Desiderio
di
AngelicaBella
genere
etero
La grande casa era diventata un labirinto di silenzi e di ombre. Da quando Marta, la vedova di suo fratello, era venuta a vivere lì, Mario si era ritrovato a condividere con lei non solo gli spazi, ma anche un peso invisibile che gravava tra di loro, fatto di sguardi sfuggenti e tensioni inespresse. Marta si era rifugiata in una delle stanze più lontane, come per tenersi a distanza da quella vita che non le apparteneva più del tutto. Mario, invece, non riusciva a evitare di percepire ogni suo movimento, ogni sua presenza nella casa come un'eco costante che non poteva ignorare.
Quella sera, il sonno sembrava una chimera irraggiungibile. Mario si alzò dal letto, incapace di trovare pace, e si ritrovò a vagare lungo i corridoi. Si fermò davanti alla porta della stanza di Marta, la cui luce tremolante si riversava sul pavimento. Il suo cuore cominciò a battere più forte, senza una ragione apparente, come se il suo corpo stesse reagendo a qualcosa che la sua mente ancora non poteva comprendere.
La porta era socchiusa, e attraverso la fessura intravide il corpo nudo di Marta, steso sul letto. Lei era distesa, abbandonata a sé stessa, le mani che si muovevano con una lentezza intima e dolorosa, quasi come se cercasse di rispondere a un bisogno che non poteva essere pienamente soddisfatto.
Mario rimase immobile, combattuto tra il desiderio di scappare e quello di restare. La sua mente gli urlava di distogliere lo sguardo, di tornare indietro, ma qualcosa di più profondo lo teneva lì, inchiodato a quella scena. La vista del corpo di lei lo travolse in un modo che non avrebbe mai potuto prevedere. Le sue mani che scivolavano sul ventre, sulle cosce, tra le pieghe più intime di sé stessa, suscitavano in lui un'emozione che non riusciva a decifrare del tutto: non era solo desiderio, ma anche un senso di colpa straziante, un conflitto tra ciò che sapeva essere giusto e ciò che sentiva di volere con ogni fibra del suo essere.
Ogni tocco che Marta si concedeva era carico di una tensione repressa, come se cercasse disperatamente di mantenere il controllo di un piacere che non voleva lasciar esplodere del tutto. Il suo corpo si tendeva e si rilassava, in un ritmo quasi ipnotico, e Mario sentiva una stretta al petto, come se stesse violando un momento sacro e al tempo stesso profondamente intimo. La sua mente lo tormentava: non avrebbe dovuto essere lì, non avrebbe dovuto vedere, ma non poteva allontanarsi.
Lei raggiunse l'apice in un silenzio che sembrava gridare più di ogni parola. Un gemito soffocato sfuggì dalle sue labbra, appena percettibile, e Mario sentì un brivido attraversargli la schiena. Le sue mani si fermarono, e lei rimase lì, distesa sul letto, il corpo tremante e il respiro irregolare. Mario si ritrasse lentamente, il cuore che batteva forte nel petto, la mente colma di vergogna, desiderio e confusione.
Passò il resto della notte a chiedersi cosa stesse accadendo dentro di lui. Ogni pensiero sembrava scontrarsi con un altro, in una lotta senza tregua. Provava vergogna per aver spiato Marta in quel momento così intimo, eppure non riusciva a dimenticare la visione del suo corpo, le sue mani che si muovevano su sé stessa, la tensione e la liberazione che si alternavano in ogni suo gesto. Era come se avesse visto qualcosa di proibito, qualcosa che non gli apparteneva, e al tempo stesso sentiva un bisogno incontrollabile di avvicinarsi a lei, di capire cosa stesse realmente accadendo non solo tra loro, ma dentro di sé.
Il giorno seguente, Mario non riusciva a guardare Marta negli occhi. Ogni volta che incrociava il suo sguardo, sentiva una stretta alla gola, come se le parole che voleva dire rimanessero incastrate dentro di lui. Lei, per parte sua, sembrava essere tornata la solita figura distante e riservata, ma Mario sentiva che qualcosa tra di loro era cambiato, anche se lei non ne dava alcun segno.
La sera, dopo cena, Mario trovò il coraggio di affrontarla. Marta era rimasta nella sala da pranzo, a mettere in ordine i piatti. Lui si avvicinò a lei, la tensione nel suo petto che cresceva a ogni passo. Sentiva che doveva dirle ciò che aveva visto, confessare il suo peccato, anche se temeva la sua reazione.
"Marta," disse, la voce tremante, quasi un sussurro. Lei si fermò, con le mani ancora sui piatti, ma non si voltò verso di lui.
"Ieri sera..." continuò Mario, cercando disperatamente di trovare il coraggio di proseguire. "Ti ho vista."
A quelle parole, Marta si irrigidì. Per un attimo sembrò che il tempo si fosse fermato. Poi, con un movimento lento, quasi calcolato, si voltò verso di lui. I suoi occhi erano freddi, insondabili, ma c'era qualcosa dietro quella maschera di calma apparente, qualcosa che Mario non riusciva a decifrare. Non disse nulla, ma il silenzio tra loro era carico di tensione, come se entrambi sapessero che non c’era via di ritorno.
Le parole di Mario rimasero sospese nell'aria, cariche di vergogna e di colpa. Per un attimo temette che Marta lo avrebbe cacciato via, che lo avrebbe respinto con violenza. Ma lei, senza una parola, lasciò cadere il piatto che aveva in mano, si voltò e uscì dalla stanza, lasciandolo solo con il peso di quella confessione. Mario rimase lì, incapace di muoversi, la mente in subbuglio. Sentiva che qualcosa di irreversibile era accaduto, eppure non sapeva cosa.
Quella notte, Mario si rigirava nel letto, incapace di trovare pace. Il silenzio della casa sembrava più pesante che mai, come se ogni cosa fosse sospesa in attesa di un evento che lui non riusciva a prevedere. Il senso di colpa e il desiderio lo divoravano dall'interno, e ogni volta che chiudeva gli occhi, vedeva il corpo di Marta, le sue mani, il piacere che aveva provato.
Fu a notte fonda quando sentì un leggero rumore alla porta. Si alzò di scatto, confuso, e vide la maniglia girarsi piano. La porta si aprì, e nel buio intravide la figura di Marta. Era nuda, il suo corpo illuminato appena dalla luce della luna che entrava dalla finestra. Mario trattenne il respiro, incapace di muoversi. Lei non disse nulla, ma si avvicinò lentamente, i suoi occhi fissi nei suoi, carichi di un'emozione che lui non riusciva a decifrare del tutto.
Quando fu vicino a lui, Mario poté sentire il calore del suo corpo, il respiro che si faceva sempre più affannoso. Marta si avvicinò ancora di più, fino a quando i loro corpi non si toccarono. Lui, con le mani tremanti, le prese il viso tra le mani, sentendo la morbidezza della sua pelle, il calore che emanava dal suo corpo.
Le loro labbra si incontrarono in un bacio timido e incerto all'inizio, ma che presto si trasformò in qualcosa di più profondo e intenso. Le mani di Mario scivolarono lungo il corpo di Marta, esplorandolo con una lentezza deliberata, sentendo ogni curva, ogni linea, ogni tremito. Marta gemette piano quando lui le accarezzò i seni, sentendo i suoi capezzoli già tesi sotto le dita. Ogni tocco sembrava un atto di liberazione, una confessione che nessuna parola avrebbe potuto esprimere.
Lei si avvicinò ancora di più, il suo corpo che si stringeva contro quello di Mario, e lui poteva sentire il calore, la sua umidità, la morbidezza della pelle e la tensione nei muscoli di lei. Le loro bocche si cercavano, fameliche, come se attraverso quel contatto potessero finalmente liberarsi di tutto il peso, la colpa, il desiderio inesprimibile che li aveva tormentati per giorni.
Mario, mentre le sue mani esploravano il corpo di Marta con una delicatezza che contrastava con la potenza del suo desiderio, sentiva come la sua stessa mente si stesse disfacendo sotto la pressione di tutte le emozioni represse. Le dita scivolarono più in basso, trovando il ventre di lei e poi le cosce, sfiorando con crescente intensità quelle pieghe già umide e pulsanti di eccitazione. Marta si abbandonò contro di lui, un gemito soffocato che le sfuggì dalle labbra, un suono che sembrava liberare una tensione antica, accumulata da troppo tempo.
Lentamente, Mario la fece distendere sul letto, il corpo di lei che si adagiava contro le lenzuola con una resa silenziosa, quasi rituale. Ogni gesto sembrava carico di significato, ogni tocco una promessa che nessuno dei due osava pronunciare ad alta voce. Mario si abbassò su di lei, baciandole il collo, scendendo lungo le spalle, soffermandosi sul suo seno, sentendo i capezzoli duri sotto la lingua. Marta si inarcava sotto di lui, il respiro spezzato da gemiti sempre più frequenti, i fianchi che si muovevano contro di lui, cercando di colmare quella distanza che ancora li separava.
Le mani di lei scivolarono lungo la schiena di Mario, aggrappandosi a lui con una disperazione che sembrava volerlo trattenere lì, come se la realtà intorno a loro potesse svanire in un istante. Quando lui si posizionò tra le sue gambe, il contatto della sua pelle contro la pelle di lei provocò un brivido che attraversò entrambi. Per un attimo, rimasero così, immobili, come se il peso del momento fosse troppo grande da sopportare. Poi, lentamente, Mario si spinse dentro di lei, sentendo la calda e accogliente pressione che avvolgeva ogni parte del suo essere.
Marta sospirò forte, il suo corpo che si avvolgeva attorno a quello di Mario, i fianchi che si muovevano in risposta a ogni sua spinta. Ogni movimento era misurato, come se stessero ballando un'antica danza di cui conoscevano ogni passo, eppure ogni istante sembrava anche nuovo, sconvolgente, carico di un piacere quasi doloroso nella sua intensità. Mario sentiva le unghie di Marta affondare leggermente nella sua pelle, i suoi gemiti che si facevano sempre più disperati, il corpo di lei che si muoveva con una crescente urgenza.
Marta si sollevò verso di lui, i loro respiri che si mescolavano in un ritmo sempre più frenetico, i loro corpi che si univano e si separavano con un’intensità quasi feroce. Le labbra di Marta cercarono ancora una volta le sue, e il loro bacio divenne una fusione totale, un contatto che andava al di là del semplice piacere fisico, come se stessero cercando di trovare qualcosa di più profondo, di più vero, al di là di tutto il desiderio e la passione.
Quando finalmente raggiunsero l’apice, fu come se tutto il mondo intorno a loro si dissolvesse. I loro corpi tremarono insieme, i respiri spezzati dall’intensità del piacere che si riversava attraverso ogni fibra del loro essere. Mario sentiva come se il tempo stesso si fosse fermato, come se non ci fosse nient'altro al di fuori di quel momento, di quel contatto, di quella fusione totale e completa.
Rimasero così, immobili, per alcuni istanti, i corpi ancora intrecciati, il silenzio della notte che tornava a coprirli come un velo. I loro cuori battevano all'unisono, il respiro che lentamente tornava a farsi regolare, ma nulla in quella stanza era come prima. Qualcosa si era spezzato e, al contempo, qualcosa si era liberato.
Marta si staccò da lui con lentezza, il corpo ancora tremante, ma negli occhi non c’era più traccia di quella freddezza che aveva caratterizzato i loro giorni insieme fino a quel momento. C’era una luce nuova, quasi fragile, ma intensa. Senza dire una parola, si alzò dal letto, raccogliendo i vestiti dal pavimento. Mario rimase sdraiato, osservandola mentre si rivestiva, il cuore ancora in subbuglio, ma consapevole che niente sarebbe stato più lo stesso.
Quando Marta si voltò verso di lui, prima di uscire dalla stanza, gli occhi di entrambi si incontrarono in un silenzio pieno di comprensione. Non c'erano parole che potessero spiegare cosa fosse successo quella notte. Non c'erano promesse, né richieste. Solo la consapevolezza che avevano condiviso qualcosa che li avrebbe segnati per sempre.
Lei uscì dalla stanza, lasciando dietro di sé un'ombra di calore e di presenza che sembrava ancora avvolgere l'aria. Mario rimase solo, il corpo ancora impregnato della sua essenza, il cuore colmo di un tumulto che non riusciva ancora a decifrare del tutto. Ma una cosa era certa: le loro maschere erano cadute, e dietro di esse avevano scoperto una verità che non potevano più ignorare.
Quella sera, il sonno sembrava una chimera irraggiungibile. Mario si alzò dal letto, incapace di trovare pace, e si ritrovò a vagare lungo i corridoi. Si fermò davanti alla porta della stanza di Marta, la cui luce tremolante si riversava sul pavimento. Il suo cuore cominciò a battere più forte, senza una ragione apparente, come se il suo corpo stesse reagendo a qualcosa che la sua mente ancora non poteva comprendere.
La porta era socchiusa, e attraverso la fessura intravide il corpo nudo di Marta, steso sul letto. Lei era distesa, abbandonata a sé stessa, le mani che si muovevano con una lentezza intima e dolorosa, quasi come se cercasse di rispondere a un bisogno che non poteva essere pienamente soddisfatto.
Mario rimase immobile, combattuto tra il desiderio di scappare e quello di restare. La sua mente gli urlava di distogliere lo sguardo, di tornare indietro, ma qualcosa di più profondo lo teneva lì, inchiodato a quella scena. La vista del corpo di lei lo travolse in un modo che non avrebbe mai potuto prevedere. Le sue mani che scivolavano sul ventre, sulle cosce, tra le pieghe più intime di sé stessa, suscitavano in lui un'emozione che non riusciva a decifrare del tutto: non era solo desiderio, ma anche un senso di colpa straziante, un conflitto tra ciò che sapeva essere giusto e ciò che sentiva di volere con ogni fibra del suo essere.
Ogni tocco che Marta si concedeva era carico di una tensione repressa, come se cercasse disperatamente di mantenere il controllo di un piacere che non voleva lasciar esplodere del tutto. Il suo corpo si tendeva e si rilassava, in un ritmo quasi ipnotico, e Mario sentiva una stretta al petto, come se stesse violando un momento sacro e al tempo stesso profondamente intimo. La sua mente lo tormentava: non avrebbe dovuto essere lì, non avrebbe dovuto vedere, ma non poteva allontanarsi.
Lei raggiunse l'apice in un silenzio che sembrava gridare più di ogni parola. Un gemito soffocato sfuggì dalle sue labbra, appena percettibile, e Mario sentì un brivido attraversargli la schiena. Le sue mani si fermarono, e lei rimase lì, distesa sul letto, il corpo tremante e il respiro irregolare. Mario si ritrasse lentamente, il cuore che batteva forte nel petto, la mente colma di vergogna, desiderio e confusione.
Passò il resto della notte a chiedersi cosa stesse accadendo dentro di lui. Ogni pensiero sembrava scontrarsi con un altro, in una lotta senza tregua. Provava vergogna per aver spiato Marta in quel momento così intimo, eppure non riusciva a dimenticare la visione del suo corpo, le sue mani che si muovevano su sé stessa, la tensione e la liberazione che si alternavano in ogni suo gesto. Era come se avesse visto qualcosa di proibito, qualcosa che non gli apparteneva, e al tempo stesso sentiva un bisogno incontrollabile di avvicinarsi a lei, di capire cosa stesse realmente accadendo non solo tra loro, ma dentro di sé.
Il giorno seguente, Mario non riusciva a guardare Marta negli occhi. Ogni volta che incrociava il suo sguardo, sentiva una stretta alla gola, come se le parole che voleva dire rimanessero incastrate dentro di lui. Lei, per parte sua, sembrava essere tornata la solita figura distante e riservata, ma Mario sentiva che qualcosa tra di loro era cambiato, anche se lei non ne dava alcun segno.
La sera, dopo cena, Mario trovò il coraggio di affrontarla. Marta era rimasta nella sala da pranzo, a mettere in ordine i piatti. Lui si avvicinò a lei, la tensione nel suo petto che cresceva a ogni passo. Sentiva che doveva dirle ciò che aveva visto, confessare il suo peccato, anche se temeva la sua reazione.
"Marta," disse, la voce tremante, quasi un sussurro. Lei si fermò, con le mani ancora sui piatti, ma non si voltò verso di lui.
"Ieri sera..." continuò Mario, cercando disperatamente di trovare il coraggio di proseguire. "Ti ho vista."
A quelle parole, Marta si irrigidì. Per un attimo sembrò che il tempo si fosse fermato. Poi, con un movimento lento, quasi calcolato, si voltò verso di lui. I suoi occhi erano freddi, insondabili, ma c'era qualcosa dietro quella maschera di calma apparente, qualcosa che Mario non riusciva a decifrare. Non disse nulla, ma il silenzio tra loro era carico di tensione, come se entrambi sapessero che non c’era via di ritorno.
Le parole di Mario rimasero sospese nell'aria, cariche di vergogna e di colpa. Per un attimo temette che Marta lo avrebbe cacciato via, che lo avrebbe respinto con violenza. Ma lei, senza una parola, lasciò cadere il piatto che aveva in mano, si voltò e uscì dalla stanza, lasciandolo solo con il peso di quella confessione. Mario rimase lì, incapace di muoversi, la mente in subbuglio. Sentiva che qualcosa di irreversibile era accaduto, eppure non sapeva cosa.
Quella notte, Mario si rigirava nel letto, incapace di trovare pace. Il silenzio della casa sembrava più pesante che mai, come se ogni cosa fosse sospesa in attesa di un evento che lui non riusciva a prevedere. Il senso di colpa e il desiderio lo divoravano dall'interno, e ogni volta che chiudeva gli occhi, vedeva il corpo di Marta, le sue mani, il piacere che aveva provato.
Fu a notte fonda quando sentì un leggero rumore alla porta. Si alzò di scatto, confuso, e vide la maniglia girarsi piano. La porta si aprì, e nel buio intravide la figura di Marta. Era nuda, il suo corpo illuminato appena dalla luce della luna che entrava dalla finestra. Mario trattenne il respiro, incapace di muoversi. Lei non disse nulla, ma si avvicinò lentamente, i suoi occhi fissi nei suoi, carichi di un'emozione che lui non riusciva a decifrare del tutto.
Quando fu vicino a lui, Mario poté sentire il calore del suo corpo, il respiro che si faceva sempre più affannoso. Marta si avvicinò ancora di più, fino a quando i loro corpi non si toccarono. Lui, con le mani tremanti, le prese il viso tra le mani, sentendo la morbidezza della sua pelle, il calore che emanava dal suo corpo.
Le loro labbra si incontrarono in un bacio timido e incerto all'inizio, ma che presto si trasformò in qualcosa di più profondo e intenso. Le mani di Mario scivolarono lungo il corpo di Marta, esplorandolo con una lentezza deliberata, sentendo ogni curva, ogni linea, ogni tremito. Marta gemette piano quando lui le accarezzò i seni, sentendo i suoi capezzoli già tesi sotto le dita. Ogni tocco sembrava un atto di liberazione, una confessione che nessuna parola avrebbe potuto esprimere.
Lei si avvicinò ancora di più, il suo corpo che si stringeva contro quello di Mario, e lui poteva sentire il calore, la sua umidità, la morbidezza della pelle e la tensione nei muscoli di lei. Le loro bocche si cercavano, fameliche, come se attraverso quel contatto potessero finalmente liberarsi di tutto il peso, la colpa, il desiderio inesprimibile che li aveva tormentati per giorni.
Mario, mentre le sue mani esploravano il corpo di Marta con una delicatezza che contrastava con la potenza del suo desiderio, sentiva come la sua stessa mente si stesse disfacendo sotto la pressione di tutte le emozioni represse. Le dita scivolarono più in basso, trovando il ventre di lei e poi le cosce, sfiorando con crescente intensità quelle pieghe già umide e pulsanti di eccitazione. Marta si abbandonò contro di lui, un gemito soffocato che le sfuggì dalle labbra, un suono che sembrava liberare una tensione antica, accumulata da troppo tempo.
Lentamente, Mario la fece distendere sul letto, il corpo di lei che si adagiava contro le lenzuola con una resa silenziosa, quasi rituale. Ogni gesto sembrava carico di significato, ogni tocco una promessa che nessuno dei due osava pronunciare ad alta voce. Mario si abbassò su di lei, baciandole il collo, scendendo lungo le spalle, soffermandosi sul suo seno, sentendo i capezzoli duri sotto la lingua. Marta si inarcava sotto di lui, il respiro spezzato da gemiti sempre più frequenti, i fianchi che si muovevano contro di lui, cercando di colmare quella distanza che ancora li separava.
Le mani di lei scivolarono lungo la schiena di Mario, aggrappandosi a lui con una disperazione che sembrava volerlo trattenere lì, come se la realtà intorno a loro potesse svanire in un istante. Quando lui si posizionò tra le sue gambe, il contatto della sua pelle contro la pelle di lei provocò un brivido che attraversò entrambi. Per un attimo, rimasero così, immobili, come se il peso del momento fosse troppo grande da sopportare. Poi, lentamente, Mario si spinse dentro di lei, sentendo la calda e accogliente pressione che avvolgeva ogni parte del suo essere.
Marta sospirò forte, il suo corpo che si avvolgeva attorno a quello di Mario, i fianchi che si muovevano in risposta a ogni sua spinta. Ogni movimento era misurato, come se stessero ballando un'antica danza di cui conoscevano ogni passo, eppure ogni istante sembrava anche nuovo, sconvolgente, carico di un piacere quasi doloroso nella sua intensità. Mario sentiva le unghie di Marta affondare leggermente nella sua pelle, i suoi gemiti che si facevano sempre più disperati, il corpo di lei che si muoveva con una crescente urgenza.
Marta si sollevò verso di lui, i loro respiri che si mescolavano in un ritmo sempre più frenetico, i loro corpi che si univano e si separavano con un’intensità quasi feroce. Le labbra di Marta cercarono ancora una volta le sue, e il loro bacio divenne una fusione totale, un contatto che andava al di là del semplice piacere fisico, come se stessero cercando di trovare qualcosa di più profondo, di più vero, al di là di tutto il desiderio e la passione.
Quando finalmente raggiunsero l’apice, fu come se tutto il mondo intorno a loro si dissolvesse. I loro corpi tremarono insieme, i respiri spezzati dall’intensità del piacere che si riversava attraverso ogni fibra del loro essere. Mario sentiva come se il tempo stesso si fosse fermato, come se non ci fosse nient'altro al di fuori di quel momento, di quel contatto, di quella fusione totale e completa.
Rimasero così, immobili, per alcuni istanti, i corpi ancora intrecciati, il silenzio della notte che tornava a coprirli come un velo. I loro cuori battevano all'unisono, il respiro che lentamente tornava a farsi regolare, ma nulla in quella stanza era come prima. Qualcosa si era spezzato e, al contempo, qualcosa si era liberato.
Marta si staccò da lui con lentezza, il corpo ancora tremante, ma negli occhi non c’era più traccia di quella freddezza che aveva caratterizzato i loro giorni insieme fino a quel momento. C’era una luce nuova, quasi fragile, ma intensa. Senza dire una parola, si alzò dal letto, raccogliendo i vestiti dal pavimento. Mario rimase sdraiato, osservandola mentre si rivestiva, il cuore ancora in subbuglio, ma consapevole che niente sarebbe stato più lo stesso.
Quando Marta si voltò verso di lui, prima di uscire dalla stanza, gli occhi di entrambi si incontrarono in un silenzio pieno di comprensione. Non c'erano parole che potessero spiegare cosa fosse successo quella notte. Non c'erano promesse, né richieste. Solo la consapevolezza che avevano condiviso qualcosa che li avrebbe segnati per sempre.
Lei uscì dalla stanza, lasciando dietro di sé un'ombra di calore e di presenza che sembrava ancora avvolgere l'aria. Mario rimase solo, il corpo ancora impregnato della sua essenza, il cuore colmo di un tumulto che non riusciva ancora a decifrare del tutto. Ma una cosa era certa: le loro maschere erano cadute, e dietro di esse avevano scoperto una verità che non potevano più ignorare.
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