Love Granny 11 - Alla fattoria
di
Keyseven
genere
incesti
Alla fattoria
Anni fa ebbi una bella esperienza mentre andavo per prati qui dalle nostre parti.
C’era una mandria di mucche e c’era una signora a guardarle, una vecchia ovvio che sapevo essere la decana di una famiglia di pastori visto che andavo a scuola con una delle nipoti e che mia nonna andava a comprare il formaggio da loro di tanto in tanto.
Non era bella, grassa, con la faccia un po’ troppo tonda, capelli lunghi ma spettinati e abiti di lana che di certo non possiamo definire sexy.
Comunque sia a un certo punto noto che si guarda intorno con una certa circospezione e io, che sono dietro a un filare di alberi decido di restare lì diciamo mimetizzato.
La donna (si chiama Raimondina ma tutti la chiamano Dina) si guarda attorno ancora una volta poi lascia le mucche, si mette in un angolo, si accuccia e solleva la gonna.
Allarga bene le grandi gambe dopo essersi calata un paio di mutande bianche oscene solo a vedersi e nemmeno tanto pulite e la sua ficona è in bella vista.
Io a quel punto me lo sono già tirato fuori e mi sto segando cerando di non farmi notare.
La sua fica bella pelosa e folta la posso vedere benissimo e mentre mi gusto la figura ecco che inizia a scrosciare. La vecchia porca sta pisciando. Tranquilla, serena, in mezzo al prato.
Che dire? Che poverina doveva farla non c’è nulla di male…
Ma, c’è un ma, perché dopo la pisciata lunga e fluente se ne sta ancora accucciata. Forse pensa presumo mentre mi massaggio l’uccello.
Invece no, presa forse da una voglia, si ficca due dita nella pancia, trova il buco e inizia a mungersi la patata in allegria slanciandosi all’indietro mentre si tiene in equilibrio con la mano libera poggiata a terra.
Lancia anche dei guaiti di piacere, la sento mentre cerco di smorzare i miei.
Insomma la vecchia porcona si era fatta il suo bravo grilletto che concluse con una bella gettata di liquido che di certo non era piscio.
Io, allo stesso modo, schizzai su un abete tutto ciò che avevo nelle palle e quatto quatto me ne andai.
Da allora è passata circa una decina d’anni ma il ricordo della chiattona in stivali verdi che pisciava e si sgrullava allegramente la passerona cicciotta è rimasto indelebile nelle mie perversioni masturbatorie.
Ora perché racconto questo antefatto? Perché oggi zia Flo si è fatta accompagnare alla cascina di Nina per comprare la sua bella porzione di formaggio fresco quindi, appena ho pensato alla vecchia vaccara subito mi è tornata alla mente con le gambe aperte.
La cascina della famiglia è in cima a una collina e ci andiamo in macchina perché per zia la strada è troppo ripida. Guido piano perché si tratta di una strada stretta, asfaltata alla più o meno anni fa e piena di buchi e dossi. Siccome non vorrei sfasciare la mia Golf GTI con meno di un anno di vita e le rate ancora da coprire praticamente proseguiamo a passo d’uomo.
Nel prato della collina ci sono una dozzina di vacche, la nipote della Raimondina, Clara se ne sta seduta sotto a una pianta e le controlla.
Ha la mia stessa età, un po’ mascolina, poco vestita, tette grosse come la nonna. Non ho mai avuto il piacere ma dicono che la dia via spesso e senza troppi problemi. Quasi quasi dovrei farci un pensierino.
Ci vede, saluta con la mano, noi salutiamo.
Arriviamo e la decana di casa ci accoglie con un gran sorriso. Ora ha superato i sessanta, ha messo su qualche altro chilo con un sedere che fa provincia e una bella panza tonda che i bottoni del vestito stentano a contenere. Anche le tette sono belle grosse e le sbatacchiano sul petto a ogni passo.
Ci porta in quella che potremmo chiamare stanza della stagionatura che in realtà è un bagno con doccia riadattato con delle assi di legno sopra cui ci sono le varie forme di formaggio.
Inizia una sorta di contrattazione sul prezzo fra lei e mia zia a cui preferisco non partecipare e me ne vado fuori perché il misto di odore di formaggio, di chiuso e di merda di vacca non è proprio di mio gradimento.
A lato della fattoria c’è il pollaio e li c’è una donna, con un gran culo che sporge da sotto la gonna chinata a gettare grano alle galline.
Seppur da dietro la riconosco è Clelia, figlia di Nina, mamma di Clara. Deve aver passato i quaranta ma ne dimostra molti di più. Anche lei rubiconda, tettona, un po’ mascolina è perennemente in stivali di gomma.
Si volta, mi guarda, sorride “Che fai bello mi guardi il culone?” e ride.
“No io… scusi signora”.
Molla il sacco del grano ed esce dal pollaio. “Guarda che scherzavo” dice mentre si avvicina.
Io le fisso le poppe sotto al maglione. Sono davvero giganti cosa sarà? Una decima? Ma esiste o fanno i reggiseni su misura? E poi c’è l’hanno il reggiseno?
“Te sei il nipote della Flo vero?”.
“Si”.
“Quello con l’uccello di mezzo metro” ride.
Riesce a farmi arrossire “come scusi? Cioè io…”.
“Tu andavi con la Samantha figlia della giornalaia no?”.
In effetti si, è una mia coetanea che mi sono fatto qualche volta in allegria anche se non abbiamo mai fatto sul serio e ora, per quanto ne so, sta per sposarsi con un ragazzo del paese. Comunque ha ragione quindi annuisco. “La Samantha l’ha detto alla Clara e la Clara a noi” ride senza tanti peli sulla lingua.
“A bene, un po’ di pubblicità non guasta mai -rido anche io- comunque non è mezzo metro hanno esagerato, saranno poco più di trenta centimetri”.
“Come il nostro toro” annuisce la donna.
“Perché glielo ha misurato?”.
“Mio marito. Più c’è l’hanno lungo e più ingravidano bene le vacche lo sapevi?”.
“No. Io comunque non penso di ingravidare nessuna per ora”.
Mi fissa, ci mette un attimo a capire la battuta e poi ride a squarciagola con una finezza troppo mascolina.
“Tua zia è dentro?”.
“Si con vostra madre”.
“Allora ne avranno per un po’. Quando attaccano a ciacolare non finiscono più”.
“Temo di si”.
“Vado a dar da mangiare ai conigli vuoi venire”.
“Si certo volentieri” dico sempre fissandole le grandi poppe cosa di cui credo si sia accorta.
Mi fa entrare in una delle loro stalle buia e in apparenza vuota ma in fondo ci sono le gabbie con una dozzina di bei coniglietti grassi e maturi. Con la stanza in semi ombra senza farlo davvero apposta la sfioro su un fianco.
“Ops scusi”.
“Niente, ma dammi del tu”.
“Allora scusami” e la sfioro di nuovo stavolta con la mano quasi sul culo.
“Sai mio marito è un bravo uomo ma purtroppo c’è la un po’ corto. Beato te che c’è l’hai così grosso”.
Non sarei il porco che sono se non cogliessi al volo quella frase buttata lì senza nemmeno troppa innocenza “Ma vuoi vederlo?” le sussurro mettendole di nuovo la mano sul culone.
La vacca bella rustica non ci gira tanto attorno, mi afferra una mano “e tu le vuoi vedere queste belle puppe”.
Gliene tasto una, sono molto sode quasi più del dovuto ma comunque piacevoli. Intanto la milfona senza farsi tanti problemi mi apre la patta e lo afferra con entrambe le mani.
“O si, è proprio da toro questo”.
Lesta, tenendomi per il cazzo, mi porta in un angolo della stalla dove è accumulata un po’ di paglia. Si sfila la maglia di lana e le poppe gigantesche cascano sbatacchiando sull’ombelico.
Io le agguanto con le mani, ci gioco, le strizzo, godo, mi ci attacco con la bocca.
I capezzoli sono piccoli in proporzione ma bellissimi.
La porca intanto con la pancia che sbatacchia allegra si sfila la gonna, le mutande orrende e resta in stivali di gomma.
Si tuffa a pancia all’aria sul covone di fieno e mi offre le sue grazie.
Ha la fica parecchio pelosa quasi irsuta ed è strano sentire così tanto solletico mentre cerco di trovare il buco…
FOT!
“O si, o si madonna che uccello” geme la vacca.
Io la domino con una mano su una tetta e l’altra a sostenermi mentre il bacino pompa più che mai.
La sento bagnarsi, sta godendo probabilmente come mai in vita sua.
“Montami!” propone dopo che è già venuta non so quante volte.
“O si, come una bella vacca”.
Lo sfilo, lei si volta e si mette a pecora col grosso culone in primo piano.
FOT!
Un colpo secco e sono tutto dentro con le palle che sbattono sulle chiappone. La afferro per i maniglioni di carne e inizio a darci dentro con tutte le mie forze.
Il cazzo sguazza nella sua gnocca pelosa SQUEK SQUEK…
La vacca mormora frasi sconnesse, si agita, le tettone sbattono sul letto fendendo l’aria. “O non mettermi incinta però” dice a un certo punto.
“No, no tranquilla” ribatto senza smettere di usurarle la gnocca a colpi di mazza.
Visto che mi ha dato lo spunto lo afferro al volo. Senza smettere di pompare in fica le metto un dito fra le chiappe.
“Oi!” esclama.
“Fa male?”.
“No però… che fai?”.
“Te lo metto nel culo” dico deciso mentre continuo a lavorare col dito per allargarlo.
“Ma dai…”.
Vorrà mica farmi credere di essere vergine. L’ho sentito subito che è bella aperta.
Quando la sento abbastanza dilata e umida passo all’azione, lo sfilo tutto unto dalla grossa gnocca e tenendole le chiappe belle larghe con una mano cerco a tentoni il buco del culo con la cappella…
Eccolo, lo sento, bello accogliente e stretto.
Un colpo di anca e ci siamo… SPROK!
“Porcod….” urla Clelia.
“Sei troppo grosso per ste cose” protesta.
“Ormai è dentro. Tieni il fiato un attimo”.
“Si ma fa male, mi sfondi. Guarda che se ho il buco del culo largo così mio marito se ne accorge”.
“Adesso ti preoccupi? Dopo che ti ho sfondato la ficona?”.
“A ma quella è elastica mica si vede”.
“Dici?”.
“Del cane non si è mai accorto” mormora.
Io mi blocco col cazzo nel suo culo che comunque va bene per farla acclimatare (hahaha). “Cioè ti fai montare dal cane?”.
“Ha un cazzo enorme” ribatte come se questo spiegasse tutto. Lasciamo perdere, l’immagine mentale di questa porca che si fa montare da un cane è abbastanza inquietante. Strano che non abbia provato anche a farsi il toro.
Comunque ci siamo. Il cazzo si è ricavato il giusto spazio nel suo ano e adesso posso spingere quanto voglio mentre le do dei sonori schiaffoni alle grosse chiappe molli.
Lei gradisce, credo, perché a ogni schiaffo nitrisce tipo cavalla.
Stringo più forte i fianchi quasi a farle male, il ritmo aumenta, sto vendendo, sento la canna piena e pronta a eruttare.
“Sborroooo!” ululo appagato mentre con lunghi colpi le faccio il pieno nelle budella…
“Eccola qua la baldracca!” urla una voce dietro di noi.
Sfilo in fretta il cazzo che sta ancora colando e la guardo. È la signora Nina che mi guarda visibilmente incazzata con le mani sui fianchi.
Clelia scatta lesta in piedi, raccoglie i suoi vestiti e se li porta al ventre fissando la madre.
“Troia, sai se tuo marito ti vedesse!” urla la vecchia.
“Ma mamma il Giacomo c’è l’ha così piccolo lo sai” si giustifica la figlia.
“Va, vai a vestirti e lavati che puzzi come la troia del porcile”.
Clelia scatta verso la porta del fienile in stivali coi vestiti ancora in mano. Vedere il suo corpo grasso e sgarziato con quelle due pendenze che sbattono in ogni dove mentre, in stivali, corre alla massima velocità ha un che di eccitante.
Intanto la vecchia è ancora lì che mi guarda “ha ragione il Giacomo c’è l’ha davvero piccolo poverino”.
Sorrido “però è un bravo ragazzo”.
“A si questo si. Non possiamo mica fargli sapere che è un cornuto”.
Annuisco e, faccio notare, il cazzo e ancora lì bello teso.
“Tua zia non ti trovava più. È andata su nei prati a vedere se eri lì”.
“Invece ero qui. Con lei”.
Sgrana gli occhi “io sono vedova”.
“Lo so Nina e so anche che ti devi toccare da sola per godere”.
“Cosa?”.
“Ti fai i ditalini lo so”.
“A porco ma che fai mi spii?”.
“Io ti voglio Nina” e mi avvicino,
Lei prova a resistere un attimo ma cede quasi subito quando me lo prende in mano. Tempo dieci secondi ed è nuda, a pecora sul fieno col culone bello teso davanti al mio cazzo pronto a penetrare ancora.
“E tua zia?” esclama la vecchia.
“Aspetterà il suo turno” sussurro io… e glielo spingo dentro.
Proprio in quel momento si apre la porta della stalla e, lupus in fabula, ecco la mia bella zia Flo con Clelia al seguito…
Ma questo ve lo racconterò con calma la prossima volta.
Anni fa ebbi una bella esperienza mentre andavo per prati qui dalle nostre parti.
C’era una mandria di mucche e c’era una signora a guardarle, una vecchia ovvio che sapevo essere la decana di una famiglia di pastori visto che andavo a scuola con una delle nipoti e che mia nonna andava a comprare il formaggio da loro di tanto in tanto.
Non era bella, grassa, con la faccia un po’ troppo tonda, capelli lunghi ma spettinati e abiti di lana che di certo non possiamo definire sexy.
Comunque sia a un certo punto noto che si guarda intorno con una certa circospezione e io, che sono dietro a un filare di alberi decido di restare lì diciamo mimetizzato.
La donna (si chiama Raimondina ma tutti la chiamano Dina) si guarda attorno ancora una volta poi lascia le mucche, si mette in un angolo, si accuccia e solleva la gonna.
Allarga bene le grandi gambe dopo essersi calata un paio di mutande bianche oscene solo a vedersi e nemmeno tanto pulite e la sua ficona è in bella vista.
Io a quel punto me lo sono già tirato fuori e mi sto segando cerando di non farmi notare.
La sua fica bella pelosa e folta la posso vedere benissimo e mentre mi gusto la figura ecco che inizia a scrosciare. La vecchia porca sta pisciando. Tranquilla, serena, in mezzo al prato.
Che dire? Che poverina doveva farla non c’è nulla di male…
Ma, c’è un ma, perché dopo la pisciata lunga e fluente se ne sta ancora accucciata. Forse pensa presumo mentre mi massaggio l’uccello.
Invece no, presa forse da una voglia, si ficca due dita nella pancia, trova il buco e inizia a mungersi la patata in allegria slanciandosi all’indietro mentre si tiene in equilibrio con la mano libera poggiata a terra.
Lancia anche dei guaiti di piacere, la sento mentre cerco di smorzare i miei.
Insomma la vecchia porcona si era fatta il suo bravo grilletto che concluse con una bella gettata di liquido che di certo non era piscio.
Io, allo stesso modo, schizzai su un abete tutto ciò che avevo nelle palle e quatto quatto me ne andai.
Da allora è passata circa una decina d’anni ma il ricordo della chiattona in stivali verdi che pisciava e si sgrullava allegramente la passerona cicciotta è rimasto indelebile nelle mie perversioni masturbatorie.
Ora perché racconto questo antefatto? Perché oggi zia Flo si è fatta accompagnare alla cascina di Nina per comprare la sua bella porzione di formaggio fresco quindi, appena ho pensato alla vecchia vaccara subito mi è tornata alla mente con le gambe aperte.
La cascina della famiglia è in cima a una collina e ci andiamo in macchina perché per zia la strada è troppo ripida. Guido piano perché si tratta di una strada stretta, asfaltata alla più o meno anni fa e piena di buchi e dossi. Siccome non vorrei sfasciare la mia Golf GTI con meno di un anno di vita e le rate ancora da coprire praticamente proseguiamo a passo d’uomo.
Nel prato della collina ci sono una dozzina di vacche, la nipote della Raimondina, Clara se ne sta seduta sotto a una pianta e le controlla.
Ha la mia stessa età, un po’ mascolina, poco vestita, tette grosse come la nonna. Non ho mai avuto il piacere ma dicono che la dia via spesso e senza troppi problemi. Quasi quasi dovrei farci un pensierino.
Ci vede, saluta con la mano, noi salutiamo.
Arriviamo e la decana di casa ci accoglie con un gran sorriso. Ora ha superato i sessanta, ha messo su qualche altro chilo con un sedere che fa provincia e una bella panza tonda che i bottoni del vestito stentano a contenere. Anche le tette sono belle grosse e le sbatacchiano sul petto a ogni passo.
Ci porta in quella che potremmo chiamare stanza della stagionatura che in realtà è un bagno con doccia riadattato con delle assi di legno sopra cui ci sono le varie forme di formaggio.
Inizia una sorta di contrattazione sul prezzo fra lei e mia zia a cui preferisco non partecipare e me ne vado fuori perché il misto di odore di formaggio, di chiuso e di merda di vacca non è proprio di mio gradimento.
A lato della fattoria c’è il pollaio e li c’è una donna, con un gran culo che sporge da sotto la gonna chinata a gettare grano alle galline.
Seppur da dietro la riconosco è Clelia, figlia di Nina, mamma di Clara. Deve aver passato i quaranta ma ne dimostra molti di più. Anche lei rubiconda, tettona, un po’ mascolina è perennemente in stivali di gomma.
Si volta, mi guarda, sorride “Che fai bello mi guardi il culone?” e ride.
“No io… scusi signora”.
Molla il sacco del grano ed esce dal pollaio. “Guarda che scherzavo” dice mentre si avvicina.
Io le fisso le poppe sotto al maglione. Sono davvero giganti cosa sarà? Una decima? Ma esiste o fanno i reggiseni su misura? E poi c’è l’hanno il reggiseno?
“Te sei il nipote della Flo vero?”.
“Si”.
“Quello con l’uccello di mezzo metro” ride.
Riesce a farmi arrossire “come scusi? Cioè io…”.
“Tu andavi con la Samantha figlia della giornalaia no?”.
In effetti si, è una mia coetanea che mi sono fatto qualche volta in allegria anche se non abbiamo mai fatto sul serio e ora, per quanto ne so, sta per sposarsi con un ragazzo del paese. Comunque ha ragione quindi annuisco. “La Samantha l’ha detto alla Clara e la Clara a noi” ride senza tanti peli sulla lingua.
“A bene, un po’ di pubblicità non guasta mai -rido anche io- comunque non è mezzo metro hanno esagerato, saranno poco più di trenta centimetri”.
“Come il nostro toro” annuisce la donna.
“Perché glielo ha misurato?”.
“Mio marito. Più c’è l’hanno lungo e più ingravidano bene le vacche lo sapevi?”.
“No. Io comunque non penso di ingravidare nessuna per ora”.
Mi fissa, ci mette un attimo a capire la battuta e poi ride a squarciagola con una finezza troppo mascolina.
“Tua zia è dentro?”.
“Si con vostra madre”.
“Allora ne avranno per un po’. Quando attaccano a ciacolare non finiscono più”.
“Temo di si”.
“Vado a dar da mangiare ai conigli vuoi venire”.
“Si certo volentieri” dico sempre fissandole le grandi poppe cosa di cui credo si sia accorta.
Mi fa entrare in una delle loro stalle buia e in apparenza vuota ma in fondo ci sono le gabbie con una dozzina di bei coniglietti grassi e maturi. Con la stanza in semi ombra senza farlo davvero apposta la sfioro su un fianco.
“Ops scusi”.
“Niente, ma dammi del tu”.
“Allora scusami” e la sfioro di nuovo stavolta con la mano quasi sul culo.
“Sai mio marito è un bravo uomo ma purtroppo c’è la un po’ corto. Beato te che c’è l’hai così grosso”.
Non sarei il porco che sono se non cogliessi al volo quella frase buttata lì senza nemmeno troppa innocenza “Ma vuoi vederlo?” le sussurro mettendole di nuovo la mano sul culone.
La vacca bella rustica non ci gira tanto attorno, mi afferra una mano “e tu le vuoi vedere queste belle puppe”.
Gliene tasto una, sono molto sode quasi più del dovuto ma comunque piacevoli. Intanto la milfona senza farsi tanti problemi mi apre la patta e lo afferra con entrambe le mani.
“O si, è proprio da toro questo”.
Lesta, tenendomi per il cazzo, mi porta in un angolo della stalla dove è accumulata un po’ di paglia. Si sfila la maglia di lana e le poppe gigantesche cascano sbatacchiando sull’ombelico.
Io le agguanto con le mani, ci gioco, le strizzo, godo, mi ci attacco con la bocca.
I capezzoli sono piccoli in proporzione ma bellissimi.
La porca intanto con la pancia che sbatacchia allegra si sfila la gonna, le mutande orrende e resta in stivali di gomma.
Si tuffa a pancia all’aria sul covone di fieno e mi offre le sue grazie.
Ha la fica parecchio pelosa quasi irsuta ed è strano sentire così tanto solletico mentre cerco di trovare il buco…
FOT!
“O si, o si madonna che uccello” geme la vacca.
Io la domino con una mano su una tetta e l’altra a sostenermi mentre il bacino pompa più che mai.
La sento bagnarsi, sta godendo probabilmente come mai in vita sua.
“Montami!” propone dopo che è già venuta non so quante volte.
“O si, come una bella vacca”.
Lo sfilo, lei si volta e si mette a pecora col grosso culone in primo piano.
FOT!
Un colpo secco e sono tutto dentro con le palle che sbattono sulle chiappone. La afferro per i maniglioni di carne e inizio a darci dentro con tutte le mie forze.
Il cazzo sguazza nella sua gnocca pelosa SQUEK SQUEK…
La vacca mormora frasi sconnesse, si agita, le tettone sbattono sul letto fendendo l’aria. “O non mettermi incinta però” dice a un certo punto.
“No, no tranquilla” ribatto senza smettere di usurarle la gnocca a colpi di mazza.
Visto che mi ha dato lo spunto lo afferro al volo. Senza smettere di pompare in fica le metto un dito fra le chiappe.
“Oi!” esclama.
“Fa male?”.
“No però… che fai?”.
“Te lo metto nel culo” dico deciso mentre continuo a lavorare col dito per allargarlo.
“Ma dai…”.
Vorrà mica farmi credere di essere vergine. L’ho sentito subito che è bella aperta.
Quando la sento abbastanza dilata e umida passo all’azione, lo sfilo tutto unto dalla grossa gnocca e tenendole le chiappe belle larghe con una mano cerco a tentoni il buco del culo con la cappella…
Eccolo, lo sento, bello accogliente e stretto.
Un colpo di anca e ci siamo… SPROK!
“Porcod….” urla Clelia.
“Sei troppo grosso per ste cose” protesta.
“Ormai è dentro. Tieni il fiato un attimo”.
“Si ma fa male, mi sfondi. Guarda che se ho il buco del culo largo così mio marito se ne accorge”.
“Adesso ti preoccupi? Dopo che ti ho sfondato la ficona?”.
“A ma quella è elastica mica si vede”.
“Dici?”.
“Del cane non si è mai accorto” mormora.
Io mi blocco col cazzo nel suo culo che comunque va bene per farla acclimatare (hahaha). “Cioè ti fai montare dal cane?”.
“Ha un cazzo enorme” ribatte come se questo spiegasse tutto. Lasciamo perdere, l’immagine mentale di questa porca che si fa montare da un cane è abbastanza inquietante. Strano che non abbia provato anche a farsi il toro.
Comunque ci siamo. Il cazzo si è ricavato il giusto spazio nel suo ano e adesso posso spingere quanto voglio mentre le do dei sonori schiaffoni alle grosse chiappe molli.
Lei gradisce, credo, perché a ogni schiaffo nitrisce tipo cavalla.
Stringo più forte i fianchi quasi a farle male, il ritmo aumenta, sto vendendo, sento la canna piena e pronta a eruttare.
“Sborroooo!” ululo appagato mentre con lunghi colpi le faccio il pieno nelle budella…
“Eccola qua la baldracca!” urla una voce dietro di noi.
Sfilo in fretta il cazzo che sta ancora colando e la guardo. È la signora Nina che mi guarda visibilmente incazzata con le mani sui fianchi.
Clelia scatta lesta in piedi, raccoglie i suoi vestiti e se li porta al ventre fissando la madre.
“Troia, sai se tuo marito ti vedesse!” urla la vecchia.
“Ma mamma il Giacomo c’è l’ha così piccolo lo sai” si giustifica la figlia.
“Va, vai a vestirti e lavati che puzzi come la troia del porcile”.
Clelia scatta verso la porta del fienile in stivali coi vestiti ancora in mano. Vedere il suo corpo grasso e sgarziato con quelle due pendenze che sbattono in ogni dove mentre, in stivali, corre alla massima velocità ha un che di eccitante.
Intanto la vecchia è ancora lì che mi guarda “ha ragione il Giacomo c’è l’ha davvero piccolo poverino”.
Sorrido “però è un bravo ragazzo”.
“A si questo si. Non possiamo mica fargli sapere che è un cornuto”.
Annuisco e, faccio notare, il cazzo e ancora lì bello teso.
“Tua zia non ti trovava più. È andata su nei prati a vedere se eri lì”.
“Invece ero qui. Con lei”.
Sgrana gli occhi “io sono vedova”.
“Lo so Nina e so anche che ti devi toccare da sola per godere”.
“Cosa?”.
“Ti fai i ditalini lo so”.
“A porco ma che fai mi spii?”.
“Io ti voglio Nina” e mi avvicino,
Lei prova a resistere un attimo ma cede quasi subito quando me lo prende in mano. Tempo dieci secondi ed è nuda, a pecora sul fieno col culone bello teso davanti al mio cazzo pronto a penetrare ancora.
“E tua zia?” esclama la vecchia.
“Aspetterà il suo turno” sussurro io… e glielo spingo dentro.
Proprio in quel momento si apre la porta della stalla e, lupus in fabula, ecco la mia bella zia Flo con Clelia al seguito…
Ma questo ve lo racconterò con calma la prossima volta.
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