Il cornuto
di
AngelicaBella
genere
corna
Il Cornuto
François non era mai stato così vivo, eppure così vicino alla morte. Si rannicchiava nell'ombra della stanza, il corpo teso come una corda pronta a spezzarsi. Davanti a lui, Charlotte si stava inginocchiando, le ginocchia nude che si schiacciavano contro il freddo pavimento. L'uomo, un giovane dai muscoli tesi e dalla pelle lucida, la guardava dall'alto con occhi spietati. Le sue mani afferrarono la testa di Charlotte con violenza, guidando i suoi movimenti senza alcuna pietà.
François osservava, incapace di distogliere lo sguardo, mentre sua moglie veniva spinta a soddisfare quell'uomo con la bocca. I suoni umidi riempivano l'aria, un’oscena sinfonia di umiliazione. Charlotte non gemeva, non si lamentava. Ogni movimento delle sue labbra, ogni tentativo di respirare era una resa completa al potere dell'uomo sopra di lei. E François sentiva il cuore battere come un tamburo furioso nel petto, eccitato oltre ogni limite, ma colmo di una rabbia sorda.
Ogni volta che Charlotte lo prendeva più profondamente, François si sentiva meno uomo, più debole, più pervertito. Si masturbava freneticamente nell'angolo, i suoi occhi fissi su ogni dettaglio, incapace di fermarsi. Le dita di Charlotte scivolavano lungo le cosce dell'uomo, il suo respiro si faceva sempre più corto, mentre l'uomo continuava a spingerla più a fondo, ogni colpo più brutale del precedente. I suoi gemiti soffocati si trasformavano in un rumore sordo, come una preghiera distorta, mentre François sentiva che il desiderio e l'odio lo stavano consumando.
Quando l'uomo si staccò da lei, non ci fu nessuna tregua. La sollevò come un sacco di carne, gettandola sul letto con una forza tale che il suo corpo rimbalzò. Senza alcuna esitazione, le separò le gambe e la penetrò con un colpo così violento che François pensò di sentire il suo stesso corpo spezzarsi. Il giovane era un animale in calore, e Charlotte non era altro che un oggetto per placare la sua fame. La sua pelle sudata brillava alla luce fioca della lampada, i suoi fianchi affondavano nel corpo di Charlotte con movimenti che sembravano dettati solo da una brama primordiale. Ogni spinta era come un martello che batteva su François, lo schiacciava, lo annientava.
François si masturbava ancora, il respiro sempre più affannato, mentre l'uomo violentava sua moglie sotto i suoi occhi. La stanza era intrisa dell'odore di sesso e sudore, e François si sentiva come un animale rinchiuso in una gabbia. Charlotte gemeva, ma i suoi gemiti non avevano più nulla di umano. Ogni volta che l'uomo affondava in lei, François sentiva un'ondata di piacere perverso attraversargli il corpo, un piacere che lo rendeva schiavo, che lo sprofondava sempre più in un abisso da cui non sarebbe mai più risalito.
Quando l'uomo venne con un grido gutturale, riempiendo Charlotte fino all'orlo, François raggiunse il proprio climax, il suo corpo che si contorceva in spasmi mentre si liberava del suo seme nell'ombra. Si sentiva come un'eco distorta del giovane, un'ombra di sé stesso. L'uomo si allontanò da Charlotte, il suo respiro ancora pesante, e si rivestì con la stessa noncuranza con cui avrebbe raccolto un oggetto gettato a terra.
Charlotte rimase immobile, il suo corpo stremato e macchiato, ancora scosso dai resti del piacere e del dolore che aveva subito. François la guardava, il cuore ancora pulsante, ma senza più desiderio, senza più amore, solo un vuoto che sembrava crescere ogni secondo di più. Si sentiva come se qualcosa di vitale fosse stato strappato via da lui, lasciandolo a pezzi.
Si alzò, barcollando leggermente, i suoi piedi che affondavano nel sudore che si era raccolto sul pavimento. Charlotte si voltò verso di lui, il viso stanco e pallido, ma con un sorriso appena accennato sulle labbra. “Ti è piaciuto, François?” La sua voce era piatta, quasi meccanica.
François non rispose. Non riusciva a rispondere. Si voltò e uscì dalla stanza, il corpo ancora tremante e il cuore vuoto. Non c'era più nulla da dire, nulla da fare. Il gioco era finito, e con esso anche l'ultimo barlume di umanità che aveva conservato. Camminava nella notte, incapace di sentire il freddo che gli penetrava nelle ossa, incapace di pensare.
Aveva perso tutto. Aveva perso sé stesso.
Eppure, mentre si perdeva nelle strade vuote, François sentiva una strana sensazione di liberazione. Era finito tutto. E non c'era più nulla che lo trattenesse.
François non era mai stato così vivo, eppure così vicino alla morte. Si rannicchiava nell'ombra della stanza, il corpo teso come una corda pronta a spezzarsi. Davanti a lui, Charlotte si stava inginocchiando, le ginocchia nude che si schiacciavano contro il freddo pavimento. L'uomo, un giovane dai muscoli tesi e dalla pelle lucida, la guardava dall'alto con occhi spietati. Le sue mani afferrarono la testa di Charlotte con violenza, guidando i suoi movimenti senza alcuna pietà.
François osservava, incapace di distogliere lo sguardo, mentre sua moglie veniva spinta a soddisfare quell'uomo con la bocca. I suoni umidi riempivano l'aria, un’oscena sinfonia di umiliazione. Charlotte non gemeva, non si lamentava. Ogni movimento delle sue labbra, ogni tentativo di respirare era una resa completa al potere dell'uomo sopra di lei. E François sentiva il cuore battere come un tamburo furioso nel petto, eccitato oltre ogni limite, ma colmo di una rabbia sorda.
Ogni volta che Charlotte lo prendeva più profondamente, François si sentiva meno uomo, più debole, più pervertito. Si masturbava freneticamente nell'angolo, i suoi occhi fissi su ogni dettaglio, incapace di fermarsi. Le dita di Charlotte scivolavano lungo le cosce dell'uomo, il suo respiro si faceva sempre più corto, mentre l'uomo continuava a spingerla più a fondo, ogni colpo più brutale del precedente. I suoi gemiti soffocati si trasformavano in un rumore sordo, come una preghiera distorta, mentre François sentiva che il desiderio e l'odio lo stavano consumando.
Quando l'uomo si staccò da lei, non ci fu nessuna tregua. La sollevò come un sacco di carne, gettandola sul letto con una forza tale che il suo corpo rimbalzò. Senza alcuna esitazione, le separò le gambe e la penetrò con un colpo così violento che François pensò di sentire il suo stesso corpo spezzarsi. Il giovane era un animale in calore, e Charlotte non era altro che un oggetto per placare la sua fame. La sua pelle sudata brillava alla luce fioca della lampada, i suoi fianchi affondavano nel corpo di Charlotte con movimenti che sembravano dettati solo da una brama primordiale. Ogni spinta era come un martello che batteva su François, lo schiacciava, lo annientava.
François si masturbava ancora, il respiro sempre più affannato, mentre l'uomo violentava sua moglie sotto i suoi occhi. La stanza era intrisa dell'odore di sesso e sudore, e François si sentiva come un animale rinchiuso in una gabbia. Charlotte gemeva, ma i suoi gemiti non avevano più nulla di umano. Ogni volta che l'uomo affondava in lei, François sentiva un'ondata di piacere perverso attraversargli il corpo, un piacere che lo rendeva schiavo, che lo sprofondava sempre più in un abisso da cui non sarebbe mai più risalito.
Quando l'uomo venne con un grido gutturale, riempiendo Charlotte fino all'orlo, François raggiunse il proprio climax, il suo corpo che si contorceva in spasmi mentre si liberava del suo seme nell'ombra. Si sentiva come un'eco distorta del giovane, un'ombra di sé stesso. L'uomo si allontanò da Charlotte, il suo respiro ancora pesante, e si rivestì con la stessa noncuranza con cui avrebbe raccolto un oggetto gettato a terra.
Charlotte rimase immobile, il suo corpo stremato e macchiato, ancora scosso dai resti del piacere e del dolore che aveva subito. François la guardava, il cuore ancora pulsante, ma senza più desiderio, senza più amore, solo un vuoto che sembrava crescere ogni secondo di più. Si sentiva come se qualcosa di vitale fosse stato strappato via da lui, lasciandolo a pezzi.
Si alzò, barcollando leggermente, i suoi piedi che affondavano nel sudore che si era raccolto sul pavimento. Charlotte si voltò verso di lui, il viso stanco e pallido, ma con un sorriso appena accennato sulle labbra. “Ti è piaciuto, François?” La sua voce era piatta, quasi meccanica.
François non rispose. Non riusciva a rispondere. Si voltò e uscì dalla stanza, il corpo ancora tremante e il cuore vuoto. Non c'era più nulla da dire, nulla da fare. Il gioco era finito, e con esso anche l'ultimo barlume di umanità che aveva conservato. Camminava nella notte, incapace di sentire il freddo che gli penetrava nelle ossa, incapace di pensare.
Aveva perso tutto. Aveva perso sé stesso.
Eppure, mentre si perdeva nelle strade vuote, François sentiva una strana sensazione di liberazione. Era finito tutto. E non c'era più nulla che lo trattenesse.
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