Love Granny 14 Il bar della chiattona

di
genere
incesti

La pausa di metà mattina è sacra.
Quando sono in città mi piace sedermi mezz’ora, anche quaranta minuti, con un buon cappuccino, una brioche e un buon libro.
È il momento di staccare la spina.
Siccome deve essere un momento di solitudine ho individuato un bar tranquillo, in centro ma in una viuzza poco battuta con un bel dehor che di solito è sempre vuoto.
I prezzi sono un po’ più alti della media e forse per questo non c’è mai nessuno. A me va bene così, per quanto la qualità del cappuccino sia mediocre e le brioche non abbiano nulla di speciale pago la privacy.
Il motivo dei prezzi alti in realtà è molto semplice: la proprietaria, Francesca, una cinquantaduenne un po’ sovrappeso, è avida.
Le chiedo un bicchiere d’acqua, mi spara due euro.
Porta tre biscotti assieme al cappuccio, per altro non richiesti, e mi aggiunge un euro e mezzo al conto.
Per questo è sempre vuoto immagino. La gente visto il servizio e il costo dopo una volta scappa.
Ma a me va bene perché come ho detto è la mia ora di relax e meno gente ho intorno meglio sto.
Purtroppo la Francesca non deve averlo capito. Dopo un po’ che ho iniziato a frequentare il bar ha iniziato di sua sponte a darmi del tu. Io le sorrido, la guardo. Non è bella, ha tutti i segni del tempo sul viso e una ventina di chili di troppo sul corpo però ha davvero due gran tette che le ballano sotto al vestito. Quando si china a poggiare la tazzina paiono quasi voler straboccare e balzarmi in faccia.
Spesso ha anche le scarpe a tacco alto che sono un po’ paradossali per una barista che sta in piedi tutto il giorno e che sotto alla sua non esile figura la rendono un po’ ’ ridicola sottolineando il culone bello grosso.
Va bene, una occhiata alla mercanzia la do volentieri prima di immergermi nella lettura ma evidentemente, la Francesca, non lo capisce.
Inizia ad attaccare dei bottoni disumani. Chiede che lavoro faccio, vuol sapere dove abito, se sono sposato. Io rispondo a monosillabi, do il minor numero di informazioni possibili, gentile ma fermo per farle intendere che sono cazzi miei.
Ma Francesca non afferra. Anzi inizia a ricambiare. Iniziano dei pipponi galattici sui problemi economici del bar, sul fatto che ha pagato troppo per rilevarlo, sulla concorrenza spietata degli altri bar che, a sua idea, sono tutti disonesti.
Insomma ogni mattina ne ha una.
Così una volta in cui mi sfonda davvero i coglioni con l’ennesima lagnanza dell’incasso magro e altre cazzate di botto le replico sottovoce “potresti darla via così arrotondi”.
Lei sgrana gli occhi “cosa?”.
“Dovresti trovare il modo per arrotondare un po’” ripeto aggiustando il tiro.
Sorride. “Si dovrei” fingendo di non aver capito ma sono sicuro che ha sentito benissimo infatti da lì in poi mi gira lontano.
La volta dopo mi serve con un vestito più scollato del solito e stavolta vedo chiaramente che sotto non ha reggiseno e le grosse poppe dondolano che è un piacere. Mi fa anche un bel sorriso molto più intimo di prima. Poi attacca uno dei soliti pipponi sulle tasse e contro il governo prima di sculettare via ancheggiando i chiapponi.
Come ho detto è avida, raggiunge il culmine quando vado al cesso. Un bagno che chiamarlo tale è un complimento visto che è un buco alla turca con un lavandino buono giusto per una pisciata prima di andare via.
Svuoto la vescica come al solito prima e quando esco mi fa “era pulito il bagno?”.
Ci mancherebbe ancora che fosse sporco penso.
“È si, i bagni come li tiene la Francesca sono in pochi, tutto lindo e profumato” dice e, subito dopo, agita un grosso bicchiere da birra con un biglietto attaccato con lo scotch “mance”.
Impallidisco. Non so che dire o meglio non so da dove iniziare.
Innanzitutto la mancia non si dà al padrone di un esercizio commerciale ma al cameriere.
Due, sono l’unico che paga i suoi prezzi senza far parole nel suo infimo bar vuoto, direi che quell’uso del bagno l’ho già più che pagato.
Tre, mai visto una disquisire sulla pulizia dei cessi, discorso quasi imbarazzante.
Ma lascio stare, anzi, faccio saltare fuori 50 centesimi e li metto nel bicchiere.
Ma Medito un po’ vendetta.

La volta successiva in cui uso il famoso bagno (ma è più un cesso) memore delle sue tette mi tiro una sana sega in piedi davanti al muro e quando mi viene lo schizzo penso divertito a Francesca che la dovrà pulire tutta visto che, di proposito, svuoto i coglioni sulle piastrelle ad altezza bacino.
“Puliscilo con la lingua vecchia vacca” sospiro mentre le do una bella imbiancata.
La cosa diverte è che coi pochi clienti che ha quasi di sicuro capirà che sono stato io.
Mi domando se avrà la faccia di dirmi che le ho sporcato il bagno di sperma…
L’effetto si vede la settimana successiva quando torno.
Mi aspetto di vedere una reazione ma certo non immaginavo i gran sorrisi e soprattutto che, stavolta, quando serve il cappuccino per iniziare mi si fa molto più vicina con la gamba, fasciata in un collant bianco che si struscia palesemente tipo gatta ma, soprattutto, quando si china a servire sul tavolo le vedo indistintamente i capezzoli.
Grossi, a chiodo, duri…
La cosa mi fa un gran piacere lo ammetto. Per quanto sia bruttina le tettone e i culoni li apprezzo sempre.
Poi arriva il momento di andare in bagno. Sarà il caso di farsi un’altra pippa? Visto quanto mi ha mostrato mi andrebbe anche perché mi ha solleticato non poco il siluro che ho fra le gambe.
Invece non c’è ne il tempo. La maniglia si agita, la porta si apre.
Sorpresa appare la vecchia Francesca col vestito aperto, spalancato, le tettone senza reggiseno in bella vista, la gattona pelosa che fa bella mostra visto che non ha nemmeno le mutande, le autoreggenti bianche un po’ da vacca e le scarpe chiare coi tacchi un po’ da zoccola.
“Mi stai pensando anche oggi immagino” dice mentre si chiude la porta alle spalle.
Io non batto ciglio anzi, il mio fratellone di carne, si esibisce più che volentieri.
Ho appena urinato ma non è un problema. Alla vista di quelle poppe subito mi ringalluzzisco. Ha davvero delle gran tettone, un po’ a pera, coi capezzoli piccoli ma con una bella aureola rosa chiaro, molli e cadenti fin quasi al grosso buco che ha per ombelico che domina il suo pancione tondo con le grinze.
Francesca vede il calibro del mio attrezzo e sgrana gli occhi “Wow sembra un palo della luce”.
“Allora adesso ti illumino” dico io.
Si avvicina e con tutta la sua poca eleganza, tenendosi con una mano contro il muro, afferra l’attrezzo, lo porta alla bocca e inizia a lavorare di lingua mentre mi adagio ben bene sulle sue poppe molli come fossero un cuscino.
Le mie mani scivolano fra le sue grasse gambe, le accarezzo il pelazzo lungo e vellutato fino ad arrivare al suo buco dove, senza tanti problemi, ficco dentro due dita e inizio a mungerla ben bene.
La porca viene quasi subito e mi lava la mano.
Porto un dito alla bocca, la sua sbroda è molto gustosa.
Siamo carichi e passiamo velocemente ai fatti.
Francesca si poggia con le mani a palmo contro il muro, proprio sopra al buco della turca, si china appena un po’ in avanti facendo traballare le grasse chiappe e già è pronta.
Lo guido nella sua ciccia orientandomi con il suo brodo caldo. Ha il culo grosso, lardoso e con un sacco di pelo, poco sexy ma fa niente.
Voglio incularla e lo farò.
Quando sente la mia cappella spingere fra le chiappone borbotta “Oi ma che fai?”.
“Tieni il fiato vedrai che ti piacerà”.
“Ma mi fai male. Io lo voglio davanti. Voglio godere”
“Troppo tardi. Vedrai che godrai lo stesso fidati” sorrido e spingo forte della mia mazza d’acciaio che sopporta ogni dolore.
SPROK!
Non è certo vergine ma col mio calibro sento comunque le pareti vaginali dilatarsi.
Geme, vorrebbe urlare ma sa che la sentirebbero e si trattiene a stento mentre scuote tutta la ciccia in un fremito. Sottovoce bestemmia mentre il mio cazzo ormai adattato va avanti e indietro a tutta forza. Piano piano il dolore diventa piacere e stavolta la sua bestemmia sottolinea il primo orgasmo anale della chiattona.
La afferro per le ampie maniglie dei fianchi e inizio a pompare modello martello pneumatico. Voglio venire, voglio riempirle il culo. Pochi colpi e Francesca viene di nuovo con un boato. La sua voce stridula rimbomba per tutto il piccolo cesso. “Cristo, Cristo, Cristo”
Incurante continuo a pompare fino a raggiungere anche io l’appagamento totale mentre con le mani le strizzo i grossi maniglioni di ciccia che ha sui fianchi. Poi sento un formicolio, tutto vibra, la vacca ha scorreggiato. Prima che mi caghi sul cazzo meglio provvedere.
Lo tiro fuori in fretta, ta tiro con forza da una spalla, lei si volta appena in tempo perché le sborri sul petto e sul grande seno. Le tette sono piene. Il mio liquame bianco le cola giù fino al grosso pancione.
Lei mi guarda stupita ma anche grata.
Io faccio un sorriso enigmatico e mentre lei si china poggiando il culo sul buco della turca mi viene istintivo svuotarmi.
Ho tanta piscia quanto sperma e quando la donna si sente piovere sulle tette e sulla faccia urina rovente cerca di protestare ma, più apre la bocca e più il piscio le va in gola.
“Che schifo, che schifo” borbotta.
Io la guardo tutta pisciata e sborrata e tranquillamente me lo sgrullo strofinando la cappella sui suoi capezzoli.
“Mi sto cagando sotto” dice quasi imbarazzata.
Soddisfatto mi rimetto i pantaloni facendo sparire il mio attrezzo e la lascio nel suo cesso chinata a cagare diarrea di sperma merda e orgasmi ovunque.
Che lo pulisca a dovere… penso mentre le chiudo la porta lasciandola a scorreggiare tipo mitragliatrice.
Uscendo lascio i soliti 50 centesimi nel bicchiere delle mance. Oggi sono stati più che meritati.

Purtroppo poco tempo dopo Francesca decide di chiudere il suo fallimentare bar. Costi alti, pochi clienti, guadagno zero. Almeno questo è ciò che racconta in giro. Ora ha un lavoro migliore, più soddisfacente e meglio pagato:
Batte tre sere a settimana sotto al ponte della tangenziale. Pare sia richiestissima soprattutto per gli amanti dell’anale e del pissing.
Alla fine sono contento di averle dato una mano a scoprire la sua vera vocazione da battona anche se adesso dovrò trovarmi un altro bar per le mie colazioni.
scritto il
2024-05-11
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