Stefano

di
genere
gay

“Stefano, andiamo a sederci sulle panchine del monumento agli eroi della Marina, così ci gusteremo e godremo della visione abbagliante ed incantevole del golfo. È qui, che lo incontreremo. Ha visto le tue mail e le tue foto. È molto esigente, ma per te sarà una interessante, notevole, redditizia esperienza e, se per te va bene, la si potrà rifare.”
Guardai Alessandro. “Sì, va bene!”, gli risposi. A quell’uomo darei tutto, purché trascorra qualche ora con me. È stata la prima persona ad occuparsi e preoccuparsi di me. I compagni di scuola, altri fra i familiari o tra quelli che frequentano l’oratorio o lo dirigono non hanno fatto nulla per inserirmi e per farmi avere un po’ di autostima. Nessuno mi ha offerto un lavoro; nessuno mi ha offerto un gelato. Ero solo e a mia zia, che mi ospitava, interessava di più la palestra, che aiutarmi, anche solo ascoltandomi, ma … Ero solo da quando i miei erano stati pizzicati a vendere quello che non era permesso. Ero il figlio di due , per cui nel paese tutti se ne stavano alla larga da me, come fossi un appestato, un lebbroso.
Lo avevo conosciuto, o meglio, me lo aveva fatto conoscere il proprietario della palestra che frequento. Sono mingherlino, ma non plastico, elastico. Sono entrato una volta e, approfittando di uno sconto annuale molto buono, esposi il mio problema al responsabile. Fui affidato ad un istruttore per essere seguito, ma anche in quell’ambiente non legavo o meglio mi stavano lontano. Le calunnie, le dicerie, le chiacchiere correvano sulle ali del vento, ma quella scuola era frequentata anche da altri, a cui non interessavano le mie radici, ma solo la mia disponibilità ad iniziare una professione.
Un giorno, mentre stavo alle parallele per rinforzare la muscolatura delle braccia e delle gambe, l’allenatore, conoscendo i miei dilemmi e difficoltà, mi presentò Alex, un civile che prestava dei servizi alla NSA di Napoli. Mi accordai per due chiacchere, dopo doccia e fuori dai locali di addestramento.
Ero spazientito, rotto per le parole che la zia mi rivolgeva -un poco di buono, un fannullone, un perdigiorno, uno scansafatiche e altro-, anche se non mi faceva mancare qualche spicciolo; vivevo, però, sulle sue spalle, poiché non trovavo alcun lavoro o meglio nessuno voleva darmene.
L’offerta mi andava bene, anzi era più di quello che immaginavo. Lui mi avrebbe fatto da insegnante e le prove mi sarebbero state retribuite. Avrei incassato una forte percentuale su quello che lui avrebbe percepito dai clienti, da lui conosciuti e informati, poiché la maggioranza erano della marina militare USA. Non dovevo temere, ma obbedirgli e accettare i suoi consigli, le sue esortazioni e le sue decisioni.
Che importanza aveva se mercificavo e concedevo il culo o il corpo. I soldi erano soldi e poi, quelle banconote per la prima prova, mi ingolosivano, per cui accettai di andare con lui in un motel poco lontano, gestito da un suo amico, così mi aveva detto.
“Svestiti e fatti vedere!” Accettando l’invito, avevo ben chiaro a cosa andavo incontro, per cui, avendo fatto la doccia in palestra, iniziai a togliermi i pochi lisi indumenti che indossavo. Non portavo mutandine, reputate un lusso per le mie finanze, anche dalla zia. Ero un emulo degli scugnizzi di Napoli degli anni prebellici, per cui, senza saperlo, soddisfeci le aspettative di chi mi stava valutando e scrutando. Non provavo pudore, anche quando dai capezzolini scese con la destra verso il basso per impugnarmi il pisello, stringendolo, accarezzandolo, mentre mi fissava negli occhi. Con l’altra mano mi tratteneva per i glutei, impastandoli, come per fare il pane. Ansimavo e mi aprivo alla sua curiosità, al suo desiderio di conoscermi. Il mio uccellino piangeva. “Spogliami, con calma! Sai cosa c’è sotto. Non aver fretta! Sono un tuo cliente: a lui devi rispetto, riverenza, venerazione, devozione, per cui, prima apri lentamente la camicia per farla scivolare dalle braccia, mentre lo fissi e poi, inginocchiandoti, inizia dalla fibbia o dai bottoni della patella ad aprire la custodia del suo ciborio. … e, sempre guardandolo e avvicinandoti con il viso, aspirane il profumo virile, di chiuso che spande e attendi. Non ricevendo nessun segno o voce di deplorazione, prosegui sino a sfilagli completamente i pantaloni con scarpe e calzini. Flettendoti, sino ad appoggiarti con il culo sui talloni, guardagli i piedi, cala la testa e veneraglieli, sfiorandoli e lambendoli con i cappelli e, dopo, uno per volta glieli sollevi per coprirli di sbaciucchi. Tenendo il capo accostato alle gambe, lentamente sali per giungere alla protuberanza che nasconde quello che devi imparare ad amare e venerare. Mostrati felice di quello che percepisci. Godi del caldo che sprigiona. Respira con la bocca. Ringrazia e salutalo con la lingua titillandolo da sopra l’indumento che lo ricopre. Fissalo e abbraccialo con la sinistra, mentre con la destra ne senti la massa. Regalagli passione e libidine, finché con l’olfato, con la vista, con il tatto e perfino con il gusto inizierai a godere del turgore sempre più palese, coperto dal leggero tessuto dei boxer e poi con le dita della destra aggancia gli shorts e sorridi, attendendo il suo muto permesso. Da monello, , aggancia l’elastico con le dita e trascina verso il basso quel tessuto che nasconde quello che cerchi e che la persona vuole presentarti. Accarezza con le guance quello che vedi; ungiti il volto con le stille trasparenti che sempre più numerose sgorgheranno dal meato del suo tumido glande. Sorridi felice. Soppesa la sacca dei suoi testicoli, creatori della sua semenza, che dovrai imparare a gustare ed inghiottire come straordinario, prodigioso alimento. Inumidiscilo e infracidiscilo di salive, perché possa più facilmente entrare e scorrere nel tuo retto e, mentre tu lo coccoli di baci e lo adori, irrorandolo di bave, io ti dirò il motivo per cui sei qui. Dapprima che tu ti iscrivessi alla palestra il tuo nome era segnato in rosso nella mia agenda, come un possibile, impudico, sensuale passivo. Settimanalmente ricevevo un resoconto dai miei collaboratori e i loro pareri su di te erano di un ragazzo gracile, taciturno, bisognoso di considerazione, di trovare esuberanza e prontezza, che solo un allenamento ad hoc poteva darti. Il fare ginnastica artistica alle parallele, alla cavallina o alle corde è stato il suggerimento dell’allenatore per farti avere elasticità fisica e fiducia in te stesso. Tu sei uno scugnizzo, un monello, ma puro, pulito, vero, spontaneo e i tuoi futuri clienti vogliono quello che sei e non una persona costruita, falsa, con tatuaggi. Loro sanno che sei furbo, un discolo, ma sincero, vero, allegro e il culo di un ragazzino spensierato, ilare, felice è un culo che emoziona, eccita, ed entusiasma; è un culo puro, dolce, docile, ma capace e idoneo ad eccitare, suscitare emozione, appassionare. Ti darò anche il pattuito delle altre due prove, perché tu possa prenderti un po’ di abbigliamento da ragazzino puro, sveglio, bravo. Mi ha attirato e affascinato il vederti senza mutandine. È una buona cosa per il cliente il trovarti e il sorprendersi senza quell’indumento. Entrerai nella mia agenzia di modelli da compagnia, come passivo, ossia uno che prende, stringe, ospita. Non sarai un prostituto, né una entraineuse, ma un compagno, un amico che condivide un momento di passione e di vita, che desidera soprattutto il piacere dell’altro. Ohh, sììììììììììì, ragazzo aspira, stringi, serralo nella tua bocca per strapparmi il seme custodito nei miei testicoli. Oh, sìììììììììììììììììì, sììììììììììììììììììììììììì, piccola puttana, piccola ruffiana. Gusta, inghiotti, prosciuga. Stendiamoci sul letto, riprendi in bocca la carne a cui hai estratto i succhi vitali, anche se svigorita, moscia e, mentre io riprendo energie nel caldo umido dell’antro delimitato dalle tue labbra, tu godi nell’avere in bocca un cazzo floscio, molle, poco consistente, dal sapore di sborra appena versata, appagando la tua mente di soggetto passivo, docile, sottomesso e assaporando con l’olfatto il profumo virile che spande il nero boschetto. … e quando lui si riprenderà dalla dolce tortura a cui l’hai sottoposto, lo succhierai, mungerai, popperai ancora, ma lui, sapendo di aver appagato la tua curiosità orale, vorrà conoscere il tuo buchetto posteriore, il più prezioso, il più caldo, unico, inestimabile, senza prezzo, stretto e lungo, che lo fascerà, cingerà, stringerà dalla base sino alla cima del glande. Sarai ringraziato con un’aratura profonda, con un dissodamento energico sino alla fresatura per macinare, frantumare, rompere tutte le resistenze, per darti su un terreno sminuzzato, sbriciolato, polverizzato, il seme, che imparerai ad amare.”
“Ohhh, Alex! Che cosa ho provato, oggi, nell’averlo in bocca e se le sensazioni nel culo saranno più intense: non attendere. Ara, macina, frantuma, come dici, questo mio pertugio. Non indugiare, muoviti che la pancia inizia a dolere per l’attesa.”
“Alla tua prima volta percepirai del dolore, degli spasmi acuti, ma superato quel momento entrerai in un mondo nuovo di piaceri, che altrimenti non conosceresti. Mi fermerò un po’, prima di iniziare l’avanzata di conquista del tuo intestino, affinché tu possa prendere coscienza della tua prima sodomizzazione, della carne calda che riempirà, farcirà, saturerà il tuo retto e alla fine che tu possa avvertire la necessità del mio movimento, della mia oscillazione, del mio sbatterti e romperti. Avvertito questo tuo tacito invito a saziarti, a sfamarti di desideri che ancora non comprendi, io abbozzerò prima lentamente il movimento di uscita e poi quello del rientro, ripetutamente sino a quando le tue viscere mi lasceranno scorrere facilmente e allora principierò a muovermi dentro e fuori con ardore, con impeto, con violenza sino a scassinare, a scardinare, a sfasciare quelsto tuo antro, entrando tutto sino a farti sentire i miei coglioni sulle tue natiche. Resterai esterrefatto, sconvolto, incredulo, stordito, imbambolato per le sensazioni di pienezza, di completezza e di appagamento che ti sconvolgeranno e sopraffaranno. Ti dimenticherai della fitta allucinante provata dallo scardinamento, dalla violazione del retto che ti lasciò a bocca aperta e senza fiato, dell’urlo strozzato in gola e delle lacrime, perché sarai tu, ora, che gli andrai incontro, che vorrai la picca, il vomere per il bisogno urgente, vivo, profondo di essere sodomizzato, rotto, posseduto, marcato.
“Signore, ohnnnnffff! Nelle viscere … sensazioni stranissime, che … sbatta forte, … di più. Ohhpsss, … ancora, … Alex …” Stefano, inarcato a cucchiaio, avvinghiato al maestro per le gambe, accettava le picconate, lo scasso intestinale, la solcatura di un vomere che scendeva nel suo più profondo intestino, sino a fargli sentire le manopole.
“Ti devo rompere ragazzo. Nessuno deve trovare difficoltà. Il tuo culo deve aprirsi al primo sfioro, al primo bussare e lasciar scivolare, scorrere al suo interno la carne che chiederà di essere spremuta, spillata, munta.” … e, mantenendolo sempre piegato, con le ginocchia flesse sul volto, mentre si girava da una parte all’altra a causa di emozioni sconosciutegli, lo prese e possedette con l’uscire e rientrare energicamente, deciso, duro, lasciandolo sconvolto, sconcertato, boccheggiante e con occhi persi nel vuoto. Presolo per le ascelle lo sollevò e, reggendoselo addossato e retto sull’asta, con l’aiuto delle mani lo faceva ballonzolare, trabalzare, oscillare, per sfasciargli ulteriormente l’anello sfinterico. Ad ogni sobbalzo Stefano rispondeva, espirando, con , sino al dolce, placido spandersi fra gli addomi dei suoi bianchi, caldi sughi. Al fatto il tutore rispose posizionandolo gattoni sulle ginocchia per meglio sbatterlo, chiavarlo, dominarlo sino ad afferrarlo per la chioma per spingergli la mazza fino ai coglioni. L’agricoltore, dopo lo scasso e il dissodamento, irrorato il terreno con getti abbondanti ed impetuosi, se lo tenne ancora stretto ed unito a lui per ulteriori avvertimenti, pregandolo in sua assenza, di visionare i filmati propedeutici, didattici, educativi, che gli avrebbe messo a disposizione; inoltre, di avvisare la zia che per lavoro, finalmente trovato, sarebbe stato assente per un po’ di giorni. Risero nell’osservare allo specchio l’immagine di un culo infiammato ed arrossato, da cui fluiva una scia bianco-cremosa.


scritto il
2024-09-05
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