Nicola e Alberto Cap: XIII Spettacolo per la platea

di
genere
sadomaso

“Non penserete che la formazione sia terminata con questa stucchevole, sdolcinata vostra ultima performance? Siete schiavi da catechizzare, ammaestrare, formare. Non vi sarà risparmiato nulla del programma formativo per voi studiato e programmato. U3 e U4 appendeteli al traverso; che sfiorino appena il piano con le punte dei piedi. Voglio conoscere e scoprire quanto bramano essere mostrati, esibiti, presentati, proposti, offerti. Voi che osservate, che godete dello spettacolo proposto, che elargite agli schiavi assegnativi le vostre essenze, attendete prima di sfinirvi con le ultime prove di umiliazione, con le quali questi accetteranno di masturbarsi nonostante provino intensi, lancinanti dolori per crampi. Vi descriverò quello che vi offriranno; quello che U21 e U22 assieme a U3 e a U4 ci concederanno per la gioia della nostra libidine. Esplorate anche voi con gli occhi quello che le mie mani scrutano, esaminano, ispezionano, tastano. Sono appesi per le braccia, con ancora in bocca il gusto delle melme e nel naso il fetore della trina, che al tocco delle mie mani si dondolano, si contorcono, si aprono, si inarcano, ansando, miagolando desideri, voglie, appetiti. Guardate i loro buchi come piangono: ve li giro affinché possiate vedere meglio quello che vi descrivo. Da quello di U21 fluisce una lunga scia collosa, lattiginosa di un profumo intenso, inebriante, libidinoso; mentre l’ano di U22 sprigiona, emette, effonde bagliori, pulsa, chiama, spargendo stille trasparenti, sfavillanti. Schiavi in formazione, cosa credete che gli spettatori, qui presenti, si accontentino di vedervi appesi per le braccia, ispezionati e controllati dalle mie mani vogliose, lascive? No, cari miei! Loro sono in attesa delle vostre urla, della vostra ultra pole dance e quale mezzo sarebbe più adatto per farvela eseguire, se non la tortura in modo che presentiate a noi il vostro culo, il vostro addome contratto, le vostre chiappe strette, ben serrate o il vostro rubinetto, che perde per le sollecitazioni o busse, a cui sarete sottoposti? U3 e U4 sono meno capaci dei responsabili della stalla, ma gli spruzzi di colore che riceverete non saranno meno vistosi e brillanti dei getti dei maestri, che prossimamente avrete la possibilità di conoscere molto bene. Voi, addetti all’insegnamento del balletto erotico e del vocabolario dello stupro, iniziate la lectio di eccitamento, di emozionalità della platea, poiché, a fine spettacolo, essa avrà il pasto, i giocattoli, sui cui verserà la lussuria, la lascivia, l’appagamento dei suoi sensi. Incominciate dalle piante dei piedi e salite con i colori verso l’alto, come l’edera che si avvicina a terra per inerpicarsi, attorcigliandosi su per il fusto e si arrampica sino a vestirlo completamente. Sono uno fronte l’altro che si osservano trepidanti, preoccupati e impauriti per quello che i loro colleghi, esperti tinteggiatori con la sferza, potrebbero dipingere sui loro corpi.”
“Lasciateci! Faremo quello che vorrete, ma non frustateci. Abbiamo male, già ora per lo stare appesi!”
“Signori della platea avete colto come si sono espressi questi due schiavi? Loro sono qui per il nostro piacere. I servi non possono esprimere desideri; non possono averne! Devono accettare le richieste dei padroni senza porre limiti e ora, fantocci, dateci lo spettacolo che vi è stato richiesto. Vogliamo vedere i vostri corpi oscillare, muoversi, agitarsi, tremolare, dimenarsi, inarcarsi, flettersi, desiderare, pregare, chiedere, invitare. Sentiremo, eccitandoci, le vostre urla mentre state ricevendo le loro flessuose, sinuose, serpeggianti, calde, roventi pennellate. Bramiamo sentire i vostri ululati, mentre i vostri glutei arrossiranno oscenamente.”
Ad un segnale i due sollevarono le fruste e le attorcigliarono sui piedi penduli. I ragazzi emisero grida stridule di dolore, sollevando gli arti in avanti all’impatto della prima staffilata. Una striscia di colore rosso vivo andava dai tarsi ai polpacci. Una nuova scudisciata impietosa: i corpi ondeggiavano, fluttuavano, beccheggiavano nel ballo del palo. Un’altra. Altre. Una pozza giallastra si formava sotto i piedi dei ragazzini.
“Non dovevate pisciare, non siete stati autorizzati! Signor Carlo. Mi passi i catetere per i canali uretrali. Signori testimoni, si sono svuotati le vesciche senza permesso: ora, noi, gliele riempiremo e le svuoteranno solo con il nostro aiuto. Bestie, schiavi vedete questo tubicino metallico: con questo vi rimetterò dentro i liquidi che avete lasciato fluire fuori e non saranno le vostre urla a fermarmi e dopo riempirò anche il vostro intestino con un bel clistere freddo con questi giocattoli. Avrete dolori per la vescica piena, per le budella gonfie e per le scudisciate che proseguiranno a segnare i vostri culi, per i formicolii e gli annebbiamenti che vi farò avere. Nel dolore … avrete desiderio di far pipì, di cagare, ma i tappi ve lo impediranno.”
Dolori lancinanti, strazianti, insopportabili; corpi che si mostravano nelle loro contrazioni e oscillazioni zigzaganti; urla, ululati e frustate. Piangevano disperati, sbattevano, dondolavano da una parte all’altra, avanti e indietro, mentre la frusta mordeva le loro carni lasciando il suo segno purpureo. Non vi fu pietà. La tortura proseguì senza sosta, con colpi cadenzati a intervalli regolari, prima su un posto poi su un altro, prima ad uno dopo all’altro per permettere loro di assaporare in pieno la scudisciata ricevuta, che trasmetteva dolore anche all’intestino e alla vescica e di tormentarsi per la successiva, impotenti a sottrarsi al supplizio. Non contento, quel sadico, depravato medico applicò e collegò i toys, che gli violentavano, ad uno strumento musicale particolare da lui stesso gestito. Pizzicando dei tasti otteneva delle oscillazioni dei corpi; a volte pestando e premendo a lungo riscuoteva e riceveva una fuga di note verso acuti accompagnate da urla bestiali. Le scariche elettriche dai cateteri si propagavano istantaneamente procurando ai due seviziati stralunamenti, vibrazioni, sussulti, sudori freddi sino a far perdere loro conoscenza.
“U3, U4 sgonfiate i tappi e sfilate loro i cateteri. Senza romperli e sventrarli, praticate loro un fisting. Che si sveglino o si riprendano con una vostra mano che danza dentro il loro colon. Schiaffeggiate l’interno. Prendete i leggeri avvallamenti che percepite e stringeteli, strizzateli, torceteli. Entrate e uscite lentamente o con brio. Giocate e mentre la vostra mano rovista nelle loro viscere, prendete fra le vostre labbra quei gonfiati, edematosi piselli per aspirarne umori e quello che le vesciche custodiscono. Io e gli spettatori vogliamo vederli risvegliarsi non tramite schiaffi o docce gelate, ma con i loro culi ingombri, intasati, otturati da una mano nerboruta, pelosa, dissacratrice, empia; mentre le loro urine saranno aspirate da bocche lascive, sporche, rudi.”
“Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh! Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh! Che maleeee! … Le mani si immersero ancora più a fondo negli intestini; una mano tratteneva quei corpi e l’altra li violentava con forza facendo gemere i poveretti per i colpi violenti che ricevevano. I due schiavi, addetti al controllo, sfogavano le loro voglie lascive, le loro frustrazioni oscene e immonde accumulate da tempo con il loro servizio infame e schifoso. Erano schiavi e si comportavano da padroni su quei ragazzini, spingevano mentre i sederi si contraevano ondeggiando malfermi.
I ragazzi con il viso sofferente, rigato di lacrime, subivano i violenti assalti. Urlavano, tremavano, piangevano. Lacrime scendevano copiose sui loro visi deformati dalla sofferenza; mentre, forzati, eseguivano la danza dell’infilzato: flettendosi, alzando le gambe o divaricandole per mostrare a tutti i loro sfinteri anali dilatati come non mai o dondolando sul perno della mano.
“Ora che li avete allargati, aperti, lacerati, fatevi lavare quei puzzolenti, sporchi, lerci, osceni martelli che tenete fra le gambe, offrendo nel frattempo alla vista degli spettatori quei culi che avete slabbrato e infiammato. Ingozzateli e sfamateli con le vostre sborre rancide, mentre la platea li coprirà con un lenzuolo vischioso, umido, caldo. Sono merda, sterco. Hanno meno diritti degli animali da pascolo. Più tardi conduceteli alle stalle e legateli ai ganci delle pareti presso cui, voi e le altre bestie, svuotate vesciche ed intestini. Devono essere tazza di raccolta escrementi. Sistemateli seduti con le ginocchia distanziate, in modo che il loro culo sia visitabile anche dai vostri conviventi notturni, e … niente lesioni, sfregi, lacerazioni. Lasciateli riposare, senza nuove esacerbazioni; poiché devono essere a disposizione degli ospiti.


scritto il
2024-08-13
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