Pigmei - commercio di schiave (parte 11)
di
Kugher
genere
sadomaso
Appena sbarcati, Chanel riconobbe i luoghi nei quali era stata quale schiava, catturata, unitamente a Monique con la quale era fuggita dal villaggio dei pigmei dove adesso erano diretti.
Si diressero al capanno dove avveniva la vendita delle schiave catturate agli armatori che, clandestinamente, le avrebbero portate sul continente.
La maggior parte erano nere, ma non ne mancavano di bianche. Queste ultime, ovviamente, avevano un prezzo più elevato.
Antonio, che non era abituato, fu colpito dall’odore di varia umanità in quel locale chiuso, pieno di donne e uomini incatenati ed altri, sudati, che facevano offerte.
Diedero un'occhiata alla merce in esposizione e decisero di comprarne un paio. Erano bianche. Furono tentati di comperarne un paio nere anche perchè costavano veramente poco, soprattutto se paragonate ai prezzi delle bianche. Tuttavia al villaggio dei pigmei avevano visto solo schiave bianche e non volevano trovarsi di fronte a reazioni indesiderate da parte di quel popolo.
Le donne acquistate erano tedesche. Avranno avuto circa 25 anni, in evidente forma fisica.
Scoprirono che erano sorelle ed appartenenti ad una comitiva in vacanza dalla quale erano state rapite.
Oltre che belle erano apparentemente di classe.
Interrogate dopo una buona dose di frustate, con l’intento di ammorbidirle e renderle di lingua sciolta, appresero che erano appartenenti a famiglia ricca ma non nobile.
Merce interessante per la classe innata che le persone ricche avevano. Da quelle bestie avrebbero potuto strappare un ottimo guadagno.
Complessivamente la carovana era composta da 10 schiave, loro tre, e 6 uomini dipendenti di Antonio che usava come uomini rudi di fatica che, all’occorrenza, non si facevano scrupoli nell’usare le mani, i coltelli e le armi in genere.
Visto il valore delle merce avevano bisogno di protezione.
Antonio non capì perché comprarono solo 6 cavalli che, scoprì, erano destinati agli uomini armati.
Pensava che avrebbero dovuto comperarne altri per tirare il carro sul quale avrebbero viaggiato loro con le scorte alimentari.
Queste erano ridotte. Le due donne conoscevano il territorio e sapevano che avrebbero trovato cibo e acqua.
Invece dei cavalli, per tirare il carro furono usate le 10 schiave. A cassetta stavano a turno uno dei tre soci che non lesinavano le frustate alle cavalle umane.
Le soste erano organizzate e a intervalli regolari, quindi se le cavalle erano stanche avrebbero preso tante frustate fino a che non si fossero messe nuovamente al passo desiderato dai Padroni.
Chanel e Monique apprezzarono diversamente l’aria e la limpidezza del cielo notturno rispetto alla volta precedente, quando l’andata verso il campo dei pigmei era stata fatta in condizioni di cattività ed al ritorno erano praticamente state catturate quasi subito dagli inglesi che, poi, le avevano vendute come schiave ad un commerciante che le aveva riportate in Francia.
La conoscenza di quel territorio fu utile nella ricerca del cibo e dell’acqua, cose che non mancarono mai, né per loro né per le cavalle.
Una sera erano intorno al fuoco, dopo cena.
Antonio e le due socie stavano parlando. Una schiava stava succhiando il suo cazzo.
“Potremmo pensare ad un marchio”.
Antonio evidentemente aveva pensato a lungo a questa cosa perché la espose con sicurezza.
“Cosa intendi?”
“Ho visto alcune schiave vendute dai mercanti appena sbarcati. E’ roba anche bella ma ancora grezza come schiavitù. Anche le nostre sono belle ma non hanno la schiavitù dentro di loro e che voi dite potrà essere raggiunta qui in Africa. Quindi le nostre schiave avranno qualcosa della quale tutte le altre saranno sprovviste. Potremmo imprimere loro un marchio di azienda, in modo che sia noto a tutti chi sono i venditori. La roba di qualità da prestigio. Per la gente sarà un vanto poter esibire schiave con il nostro marchio e le nostre quotazioni saliranno, anche perchè la gente sarà ben impressionata dalla schiavitù delle donne e degli uomini che vedranno dai loro amici e ci contatteranno per acquistarne a loro volta”.
Chanel fu subito colpita da questa idea, comprendendo bene tutte le implicazioni economiche.
In sostanza la schiava o lo schiavo, con la sua educazione diversa da quella delle altre schiave sul mercato, avrebbe fatto loro da pubblicità gratuita.
“Come potremmo marchiarle?”
Antonio manifestò un sorriso eccitato nel momento in cui dovette rispondere.
“Così come si marchia il bestiame, con un ferro infuocato. Lo potremmo fare noi, e sarà pure divertente”.
La schiava che gli stava succhiando il cazzo ebbe una reazione di paura e la cosa lo eccitò ulteriormente.
Le prese la testa e le spinse la bocca fino a sentire la gola contro il cazzo dal quale uscì copioso lo sperma al punto da far tossire la schiava.
Tre schiaffi forti la punirono per averlo sporcato. La schiava si rannicchiò, prostrata, chiedendo scusa. Antonio le pose una scarpa sulla testa schiacciando forte e la colpì ripetutamente sulla schiena con lo scudiscio.
“Stupido animale!!!”
Col piede la spinse a terra fino a che la ragazza non fu stesa sulla schiena. Le pose un piede sul petto e le camminò sopra, allontanandosi.
Si diressero al capanno dove avveniva la vendita delle schiave catturate agli armatori che, clandestinamente, le avrebbero portate sul continente.
La maggior parte erano nere, ma non ne mancavano di bianche. Queste ultime, ovviamente, avevano un prezzo più elevato.
Antonio, che non era abituato, fu colpito dall’odore di varia umanità in quel locale chiuso, pieno di donne e uomini incatenati ed altri, sudati, che facevano offerte.
Diedero un'occhiata alla merce in esposizione e decisero di comprarne un paio. Erano bianche. Furono tentati di comperarne un paio nere anche perchè costavano veramente poco, soprattutto se paragonate ai prezzi delle bianche. Tuttavia al villaggio dei pigmei avevano visto solo schiave bianche e non volevano trovarsi di fronte a reazioni indesiderate da parte di quel popolo.
Le donne acquistate erano tedesche. Avranno avuto circa 25 anni, in evidente forma fisica.
Scoprirono che erano sorelle ed appartenenti ad una comitiva in vacanza dalla quale erano state rapite.
Oltre che belle erano apparentemente di classe.
Interrogate dopo una buona dose di frustate, con l’intento di ammorbidirle e renderle di lingua sciolta, appresero che erano appartenenti a famiglia ricca ma non nobile.
Merce interessante per la classe innata che le persone ricche avevano. Da quelle bestie avrebbero potuto strappare un ottimo guadagno.
Complessivamente la carovana era composta da 10 schiave, loro tre, e 6 uomini dipendenti di Antonio che usava come uomini rudi di fatica che, all’occorrenza, non si facevano scrupoli nell’usare le mani, i coltelli e le armi in genere.
Visto il valore delle merce avevano bisogno di protezione.
Antonio non capì perché comprarono solo 6 cavalli che, scoprì, erano destinati agli uomini armati.
Pensava che avrebbero dovuto comperarne altri per tirare il carro sul quale avrebbero viaggiato loro con le scorte alimentari.
Queste erano ridotte. Le due donne conoscevano il territorio e sapevano che avrebbero trovato cibo e acqua.
Invece dei cavalli, per tirare il carro furono usate le 10 schiave. A cassetta stavano a turno uno dei tre soci che non lesinavano le frustate alle cavalle umane.
Le soste erano organizzate e a intervalli regolari, quindi se le cavalle erano stanche avrebbero preso tante frustate fino a che non si fossero messe nuovamente al passo desiderato dai Padroni.
Chanel e Monique apprezzarono diversamente l’aria e la limpidezza del cielo notturno rispetto alla volta precedente, quando l’andata verso il campo dei pigmei era stata fatta in condizioni di cattività ed al ritorno erano praticamente state catturate quasi subito dagli inglesi che, poi, le avevano vendute come schiave ad un commerciante che le aveva riportate in Francia.
La conoscenza di quel territorio fu utile nella ricerca del cibo e dell’acqua, cose che non mancarono mai, né per loro né per le cavalle.
Una sera erano intorno al fuoco, dopo cena.
Antonio e le due socie stavano parlando. Una schiava stava succhiando il suo cazzo.
“Potremmo pensare ad un marchio”.
Antonio evidentemente aveva pensato a lungo a questa cosa perché la espose con sicurezza.
“Cosa intendi?”
“Ho visto alcune schiave vendute dai mercanti appena sbarcati. E’ roba anche bella ma ancora grezza come schiavitù. Anche le nostre sono belle ma non hanno la schiavitù dentro di loro e che voi dite potrà essere raggiunta qui in Africa. Quindi le nostre schiave avranno qualcosa della quale tutte le altre saranno sprovviste. Potremmo imprimere loro un marchio di azienda, in modo che sia noto a tutti chi sono i venditori. La roba di qualità da prestigio. Per la gente sarà un vanto poter esibire schiave con il nostro marchio e le nostre quotazioni saliranno, anche perchè la gente sarà ben impressionata dalla schiavitù delle donne e degli uomini che vedranno dai loro amici e ci contatteranno per acquistarne a loro volta”.
Chanel fu subito colpita da questa idea, comprendendo bene tutte le implicazioni economiche.
In sostanza la schiava o lo schiavo, con la sua educazione diversa da quella delle altre schiave sul mercato, avrebbe fatto loro da pubblicità gratuita.
“Come potremmo marchiarle?”
Antonio manifestò un sorriso eccitato nel momento in cui dovette rispondere.
“Così come si marchia il bestiame, con un ferro infuocato. Lo potremmo fare noi, e sarà pure divertente”.
La schiava che gli stava succhiando il cazzo ebbe una reazione di paura e la cosa lo eccitò ulteriormente.
Le prese la testa e le spinse la bocca fino a sentire la gola contro il cazzo dal quale uscì copioso lo sperma al punto da far tossire la schiava.
Tre schiaffi forti la punirono per averlo sporcato. La schiava si rannicchiò, prostrata, chiedendo scusa. Antonio le pose una scarpa sulla testa schiacciando forte e la colpì ripetutamente sulla schiena con lo scudiscio.
“Stupido animale!!!”
Col piede la spinse a terra fino a che la ragazza non fu stesa sulla schiena. Le pose un piede sul petto e le camminò sopra, allontanandosi.
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