Pigmei - commercio di schiave (parte 9)

di
genere
sadomaso

“Certo che le acquisterei, ma non al prezzo che tu mi indichi”.
Le due donne ed il loro ospite stavano sorseggiando cherry nelle ampie poltrone di quella sala profumata dai fiori di stagione.
“Vedi Chanel, mi costa meno andare da un contadino, comprargli la figlia e tenermela segretamente nelle cantine”.
Il pensiero coincideva con quello delle due donne.
“Ciò cui voi dovreste servire è evitarmi l’imbarazzo e la spendita del mio nome alla ricerca di schiave, e, soprattutto, darmi merce buona, da cambiare all’occorrenza, ma docile e, soprattutto, addomesticata e con un bel po’ di classe che quelle, evidentemente, non hanno”.
“Potremmo addestrarle”.
“Certo, potresti costringerle a camminare per giorni interi con un libro sulla testa e due sotto le ascelle, per dare loro portamento”.
“Con me avevano fatto così sin da ragazzina”.
“Vero Chanel, appunto, fin da ragazzina. Comunque mesi di lavoro sulle schiave in questo modo renderanno sicuramente i loro effetti. Occorre star loro dietro, frustarle ad ogni errore, essere severi e trattarle come bestie da lavoro”.
“E’ quello che abbiamo fatto ed ha reso molto. Ciò che agli acquirenti interessa è avere un prodotto già pronto, senza dover perdere tempo ad addomesticarlo”.
“Allora da me cosa volete?”.
“Il mercato italiano. In Francia ci sono ancora strascichi della rivoluzione ed occorre muoversi con attenzione. Le nobili sono quasi tutte decapitate. Ce ne sono ancora ma son nascoste. Siamo riusciti ad individuarne 6 e le abbiamo catturate e rivendute benissimo, sempre in Francia. Una qui in Italia”.
“Per una nobile anche io sarei disposto a spendere il doppio”.
“Pensavamo a te per la tua proprietà, che ci consente di addestrare queste bestie in libertà. In Francia abbiamo preso una villa ma non ha le dimensioni di questa e dobbiamo addestrare le schiave nelle cantine. Abbiamo avuto ottimi risultati, ma qui sarebbe diverso”.
“Inoltre pensate che in Italia potreste trovare molti interessati”.
“Sì, qui possiamo anche prendere qualche ricca in Francia ed addomesticarla, ridurla in schiavitù e poi venderla. Anche se non nobile, comunque la classe di una ragazza ricca è sempre appetibile per i Padroni”.
“Cosa manca secondo voi”.
Antonio aveva percepito l’affare, i danari che avrebbero potuto esserci dietro alla tratta delle schiave, la vastità del mercato italiano dove avrebbero potuto essere vendute le schiave francesi oppure, vice versa, il territorio francese dove avrebbero potuto essere vendute le schiave italiane, in modo da non correre pericoli.
Chanel raccontò la loro esperienza, prima persona alla quale narrarono non proprio tutto ma abbastanza.
“Alle schiave europee manca la schiavitù, quella dentro, quella negli occhi, quella che abbiamo sperimentato nel vllaggio dei pigmei”.
“E le schiave catturate dai mercanti di schiavi quali quelli nelle cui mani voi siete finite?”.
“Non c’è differenza tra quelle e le schiave che potremmo rapire noi qui e rivendere. Loro nemmeno le educavano. Rapivano e vendevano. Il vantaggio per i Padroni era quello di non correre nessun rischio nell’approvvigionamento e di ritrovarsi, però, una schiava grezza. Quelli non guardavano nulla, se non al sesso delle rapite”.
“Avete notato differenza di interessamento sul mercato?”.
“Certo. Alla fine quelli interessati sono sempre gli stessi. La differenza a nostro vantaggio è che poichè li conosco, evitavo loro di andare a farsi vedere al mercato delle schiave. Inoltre cercavo di vendere prodotti già addomesticati e, per loro che comperavano, erano tanta cosa. Siamo noi che vediamo la differenza tra queste schiave e quelle che ho visto nel villaggio dei pigmei”.
Seguì un attimo di silenzio. Poi un sorriso si fece strada sul volto di Antonio.
“Voi avete un gran patrimonio di conoscenze dei diversi ambienti. Io ho il patrimonio dei contatti, almeno qui in Italia”.
Le due donne si guardarono senza capire a cosa puntasse l’uomo.
“Diventiamo soci. Ciascuno di noi ha una conoscenza e competenza che manca agli altri. Uniamoci. Andiamo a prendere le schiave dai pigmei. Così potremo vendere merce ottima e farla pagare moltissimo e, soprattutto, non rischiare quasi nulla nei rapimenti e nel tempo per gli addestramenti in quanto sono già addomesticate bene”.
“Tornare dai pigmei? Chi?”.
“Tutti noi. Voi conoscete il territorio, i pigmei, un po’ la loro lingua, i loro usi. Sapete come prenderli e, quindi, convincerli a fare ciò che non hanno mai fatto, cioè commercio”.
Le due socie vedevano tutte le implicazioni e le potenzialità.
Era rischioso, certamente, ma i vantaggi ed i guadagni sarebbero stati enormi.
Non dovevano rapire e nemmeno perdere tempo ad educare. Sarebbero semplicemente andate a prendere merce già pronta per la vendita, senza pericoli se non quelli del viaggio. Inoltre avrebbero immesso sul mercato schiave vere e la differenza si sarebbe vista. In un attimo avrebbero avuto molti clienti, selezionati e ricchi.
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2024-05-27
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