Conception

di
genere
fantascienza

Aprii gli occhi, il buio che mi attorniava emanava calore, mi ero svegliata di soprassalto, sentivo il cuore battere, il sudore grondare dalla fronte.
Con la mano tastai la piccola credenza, cercavo la presa della mia piccola abat-jour, non la trovavo.
Buio.
Ero sola, mio marito era via per lavoro, sarebbe tornato tra qualche giorno.
Ero sola.
La mia mano tremante cercava, spinto da una ancestrale frenesia, quel piccolo interruttore di plastica, ma al momento sentivo solo il freddo muro.
Sentivo il respiro pesante, guardai alla mia destra, la finestra squadrata era coperta dalla tenda, la penombra della notte non entrava.
Era davvero buio.
Sentivo il mio respiro.
Avevo caldo, troppo caldo.
Dove diamine era finita quella dannata presa?
La mano destra continuava a cercare, ora il buio mi stava soffocando, una disturbante sensazione di oppressione a livello dello sterno mi costrinse a scuotermi.
Liberai le gambe dalle lenzuola, sentii il fruscìo della stoffa che si afflosciava sul pavimento, i miei piedi erano però oltre il bordo del letto.
Molto oltre.
Ecco perché non trovavo la abat-jour; ero avanzata nel sonno? Una variazione posturale dettata dalla fase rem?
Sentii la schiena inzuppata, deglutii, mi spinsi verso il cuscino, risalii il letto, era zuppo di sudore.
Ero sola, trattenni il fiato.
Sentii un tenue respiro.
Non era il mio...non ero sola!
Per la prima volta, provai terrore allo stato puro.
Nel buio vidi dei flash, la pressione degli occhi e delle vene del cervello era aumentata per il batticuore.
Chi era lì?
Un ladro? La finestra era sigillata.
Mio marito? Mi avrebbe salutata.
Improvvisamente la mia mente pensò all'unica cosa che non avrebbe dovuto pensare: e se non fosse stato un chi, ma un cosa?
Finalmente toccai l'interruttore, ma le mie dita tremanti furono bloccate da un quesito del cervello: accendere e vedere, oppure no?
Il senso di oppressione toracica era invariato, avvertivo un senso di pesantezza post-prandiale.
Era come se avessi qualcosa sullo stomaco...ma non dentro lo stomaco, no, era proprio sopra, e premeva.
Terrore.
Ancestrale.
Buio.
Cercai di pronunciare il nome di mio marito, ma le corde vocali erano atone, mi uscì un lieve sbuffo, aria espirata attraverso una gola che sembrava anestetizzata.
Quel sibilo ritmico era impercettibile, ma mi provocava una sorta di terrore indescrivibile: era nasale, simile al verso di un'oca che dorme.
Accesi la luce.
Prima che il terrore mi fece urtare l'abat-jour, prima di sentire la base in ceramica rompersi sul pavimento, prima che quei brevi istanti di luce si spensero facendo ripiombare la stanza nel buio, lo vidi.
L'essere.
Era sulla mia pancia, il viso smussato, triangolare, era a pochi centimetri dal mio, gli enormi occhi simili a quelli di una mosca, mi guardarono.
Occhi che mi penetrarono la mente, non erano organi visivi, erano misteriose protuberanze che mi stavano controllando il sistema nervoso centrale: ero bloccata.
Ora non potevo più muovermi.
Stavo sognando?
Sì.
Non potevo aver visto una cosa simile, nella realtà: un essere grigio che, fermo sulla mia pancia, mi guardava, e con un sottilissimo tubo, simile ad un ago, stava penetrando la pelle della mia pancia.
Non stavo sentendo male, non stava accadendo nulla, stavo solo sognando.
I bagliori arancioni che adesso stavano danzando nei miei gangli cerebrali, erano normali reazioni al sonno.
Ero tranquilla.
Mi rilassai.
Avevo solo avuto un incubo, lo stavo vivendo, ma di cosa si può avere paura, quando si capisce che sia tutto frutto di una cena abbondante?
Quel peso sullo stomaco: era cibo, non di certo un essere che, con il respiro simile ad un'oca, mi stava bucando la pancia proprio sotto l'ombelico, con un sottilissimo ago bio-organico.
Una scossa di energia pervase ogni cellula nervosa del mio corpo, sentii delle convulsioni in ogni centimetro di me stessa, mi irrigidii.
Un flash, come quando una stella esplode, ed ancora buio nella mia mente ormai rilassata.
Buio e silenzio.
Nessun suono.
Il peso sullo stomaco era svanito, il respiro dell'oca era cessato, quell'incubo era finito.
Quando suonò la sveglia, una lieve luce solare stava filtrando dalla tenda; la stanza era silenziosa, io mi sentivo riposata, stavo molto bene.
Un incubo.
Sorrisi.
Misi un piede giù dal letto, i detriti dell'abat-jour mi graffiarono la pelle.
L'incubo mi aveva fatto rompere quella lampada, quella bellissima ed elegante fonte di luce.
Scesi dalla parte opposta del letto, tirai la tenda, la luce solare entrò: alla base del letto, le lenzuola erano arrotolate.
Mi avvicinai: la stoffa era intonsa, semplicemente arrotolata a bordo letto.
Era tutto normale.
Guardai fuori, la giornata era splendida, le fronde degli alberi iniziavano a colorarsi con la luce dell'alba.
Guardai una porzione di cielo che si vedeva tra i rami, qualcosa di metallico passò, lasciando una scia bianca: era un aereo, la carlinga lucida era resa colorata dal sole arancione dell'alba.
Sentii il bisogno di bere un buon caffè.
Raggiunsi la porta della stanza da letto, toccai la maniglia...la porta era aperta.
Forse l'avevo dimenticata io, anzi, era sicuramente così.
Percorsi il corridoio silenzioso, raggiunsi la cucina, la caffettiera era pronta già da ieri, accesi il gas, fissai quella fiammella bluastra.
Rimasi come imbambolata, ipnotizzata da quella luce, e sentii il suono del caffè che saliva.
Così presto?
Non era il caffè.
Era il respiro di un'oca.
Non ero sola.
Rimasi ferma, chiusi gli occhi.
Lo spavento prese il sopravvento, ed il buio mi avvolse nuovamente.
"Amore! Amore! Svegliati!"
Era la voce di mio marito.
Sentii il calore tornare nel mio corpo.
Aprii lentamente le palpebre, sentii la sua mano che mi carezzava la fronte e le guance.
Misi a fuoco, dove mi trovavo?
Ero in una stanza dalle pareti verdi, soffitto bianco.
"Dove sono?"
"Sei sul letto di un ospedale, va tutto bene" disse mio marito.
"Non ricordo nulla"
Il volto sorridente di Carlo mi apparve davanti, sopra di me, mi sentii felicissima.
"Stamattina sono tornato, ti ho trovata svenuta. Stavi preparando il caffè, a quanto pare, ma non ti è venuto molto buono" concluse con la sua consueta ironia.
"Ho passato una notte agitata" dissi. "Ho fatto un sogno strano"
"Stai tranquilla, ora ci sono io"
"Mi faceva male la pancia, sai".
Carlo mi confortò: "Avrai mangiato pesante, come sempre, quando sei sola".
Sola.
Ero stata sola tutta la notte.
Un incubo.
Era finito tutto, il sangue stava riprendendo ad irrorare il mio corpo, sentivo un benessere crescente.
"Ma per cena, avevi preparato un'oca?" chiese Carlo.
"Cosa?"
"Continuavi a ripetere questa parola, mentre rinvenivi".
Non seppi cosa dire, sentii il battito cardiaco aumentare, la porta della stanza si aprì cigolando.
Era entrata un'infermiera, stava sussurrando qualcosa a mio marito.
Lui aggrottò la fronte, si fece serio: "Ma dice sul serio?"
"Sì signor Baldi, gli esami non lasciano spazio a dubbi"
"Cosa succede?" chiesi.
Carlo si girò, il suo stupore si tramutò in un felice sorriso.
"Amore, sei incinta!"
L'infermiera aveva con sé una cartella verde, iniziò ad aprirla lentamente.
"Incinta?" chiesi. "Ma quando...?"
L'infermiera estrasse un documento rigido.
"Stando all'esame che le abbiamo fatto durante la Tac del corpo, risulta incinta di tre mesi, signora"
"La Tac? Tre mesi???"
"Temevamo avesse avuto un'ischemia all'aorta, e dalla Tac è risultata essere incinta.
Ci spiace, non avevamo notato la pancia, nel senso, non ha una pancia, ci spiace per la Tac"
"Amore stai tranquilla, è tutto a posto. Sei svenuta perché sei incinta"
Tutto tornava.
Sì.
Era tutto normale.
L'infermiera estrasse un secondo documento.
"Vuole vederlo? Abbiamo fatto questa veloce ecografia"
Carlo annuì, in me iniziò uno strano batticuore, identico a quando la sera prima, avrei dovuto accendere o no la luce.
Guardare o no?
Guardai.
Il feto ero ancora piccolo, aveva solo tre mesi.
Aveva solo tre mesi, ma aveva già la testa triangolare e gli occhi neri e grandi.
FINE







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scritto il
2024-05-31
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