Pigmei - commercio di schiave (parte 10)

di
genere
sadomaso

Nella cabina della nave verso l’Africa, Antonio era seduto cavalcioni sul viso di una schiava che gli doveva leccare il culo mentre un’altra ragazza gli stava succhiando il cazzo.
Con le dita impugnava i capezzoli della donna sotto di lui e glieli torceva godendo del dolore procurato.
Non sapeva i nomi delle schiave e non gli interessava.
Erano oggetti, ragazze acquistate dai contadini. Avevano anche scoperto che alcune orfane, tenute dagli zii, avevano anche un prezzo inferiore in quanto si facevano meno scrupoli a venderle, pur di racimolare una somma di danaro.
La domanda delle schiave non era alta e, quindi, il prezzo dell’offerta era molto basso. Per loro era una bocca in meno da sfamare soprattutto riferita ad una che in campagna poteva rendere poco.
Il gruppo composto dalle due socie originarie alle quali si era aggiunto Antonio, ne aveva complessivamente acquistate 8. Poco rischio e tanta scelta.
Le avevano imbarcate e tenute nelle loro cabine, incatenate.
Chanel e Monique avevano insistito sulla necessità di dar loro cibo ottimo in quantità. Avevano faticato a convincere l’uomo di questa necessità ed alla fine l’avevano spuntata facendo riferimento alla loro esperienza.
Per Antonio era solo uno spreco inutile di danaro ma, alla fine, aveva capitolato in quanto sapeva che si stava avventurando in una terra sconosciuta per vivere un’esperienza altrettanto sconosciuta.
Chanel gli aveva spiegato che quando loro erano schiave dei Pigmei, erano sempre state trattate bene per il cibo. Magari mangiavano gli avanzi ma non gli scarti.
Quella tribù aveva ben compreso che una schiava ben nutrita rende e lavora meglio. Per loro la schiavitù è una risorsa.
Inoltre dovevano affrontare un viaggio lungo e faticoso ed era importante che le bestie fossero in grado di percorrere la distanza.
Antonio aveva goduto ed era soddisfatto quando si recò sul balconcino della nave. Non era una imbarcazione ricca ma, allungando qualcosa al capitano, avevano facilmente ottenuto di poter imbarcare tutte quelle ragazze sottocosto e nelle stesse cabine senza dover dare troppe spiegazioni.
L’uomo aveva scoperto l’adorazione che trovava molto eccitante.
Mentre parlava con le sue socie, ancora si godeva la novità del commercio nel quale si era appena inserito, traendo piacere dalla merce.
Seduto in poltrona, appoggiava i piedi sul ventre di una schiava stesa a terra, mentre altre due, bionde, gli stavano leccando i piedi.
I polsi di queste erano legati dietro alla schiena.
Per mero divertimento, ogni tanto le colpiva col frustino, anche senza motivo alcuno.
Il profumo del mare gli piaceva moltissimo. Era il suo primo viaggio su una nave e, fortunatamente, non ne soffriva. L’immensità degli spazi e la distesa d’acqua che li circondava gli dava una serenità che non avrebbe mai pensato di poter provare.
La sera prima vi era stata una tempesta ed avevano avuto molta paura ma, nel giro di qualche ora, tutto era passato.
Temevano altre tempeste ma, al momento, tutto proseguiva bene.
Erano partiti da Genova, città nella quale Antonio aveva molte conoscenze e, soprattutto, affari.
Aveva molti commerci con l’estero e, per questo, non aveva avuto difficoltà a trovare un'imbarcazione sicura sulla quale viaggiare.
Conosceva il proprietario e il capitano.
Al primo aveva promesso una schiava al loro ritorno. Gli avrebbe dato la possibilità di scegliere tra quelle che avrebbero riportato dall’Africa. A lui interessava che fosse bianca.
Al capitano, ogni tanto, prestavano una schiava da tenere in cabina e restituire il giorno dopo.
Molto spesso l’oggetto, al momento della restituzione, era segnato da strisce rosse. Non avevano mai fatto domande circa il loro utilizzo anche perché non era di loro interesse. Era sufficiente che non le restituisse danneggiate.
Così fosse stato gli avevano detto che gli sarebbe stato addebitato il costo e si sarebbe potuto tenere la merce avariata.
L’uomo, un cinquantenne che ne dimostrava molti di più, anche a causa della vita dura di mare, era sempre stato nei limiti.
Antonio e Chanel, che ne avevano parlato più per curiosità che per altro, avevano ipotizzato che gli piacesse cavalcare gli animali a 4 zampe in quanto spesso al mattino avevano le ginocchia segnate e arrossate con colpi evidenti di frustino sulle natiche, tipiche di una cavalla frustata per essere incentivata a procedere.
Nemmeno chiesero qualcosa alle schiave in quanto, tutto sommato, non era cosa di loro interesse. La conversazione si era limitata ad una battuta fatta davanti alla schiava incatenata a terra alla quale non rivolsero nessuna domanda.
Avevano litigato solo una volta, quando aveva restituito una schiava con troppi segni di frusta sulla schiena e sulle cosce.
A lei non avevano chiesto cosa fosse successo, interessando solo lo stato di fatto della merce.
Il loro timore era che l’animale non avrebbe potuto affrontare il viaggio verso la tribù dei pigmei.
L’arrivo al porto era previsto tra due giorni, e tutte le bestie avrebbero dovuto essere in grado di sopportare la fatica della camminata e del trasporto delle merci necessarie per affrontare i chilometri che li dividevano dalla destinazione.
Una schiava da soma che non avesse potuto portare pacchi per la pelle segnata, rischiava di essere inutile.
Concordarono che per la restante parte della traversata in mare al capitano non sarebbe stata consegnata più nessuna schiava.
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2024-05-28
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