La mia prima estate da osservatrice.

di
genere
voyeur

Questa vacanza era esattamente come le altre: noiosa.
Mio marito sempre col giornale, a prendere il sole soltanto sulle gambe, quella canotta triste che celava un corpo in decadimento, mentre sulla spiaggia passavano ragazzi in pieno vigore fisico e mentale.
Io cercavo svago visivo, avevo necessità di guardare cose belle, che fosse la spiaggia, il mare cristallino, il cielo assolato di agosto...ma anche altro.
Non volevo tradirlo, anche io ho quasi 55 anni, non sono una donna al passo coi tempi, quando sento parlare di milf sorrido, la trovo una cosa sciocca.
Non scherziamo.
"Carlo, andiamo a prendere un gelato, od un ghiacciolo?"
La risposta giunse al di là del giornale: "No, sto bene qui".
Che entusiasmo.
Mi alzai, la sdraio mi aveva lasciato le righe sulla pelle della schiena, dovevo camminare.
La sabbia era calda, piacevole, ed il piccolo bar dello stabilimento era vicino.
Ci avrei messo un minuto a fare tutto.
Troppo poco.
Iniziai a camminare sulla rena, l'acqua del mare mi carezzava i piedi, scorreva ad altezza delle caviglie, il sole mi scaldava il corpo.
Mi volsi: mio marito era dietro al giornale, immobile, anche a distanza mi fece aumentare il desiderio di libertà.
Guardai avanti, in tutti i sensi.
Camminai più spedita, avevo visto un punto lontano, una piccola insenatura, la fine della spiaggia affollata, uno scoglio di pochi metri con la base ricca di alghe, un confine naturale che volevo varcare.
Arrivai, per andare oltre camminai attorno allo scoglio, fui costretta a bagnarmi sino alla cintola, quei brividi mi misero di buon umore, e fui dall'altra parte.
Una piccola insenatura deserta, un netto confine tra la civiltà che aveva invaso una spiaggia, ed una spiaggia quasi preistorica.
Camminavo sui sassi levigati, scivolosi, piccoli pesci danzavano tra le dita dei miei piedi, alghe verdi e rosse crescevano tra l'acqua, vidi addirittura una piccola anemone rossa su un piccolo sasso che affiorava nel mare calmo.
Pensai a Carlo, al suo giornale, e ripresi il cammino.
Non c'era nessuno.
Come mai?
Perché la gente preferiva un ombrellone, anziché la natura?
Un altro scoglio, più piccolo, distante pochi metri, aveva una sorta di seggiolino naturale al vertice.
Lo raggiunsi, mi sedetti ed iniziai a dondolare le gambe nell'acqua che mi arrivava alle ginocchia.
Mi sentii bambina, mi ricordai quando agitavo i piedi per fare bagnare la schiena a mio padre, che fingeva di rimproverarmi.
Smisi di fare dondolare le gambe, mi venne una forte malinconia, tutto sembrò più freddo, meno colorato, silenzioso.
Non dovevo pensare al passato.
Mi sentii sola, un silenzio irreale si era come creato attorno a me.
E lo sentii.
Un verso che non apparteneva a quella natura, un suono che aveva attratto la mia attenzione, mi ero concentrata su quella sorta di ansimare.
Girai lo sguardo.
Un piccolo cespuglio, poco lontano da me, si stava muovendo, agitandosi, come scosso da bastoni invisibili.
Era un animale selvatico?
Un cane?
Quel suono però non era di un animale: era troppo ritmico, troppo diverso.
La curiosità mi fece alzare, raggiunsi la spiaggia, qui la sabbia era quasi asciutta, raggirai a distanza il cespuglio, e strabuzzai gli occhi.
Un ragazzo, poco più che diciottenne, si stava dando piacere con la mano.
Maleducato!
Non mi aveva visto, ero vicina ma dietro al suo angolo visivo.
Che maleducato! Ma dove andremo a finire?!?
Una volta non... fermati Alessia, non fare come tuo marito, non stare dietro ad un giornale per non guardare il mondo.
Guardai.
La mano giovane stava stringendo un pene grosso, turgido, vigoroso, la pelle scorreva avanti ed indietro, ad un ritmo crescente.
Quel corpo era perfetto, un insieme di muscoli che si stavano contraendo per il piacere.
Stavo guardando un ragazzo che si masturbava.
Non lo stavo desiderando, ma lo stavo ammirando.
Non vedevo un corpo atletico da anni.
Il giovane adesso teneva la mano ferma, e muoveva il bacino, simulando un amplesso, vedevo solo la sua cappella purpurea che sbucava dalla mano stretta.
Gemeva e godeva.
Non mi aveva visto, non volevo farmi vedere.
Mi misi ancora più nascosta, ma non staccai lo sguardo da quella scena quasi irreale.
Accelerò, si irrigidì sulle gambe, iniziò a spingere, i gemiti erano forti.
Mi guardai attorno: solo mare, spiaggia, quel piccolo cespuglio prima della vegetazione che copriva questa piccola meraviglia naturale.
Ero sola.
E lo stavo guardando.
Si fermò.
Rabbrividii.
Mi aveva vista.
Non disse nulla.
Si girò.
Vidi quella cappella grossa puntare verso di me, il suo pene divenne ancora più duro.
Segati, ti guardo, pensai.
Fammi vedere come ti seghi per me.
Così, bravo.
Segati per me, desidero solo guardarti, e tu essere guardato.
Nulla di più: sarebbe banale, andare oltre.
Segati.
Il giovane si iniziò a masturbare lentamente, aveva il pene talmente grosso che pareva scoppiargli.
Il suo viso si contorse di piacere, una smorfia simile ad un dolore intenso, ma era piacere puro.
Guardavo.
E lui godeva.
Ero la sua, non più giovane, sirena curiosa, adagiata ad un piccolo scoglio.
Accelerò, vidi il pene innalzarsi, adesso si masturbava con la cappella che si stagliava verso il blu del cielo estivo.
Sei come un antico dio greco che volge il suo scettro al cielo, uno scettro gonfio e carico di seme, pensai.
Lui mi fissò: guarda come vengo per te, vetusta guardona. Ammira il mio giovane cazzo, che puoi solo sognare, prima di tornare accanto a chi ti ha sposata e quasi dimenticata.
Strinse le labbra, chiuse gli occhi, iniziò a gemere mentre il primo fiotto di sperma uscì saettando verso l'alto.
Il sole illuminò quel denso seme che spruzzava fuori, ad intermmittenza, e cadeva sulla sabbia, mentre lui stringeva la mano e si carezzava la cappella bagnata.
Il ragazzo si scrollò il pene, tremava, guardò la macchia che aveva appena creato, si rialzò il costume, mi guardò.
Non provava nulla per me.
E neppure io.
Lui doveva solo sfogare il suo piacere, ed io volevo solo guardare qualcosa di diverso.
Sparì silenzioso oltre la roccia che separava le due spiagge.
Io raggiunsi il cespuglio, dovevo vedere tutto, ogni cosa: lo sperma era ancora denso, anche se già stava per essere assorbito dalla sabbia, sulla quale si vedevano anche le orme dei piedi del ragazzo.
Dovevo tornare indietro anche io.
E, soprattutto, ricordarmi di prendere un gelato, od un ghiacciolo.
Un piccolo premio per me, una banale giustificazione per mio marito, che sicuramente aveva ancora il giornale in mano.
Prima di tornare alla civiltà, mi venne un fugace pensiero: ero diventata una voyeur?
Una guardona?
Forse lo avrei capito col tempo, magari tra un mese, magari il giorno seguente: lo avrei deciso dopo il gelato.
Guardai ancora il cespuglio.
Avevo già deciso?




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scritto il
2024-05-24
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