Nicola e Alberto Cap: XII La punizione

di
genere
sadomaso

Il preferito

In accordo con l’infermeria, il Direttore aveva deciso che la prima pena doveva essere la medesima per entrambi, con la variante di uno prima dell’altro.
Alle bacheche di quel motel di lusso erano stati attaccati gli avvisi dell’evento, con la preghiera di prenotare i posti per lo spettacolo.
La platea era stata approntata in breve tempo e predisposta in modo che tutti avessero la possibilità di una buona visione e di appagamento con l’ausilio degli schiavi, là presenti per un felice epilogo della giornata. Uniche distrazioni al palcoscenico erano date da un carrello con attrezzature mediche varie, da un’asta porta flebo, da un lettino ambulatoriale con testata leggermente rialzata e da un solido sollevatore. I posti più vicini erano stati riservati ai familiari, ai testi, al direttore e al medico.
Su uno schermo gigante, posto alto sul palco, compariva il filmato dell’accoppiamento di U21 con il cane. Il regista rallentava spesso le immagini per evidenziare la difficoltosa, ardua penetrazione del rosso perno appuntito, gli umori bestiali per inumidire, i grossi testicoli che pendevano sotto il culo della bestia, l’ano del ragazzo aperto e chiuso dal membro canino o la presa del giovane per la chioma, fra le fauci, che obbligava ad inarcare la colonna e protendere il sedere verso il sesso dell’animale.
Notevole tempo di pellicola era dedicato ai glutei uniti o meglio all’orifizio di U21 impallidito, quasi violaceo per il perno della bestia bloccato, agganciato, ancorato al suo interno e al plof con relativo fluire di liquidi seminali giù per le rosee, pallide cosce. Al primo video seguì la fustigazione con le ortiche di U22 con i suoi urli, il suo uggiolare o latrare, per terminare con la sadica penetrazione e il versamento sul culo arrossato e tumido dello sperma del medico.
I filmati erano presentati per eccitare i presenti, per avere nei giorni successivi le prestazioni del nuovo asservito e per ammazzare l’attesa dell’arrivo dei puniti.
“Signori ospiti, sono il direttore: benvenuti. Oggi avrete la possibilità di assistere al supplizio per eccellenza in codesta maison per uomini. I due attori principali, che stanno per raggiungerci, sono arrivati fra noi con motivazione diverse: uno ha chiesto di provare l’esperienza dello schiavizzato, firmandoci i relativi documenti liberatori; l’altro, dallo zio, per essere rieducato al rispetto e ad accettarsi. Signori, accarezzati dalla brezza che sale dal mare, apprendiamo e facciamo conoscenza su come sottomettere, domare, rendere docile e ubbidiente il personale o persone ribelli delle nostre famiglie. Quelli che sopraggiungeranno, sono già ad un buon punto del noviziato di servizio, ma per non far dimenticare a quali pene potrebbero andare incontro, per non accettare e soddisfare eventuali consigli o meglio desideri dei padroni, noi oggi e nei prossimi giorni gli faremo conoscere, apprezzare di divenire becchime per volatili. Saranno immersi nella loro nudità sino alle labbra nella melma che i servi da tempo, su nostre indicazioni, stanno immagazzinando e conservando come concime per gli olivi e l’orto o come creme, per massaggi alle larve di mosche e mosconi, per gli schiavi. Nel contenitore nascosto, che fa da palco per la somministrazione della pena, c’è un movimento indescrivibile di questi bruchi. Essi, biancastri, di pochi millimetri sino a poco più di un centimetro, dotati di doppi uncini boccali che usano per cibarsi, attaccano i resti o quello che trovano per crescere, trasformandolo in concime attraverso i loro escrementi. Appesi e agganciati al sollevatore per una mano, saranno calati lentamente nella poltiglia. Vedremo sui loro volti la paura di quel mondo mostruoso, schifoso, immondo, ripugnante, in cui li immergeremo. La suspense dell’incertezza e dei primi pizzicori; l’inquietudine, l’apprensione che quell’insetti possano entrare nelle loro cavità; lo spavento di inghiottirli o di essere scarnificati, arati, di essere trasformati in poltiglia-pantano faranno di quest’evento un unicum nella cultura erotica del sadismo. State pur certi, preziosi ospiti che, dopo simile esperienza, accetteranno qualsiasi richiesta o accoppiamento. Acconsentiranno di appagare le vostre richieste, anche se spossati da ore e ore di servizio. Non avranno tabù. Saranno dei perfetti giocattoli sessuali. L’altro giorno, per evitare infezioni, hanno subito l’iniezione al torace che si fa di solito ai militari. A U22 abbiamo inoculato anche il prodotto dei nostri studi, che gli farà accettare senza difficoltà il putridume e l’aberrazione di esserne avvolto, immerso, coperto. La prima parte del supplizio sarà data dal nostro medico che introdurrà nei loro stomaci, tramite l’esofago, una sonda per riempirli d’acqua sia prima che durante, permettendo così un continuo scarico e minzioni per favorire la danza delle larve sui corpi, preceduta da una sapiente, accorta fustigazione con ortiche. Squittiranno, scagneranno, spiumeranno. Invito ora il padre e lo zio a scoprire il recipiente e tutti i presenti a controllare la giusta maturazione della fanghiglia fecale.”

“I giovani stanno arrivando con il medico e l’infermiere. Rimettetevi a sedere e godetevi la visione dei loro corpi manipolati, controllati, aperti sapientemente dal dottore per far palpitare la nostra lascivia, la nostra libidine.” Un lungo applauso accolse i giovani, abbinato ad espressioni di soddisfazione per la visione di quei fisici da mangiare, scartavetrare, possedere con parole spinte, triviali, oscene, scurrili.
“Lo so che siete informati su questi due; che li avete visti soggiacere, piegarsi, cedere, assoggettarsi alle voglie dei grandi uno, e, l’altro subire, patire e sottoporsi a pene che la sua condotta disordinata ci aveva suggerito. U22 è già avanti nel addestramento al servizio senza diritti. Osservatelo, mentre le mie mani gli strizzano i glutei o gli tirano, spingono e smuovono il plug e lui, come freme, per avere il mio tronchetto della felicità. Si lascia palpare, aprire, conoscere e trema, ulula, palpita e tocca, stringe per sentire la consistenza del mio arnese.
Fissate il suo san cresci: non è molto importante, ha perso vigore per la terapia subita anche se è ancora tumido per un test sopportato, ma con alcuni nostri strofinamenti cambierà aspetto, … non lo riconoscerete più. Pregherei i familiari e i sodali di questi giovani di avvicinarsi per aiutarmi nella preparazione del rito. U22 è pregato di mettersi riverso, a pancia in su sul lettino per l’estrazione della coda e per l’introduzione nello stomaco di una sonda di alimentazione. Contempla, mira U22 questo sondino: è un’anguilla, una serpe, una biscia che brama la tua bocca; che desidera il calore della tua lingua, il tepore della tua gola. Su, apri e falla entrare. Succhiala.Leccale la testa ungendola delle tue bave, delle tue salive e concedile di scivolare, di fluire verso lo stomaco; dove desidera annidarsi per ripararsi, per generare e moltiplicarsi. È vero U22, che ardi dal desiderio di avere nello stomaco l’aspide? Lo so che non puoi fare versi, ma dimmelo con la mano non fissata al sollevatore. Facilitale la sua entrata. U21 fissa come il tuo compagno ha accettato il sondino e ora, come sarà dispiaciuto per l’asportazione del cuneo anale. Contempla il suo foro lucido, rosso, bagnato; come sussulta e lacrima per avergli sfilato il gingillo che gli dava piacere. Rileva come sarà posto, sprofondato, coperto nella vasca. La sua mano libera sarà assicurata al bordo del recipiente per impedirle di flettersi e di allontanare o respingere l’avvicinarsi o gli assalti di quel mondo formicolante, brulicante in cui sarà immesso per cibarsi della sua carne. Guarda con attenzione come il suo pisello si gonfierà e arrosserà per modificarsi, migliorandosi e rafforzandosi, per assumere la forma di una clava e il suo ano infiammato si eclisserà, riparato dalle sue rinforzate guance carnose, piene, turgide.”


“Hai fatto male a parlare U21 e per questo non mi opporrò al desiderio del tuo tutore.” “Sono il medico del centro, specialista in andrologia. Chiedo ai suoi ex-familiari di sollevare, a questo novizio della pena, le gambe, per permettermi di osservare da vicino gli effetti della pratica dell’altro giorno, affinché glieli possa potenziare e accrescere.”
“Grrrrrrrrrrr, … grrrrrrrrrrrrr. Kai, kai, … kaiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!” Una strofinata di ortica, lenta o pressata, con colpetti sui glutei, sull’ano o sul tumido membro, ripetuta con dolcezza o con violenza, con avvicendamento in avanti, indietro o in circolo, concorse non poco al rassodamento dei glutei, all’eclissarsi dello sfintere anale, all’accrescimento e al turgore del pene e del glande di U22 e di conseguenza della stenosi dell’uretra. Pur con l’impedimento della sonda piangeva, si dimenava, strillava, sbavava inarcato trattenuto dalle mani di due adulti.
“Mio caro U22, ora riempirò il tuo stomaco di tanta acqua fresca, molto gassata. La tua pancia diventerà come quella di una partoriente. Avrai dolore. La droga che ti ho iniettato l’altro giorno non annullerà il dolore, ma potenzierà il desiderio di provare. Hai sentito le ortiche, ora il fresco e il pieno dell’acqua e i crampi con gli spasmi intestinali. Là, nella melma richiamerai le gambe, le porterai al petto, le scosterai e scalcerai, mentre dal tuo foro ristretto spruzzerai, schizzerai con violenza. Proseguiremo a ingravidarti d’acqua, anche nella melma. Unico piacere che avrai e che probabilmente ti farà godere, saranno le bollicine del gas che, sgorgando e zampillando con l’acqua, ti massaggeranno le cosce, il culo, il pesce palla, la schiena e il torace, dando allegria e vitalità al mondo vivente che ti circonda. Con tutti i presenti ti osserveremo e facilmente noteremo strie biancastre, serpentiformi del tuo sperma galleggiare sul mare brunastro, punteggiato di larve. Il tuo addome è bello arrotondato, gonfio. Sei pronto per essere immerso. Issatelo e fatelo scendere, scivolare, entrare lentamente nella mota. Vogliamo vederlo trasudare paura da tutti i suoi pori, spalancare gli occhi per il brulicame che lo attende, tendere i muscoli nella illusoria ricerca di una via di fuga. Stendetegli il braccio libero, fissandolo al bordo vasca.”
La tensione dei presenti era palpabile, i massaggi alle loro parti intime erano rallentati, forse interrotti. Tutti osservavano quel corpo immergersi, scendere e affondare nel vivace, animato liquame e quel viso, con i movimenti e le smorfie degli spasmi precedentemente annunciati. Tutti scorgevano la paura di affogare, di andare sotto quel pantano negli occhi del ragazzino e ascoltavano i suoi ansimi, i suoni, le trombette del suo corpo; osservavano le espressioni di dolore tramutarsi in smunti, stanchi sorrisi, in suoni di sorpresa usi nelle unioni, nelle copule, nel gioco di godimento ed estasi dei sensi; notavano il braccio muoversi per allontanare il movimento scomposto, ma brioso e vivo di bianche camole; capivano dal battito delle ciglia, dal fermo delle labbra mimanti sorpresa, l’attacco alle carni o nel gorgogliamento delle melme, lo svuotamento intestinale con relativo massaggio sensuale di bollicine gassose ascendenti e avvolgenti il giovane inquieto fisico.
Un ultimo battito di mano sul brulicame e …
“E’ svenuto. Issatelo, sfilategli la sonda e depositatelo per lavarlo su un telo. Raccogliete tutte le larve che rivestono il suo corpo e dategliele per pasto più tardi; nel frattempo che lo curate, io mi accosto all’altro che, sul lettino, sta strillando come un ossesso.”
“Va bene, signor Dottore!”

“Che c’è U21 che strilli come una scimmia in calore. Ti ricordo che sarai punito per questo.”

“Certo che sarai punito …” Gli aiutanti, mostrandosi all’oppresso, lavoravano sugli strumenti della pena.

“Va bene, ti esaudirò: niente sondino nutriente, ma devi bere tutta l’acqua che ti sarà data e velocemente. Lasciategli la coda.”
e iniziò a smuovere e ondulare la coda per la contentezza.
“U21 apri la bocca e inghiotti questo sondino con imbuto. Fallo passare oltre l’apertura dell’esofago. Faremo più in fretta a farti bere l’acqua. Bravo. Ora respira e poi lascia scorrere l’acqua. Respira e bevi; se proseguirai in questo dato modo farai in fretta a finirla. La fiala!”

“No, in vena.”

“A farti pisciare!”

“Sì! Su finisci di bere e non parlare. Esprimiti da cane! I presenti sono stanchi delle tue chiacchiere.”
“Finito voi due?”
“Sì Direttore!”
“Fissategli il braccio al sollevatore e calzategli il polsino di cuoio all’altro. Preparatemelo!” Uno sfregamento urticante al basso ventre, allo scroto e fra le natiche provocò l’urlo di dolore disumano, bestiale al ragazzo, seguito da bestemmie. Scalciava, ululava, si divincolava, mentre l’arcano lo sollevava, rivelando tutto il suo splendido, tonico, fresco fisico.
“Lasciatelo scendere di colpo, … sino al collo!”

“Hai la bocca sporca, i denti da lavare, la lingua troppo bianca e le larve che sguazzano davanti a te sono degli ottimi spazzolini. Loro sono già al lavoro nell’asportarti le crosticine delle frustate subite l’altro giorno. Sarebbe opportuno che penetrassero nella tua bocca per pulirla, disinfettarla e che sbiancassero i tuoi denti. Calatelo ancora!”

Sobbalzi e spasmi del fisico, oscillazioni e sbattere del palmo della mano nella melma, crampi, rigurgiti e vomito causatogli dal fetore e dalla schifezza che lo circondava, ondulamenti e immersioni della testa nella melma, dolori lancinanti per non riuscire a pisciare per la stenosi dell’uretra, bisogno di evacuare … e quelle brutture danzanti su di lui, che mordevano, pizzicavano, mangiavano la sua carne, che forzavano incuneandosi, conficcandosi, insinuandosi … I suoi glutei si aprivano. Non sentiva più i morsi ai testicoli o al glande, ma solo un continuo ondeggiare, frusciare, spolverare di piumini al basso ventre come dolci carezze di erosione, poi lo scroscio di urine da debole a sempre più forte. Suoni, sfiati, scoregge rumorose e gorgoglianti in quei liquami con bollicine frizzanti che dai glutei salivano vellicandogli dolcemente il corpo, come spesso succede quando in acqua, per necessità, si sfiata. Il suo plug canino era stato espulso e ora, sotto i suoi occhi, il formicolio, la danza delle larve sfavillava nell’acqua effervescente che risaliva. Non più dolore, ma benessere, sollievo e luci che si allontanavano, che ondeggiavano o si avvicinavano; occhi, dischi colorati danzanti che … Nella sua bocca: le gengive … punte da ferri per studi dentistici; sulla lingua … un fastidioso solletico. Ruotava la testa per allontanare, per espellere, per scacciare e i suoi occhi si chiudevano. Si sollevava nella luce del giorno; fra le ciglia balenii, scintillii, palline colorate volteggianti. Getti di acqua, boccheggi, respiro ansante, visioni, volti. La sua testa era fra le mani di U22. Conforto, alleggerimento, gioia, distensione. Lontana, sommessa e premurosa: una voce, un invito.
“Lasciati prendere. Ti voglio. Da tanto bramo di averti, possederti, goderti e sei fra le braccia di U22, un bravo, quieto, coraggioso ragazzo. Lui ti offre a me ed io, sollevandoti gli arti davanti a tutti, ti farò mio. Sarai mio ora e domani, sempre. Quante volte tenendoti sulle ginocchia da piccolo, mentre giocavi con le mie chiome, con il mio naso, ho sognato di ghermire quel tuo sederino paffuto, profumato di latte e di sapone. Ricordi quella volta che con i piedi nudi sulle mie cosce, per bisogni impellenti, urgenti, ti bagnasti le mutandine, non risparmiando i miei indumenti? Ti sorrisi, ridemmo felici, gai, rapiti. Avevi un culetto: immagine della tua anima, del tuo ridere, della tua allegria. Eri il mio unico nipotino, il mio piscione. Ne ho degli altri, ma allora e anche adesso tu sei il mio nipotino: l’unico, il preferito, il più bello. Quante sofferenze nelle tue respinte, nelle nostre incomprensioni, fra le nostre parole e i nostri silenzi, ma ora ti divarico, mi vedi e sai. Non ho voluto offenderti con lo sfondatore meccanico. Sono dentro di te. Mi muovo e partecipi nella danza del piacere, della carne, delle anime. Sei mio, sono tuo. Gli occhi ci parlano, ci comunicano. Attenderò che passino i giorni del tuo servizio e poi … verrai nella mia casa e tua madre saprà, conoscerà. Vivremo le passioni, gli impulsi, la carne. Il mio sperma sta oliando, ungendo, profumando il tuo intestino. Ti avevano lavato fuori, dentro, con acque saponate salate, tiepide, contenenti anche dell’olio d’oliva per darti a me, disponendoti con la testa sulle ginocchia di U22, di Nico. A casa ti mostrerò, ti farò vedere le foto di noi, di quando eri piccolo, di quando ti mordevo il culo, il naso, i piedi e con tua madre ridevamo. Ero felice, eri felice. Il mio miele gioisce e corre baldanzoso, fiero, esuberante dentro di te, mentre il tuo fluisce tranquillo e unge i tuoi bei ricci castani. È piccolo, ha tempo, ma a me non importa. Ti farò godere lo stesso. Sarai mio, sei il mio piccolo nipote, il preferito, l’amato.”
Sui corpi dei tre colavano, sgocciolavano, profumati di sesso e di piacere, gli stappi di tanti.
scritto il
2024-08-09
1 . 1 K
visite
2
voti
valutazione
5.5
il tuo voto
Segnala abuso in questo racconto erotico

commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.