Una pizza speciale
di
ValeLo
genere
gay
Ci sono giornate nelle quali non voglio cucinare.
Oggi era una di quelle, oggi era soprattutto una di quelle; stanchissimo dal lavoro, imbottigliato nel traffico, desideravo solo trovare qualcosa di pronto.
Una pizza.
Scelsi il locale più vicino a casa, composi il numero ed ordinai, diedi l'indirizzo per la consegna, semplice e veloce.
Mi assalì un dubbio...presi il portafoglio, lo sapevo!
Avevo solo 50 euro, neppure l'ombra di una moneta.
Detesto non lasciare la mancia a chi consegna.
Avevo già ordinato, cosa potevo fare? Sentire i vicini? Cercare una moneta tra i cassetti pur sapendo che non ne avrei trovata nessuna?
Rinunciai, accesi la televisione, misi un canale musicale, ed attesi.
Il citofono squillò, il video in bianco e nero mi mostrò il viso del ragazzo delle consegne: un giovane, capelli da rasta intrecciati, mulatto.
Aprii.
Sentii l'ascensore che saliva, mi sentivo in colpa, a disagio, ma come avrei potuto dargli una mancia senza alcuna moneta a disposizione?
Idea! Gli avrei detto di darmi un resto inferiore.
Le porte dell'ascensore si aprirono, il ragazzo uscì, il cartone della pizza in mano.
"Sono 7 euro" mi disse freddamente.
"Ho solo 50, mi dia pure 45 di resto" dissi.
"Ecco, grazie!" disse lui.
"Arrivederci!"
Chiusi la porta.
Andrea, non fare lo stupido...mi dissi, inutilmente, visto che riaprii la porta.
"Scusi per la mancia, forse due euro sono pochi"
Il ragazzo si fermò sull'uscio, di spalle, la luce al neon gli conferiva una parvenza da astronauta.
Si volse: "Pochi?"
Annuii.
Lui tornò da me, mi guardò negli occhi, captò quella mia debolezza, entrò in casa, e si fermò.
Gli diedi i 45 euro, lui li prese, si mise a gambe larghe, e non disse nulla.
Con lieve vergogna, mi avvicinai, la mia mano sfiorò la sua tuta, e lo sentii.
Era bello sentire quel turgore nascosto, ancora minimo ma in crescita.
Lui annuì, era serio, impassibile, lo faceva solo per il denaro, magari anche per un breve piacere.
Ero fermo.
"Allora?" chiese lui.
Abbassai la tuta, quell'inguine mulatto era profumato, inebriante, e quando le mie mani scostarono gli slip, uscì un serpente arrotolato.
Mi misi in ginocchio, il viso all'insù, la mia lingua toccò quella cappella color rosa, ed iniziai a leccare.
Lui allargò le gambe.
Il suo pene iniziava a prendere vigore, era una sorta di tronco venoso che puntava verso il basso.
Avvolsi la punta con le labbra, lui mi mise le mani alle tempie, e mi tenne fermo.
"Ruota la lingua"
Obbedii.
"Bravo, lucidami il cazzo..."
Sentivo il sapore selvaggio di quel pene enorme, ormai la lingua lo avvolgeva, le labbra lo stringevano, poi iniziai a fare avanti ed indietro con la testa.
"Pompami..."
Si poggiò con la schiena alla portata allargò le gambe, la mia fronte premeva sul suo bacino, il suo cazzo scompariva nella mia bocca avida.
Gli misi le mani sulle cosce, ero un cagnolino che leccava e succhiava.
Lui perse il controllo.
"Puttana ti fecondo!"
Non volevo andare oltre.
Smisi di succhiare, mi alzai, ma lui mi prese e mi spinse sul divano.
Tenne un braccio attorno alla gola, mi sussurrò: "Sfilati i pantaloni, ho poco tempo"
"Non voglio"
"Sì che lo vuoi..."
Ero immobile, mi feci sfilare i pantaloni, sentii che scostava di lato gli slip.
La cappella enorme si posò tra le mie chiappe, sentii premere.
Il mio ano cedette, quel pene entrò, lui grugnì e spinse.
"Che culo di burro hai...ti piace il mio cazzone mulatto vero?"
Gemetti.
"Prendilo tutto!"
"Ah..aahh..aahhh..." feci, con voce stridula, quasi effeminata.
"Oh si troietta, gemi..."
Spingeva e penetrava, le mie chiappe schiaffeggiate, il mio ano aperto e strofinato con forza.
Sentii i miei umori bagnare le pareti intestinali, lui se ne accorse: "Oh, la troietta è bagnata..."
"Spingi...ti prego continua, spaccami il culo!"
"È già rotto..."
Desideravo solo sentire il calore del suo seme, ero fuori di me, e lui arrapato come un toro.
"Toh troia!"
Io muovevo il culo avanti ed indietro, lui spingeva con le gambe piegate.
Mi mise ancora la mano al collo, spinse, mi morse un orecchio con delicatezza e disse: "Ora ti sborro dentro"
Il mio ano si aprì a quelle parole, sentii un piacere immenso, mi girai con la testa e vidi che il suo cazzo mulatto gocciolava dei miei umori.
Avanti ed indietro.
"Ah...spaccami!"
Lui mi afferrò il bacino, spinse, si fermò col cazzo dentro, la cappella che pulsava nella mia pancia.
"Sborrooooooo!"
Sentii il suo cazzo pulsare, gemette per dieci secondi, sicuramente mi aveva inondato di sperma...
Si alzò, si rivestì in fretta, uscì.
Mi aveva usato, aveva goduto e guadagnato.
Mi alzai, dal mio ano cadde qualche goccia di sperma.
Avevo fame, mi sedetti a tavola.
Sentivo lo sperma uscire, ma mi si stava rilassando l'ano, così tagliai una fetta di pizza, la iniziai a masticare.
"50 euro per una pizza fredda!" pensai, ed iniziai a ridere da solo.
Oggi era una di quelle, oggi era soprattutto una di quelle; stanchissimo dal lavoro, imbottigliato nel traffico, desideravo solo trovare qualcosa di pronto.
Una pizza.
Scelsi il locale più vicino a casa, composi il numero ed ordinai, diedi l'indirizzo per la consegna, semplice e veloce.
Mi assalì un dubbio...presi il portafoglio, lo sapevo!
Avevo solo 50 euro, neppure l'ombra di una moneta.
Detesto non lasciare la mancia a chi consegna.
Avevo già ordinato, cosa potevo fare? Sentire i vicini? Cercare una moneta tra i cassetti pur sapendo che non ne avrei trovata nessuna?
Rinunciai, accesi la televisione, misi un canale musicale, ed attesi.
Il citofono squillò, il video in bianco e nero mi mostrò il viso del ragazzo delle consegne: un giovane, capelli da rasta intrecciati, mulatto.
Aprii.
Sentii l'ascensore che saliva, mi sentivo in colpa, a disagio, ma come avrei potuto dargli una mancia senza alcuna moneta a disposizione?
Idea! Gli avrei detto di darmi un resto inferiore.
Le porte dell'ascensore si aprirono, il ragazzo uscì, il cartone della pizza in mano.
"Sono 7 euro" mi disse freddamente.
"Ho solo 50, mi dia pure 45 di resto" dissi.
"Ecco, grazie!" disse lui.
"Arrivederci!"
Chiusi la porta.
Andrea, non fare lo stupido...mi dissi, inutilmente, visto che riaprii la porta.
"Scusi per la mancia, forse due euro sono pochi"
Il ragazzo si fermò sull'uscio, di spalle, la luce al neon gli conferiva una parvenza da astronauta.
Si volse: "Pochi?"
Annuii.
Lui tornò da me, mi guardò negli occhi, captò quella mia debolezza, entrò in casa, e si fermò.
Gli diedi i 45 euro, lui li prese, si mise a gambe larghe, e non disse nulla.
Con lieve vergogna, mi avvicinai, la mia mano sfiorò la sua tuta, e lo sentii.
Era bello sentire quel turgore nascosto, ancora minimo ma in crescita.
Lui annuì, era serio, impassibile, lo faceva solo per il denaro, magari anche per un breve piacere.
Ero fermo.
"Allora?" chiese lui.
Abbassai la tuta, quell'inguine mulatto era profumato, inebriante, e quando le mie mani scostarono gli slip, uscì un serpente arrotolato.
Mi misi in ginocchio, il viso all'insù, la mia lingua toccò quella cappella color rosa, ed iniziai a leccare.
Lui allargò le gambe.
Il suo pene iniziava a prendere vigore, era una sorta di tronco venoso che puntava verso il basso.
Avvolsi la punta con le labbra, lui mi mise le mani alle tempie, e mi tenne fermo.
"Ruota la lingua"
Obbedii.
"Bravo, lucidami il cazzo..."
Sentivo il sapore selvaggio di quel pene enorme, ormai la lingua lo avvolgeva, le labbra lo stringevano, poi iniziai a fare avanti ed indietro con la testa.
"Pompami..."
Si poggiò con la schiena alla portata allargò le gambe, la mia fronte premeva sul suo bacino, il suo cazzo scompariva nella mia bocca avida.
Gli misi le mani sulle cosce, ero un cagnolino che leccava e succhiava.
Lui perse il controllo.
"Puttana ti fecondo!"
Non volevo andare oltre.
Smisi di succhiare, mi alzai, ma lui mi prese e mi spinse sul divano.
Tenne un braccio attorno alla gola, mi sussurrò: "Sfilati i pantaloni, ho poco tempo"
"Non voglio"
"Sì che lo vuoi..."
Ero immobile, mi feci sfilare i pantaloni, sentii che scostava di lato gli slip.
La cappella enorme si posò tra le mie chiappe, sentii premere.
Il mio ano cedette, quel pene entrò, lui grugnì e spinse.
"Che culo di burro hai...ti piace il mio cazzone mulatto vero?"
Gemetti.
"Prendilo tutto!"
"Ah..aahh..aahhh..." feci, con voce stridula, quasi effeminata.
"Oh si troietta, gemi..."
Spingeva e penetrava, le mie chiappe schiaffeggiate, il mio ano aperto e strofinato con forza.
Sentii i miei umori bagnare le pareti intestinali, lui se ne accorse: "Oh, la troietta è bagnata..."
"Spingi...ti prego continua, spaccami il culo!"
"È già rotto..."
Desideravo solo sentire il calore del suo seme, ero fuori di me, e lui arrapato come un toro.
"Toh troia!"
Io muovevo il culo avanti ed indietro, lui spingeva con le gambe piegate.
Mi mise ancora la mano al collo, spinse, mi morse un orecchio con delicatezza e disse: "Ora ti sborro dentro"
Il mio ano si aprì a quelle parole, sentii un piacere immenso, mi girai con la testa e vidi che il suo cazzo mulatto gocciolava dei miei umori.
Avanti ed indietro.
"Ah...spaccami!"
Lui mi afferrò il bacino, spinse, si fermò col cazzo dentro, la cappella che pulsava nella mia pancia.
"Sborrooooooo!"
Sentii il suo cazzo pulsare, gemette per dieci secondi, sicuramente mi aveva inondato di sperma...
Si alzò, si rivestì in fretta, uscì.
Mi aveva usato, aveva goduto e guadagnato.
Mi alzai, dal mio ano cadde qualche goccia di sperma.
Avevo fame, mi sedetti a tavola.
Sentivo lo sperma uscire, ma mi si stava rilassando l'ano, così tagliai una fetta di pizza, la iniziai a masticare.
"50 euro per una pizza fredda!" pensai, ed iniziai a ridere da solo.
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