Prendimi

di
genere
saffico

Camilla si lasciò cadere sulle ginocchia sul tappeto morbido del salotto di Sara. L'aria della stanza sembrava densa, quasi soffocante, come se ogni respiro fosse carico di aspettative non dette. Sara la guardava dall'alto, un sorriso lento e privo di fretta giocava sulle sue labbra mentre accendeva una sigaretta. Camilla poteva sentire il calore del suo corpo anche a distanza, come un fuoco che la attirava senza via d'uscita. Le mani tremavano appena mentre aspettava, il cuore che batteva nel petto come un tamburo troppo forte, ma la sua mente era calma, serena, come se il suo corpo fosse un'offerta, un sacrificio di cui non temeva le conseguenze.
"Vieni qui," disse Sara, la voce bassa, quasi un sussurro, ma per Camilla suonava come un ordine indiscutibile. Non c'era esitazione nel suo tono, solo una consapevolezza del potere che sapeva di avere su di lei. Camilla si alzò lentamente, i muscoli tesi, e attraversò la stanza senza staccare lo sguardo da quello di Sara, come un animale incantato dalla vista del suo predatore.
Quando le fu vicina, Sara non la toccò subito. La fece attendere, lasciando che il silenzio tra di loro si allungasse, un filo invisibile che legava le loro volontà. Camilla sentiva quel silenzio crescere come un peso fisico, una pressione che si faceva sempre più intensa. Voleva essere toccata, voleva essere presa, eppure il momento dell'unione era sospeso nell'aria, come una promessa non ancora mantenuta.
Sara la studiava con attenzione, gli occhi che vagavano lungo il suo corpo, valutando ogni curva, ogni reazione, come se Camilla fosse qualcosa da scoprire pezzo per pezzo. Poi, finalmente, Sara allungò una mano, afferrando il polso di Camilla e tirandola a sé con un movimento rapido, quasi brusco. Il contatto fu come una scarica elettrica, un fulmine che attraversava entrambi. Camilla sussultò leggermente, ma non si ritirò, anzi, si lasciò guidare senza resistenza.
Sara la spinse contro il muro, la sua bocca subito su di lei, affamata e decisa. Non c'era alcuna delicatezza in quel gesto, solo bisogno, una fame che sembrava travolgerle entrambe. Le mani di Sara si mossero con rapidità, afferrando la stoffa del vestito di Camilla e tirandola via con un gesto deciso. Camilla sentì la stoffa strappare, ma non le importava. Era come se il mondo intero fosse diventato quel momento, quella stanza, quei corpi.
Sara premette il proprio corpo contro quello di Camilla, schiacciandola contro il muro, e le sue mani scesero lungo la sua pelle con una lentezza crudele. Ogni tocco era misurato, calcolato, eppure carico di un potere che faceva vibrare Camilla in ogni fibra. Sentiva il calore delle mani di Sara bruciarle la pelle, il respiro dell’altra che si faceva più rapido, più pesante.
"Guardami," ordinò Sara, e Camilla obbedì. I loro occhi si incontrarono e, in quel momento, c'era qualcosa di più che semplice desiderio. Era resa, completa e totale. Camilla sentiva il suo corpo rispondere a Sara come se non fosse più suo, come se fosse stata scolpita solo per lei, ogni nervo teso, ogni battito di cuore che risuonava all'unisono con quello di Sara.
Le dita di Sara si insinuarono tra le sue gambe, con una lentezza che sembrava fatta per torturare. Ogni movimento era come un colpo di frusta, un richiamo di piacere che attraversava Camilla facendola tremare. Non c'era fretta, non c'era la brutalità che si sarebbe potuta aspettare; solo un gioco di controllo e piacere che si prolungava all'infinito. Camilla sentiva il proprio corpo arrendersi sotto quel tocco, come cera sciolta al calore delle fiamme.

Ogni volta che Sara la toccava, ogni volta che le sue dita si muovevano dentro di lei, era come se Camilla venisse consumata, a poco a poco. Sara era implacabile, mantenendo un ritmo che cresceva lentamente, lasciando che Camilla si aggrappasse a ogni attimo di piacere come se fosse l'ultimo. E quando finalmente l'orgasmo la travolse, fu come se tutto si disintegrasse, come se la sua intera esistenza si fosse ridotta a quel solo momento di pura, assoluta resa.
Sara la tenne stretta contro il muro mentre Camilla si piegava sotto il peso del piacere, il corpo scosso da tremiti che sembravano non voler finire. Eppure, Sara non la lasciava andare. La sua presa era forte, possessiva, come se non fosse ancora soddisfatta. Come se il piacere di Camilla fosse solo il primo passo di qualcosa di più profondo, di più oscuro.
Alla fine, Sara la liberò, ma non prima di averle lasciato addosso il segno della sua presa, come una firma invisibile che Camilla avrebbe portato con sé a lungo. La guardò per un momento, quel sorriso sfacciato ancora sulle labbra, prima di voltarsi e riaccendersi una sigaretta, come se nulla di straordinario fosse accaduto.
Camilla restò lì, nuda e vulnerabile, ancora scossa da quanto era appena accaduto. Non c'era bisogno di parole. Non c'era bisogno di altro che quel momento, quello spazio condiviso tra di loro, carico di un'intensità che solo loro potevano comprendere.
scritto il
2024-08-17
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