Nicola e Alberto Cap IV: Preparazione
di
Andrea10F09
genere
pulp
Preparazione
“Maestro ho superato la prova?”
“Sì, ragazzo e bene, per cui la tua richiesta è stata accolta.”
“Grazie Maestro. Lo devo a Lei, che penetrandomi con le dita nel culo, mi ha procurato un piacere incredibile. Ho visto i il suo villoso addome, il suo meraviglioso, favoloso, superbo membro, … il suo canyon roccioso ricoperto di un dolcissimo caramello. Ansimavo, tremavo, piangevo e quella pece mi era una crema soave, deliziosa, quanto mai morbida; e il mio anello sussultava, sobbalzava, trasaliva quando veniva invaso, perforato, trapanato dalle sue dita per prendere aria, rilassarsi quando lo abbandonavano, ma boccheggiava, ansava per risentirle muoversi dentro. Maestro grazie! E’ stato Lei a farmela superare!”
“Ohhhhhhh caro ragazzo, quanta gentilezza c’è in te! Fermiamoci e baciamoci; che le nostre lingue si annodino, che i nostri corpi si uniscano! Aderisci con il pube al mio e masturbiamoci, pene contro pene. Il tuo culetto sodo è un paradiso per gli uomini e io lo bramo, lo desidero, lo sospiro. Quanto fremo, quanto ti voglio! Le nostre lingue si allacciano, si annodano per aspirare le nostre salive al sapore di merda; le mie mani strizzano, torcono, stringono le tue chiappette e tu salti e batti il tuo membro giovanile sul mio, come bacchetta di tamburo contro bacchetta, per aprire un nuovo concerto. Vuoi piccolo venirmi in braccio, abbracciarmi al collo e sederti sulla mia verga, nuovamente rigida, granitica, soda, gonfia, e tanto calda? Non importa se condividiamo ancora la merda che abbiamo sui corpi; essa è per noi caramello, glassa di miele e frutta.”
“Ohhhh Maestro!”
“Vuoi piccolo scugnizzo che con le dita, mentre ti tengo in braccio, visiti di nuovo il tuo buchetto?”
“Enfff, sììììììì; basta che poi non perda, che non caschino sostanze a lordare, inzaccherare il sentiero.”
“Non succederà, poiché, quando percepirò uscite, le stenderò di nuovo sul tuo posteriore. Anzi te le darò da sorbire di nuovo, da inghiottire perché tu le centellini, le assapori mentre le ingurgiti. Ohh giorno felice, fausto che mi ha fatto godere parzialmente di te, del tuo splendido, luminoso corpo!”
“Ohh Maestro, il mio fisico cede, barcolla, ondula fra nebbie, mi sembra di … ohhh sto pisss... Ohhh …”
“Presidente il ragazzo, il ragazzo!” Nicolò aveva perso i sensi; le bracci penzolavano sul dorso dell’uomo, senza presa. Dalle gambe dell’uomo scorrevano scie brunastre, intervallate a trasparenze con grumi scuro-terra.
“Portiamolo al lavatoio. Con calma, è prezioso, di inestimabile valore. Aiutatemi a posarlo: sì, così, piano. Adagiamolo e posizioniamolo su un fianco, in modo che gli addetti all’igiene lo possano lavare, pulire, sciacquare con più facilità. E’ svenuto, ma è riuscito lo stesso a pisciare e prima … bheee, gliele ho sparse sul sedere e anche sul viso. Per lui sono glassa, caramello, cioccolato al latte da sorbire lentamente, centellinandole, godendole e da usare come crema massaggio. Tant’è vero che ha eiaculato nuovamente a causa della frizione provocata dall’andatura; orgasmo proseguito con la spontanea espulsione di urine. Ecco il motivo della perdita dei sensi. Era così bello tenerlo nel mio giardino umido, soggetto a delicati strofinii; a ripetute, assidue, vischiose frizioni, che stavo per godere di nuovo anch’io.”
“La sua esposizione di ciò che è avvenuto fra voi, da quando l’ha preso in braccio, dopo averlo baciato a lungo, mi sprona a chiederle, Presidente, di reiterare la sua esperienza vellutata, ricca, domani con me, dopo che anche suo padre avrà goduto dei suoi orifizi. Lei è a conoscenza di quanto piacere io tragga dallo spargere letame e dall’arare un terreno ben concimato. L’ho visto oggi con Lei e mi sono ripromesso di fare la sua stessa esperienza con il figlio del nostro amico, Francesco.”
“Non c’è nulla che lo impedisca, visto che ha superato la prima prova; per cui lui, come tutti noi, deve accogliere, gradendole, comprendendole e godendo delle richieste che gli vengono proposte.”
“Gradirei che ci fossero un po’ delle nostre urine, per averle più morbide, cremose, delicate. Ohhh magnifica visione quella di sollevargli il volto con le mani lorde, impiastricciate di feci, mentre si fotte sul mio perno e poi le carezze mentre gode della fresatura, del passaggio dell’aratro e del deposito in profondità del seme.”
“Darò ordine, Signor Stefano, che le feci di voi quattro con quelle del ragazzo siano preparate come da lei richiesto, ma devono comunque essere trattate con l’anti germi, anche se i vostri esami sono perfetti. Non me ne voglia, ma la prudenza non è mai troppa: io l’ho fatto con le sue feci sapendo del suo eccezionale, ideale stato di salute. Vabbè, è un germoglio appena uscito dalla cuticola, ma voi siete adulti, per cui …”
“Presidente si sta svegliando, rifiorisce, si muove.”
“Dimmi primo analista, sommelier e assaggiatore di rifiuti umani: è vero quello che hai detto? Si sta riprendendo?”
“Rimettetelo in piedi e lavatelo ac-cu-ra-ta-men-te, e con amorevole attenzione; successivamente l’enema sulla ruota. Starò qui ad osservare con altri ospiti e tu piccolino, rimettiti in fretta, che la giornata, ora, è ancora lunga e, domani, sarà ancora più intensa.”
“Piano, mi state facendo solletico. Non lo sopportoooooooooooo!”
“Piccolo: l’essere lavati, strofinati, sciacquati, detersi da altre persone è parte dell’ospitalità, che in questa maison è sacra; inoltre, a noi, che scrutiamo, i tuoi movimenti di torsione, di estensione, di fluttuazione di contratture, di pause respiratorie, di fremiti, di spasmi, piacciono. Il personale che vedi e che sta lavorando su di te, è composto da ospiti. E’ stato scelto, valutato e preparato per questa mansione sapendo che, se il lavoro non sarà eseguito a regola d’arte, sarà punito.
“Ma …”
“Niente ma! Loro devono eseguire le mansioni a cui sono preposti: come analizzare e gustare le feci, controllare e assaggiare le urine di ognuno al mattino di ogni giorno, davanti agli ospiti che in fila attendono il loro turno al cacatoio-pisciatoio. Sono vari addetti con un responsabile. Questo compito loro affidato è di estrema importanza, poiché serve a controllare la salute dei presenti, dato che, anche una semplice escoriazione può provocare una infezione. Questo modo di fare si chiama: prevenzione. Sei bellissimo, incantevole, seducente, ben proporzionato e ben fatto, splendido! Sembra che la natura abbia riversato, su di te, bagliori di luce; che abbia voluto formarti con il pennello del Sorolla o con le mani del Canova. Prima con quel vestito eri uno straordinario spettacolo erotico, ora sei una emozione pura, continua: la tua bocca, le tue mani, il tuo addome, i tuoi piedi, le tue natiche, il tuo culo sono da baci, da morsi, da … Ohhh signor Francesco: godremo intensamente di suo figlio e lo terremmo, lo stringeremmo, lo strizzeremmo, lo accartocceremmo, incarteremmo per molto tempo. Lavatemi: deve vedermelo per ricordarselo nella sua completa estensione e, poi, irritate, infiammate anche loro: deve fissare quelli che domani lo prenderanno, lo areranno, lo dissoderanno, lo scasseranno, lo solcheranno, lo rivolteranno per coltivare, inseminare il suo intestino. In poche parole sarà la sua giornata nella calle di Sodoma. Assaggiatore controlla, batti, ungi, ispeziona, apri la corolla e inserisci quello che il degustatore ti porterà.”
“Che mi fate?”
“Devi fidarti, piccolo. Siamo i tuoi spazzini, i tuoi netturbini. Abbiamo fatto un servizio di pulizia e ora lo perfezioneremo con delle creme nutrienti. Gli operatori che lo avevano preso e sollevato lo sistemarono prono-accovacciato con il sedere sul volto dell’assaggiatore, steso su un tavolaccio rotondo, detto ruota del serviziale. Il suo buchetto era lì, chiuso, sbiancato, disidratato, vizzo, forse esitante o debole, ma quell’addetto, che conosceva il suo lavoro, iniziò a soffiare, come per tranquillizzare, rassicurare, confortare e poi a bussare con la punta della lingua per vedere la reazione delle crespe; … e queste presero colore, si ammorbidirono per aprirsi a nuovi tocchi più duraturi e lunghi; accettarono pulsando, come per gioire del corteggiamento di delicate pennellate di lingua. Si aprirono di più, quando delle mani allargarono per strizzare, comprimere le loro burrose difese e quella maledetta lingua, infaticabile, finalmente, dilatata la corolla, penetrò nel calice per muoversi, percuotere, affondare, asportare, consegnare unguenti salivari sino a percepire quelle crespe crescere, gonfiarsi, dilatarsi per vibrare, aprirsi e chiudersi, come a chiedere di essere dissetate. Proseguiva quella insopportabile, tremenda trivella nella sua opera di addolcimento, di sottomissione al piacere, del fiore grinzoso e del canalone del paradiso, per allungarsi sino al contenitore di due sodi, freschi testicoli. Urlava, si torceva e contraeva dondolandosi o protendendosi, il giovinetto, bloccato dagli inservienti e per effetto prolungato delle pastiglie evacuava liquidi o, forse, essenze orgasmiche anali. Fiaccato, svigorito, era un continuo sussultare, tremare, piangere.
“Deliziosa: è una crema rara in un maschietto. Per completare il servizio dovrei snervare, sfibrare, debilitare la muscolatura delle natiche, per cui …” Nicola, ancora ansante per l’orgasmo anale, si lasciò tranquillamente guidare e disporre prono, con gli arti divaricati e fissati alla ruota e un guanciale duttile, morbido sotto l’addome. Il suo anello propagava, diffondeva e sprigiona raggi solari. Dai membri dei presenti colavano, fluivano lunghi filamenti trasparenti.
“Stai bene, figlio mio? Lo so è una dolcissima tortura, a cui non ci si può sottrarre. Abbandonati, fiducioso e sereno, alle loro mani.”
Ssssvipp, … ssszanggggg. Un sibilo, una sculacciata di paddle raggiunse una sua natica. Sorpresa, stupore, sconcerto negli occhi del ragazzino. Ssssvippp … sssciaffffffffffffg sull’altra. ”Ahhhhhhhh” Lo sculacciatore in pelle picchiava prima una e poi l’altra. Da colpi dati senza forza, ma comunque dolorosi, a quelli più violenti. Il suono sanciva l’intensità della percossa e della sofferenza. Ad ogni botto il sederino si imporporava, si scaldava, seguito inizialmente da urli, successivamente da lamenti che divenivano sempre più flebili. Il tavolaccio, mosso da una pompa idraulica, da verticale si muoveva verso l’orizzontale e, ad intervalli non regolari, ondulava o sobbalzava, facendogli prendere la botta in aree diverse. Dalle contratture, provocate dalle reazioni al dolore, alle distensioni, all’abbandono, all’accettazione, sino a veder scorrere sul legno liquidi paglierini; le sue natiche da toniche a rilassate, sino a cadere, a cedere alla languidezza, allo sfinimento, al languore tanto che anche dal buchetto proseguiva il fluire lento di sostanze oleose. L’addetto al servizio idraulico, trascinatosi il porta enema, da cui partiva una prolunga in gomma terminante in un rubinetto di ebanite nero su cui era montata una cannula, di una ventina di centimetri, con alle estremità dei rigonfiamenti, osservò l’esito delle percosse per tastare, esaminare, sondare l’arrendevolezza, la docilità, la malleabilità della muscolatura sfinterica del piccolo. Parlava, parlava e parlava, mentre palpeggiava, ispezionava, studiava per assicurarsi la corretta ubicazione del rubinetto, che aprì leggermente, facendo uscire un piccolo spruzzo di liquido dal tubicino, dello spessore di un mignolo; poi la posizionò, esplorandone l’umida apertura fra i glutei come fosse una chiave da far entrare in una toppa, per introdurla lentamente, prima la testa, poi il corpo e infine il rigonfiamento della base. La ritirava e la reintroduceva con gesti ripetitivi. Si riprese a quella nuova tortura di colpetti interni, di strusci alle sue mucose anali, di pause, di rallentamenti.
“E’ bellissimo. Sì, … sìììììììììì, non fermarti, ti prego!"
Emise piccole grida, gemiti, lamenti. Al culmine del piacere provocatogli dalle oscillazioni, dalle fluttuazioni della testa del sondino, l’operatore glielo introdusse sino al rigonfiamento della base e aprì il rubinetto. L’enema esplose in lui con un forte zampillo, reso ancora più straordinario dalle contrazioni del corpo provocate dalla giostra della ruota. L’acqua calda, carezzevole, allegra, prese possesso dell’intestino, lo invadeva, lo inondava e lo puliva, aiutata da quei sobbalzi, dai repentini cambi di direzione, come fosse su un tagadà. A volte si trovava con i glutei verso l’alto o in orizzontale, da una parte o dall’altra e quegli inaspettati, bruschi, pazzeschi balzi gli causavano trasalimenti, palpitazioni e spasmi intestinali, anche se in quelle posizioni il clistere si bloccava, per riprendere, quando riprendeva a ruotare. I presenti percepivano lo sciabordio, la voce dell’acqua effusa dal suo interno; ne scorgevano gli effetti dolorosi dai pugni chiusi, dagli allungamenti degli arti inferiori, nelle contrazioni muscolari dei glutei, dagli ansimi, dai respiri profondi e dai successivi piagnucolamenti. In un momento estremo non riuscì a trattenere un grande respiro e un lungo gemito. Il tagadà rallentò per fermarsi con lui a testa in giù.
“Basta: fa male. Mi viene da …”
“Non temere. Stiamo lavorando per prepararti a domani e quindi, se vuoi che sia una festa che ricorderai, devi vivere e superare il test sulla ruota sussultante, oscillante. I presenti stanno godendo delle tue contrazioni, vedono i tuoi glutei diventare marmorei. Per noi, … per loro significa voglia, grande desiderio di possederti, di incularti, di fotterti. Tra poco riprenderà il clistere. Hai ormai terminato l’inalazione. Lo so che non hai mai fatto una lavanda intestinale, ma può esserci una prima volta. Ora, mentre verrai sbalestrato, sbattuto come fa la lavandaia per pulire la biancheria, l’acqua riprenderà ad invadere il tuo intestino, a fluire per farti spurgare dopo con l’evacuazione.”
“Ho male, devo annnnn…”
“Lo so, ma stringi e resisti. Ancora un po’ di pazienza. E’ quasi terminato.” L’acqua aveva ripreso il suo corso e a conquistare i vuoti residui del suo interno, mentre i presenti potevano vedere la cannula nel suo fiore irrorato di unguenti e il suo fisico soggiacere agli sbalzi e alle rotazioni della giostra. Stringeva, contraeva la muscolatura anale, come per bloccare il tormento, l’invasione, lo scorrere dei liquidi rimasti. Piangeva, frignava, gemeva sempre più spossato, sempre più indebolito. Aveva il lamento di una cagnetta sofferente, sfinita, confusa, punita, ferita.
"Ecco fatto. È finito. E’ normale che abbia provato dolore con una pulizia intestinale, con un lavaggio come questo. Abbi un po’ di pazienza, che ti farò star meglio, nel frattempo goditi le frizioni e le manipolazioni al culo. Non appena avrai meno dolore ti slegherò, riprenderò la cannula e potrai svuotarti. Un allievo assaggiatore raccoglierà le tue evacuazioni. Hai resistito bene alla giostra, subita per debilitare, fiaccare, infrangere le tue resistenze. Dopo controllerò come cede e si aprirà il tuo accesso e … come si dilaterà la tua ampolla.”
“Mi sta passando un po’; slegami e fammi scendere che devo …”
“Non ancora: devo vedere; tuttavia, si può iniziare a lenire la sofferenza.” Dopo che l’ebbe slegato, con precauzione, lentamente prese ad estrargli il tubicino, tirando fuori il rigonfiamento dalla base, chiedendogli di stringere, mentre la gomma scivolava all’esterno, seguita dall’altra pallina. Aiutato, sempre stando sul tavolaccio, lo fecero sedere sul secchio igienico utilizzato per quello scopo, disposto ben in vista dei presenti. Gli scrosci furono lunghi e abbondanti e l’acqua che usciva era sempre più limpida.
” Ohhhnnnffff! Sto meglio! Ennff, … ennfff, … ennnfff … sì, sto meglio! La testa mi gira, ma che …”
“Dobbiamo vedere come ricevi e quanto l’acqua abbia illanguidito il tuo intestino.”
“Ohh sììììììì, la lingua! Sììì … sììììì … sììììììììì, … ancora! Morde, … bruca, … punge, … spinge, … la voglio dentro, dentro, … dentro …dentro … dentro! Si sta … Ohhhhhhh, mi sento pieno. Sono … un qualcosa dentro che riempie, … riempie … riempie! Mi piace … mi piace … Ohhhhhhhhhhhh! Che cos’è?”
“Domani sarà una gran festa per te, ragazzo mio! Sì, sarà per te, ma anche per noi che assisteremo, che ti ammireremo! Ohhhh sìììì, sarà una gran bella festa! Abbiamo voluto solo debilitare, stressare, estenuare le tue resistenze per farti capire il piacere che proverai con le tue prime sodomizzazioni. Abbiamo voluto aprire, dilatare la tua ampolla rettale per farti gustare il piacere di sentirla piena, gonfia, colma; ma non abbiamo forzato il tuo anello sfinterico, perché il piacere delle prime volte deve provenire da stupri. Loro ti violenteranno, abuseranno di te per obbligarti a riceverli. Ti fotteranno! Ti fotteranno, ma è quello che desideri, che chiedi e che stai da tempo sognando.”
“Maestro ho superato la prova?”
“Sì, ragazzo e bene, per cui la tua richiesta è stata accolta.”
“Grazie Maestro. Lo devo a Lei, che penetrandomi con le dita nel culo, mi ha procurato un piacere incredibile. Ho visto i il suo villoso addome, il suo meraviglioso, favoloso, superbo membro, … il suo canyon roccioso ricoperto di un dolcissimo caramello. Ansimavo, tremavo, piangevo e quella pece mi era una crema soave, deliziosa, quanto mai morbida; e il mio anello sussultava, sobbalzava, trasaliva quando veniva invaso, perforato, trapanato dalle sue dita per prendere aria, rilassarsi quando lo abbandonavano, ma boccheggiava, ansava per risentirle muoversi dentro. Maestro grazie! E’ stato Lei a farmela superare!”
“Ohhhhhhh caro ragazzo, quanta gentilezza c’è in te! Fermiamoci e baciamoci; che le nostre lingue si annodino, che i nostri corpi si uniscano! Aderisci con il pube al mio e masturbiamoci, pene contro pene. Il tuo culetto sodo è un paradiso per gli uomini e io lo bramo, lo desidero, lo sospiro. Quanto fremo, quanto ti voglio! Le nostre lingue si allacciano, si annodano per aspirare le nostre salive al sapore di merda; le mie mani strizzano, torcono, stringono le tue chiappette e tu salti e batti il tuo membro giovanile sul mio, come bacchetta di tamburo contro bacchetta, per aprire un nuovo concerto. Vuoi piccolo venirmi in braccio, abbracciarmi al collo e sederti sulla mia verga, nuovamente rigida, granitica, soda, gonfia, e tanto calda? Non importa se condividiamo ancora la merda che abbiamo sui corpi; essa è per noi caramello, glassa di miele e frutta.”
“Ohhhh Maestro!”
“Vuoi piccolo scugnizzo che con le dita, mentre ti tengo in braccio, visiti di nuovo il tuo buchetto?”
“Enfff, sììììììì; basta che poi non perda, che non caschino sostanze a lordare, inzaccherare il sentiero.”
“Non succederà, poiché, quando percepirò uscite, le stenderò di nuovo sul tuo posteriore. Anzi te le darò da sorbire di nuovo, da inghiottire perché tu le centellini, le assapori mentre le ingurgiti. Ohh giorno felice, fausto che mi ha fatto godere parzialmente di te, del tuo splendido, luminoso corpo!”
“Ohh Maestro, il mio fisico cede, barcolla, ondula fra nebbie, mi sembra di … ohhh sto pisss... Ohhh …”
“Presidente il ragazzo, il ragazzo!” Nicolò aveva perso i sensi; le bracci penzolavano sul dorso dell’uomo, senza presa. Dalle gambe dell’uomo scorrevano scie brunastre, intervallate a trasparenze con grumi scuro-terra.
“Portiamolo al lavatoio. Con calma, è prezioso, di inestimabile valore. Aiutatemi a posarlo: sì, così, piano. Adagiamolo e posizioniamolo su un fianco, in modo che gli addetti all’igiene lo possano lavare, pulire, sciacquare con più facilità. E’ svenuto, ma è riuscito lo stesso a pisciare e prima … bheee, gliele ho sparse sul sedere e anche sul viso. Per lui sono glassa, caramello, cioccolato al latte da sorbire lentamente, centellinandole, godendole e da usare come crema massaggio. Tant’è vero che ha eiaculato nuovamente a causa della frizione provocata dall’andatura; orgasmo proseguito con la spontanea espulsione di urine. Ecco il motivo della perdita dei sensi. Era così bello tenerlo nel mio giardino umido, soggetto a delicati strofinii; a ripetute, assidue, vischiose frizioni, che stavo per godere di nuovo anch’io.”
“La sua esposizione di ciò che è avvenuto fra voi, da quando l’ha preso in braccio, dopo averlo baciato a lungo, mi sprona a chiederle, Presidente, di reiterare la sua esperienza vellutata, ricca, domani con me, dopo che anche suo padre avrà goduto dei suoi orifizi. Lei è a conoscenza di quanto piacere io tragga dallo spargere letame e dall’arare un terreno ben concimato. L’ho visto oggi con Lei e mi sono ripromesso di fare la sua stessa esperienza con il figlio del nostro amico, Francesco.”
“Non c’è nulla che lo impedisca, visto che ha superato la prima prova; per cui lui, come tutti noi, deve accogliere, gradendole, comprendendole e godendo delle richieste che gli vengono proposte.”
“Gradirei che ci fossero un po’ delle nostre urine, per averle più morbide, cremose, delicate. Ohhh magnifica visione quella di sollevargli il volto con le mani lorde, impiastricciate di feci, mentre si fotte sul mio perno e poi le carezze mentre gode della fresatura, del passaggio dell’aratro e del deposito in profondità del seme.”
“Darò ordine, Signor Stefano, che le feci di voi quattro con quelle del ragazzo siano preparate come da lei richiesto, ma devono comunque essere trattate con l’anti germi, anche se i vostri esami sono perfetti. Non me ne voglia, ma la prudenza non è mai troppa: io l’ho fatto con le sue feci sapendo del suo eccezionale, ideale stato di salute. Vabbè, è un germoglio appena uscito dalla cuticola, ma voi siete adulti, per cui …”
“Presidente si sta svegliando, rifiorisce, si muove.”
“Dimmi primo analista, sommelier e assaggiatore di rifiuti umani: è vero quello che hai detto? Si sta riprendendo?”
“Rimettetelo in piedi e lavatelo ac-cu-ra-ta-men-te, e con amorevole attenzione; successivamente l’enema sulla ruota. Starò qui ad osservare con altri ospiti e tu piccolino, rimettiti in fretta, che la giornata, ora, è ancora lunga e, domani, sarà ancora più intensa.”
“Piano, mi state facendo solletico. Non lo sopportoooooooooooo!”
“Piccolo: l’essere lavati, strofinati, sciacquati, detersi da altre persone è parte dell’ospitalità, che in questa maison è sacra; inoltre, a noi, che scrutiamo, i tuoi movimenti di torsione, di estensione, di fluttuazione di contratture, di pause respiratorie, di fremiti, di spasmi, piacciono. Il personale che vedi e che sta lavorando su di te, è composto da ospiti. E’ stato scelto, valutato e preparato per questa mansione sapendo che, se il lavoro non sarà eseguito a regola d’arte, sarà punito.
“Ma …”
“Niente ma! Loro devono eseguire le mansioni a cui sono preposti: come analizzare e gustare le feci, controllare e assaggiare le urine di ognuno al mattino di ogni giorno, davanti agli ospiti che in fila attendono il loro turno al cacatoio-pisciatoio. Sono vari addetti con un responsabile. Questo compito loro affidato è di estrema importanza, poiché serve a controllare la salute dei presenti, dato che, anche una semplice escoriazione può provocare una infezione. Questo modo di fare si chiama: prevenzione. Sei bellissimo, incantevole, seducente, ben proporzionato e ben fatto, splendido! Sembra che la natura abbia riversato, su di te, bagliori di luce; che abbia voluto formarti con il pennello del Sorolla o con le mani del Canova. Prima con quel vestito eri uno straordinario spettacolo erotico, ora sei una emozione pura, continua: la tua bocca, le tue mani, il tuo addome, i tuoi piedi, le tue natiche, il tuo culo sono da baci, da morsi, da … Ohhh signor Francesco: godremo intensamente di suo figlio e lo terremmo, lo stringeremmo, lo strizzeremmo, lo accartocceremmo, incarteremmo per molto tempo. Lavatemi: deve vedermelo per ricordarselo nella sua completa estensione e, poi, irritate, infiammate anche loro: deve fissare quelli che domani lo prenderanno, lo areranno, lo dissoderanno, lo scasseranno, lo solcheranno, lo rivolteranno per coltivare, inseminare il suo intestino. In poche parole sarà la sua giornata nella calle di Sodoma. Assaggiatore controlla, batti, ungi, ispeziona, apri la corolla e inserisci quello che il degustatore ti porterà.”
“Che mi fate?”
“Devi fidarti, piccolo. Siamo i tuoi spazzini, i tuoi netturbini. Abbiamo fatto un servizio di pulizia e ora lo perfezioneremo con delle creme nutrienti. Gli operatori che lo avevano preso e sollevato lo sistemarono prono-accovacciato con il sedere sul volto dell’assaggiatore, steso su un tavolaccio rotondo, detto ruota del serviziale. Il suo buchetto era lì, chiuso, sbiancato, disidratato, vizzo, forse esitante o debole, ma quell’addetto, che conosceva il suo lavoro, iniziò a soffiare, come per tranquillizzare, rassicurare, confortare e poi a bussare con la punta della lingua per vedere la reazione delle crespe; … e queste presero colore, si ammorbidirono per aprirsi a nuovi tocchi più duraturi e lunghi; accettarono pulsando, come per gioire del corteggiamento di delicate pennellate di lingua. Si aprirono di più, quando delle mani allargarono per strizzare, comprimere le loro burrose difese e quella maledetta lingua, infaticabile, finalmente, dilatata la corolla, penetrò nel calice per muoversi, percuotere, affondare, asportare, consegnare unguenti salivari sino a percepire quelle crespe crescere, gonfiarsi, dilatarsi per vibrare, aprirsi e chiudersi, come a chiedere di essere dissetate. Proseguiva quella insopportabile, tremenda trivella nella sua opera di addolcimento, di sottomissione al piacere, del fiore grinzoso e del canalone del paradiso, per allungarsi sino al contenitore di due sodi, freschi testicoli. Urlava, si torceva e contraeva dondolandosi o protendendosi, il giovinetto, bloccato dagli inservienti e per effetto prolungato delle pastiglie evacuava liquidi o, forse, essenze orgasmiche anali. Fiaccato, svigorito, era un continuo sussultare, tremare, piangere.
“Deliziosa: è una crema rara in un maschietto. Per completare il servizio dovrei snervare, sfibrare, debilitare la muscolatura delle natiche, per cui …” Nicola, ancora ansante per l’orgasmo anale, si lasciò tranquillamente guidare e disporre prono, con gli arti divaricati e fissati alla ruota e un guanciale duttile, morbido sotto l’addome. Il suo anello propagava, diffondeva e sprigiona raggi solari. Dai membri dei presenti colavano, fluivano lunghi filamenti trasparenti.
“Stai bene, figlio mio? Lo so è una dolcissima tortura, a cui non ci si può sottrarre. Abbandonati, fiducioso e sereno, alle loro mani.”
Ssssvipp, … ssszanggggg. Un sibilo, una sculacciata di paddle raggiunse una sua natica. Sorpresa, stupore, sconcerto negli occhi del ragazzino. Ssssvippp … sssciaffffffffffffg sull’altra. ”Ahhhhhhhh” Lo sculacciatore in pelle picchiava prima una e poi l’altra. Da colpi dati senza forza, ma comunque dolorosi, a quelli più violenti. Il suono sanciva l’intensità della percossa e della sofferenza. Ad ogni botto il sederino si imporporava, si scaldava, seguito inizialmente da urli, successivamente da lamenti che divenivano sempre più flebili. Il tavolaccio, mosso da una pompa idraulica, da verticale si muoveva verso l’orizzontale e, ad intervalli non regolari, ondulava o sobbalzava, facendogli prendere la botta in aree diverse. Dalle contratture, provocate dalle reazioni al dolore, alle distensioni, all’abbandono, all’accettazione, sino a veder scorrere sul legno liquidi paglierini; le sue natiche da toniche a rilassate, sino a cadere, a cedere alla languidezza, allo sfinimento, al languore tanto che anche dal buchetto proseguiva il fluire lento di sostanze oleose. L’addetto al servizio idraulico, trascinatosi il porta enema, da cui partiva una prolunga in gomma terminante in un rubinetto di ebanite nero su cui era montata una cannula, di una ventina di centimetri, con alle estremità dei rigonfiamenti, osservò l’esito delle percosse per tastare, esaminare, sondare l’arrendevolezza, la docilità, la malleabilità della muscolatura sfinterica del piccolo. Parlava, parlava e parlava, mentre palpeggiava, ispezionava, studiava per assicurarsi la corretta ubicazione del rubinetto, che aprì leggermente, facendo uscire un piccolo spruzzo di liquido dal tubicino, dello spessore di un mignolo; poi la posizionò, esplorandone l’umida apertura fra i glutei come fosse una chiave da far entrare in una toppa, per introdurla lentamente, prima la testa, poi il corpo e infine il rigonfiamento della base. La ritirava e la reintroduceva con gesti ripetitivi. Si riprese a quella nuova tortura di colpetti interni, di strusci alle sue mucose anali, di pause, di rallentamenti.
“E’ bellissimo. Sì, … sìììììììììì, non fermarti, ti prego!"
Emise piccole grida, gemiti, lamenti. Al culmine del piacere provocatogli dalle oscillazioni, dalle fluttuazioni della testa del sondino, l’operatore glielo introdusse sino al rigonfiamento della base e aprì il rubinetto. L’enema esplose in lui con un forte zampillo, reso ancora più straordinario dalle contrazioni del corpo provocate dalla giostra della ruota. L’acqua calda, carezzevole, allegra, prese possesso dell’intestino, lo invadeva, lo inondava e lo puliva, aiutata da quei sobbalzi, dai repentini cambi di direzione, come fosse su un tagadà. A volte si trovava con i glutei verso l’alto o in orizzontale, da una parte o dall’altra e quegli inaspettati, bruschi, pazzeschi balzi gli causavano trasalimenti, palpitazioni e spasmi intestinali, anche se in quelle posizioni il clistere si bloccava, per riprendere, quando riprendeva a ruotare. I presenti percepivano lo sciabordio, la voce dell’acqua effusa dal suo interno; ne scorgevano gli effetti dolorosi dai pugni chiusi, dagli allungamenti degli arti inferiori, nelle contrazioni muscolari dei glutei, dagli ansimi, dai respiri profondi e dai successivi piagnucolamenti. In un momento estremo non riuscì a trattenere un grande respiro e un lungo gemito. Il tagadà rallentò per fermarsi con lui a testa in giù.
“Basta: fa male. Mi viene da …”
“Non temere. Stiamo lavorando per prepararti a domani e quindi, se vuoi che sia una festa che ricorderai, devi vivere e superare il test sulla ruota sussultante, oscillante. I presenti stanno godendo delle tue contrazioni, vedono i tuoi glutei diventare marmorei. Per noi, … per loro significa voglia, grande desiderio di possederti, di incularti, di fotterti. Tra poco riprenderà il clistere. Hai ormai terminato l’inalazione. Lo so che non hai mai fatto una lavanda intestinale, ma può esserci una prima volta. Ora, mentre verrai sbalestrato, sbattuto come fa la lavandaia per pulire la biancheria, l’acqua riprenderà ad invadere il tuo intestino, a fluire per farti spurgare dopo con l’evacuazione.”
“Ho male, devo annnnn…”
“Lo so, ma stringi e resisti. Ancora un po’ di pazienza. E’ quasi terminato.” L’acqua aveva ripreso il suo corso e a conquistare i vuoti residui del suo interno, mentre i presenti potevano vedere la cannula nel suo fiore irrorato di unguenti e il suo fisico soggiacere agli sbalzi e alle rotazioni della giostra. Stringeva, contraeva la muscolatura anale, come per bloccare il tormento, l’invasione, lo scorrere dei liquidi rimasti. Piangeva, frignava, gemeva sempre più spossato, sempre più indebolito. Aveva il lamento di una cagnetta sofferente, sfinita, confusa, punita, ferita.
"Ecco fatto. È finito. E’ normale che abbia provato dolore con una pulizia intestinale, con un lavaggio come questo. Abbi un po’ di pazienza, che ti farò star meglio, nel frattempo goditi le frizioni e le manipolazioni al culo. Non appena avrai meno dolore ti slegherò, riprenderò la cannula e potrai svuotarti. Un allievo assaggiatore raccoglierà le tue evacuazioni. Hai resistito bene alla giostra, subita per debilitare, fiaccare, infrangere le tue resistenze. Dopo controllerò come cede e si aprirà il tuo accesso e … come si dilaterà la tua ampolla.”
“Mi sta passando un po’; slegami e fammi scendere che devo …”
“Non ancora: devo vedere; tuttavia, si può iniziare a lenire la sofferenza.” Dopo che l’ebbe slegato, con precauzione, lentamente prese ad estrargli il tubicino, tirando fuori il rigonfiamento dalla base, chiedendogli di stringere, mentre la gomma scivolava all’esterno, seguita dall’altra pallina. Aiutato, sempre stando sul tavolaccio, lo fecero sedere sul secchio igienico utilizzato per quello scopo, disposto ben in vista dei presenti. Gli scrosci furono lunghi e abbondanti e l’acqua che usciva era sempre più limpida.
” Ohhhnnnffff! Sto meglio! Ennff, … ennfff, … ennnfff … sì, sto meglio! La testa mi gira, ma che …”
“Dobbiamo vedere come ricevi e quanto l’acqua abbia illanguidito il tuo intestino.”
“Ohh sììììììì, la lingua! Sììì … sììììì … sììììììììì, … ancora! Morde, … bruca, … punge, … spinge, … la voglio dentro, dentro, … dentro …dentro … dentro! Si sta … Ohhhhhhh, mi sento pieno. Sono … un qualcosa dentro che riempie, … riempie … riempie! Mi piace … mi piace … Ohhhhhhhhhhhh! Che cos’è?”
“Domani sarà una gran festa per te, ragazzo mio! Sì, sarà per te, ma anche per noi che assisteremo, che ti ammireremo! Ohhhh sìììì, sarà una gran bella festa! Abbiamo voluto solo debilitare, stressare, estenuare le tue resistenze per farti capire il piacere che proverai con le tue prime sodomizzazioni. Abbiamo voluto aprire, dilatare la tua ampolla rettale per farti gustare il piacere di sentirla piena, gonfia, colma; ma non abbiamo forzato il tuo anello sfinterico, perché il piacere delle prime volte deve provenire da stupri. Loro ti violenteranno, abuseranno di te per obbligarti a riceverli. Ti fotteranno! Ti fotteranno, ma è quello che desideri, che chiedi e che stai da tempo sognando.”
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