul letto, con le spalle sul materasso.
Ero intontita, la saliva ed i suoi umori su labbra e mento.
Sentii che mi sfilava la tuta, non opposi resistenza.
L'orologio segnava le 18.15.
Fabio era rosso, aveva i pantaloni abbassati, un membro che pulsava.
Sentii che mi scostava le mutande in pizzo che mi aveva regalato il mio ex marito, anni prima.
Ero immobile, lui ansimava.
Mi mise i piedi sulle spalle, si avvicinò.
Non ero pronta.
Volevo tornare indietro, resettare tutto...la sua punta entrò, lenta ed inesorabile, iniziò ad allargare la mia vagina, ormai stretta da anni, lentamente...ma inesorabile.
Era tutto dentro.
Ci guardammo.
Spinse.
Ed indietreggiò... spinse.
Chiusi gli occhi.
"Ah mamma..."
Ecco...il mio corpo riprovò un brivido.
Spinse ancora.
Aprii la bocca.
Un lieve gemito mi uscì...
Fu un suono che lo stupì, ma lo caricò a tal punto da spingere con più vigore.
"Ah Fabio..." dissi.
Iniziò a muovere il bacino con una forza che mai avrei immaginato, il letto cigolava, il letto innocente era ora teatro di un accoppiamento forte ed innaturale.
"Ah mamma, siii"
"Spingi Fabio, continua..."
Ora lui spingeva, ed io mi muovevo con lui.
Il suono della mia vagina, martellata dal suo pene giovane, era come uno schiocco di un motore che si rimetteva in moto.
I nostri liquidi erano divenuti una omogenea viscosità, che permetteva ad un figlio di penetrare sua madre con un impeto crescente.
"Ti scopo...prendilo tutto, godi troia!"
Non dissi nulla, il piacere prevaricava la mia moralità.
"Godo mamma, godo! Troia godi!"
"Oh Fabio..."
"Troia sentilo, senti come ti apre!"
La mia schiena era inarcata, il suo cazzo entrava ed usciva, provavo un piacere immenso.
Non capivo nulla.
"Mamma ti sborro dentro!"
Non potevo permetterlo, feci per muovermi, ma lui mi mise una mano sulla pancia e mi blocco.
Spingeva forte, sentii la vagina cedere, un piacere mai provato si impossessò di me, una energia assopita da troppo anni.
"Spingi Fabio, spingi continua ti prego..."
Mi prese le gambe, mi alzò, iniziò a spingere con le punte dei piedi, quasi volesse entrare con tutto il corpo.
"Troia... troia!"
Strinsi i piedi sulla nuca di Fabio, ci guardammo...
"Sborrami tutta...sborra tua mamma..." disse una voce fuori controllo, la mia voce.
"Ecco..."
Il suo viso era rosso, sentii il suo enorme pene gonfiarsi ancora di più.
Mi mossi quel poco per mettermi ancora più contro al suo bacino.
Eravamo attaccati, sudati.
"Fabio siiiii, scopami!"
"Ti scopo... ohhhhh"
Ero fuori di me: "Spingi, fai uscire la sborra calda figliolo...entra da dove sei uscito, rientra in me...sborrami dentro!"
Lui ansimò, emise un gemito animalesco, si irrigidì ed iniziò a tremare.
Ad ogni colpo sentivo la mia vagina accogliere quei fiotti di seme.
"Sborro..eccola...ahhhhh!"
Era venuto dentro, il suo pene ancora duro scivolava in me, ero stravolta, ma tremavo tutta.
Fabio rimase fermo, vidi che tirò fuori il pene, ancora duro.
Il seme colava ancora e cadeva sul pavimento.
Ed era anche dentro di me.
Ci guardammo.
Lui tirò su i pantaloni.
Si volse, non disse nulla, aprì la porta con la chiave, chiuse la porta.
Io ero ferma, con la schiena sul letto, abbassai le gambe, tentai di ricompormi, vidi la mia vagina rossa, il suo sperma che usciva, le labbra che avevano spasmi per la penetrazione subíta.
La stanza era davvero buia.
Il silenzio era assordante.
Vidi solo l'orologio.
Erano le 18.30.
Buon compleanno Fabio.
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valutazione
6.9
6.9
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