Un imprevisto turno di notte

di
genere
etero

Valéria Da Silva si infilò a fatica, come al solito, nella sua aderente uniforme da infermiera, dimenando il corpo per adattare la stoffa color celeste al suo ampio seno. Era sempre stata una ragazza dal davanzale abbondante, fin dalla sua adolescenza, e le uniformi standard si tendevano per la pressione esercitata dal suo seno enorme. Del resto, se avesse dovuto indossare un'uniforme che si adattasse bene alle sue misure superiori, questa le sarebbe caduta lungo i fianchi come una campana; i suoi fianchi e il suo sedere, infatti, erano snelli e atletici, solo lievemente arrotondati. Sospirò mentre sforzava di allacciare il bottone superiore, quindi si ammirò allo specchio. "Non male per una di quasi 40 anni…", disse tra sé. Lo pensavano certamente anche tutti i medici e i pazienti del suo reparto, quello di Ortopedia; lei raccoglieva i loro sguardi d'ammirazione quando facevano i loro giri, ma rifiutava sempre qualsiasi corteggiamento. Da quando si era trasferita in Italia per lavorare, quasi 6 anni prima, lasciando in Brasile il marito che non aveva voluto saperne di spostarsi dalla sede centrale della sua azienda, i suoi contatti intimi con un uomo erano stati sporadici e comunque superficiali. Non che non ne avesse avuto la possibilità.
"È un peccato, però…" si disse mentre si girava e guardava il suo riflesso nello specchio, "…che tutto questo vada sprecato…".

Quella notte per lei sarebbe stato un turno strano, perché il figlio della sua migliore amica, Paolo, era stato ricoverato nel suo reparto. Era cascato dalla moto -quella moto che sua madre aveva sconsigliato a suo padre di comprare per il suo 19° compleanno, ma che lui gli aveva comprato lo stesso- e si era procurato una microfrattura a un polso e una lussazione alla spalla; nulla di preoccupante, era stato rassicurato, ma poiché la caduta era stata rovinosa, avevano comunque deciso di tenerlo sotto osservazione per quella notte, per evitare imprevedibili complicazioni neurologiche. Così la sua amica, la madre del ragazzo, le aveva chiesto di tenerlo sotto controllo, almeno fino alla mattina dopo, quando lo avrebbero dimesso.
Così, quella notte, il giovane Paolo sarebbe stato uno dei suoi pazienti. Quantomeno la sua cara amica sarebbe stata tranquilla.
Pescò le chiavi della macchina dalla borsa, quindi uscì di casa. Lungo il tragitto fino all'auto si imbatté in Beniamino, l'anziano edicolante, che la salutò flirtando con lei come suo solito.
"Ehilà, infermiera Valéria, mi vuole sposare?".
"Me lo chieda domani, signor Beniamino, oggi sono già sposata", ribatté lei, come al solito.

* * *

Paolo Bernardi, questo il nome del ragazzo, aveva la sua stanza all'ospedale, uno dei vantaggi di appartenere a una famiglia ricca, ma non gli piaceva rimanere a letto senza fare nulla, così si era messo a girare per il reparto. Stava tornando nella sua stanza quando si accorse della presenza di Giorgio, un amico di suo padre, uomo di mezza età, piacente e piacione, ricoverato per l'innesto di una protesi al ginocchio. Dopo essersi trattenuto un po' con lui, a un certo punto Giorgio gli fece l'occhiolino e sorrise.
"Lei sarà di turno stanotte, ragazzo…".
Paolo si avvicinò al letto di Giorgio.
"Chi sarà di turno?".
"L'infermiera con le tette enormi!". Giorgio si chinò in avanti e sussurrò. "Cristo, non ne ho mai viste così grandi. Non solo, è anche dannatamente figa… quei lunghi capelli scuri, e quel viso… tu aspetta di vederla…".
Paolo aveva capito subito che Giorgio intendeva l'amica di sua madre, non appena aveva sentito le parole «tette enormi». Era vero; neanche Paolo aveva mai visto una donna con un seno grosso quanto quello dell'amica infermiera di sua madre. Era un patito delle tette e amava le ragazze ben dotate, ma il fatto era che nessuna ragazza le aveva grosse come lei. Sapeva che non era giusto misurarle, per così dire, o confrontarle con le «dotazioni» delle altre, ma non poteva farne a meno.
Giorgio gli fece un cenno ammiccante con la testa.
"La riconoscerai quando la vedrai, ragazzo…".
"Ne sono sicuro".
Paolo tornò nella sua stanza e si sdraiò sul letto. Sarebbe stato bello, per lui, dormire lì sapendo che qualcuno di familiare vegliava su di lui… ma anche lui era tormentato: ultimamente i suoi pensieri riguardo alla migliore amica di sua madre si erano trasformati in certo qual modo in sessuali. Sapeva che questo era naturale, considerando il suo fisico, ma sentiva ancora un senso di colpa quando a volte si masturbava, a casa, pensando a lei. Sicuramente era strano. Ma ragazzi, quelle tette! Accese la TV, nel disperato tentativo di pensare ad altro prima di eccitarsi troppo.

* * *

Valéria giunse al reparto e passò la procedura di consegna con le altre infermiere prima di poter fare il suo giro e poi andare a trovare Paolo. Notò Giorgio Villani che la guardava mentre compilava le sue scartoffie, e si domandò se lui avesse mai fantasticato su di lei. A Valéria sarebbe piaciuto; era un bell'uomo, in fondo, e lei sentiva la sua astinenza farsi sempre più forte col passare del tempo… ma in fondo alla mente qualcosa la bloccava: era convinta che, nel momento in cui avesse iniziato a uscire con altri uomini, avrebbe mancato di rispetto a suo marito. Eppure aveva degli impulsi come qualsiasi altra donna, anche lei desiderosa di uno sfogo sessuale; al momento tuttavia trovava sollievo solo sditalinandosi furiosamente quando tornava a casa dal lavoro. Ne godeva, ma poi si sentiva sola; non era la stessa cosa che toccare un uomo, sentire le sue mani virili sul suo corpo. Scosse la testa. Non era il momento di pensare troppo al sesso.
Decise di andare a trovare Paolo.

La sua stanza si trovava in fondo al corridoio, e quando ci arrivò si era ormai tranquillizzata un po'. Bussò alla porta ma non ebbe risposta, così la aprì delicatamente, pensando che lui si fosse addormentato.
In effetti Paolo stava dormendo, con la TV accesa, ma il suo letto era sfatto, così si avvicinò per rassettare le coperte.

Paolo era sdraiato sulla schiena, con indosso solo i pantaloni del pigiama, e Valéria pensò a quanto bene fosse cresciuto quel ragazzo. A 19 anni era nella squadra di nuoto, ed era tonico e ben formato lì dove molti ragazzi della sua età dovevano ancora sbocciare. «Farà molto felice qualche ragazza, un giorno…» pensò. Cominciò a riordinare le coperte, poi si fermò, sentendosi in colpa mentre lo faceva.
Paolo aveva un'erezione. Il davanti del pigiama formava come una tenda dei pellerossa e, a giudicare dall'aspetto, era ben messo. Valéria cercò di ignorarlo e si focalizzò di nuovo sulle coperte, ma esitò ancora una volta. Non se la sentiva di coprire qualcosa di così allettante. Si morse il labbro inferiore. A che diavolo stava pensando? Era stata così tanto tempo senza un uomo che ora si stava arrapando davanti all'erezione del figlio della sua amica?
Pensò che, se lo avesse lasciato scoperto, avrebbe potuto passare dalla sua stanza ogni tanto e semplicemente… limitarsi a guardarlo. Sentì un formicolìo nel basso ventre a pensarci. L'erezione di Paolo era a pochi centimetri dalle sue mani… e se l'avesse sfiorato accidentalmente? Lasciò scorrere lievemente la mano sulla tenda del pigiama e sospirò forte quando lo sentì, turgido, attraverso la stoffa. Dio del cielo, cosa stava facendo? Lei era quasi una di famiglia per lui, lei e sua madre si frequentavano da diversi anni, lo aveva visto crescere…! Ma era una sensazione così bella. Per circa sei anni era rimasta a stecchetto, e ora, davanti a lei, c'era un membro rampante ed eccitato. Come poteva ignorarlo? Voleva solo dargli un'occhiata, non di più.
Raggiunse i bottoni del pigiama di lui. «No, non devo farlo; è il figlio della mia migliore amica, della mia amica del cuore… cosa sucederebbe se lo venisse a sapere?», pensò. Ma qualcosa, all'improvviso, le era scattato dentro, e adesso non riusciva più a fermarsi. Si sentiva eccitata, e quell'eccitazione si era diffusa per tutto il suo essere, prendendo il sopravvento sulle sue capacità di ragionare, fino a ché tutto ciò che contava per lei era vedere il cazzo di Paolo. Alla fine gli slacciò i bottoni, e la robusta virilità del ragazzo si sollevò pigramente e pesantemente dal pigiama aperto.
Stava eretto davanti a lei, il prepuzio tirato leggermente all'indietro, dimodoché la punta violacea del glande pareva fissarla con il suo unico occhio. Il suo cazzo era spesso, con la cappella a fungo e l'aspetto solido.

Valéria si morse il labbro inferiore e cercò di controllare il respiro. Sfiorò con la mano quel mostro gonfio, e il contatto della pelle sulla pelle la fece sussultare. Il cazzo di Paolo sussultò leggermente. Valéria sorrise, i suoi occhi fissarono il suo corpo tonico, il suo stomaco si aggrovigliava per l'eccitazione di ciò che stava per accadere.
Allungò la mano per afferrarlo, tirando il prepuzio leggermente all'indietro, e deliziandosi alla sensazione di quel meraviglioso esemplare di virilità. Ed apparteneva ad un ragazzo di 19 anni. Si sentva così orgogliosa. Pompando con la mano, tirò il prepuzio leggermente in avanti, poi indietro, poi di nuovo in avanti.
Paolo gemette nel sonno.
«Oh cielo… sto tenendo in mano il figlio della mia amica…» pensò.
Afferrò l'asta nel palmo e lo masturbò un po' più forte, guardando le palle di Paolo alzarsi e abbassarsi mentre lei lo manipolava, e guardando la sua cappella scomparire e ricomparire sotto il prepuzio. Era tutto così eccitante, ma improvvisamente le balenò un pensiero: «Quando dovrei fermarmi? Dovrei farlo venire?».
Quella domanda non trovò mai risposta, perché nel frattempo Paolo si era svegliato.

* * *

Paolo aveva fatto un sogno erotico meraviglioso, ma nulla in confronto alla visione e alle sensazioni che lo accolsero quando si svegliò. All'inizio pensò di stare ancora sognando, ma poi guardò giù verso il basso. L'amica di sua madre, l'infermiera con l'enorme davanzale, Valéria, era seduta sul bordo del letto, nella sua uniforme da infermiera, ed aveva una mano sul suo cazzo, pompandolo avanti e indietro.
"Mmmm… signora Da Silva…!" disse lui, ancora con voce assonnata.
"Ciao, cucciolo" disse lei, chiamandolo con l'affettuoso nomignolo che gli aveva dato quando era ancora un bambino. La sua voce suonava rauca per l'eccitazione. Lei lo guardò, ma il suo sguardo fu presto nuovamente calamitato dal cazzo del giovane, mentre continuava a segarlo con piacere.
Paolo non riusciva a credere a ciò che stava succedendo, ma non aveva intenzione di fermarla. Perché diavolo avrebbe dovuto, del resto? Lei era eccitante, e aveva il più gran paio di tette che lui avesse mai visto. E quello che gli stava facendo era mooolto piacevole. Non avrebbe mai potuto pensare di respingere una donna sexy come l'amica di sua madre.
"Non riuscivo a smettere di guardarlo, Paolo" disse lei. "Scusami, sono stata presa da una tale voglia…".
Non aveva mai sentito Valéria Da Silva parlare così, ma sentire quelle parole uscire dalla sua bocca lo arrapò ancora di più.
"Sdraiati e goditela…" disse lei, "…rilassati, lascia che ti faccia venire". La sua mano cominciò ad accarezzarlo più velocemente.
"No, aspetta…!" disse lui. "Non prima di aver visto…".
Lei lo guardò e sorrise.
"Vuoi vedermi nuda, vero?! Vuoi vedere le tette dell'amica della tua mamma mentre gioca con il tuo bel cazzo, ragazzaccio?!…". Si alzò e cominciò a slacciare i bottoni della sua uniforme da infermiera.
Paolo era in trepidante, crescente, eccitata attesa. Dopo tutti quegli anni stava finalmente per vedere le enormi tette della signora Da Silva! Il suo sogno proibito fin da quando era ragazzino stava diventando finalmente realtà!

Valéria aprì di scatto tutti i bottoni e lasciò cadere l'uniforme sul pavimento, rimanendo davanti a lui in reggiseno e mutandine bianche, oltre alle calze bianche e ai tacchi alti, bianchi anch'essi. Il reggiseno era enorme, ma anche così pareva sotto sforzo per via del suo carico.
Paolo fissò l'infermiera seminuda; il cazzo gli doleva per quanto era turgido. Cielo, era ancora più bella di quanto lui avesse mai potuto immaginare. Il corpo dell'amica di sua madre era incredibile; i suoi fianchi stretti e le sue cosce slanciate lo eccitavano quasi quanto le sue tette. Quasi…!
"Oh… wow… signora Da Silva…" gemette con desiderio.
"Chiamami Valy, cucciolo…".
"Lei… lei hai un corpo meraviglioso, signora Da Silva…" replicò lui, facendola sorridere.
"Ti piace davvero, tesoro? Dimmi cosa ti piace…".
Lui non ebbe bisogno di pensarci due volte.
"Le sue… oh santo cielo, non riesco a dirlo…".
Lei sorrise, e si mise a sedere sul materasso; le sue tettone pesanti traballarono, prima di assestarsi.
"Ti piacciono le mie tette, vero?".
"Sì…", le guardò, "…sono così… così… incredibili".
Lei si allungò leggermente in avanti, in modo che la punta del suo arnese toccasse uno dei suoi capezzoli. Paolo sentì il capezzolo duro, ricoperto dalla stoffa, premergli sulla cappella.
"Cosa provi?" gli chiese lei.
"È… è fantastico…" Paolo riuscì solo a dire. Il suo respiro era meno affannoso, a quel punto, concentrato com'era sulle tettone della migliore amica di sua madre e sulla visione del suo cazzo titillato dal capezzolo della donna. Lei era troppo erotica, troppo sexy.
Valéria raggiunse e avvolse amorevolmente le sue dita intorno alla sua asta, poi cominciò di nuovo ad accarezzarlo su e giù per la sua lunghezza. Lui quasi venne lì all'istante, alla sensazione di quelle morbide dita che lo stuzzicavano.
"Oh, lo adoro…!" disse Valéria. "Potrei giocarci tutto il giorno". Gli pompava il membro avanti e indietro delicatamente, i suoi occhi guardavano con meraviglia come la cappella del suo paletto di carne ingrossata spariva e poi riappariva dall'interno del suo rivestimento di pelle. "Così, bello…" sussurrò.

Paolo era ipnotizzato; il modo in cui si quegli enormi globi di carne si muovevano pesantemente sul petto dell'amica di sua madre era quasi scioccante.
Lei lo guardò negli occhi.
"Vuoi sapere quanto è grande il mio seno, tesoro?" gli chiese.
Lui annuì. Quello che voleva di più, però, era che lei se lo togliesse.
"Sono una nona misura…" disse lei. "E stasera sono tutte per te".
Valéria allungò la mano libera dietro la schiena e sganciò il reggiseno, lasciando che la gravità le facesse ricadere sul suo petto. Si assestarono, fiere e piene, ognuna con una grande aureola marrone e un capezzolo eretto. Lei si eccitò per come gli occhi del ragazzo esploravano le sue forme nude, il suo corpo asciutto, i fianchi magri e rotondi e i grandi seni penduli. I suoi capezzoli si indurirono mentre il ragazzo la guardava. Lei ricominciò a masturbarlo di nuovo, piano, tenendolo contro la sua tetta.
Il ragazzo sentì una goccia di liquido prostatico fuoriuscire dalla punta della cappella, scorrere lungo la sua mazza e da lì sulle dita della sua tettuta infermiera, lubrificando asta e mano mentre lei lo masturbava con dolcezza. Non voleva sborrare subito e far finire quell'esperienza goduriosa, ma sapeva che non poteva durare a lungo così.

Fortunatamente, Valéria aveva altri piani per lui. Si sentiva eccitata come mai prima di allora. Sentire il cazzo del figlio della sua amica premuto contro il suo seno, la sua pelle nuda e bollente sulla sua tetta, la sensazione della sua mano così piacevolmente piena di lui, la stavano eccitando troppo. Si sentiva come se qualcuno avesse acceso un interruttore che mandava scintille di elettricità sotto ogni centimetro della sua pelle e lungo ogni nervo dentro di lei. Sentiva una calda umidità tra le gambe, la sua figa che urlava di essere riempita da quella splendida virilità. Il pensiero di averlo dentro, di sentirlo affondare nel suo corpo, la faceva sentire sporca, ma allo stesso tempo così eccitata.
"Lo voglio dentro di me…", disse a Paolo. Lui deglutì nervosamente, poi annuì. La sua mente sfarfallava all'idea di ciò che stava per accadere.

La matura sexy infermiera mollò il cazzo del ragazzo, quindi si sporse in avanti e lo lasciò in ammirazione delle sue tette che oscillavano pesantemente mentre si inginocchiava sopra di lui, sul letto, una gamba di qua e una di là del suo corpo. Gli spinse le tette sulla faccia e lui, istintivamente, tirò fuori la lingua e le leccò, assaggiando la carne morbida delle tette e le aureole ancora più morbide prima di prendere un capezzolo turgido nella sua bocca.
"Ooohh sììì!" Valéria quasi gridò mentre il suo capezzolo entrava nella bocca di lui.
Paolo fece scorrere le mani lungo la schiena e i fianchi della signora Da Silva fino alla parte superiore delle sue mutandine. Vi agganciò i pollici e gliele tirò giù lungo le cosce.
"Mmmm… sfacciatello…!" disse lei. "Continua, voglio mostrarti tutto".
Lei sollevò le ginocchia per lasciargli sfilare del tutto le mutandine. Lui guardò in giù, tra le sue gambe, adocchiando la sua figa dai peli scuri. Valéria non lo sapeva, ma Paolo aveva un debole per le fighe pelose, così come per le tette grandi… non avrebbe mai immaginato, però, che la figa della signora Da Silva fosse così bella. Lei gliela premette contro il basso ventre, e lui sentì le sue calde labbra umide sul suo inguine.
Allungò la mano intorno a lei per afferrarle il culo, poi fece scorrere le mani sulle colline tondeggianti del suo sedere fino al retro delle sue cosce. Lei gemette un'altra volta.
"Okay, Paolo, ora ti voglio…" le sue enormi tette si gonfiarono con il suo respiro pesante, "…e voglio che tu veda le mie tette danzare sopra di te mentre lo facciamo".

Valéria diede una ravanata tra le gambe del ragazzo, fino ad impossessarsi ancora una volta del suo cazzo. Ne circondò l'asta con le dita, poi lo guidò dentro di sè. La stretta imboccatura della sua caverna umida lo accolse, e lui gemette mentre lei iniziava ad abbassarsi, risollevandosi quasi subito, dopo avergli dato un assaggio della sua calda tana. Paolo guardò le deliziose, titaniche poppe della signora Da Silva oscillare e ondulare sensualmente, il suo viso in estasi, gli occhi chiusi e la bocca mezza aperta mentre si calava sul grosso cazzo del ragazzo, lasciandolo scivolare dentro di lei. La donna roteò i fianchi su di lui, ed entrambi ansimarono alla sensazione dei muscoli della sua figa che si serravano attorno al suo sesso turgido.
"Oh, cucciolo mio, quanto sei maschio…" gemette lei. "Mi piace sentirti dentro di me…".
Lei si lasciò cadere di peso sul suo bacino, prendendolo completamente fino alla radice. Si sentiva così piena. La popputa infermiera emise un gridolino, sorpresa dalle dimensioni di lui. La sua figa si serrò stretta al suo invasore, quasi per istinto naturale, e lei sentì di nuovo quella sensazione di essere riempita completamente.
"Oh sì, Paolo, che bello…" gemette, "…posso sentirti fino in fondo alla mia figa". Seduta comodamente su di lui, Valéria cominciò a dondolarsi e a roteare i fianchi, tenendolo dentro di sé il più a fondo possibile. Paolo afferrò e tenne le mani sul suo enorme seno, mentre la guardava muoversi freneticamente sopra di lui.
«Oh mio Dio, lo sto facendo davvero! Mi sto scopando il figlio della mia migliore amica!», pensò Valéria. Piccole perle di sudore le decoravano il viso, il collo e il petto.
Il giovane uomo poteva sentire la sua asta virile completamente circondata dalla fica dell'amica di sua madre; era così dannatamente calda e stretta attorno al suo tarello… e questo, insieme alla visione delle sue tette rimbalzanti davanti ai suoi occhi gli fece venire voglia di esplodere il suo piacere più di ogni altra cosa al mondo. Le afferrò i fianchi con le mani e spinse il suo bacino verso l'alto, in modo da poter affondare ancora di più in lei.
"Ooooooddddiiiiiioooo…" Valéria gemette mentre sentiva il suo cazzo farsi strada dentro di lei, sia pure di quel poco in più, e ravanare le pareti della sua figa al di là di quanto lei si aspettasse. Sentì la stretta presa delle mani di lui sui suoi fianchi, poi il suo cazzo che forzava in fondo alla sua figa, e fu presa da un orgasmo tremante e sconvolgente. Paolo gemette dal piacere; la vista della calda amica della sua mamma che lo cavalcava con quelle sue enormi tette che si agitavano e rimbalzavano, la sensazione di possedere quella sexy MILF e di farla godere, lo mandò oltre il limite.
Grugnì mentre sentiva lo sperma ribollirgli nelle palle, e Valéria lesse quei segni, scuotendo i suoi fianchi ancora più forte contro di lui.
Paolo non avrebbe resistito a lungo in quel modo. Nessun uomo avrebbe potuto.
"La prego, signora Da Silva, piano… io… sto per venire", gemette lui. "Se continua… a muoversi così, io… non resisterò!".
La donna sentì il suo cazzo tendersi ancora di più dentro di lei.
"Voglio che tu mi sborri addosso, Paolo. Sborra sulle mie grosse tette…" disse lei. Paolo annuì.

Valéria smontò dalla sua sella, liberandogli il membro, quindi si accucciò tra le sue gambe divaricate in modo che le sue tette poggiassero sulle sue cosce, appena sotto le sue palle. Gli prese il cazzo sovreccitato in mano e se lo piazzò tra gli enormi seni, poi prese a masturbarlo dentro la sua enorme scollatura, accarezzandone l'asta dura, umida dei suoi stessi umori, con la morbida carne delle sue mammelle.
Era tutto troppo arrapante, per Paolo. Lui si spinse col bacino in avanti mentre con le mani reggeva le tette di lei premute attorno alla sua mazza. Lo sguardo era fisso su quel sandwich di carne.
"Oh sì… oddio!" gemette. "Vengo…". Paolo sentì l'inconfondibile sensazione del suo orgasmo montare tra le sue gambe. Emise un urlo strozzato, in preda all'estasi che gli dava il sentire quelle possenti, morbide borse di carne che lo imprigionavano e lo mungevano, e le sensazioni del suo sperma che viaggiava dalle palle lingo l'asta dura, fino alla appella.
"Sì, sì, dai! Lasciati andare, non trattenerti! Spruzzami addosso la tua crema!".
Valéria quasi non ebbe il tempo di finire la frase che il ragazzo esplose. Non c'era nient'altro che potesse fare. La sua mano afferrò con forza il lenzuolo, strizzandolo tra le dita. Scosse i fianchi in avanti e gemette mentre il primo getto di sperma caldo eruttò dal suo cannolo di carne e impattò sul viso della signora Da Silva, sopra il suo occhio chiuso e la sua bocca aperta. Lo spasmo successivo, che mandò Paolo in estasi totale, scaricò un altro denso getto di liquido color avorio su una delle sue soffici poppe. Poi lei diresse il suo cazzo verso l'altra tetta gigantesca e lo vide spruzzare il resto della sua crema su tutto il suo prominente seno.
"Oh sì, oh sì, oh sì…" Valéria sembrava quasi singhiozzare di gioia; La sua mano continuava a mungere quella poderosa mazza, stringendolo nella sua tenera morsa, fino a quando lui non si fu scaricato del tutto addosso a lei. Alla fine, le ondate di piacere si calmarono, e il ragazzo, spossato, crollò sul letto. Il suo cazzo scivolò fuori dalla presa delle tette della sexy infermiera, rese viscide dai suoi umori.

Valéria strisciò sopra di lui, spalmandoglisi addosso, e lo guardò sorridendo. Lo baciò sulla bocca, le sue tette ricoperte di sperma scivolarono sul suo petto, i capezzoli di lei, ancora duri come la roccia, erano puntati come spilli sul petto del ragazzo.
"Che cazzo delizioso che hai!" gli sussurrò all'orecchio, prima di stuzzicargli il lobo con i denti e la lingua. "Paolo, è stato fantastico…".
"È stato assolutamente incredibile, signora Da Sil… cioè Valy…" rispose lui, ancora riprendendo fiato. Lei gli fece un dolce sorriso.

Ad un tratto Valéria avventì un rumore di passi rimbombare nel corridoio deserto.
"Oh no… sta arrivando qualcuno!" disse. "Forse stanno cercando me…!". Si mise a sedere, in preda al panico. "Presto…".
Paolo sorrise mentre guardava quella bellissima MILF scendere dal letto, reindossare l'uniforme e uscire dalla sua stanza.
Lei si fermò e si voltò verso di lui.
"Ora devo tornare ai miei doveri, ma tornerò presto".

---

"Hai pensato alla notte scorsa?" gli chiese lei. Paolo stava aspettando di essere dimesso dall'ospedale e rimandato a casa.
Lui annuì.
"Non potevo crederci… sei stata fantastica, Valy… così bella, e così calda…".
"Sai cosa dire per compiacere una donna, vero?" sorrise lei. Fece un cenno verso il suo arnese, la cui forma si evidenziava nella patta dei pantaloni. "Voglio vederti ancora, Paolo…".
Lui era in piedi davanti a lei. Il contorno del suo membro era evidente, anche se ricoperto dal tessuto dei jeans. La vista della sua forma fece desiderare a Valéria di giocarci per sempre. Non voleva altro che sentirlo nelle sue mani, nella sua bocca, nel suo corpo.
"Anch'io voglio rivederti, Valy" disse lui, gesticolando verso le sue tette.
Lei fremette al modo in cui i suoi occhi correvano sulla forma del suo corpo, probabilmente immaginandola nuda proprio come la sera prima. I suoi capezzoli si indurirono a quel pensiero.
Un'altra infermiera entrò nella stanza e consegnò a Paolo i documenti di dimissione. Lui era pronto ad andare; salutò l'infermiera.
"Aspetta…" disse Valéria. Andò da lui e prese in mano il suo cazzo, accarezzandolo da sopra il ruvido tessuto dei pantaloni. "Voglio ancora un po' di questo, più tardi… e stavolta voglio che tu mi venga dentro", sussurrò lei. "Ora torna a casa".
Gli diede una sonora pacca sul culo mentre lui usciva dalla stanza.
scritto il
2024-07-23
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