Lettera di una madre incestuosa (romanzo - 3/9)
di
Ciro Esposito83
genere
incesti
Niente nasce da niente e quanto accaduto tra di noi fu la conclusione di un percorso conscio e inconscio sviluppato nel tempo, in una sequenza di eventi scollegati all'apparenza. Ricordo che una volta ti sorpresi a spiarmi mentre ero in bagno. Succede a tutti i bambini di spiare i genitori. Credo che la stanza da bagno in cui si passa tanto tempo chiusi e isolati dal mondo crei nei bambini una curiosità infinita. C'è sicuramente una percezione in nuce di qualcosa di misterioso e legato, se non alla sessualità, comunque alla fisicità, alla nudità. Anche tu da piccolo facevi cose simili. L'episodio a cui mi riferisco, ha invece importanza perché eri già grande.
Quel giorno ero rientrata a casa credendo non ci fosse nessuno. Andai subito in bagno perché mi scappava la pipì e la stavo trattenendo da troppo tempo. Non mi preoccupai molto di chiudere la porta del bagno. Probabilmente le diedi semplicemente una debole spinta e la accostai. Avevo una gonna lunga fino alle caviglie e i collant. Con un gesto rapido e automatico, sollevai la gonna, presi contemporaneamente il bordo dei collant e dello slip e li abbassai simultaneamente fino a metà polpaccio, per poi sedermi sulla tazza del water e lasciare che la vescica si svuotasse. Con movimenti goffi, poiché gli indumenti abbassati mi inibivano la camminata, mi misi sul bidet e mi lavai. Un colpo di asciugamano e poi ricomposi l'abbigliamento. Alzando lo sguardo, con la coda dell'occhio ti intravidi riflesso nell'ampio specchio, acquattato dietro la porta socchiusa. Sapevo che non avevi visto nulla poiché non avevo esposto la mia intimità in maniera tale che, da quella angolatura, avresti potuto scorgere qualcosa. Tuttavia rimasi sorpresa della tua presenza e colpita dal fatto che sui tuoi pantaloni si notava l'erezione. Perché stavi lì? Eri passato per caso e avevi approfittato della mia noncuranza nel chiudere la porta? Oppure avevi atteso pazientemente che ti si presentasse un'occasione simile e avevi attuato qualche strategia? Mi chiesi anche come mi sarei comportata io stessa se mi fossi avveduta prima di te che mi spiavi. Avrei fatto finta di nulla? Mi sarei arrabbiata e ti avrei scacciato? Oppure avrei ipotizzato che la tua curiosità adolescenziale avesse avuto il sopravvento e ti aveva spinto ad osare, per cui forse sarebbe stato opportuno intavolare un discorso con te. E se invece la cosa giusta fosse stata quella di consentirti di vedere quello per cui ti eri appostato e quindi avrei dovuto muovermi diversamente ed espormi maggiormente? Sai, ci ho pensato a lungo, dopo quello che è successo. Ho ripensato a mille piccoli episodi e mi sono chiesta se mi ero comportata correttamente, se avessi agito da buona madre, se forse non avessi dovuto fare diversamente e, soprattutto, se erano elementi fondamentali per delineare il percorso che ci aveva portato fin dove eravamo arrivati.
Era tutto il giorno che sentivo dentro di me qualcosa di strano. Una forma di disturbo. Forse una corrente elettrica a bassa tensione che mi attraversava da capo a piedi. Feci fatica a fare le cose usuali. Il caldo aveva cominciato ad essere torrido dal primo mattino, quando tuo padre si era levato per andare a pesca con gli amici. Anch'io mi alzai, incapace di stare a letto. Gli preparai la colazione e lasciai da parte del caffè per te, per quando ti saresti alzato. Me ne versai una tazza e lo sorseggiai lentamente, sull'uscio della vecchia casa, guardando la campagna che si illuminava a poco a poco e il suo mondo fatto di miriadi di creature che sfuggivano all'occhio ma affermavano la loro presenza con suoni e rumori di tutti i tipi. Rivedo ancora quel campo di grano che si presentava proprio davanti, appena in declivio, una leggera salita per poi perdersi oltre la linea dell'orizzonte. Quella mattina lo contemplai a lungo come se non dovessi più rivederlo e volessi imprimermi ogni dettaglio nella memoria. Posai la tazza sulla panchetta che era a ridosso del muro esterno e feci alcuni passi nel cortile. Individuai una sorta di linea di confine tra il mondo urbanizzato dell'uomo e quello della natura. Dove finiva la ghiaia e dove cominciava la terra. Era un campo coltivato, ma manteneva pur sempre il suo legame con la natura. In essa si integrava e la rispettava. Così, a mia volta, per rispetto mi tolsi i sandali e mossi i piedi su quella terra fredda e umida, che di lì a poco il sole avrebbe nuovamente arroventato. Provai una strana emozione. Mi sentii più viva del solito. Anzi, mi sentii viva, perché fino a quel momento non avevo preso consapevolezza di esserlo. Solo dopo aver recuperato il mio legame personale con la natura madre, mi sentii parte di un sistema antico come il mondo. Facevo parte della terra.
Probabilmente anche quello era un segno che qualcosa in me stava per cambiare. Non lo percepii così. Non potevo immaginare fino a che punto la mia vita sarebbe stata stravolta. Tutto quello che prima poteva essere stato un pensiero folle, una fantasia bizzarra o un timore segreto, improvvisamente sarebbe divenuto realtà, vissuto, evento incancellabile. Buono o cattivo che fosse, sarebbe stato un fatto del mio vivere. Del mio essere. Ero pervasa da queste strane sensazioni e ne ero inebriata. Mi tolsi la leggera veste. Sotto non portavo biancheria, non mi ero ancora cambiata né avevo fatto la doccia. Mi trovai completamente nuda, all'aperto, in mezzo a un campo di grano maturo. Dapprima mi inginocchiai, poi mi sdraiai prona sul terreno. Potei sentire la pelle e la terra unirsi. Ogni mia cellula ed ogni granello di terra sembravano volersi fondere, ricongiungersi dopo una lunga separazione. Chiusi gli occhi per alcuni istanti. Provai a non pensare a nulla. Volevo sentire la voce della natura parlarmi. Volevo fondermi in essa e svanire. Poi un rumore mi riportò alla realtà. Di lontano sentii il borbottare di un trattore. Probabilmente i contadini stavano venendo per la falciatura. Sarebbe stato imbarazzante farmi trovare lì, nuda per di più. Non avrei potuto spiegargli e loro non avrebbero potuto capire. Così mi rivestii in fretta e corsi nuovamente verso la casa, dove tu ancora dormivi profondamente. Tu non sapesti mai cosa avevo fatto quella mattina, prima che tutto cambiasse. Avrei dovuto intuire che erano segnali. Avrei dovuto prendere consapevolezza che stava per succedere qualcosa. Che stavo per far accadere qualcosa. Andai in bagno a farmi una doccia per ripulirmi dalla terra e dalle spighe che si erano infilate nei capelli.
Quel giorno ero rientrata a casa credendo non ci fosse nessuno. Andai subito in bagno perché mi scappava la pipì e la stavo trattenendo da troppo tempo. Non mi preoccupai molto di chiudere la porta del bagno. Probabilmente le diedi semplicemente una debole spinta e la accostai. Avevo una gonna lunga fino alle caviglie e i collant. Con un gesto rapido e automatico, sollevai la gonna, presi contemporaneamente il bordo dei collant e dello slip e li abbassai simultaneamente fino a metà polpaccio, per poi sedermi sulla tazza del water e lasciare che la vescica si svuotasse. Con movimenti goffi, poiché gli indumenti abbassati mi inibivano la camminata, mi misi sul bidet e mi lavai. Un colpo di asciugamano e poi ricomposi l'abbigliamento. Alzando lo sguardo, con la coda dell'occhio ti intravidi riflesso nell'ampio specchio, acquattato dietro la porta socchiusa. Sapevo che non avevi visto nulla poiché non avevo esposto la mia intimità in maniera tale che, da quella angolatura, avresti potuto scorgere qualcosa. Tuttavia rimasi sorpresa della tua presenza e colpita dal fatto che sui tuoi pantaloni si notava l'erezione. Perché stavi lì? Eri passato per caso e avevi approfittato della mia noncuranza nel chiudere la porta? Oppure avevi atteso pazientemente che ti si presentasse un'occasione simile e avevi attuato qualche strategia? Mi chiesi anche come mi sarei comportata io stessa se mi fossi avveduta prima di te che mi spiavi. Avrei fatto finta di nulla? Mi sarei arrabbiata e ti avrei scacciato? Oppure avrei ipotizzato che la tua curiosità adolescenziale avesse avuto il sopravvento e ti aveva spinto ad osare, per cui forse sarebbe stato opportuno intavolare un discorso con te. E se invece la cosa giusta fosse stata quella di consentirti di vedere quello per cui ti eri appostato e quindi avrei dovuto muovermi diversamente ed espormi maggiormente? Sai, ci ho pensato a lungo, dopo quello che è successo. Ho ripensato a mille piccoli episodi e mi sono chiesta se mi ero comportata correttamente, se avessi agito da buona madre, se forse non avessi dovuto fare diversamente e, soprattutto, se erano elementi fondamentali per delineare il percorso che ci aveva portato fin dove eravamo arrivati.
Era tutto il giorno che sentivo dentro di me qualcosa di strano. Una forma di disturbo. Forse una corrente elettrica a bassa tensione che mi attraversava da capo a piedi. Feci fatica a fare le cose usuali. Il caldo aveva cominciato ad essere torrido dal primo mattino, quando tuo padre si era levato per andare a pesca con gli amici. Anch'io mi alzai, incapace di stare a letto. Gli preparai la colazione e lasciai da parte del caffè per te, per quando ti saresti alzato. Me ne versai una tazza e lo sorseggiai lentamente, sull'uscio della vecchia casa, guardando la campagna che si illuminava a poco a poco e il suo mondo fatto di miriadi di creature che sfuggivano all'occhio ma affermavano la loro presenza con suoni e rumori di tutti i tipi. Rivedo ancora quel campo di grano che si presentava proprio davanti, appena in declivio, una leggera salita per poi perdersi oltre la linea dell'orizzonte. Quella mattina lo contemplai a lungo come se non dovessi più rivederlo e volessi imprimermi ogni dettaglio nella memoria. Posai la tazza sulla panchetta che era a ridosso del muro esterno e feci alcuni passi nel cortile. Individuai una sorta di linea di confine tra il mondo urbanizzato dell'uomo e quello della natura. Dove finiva la ghiaia e dove cominciava la terra. Era un campo coltivato, ma manteneva pur sempre il suo legame con la natura. In essa si integrava e la rispettava. Così, a mia volta, per rispetto mi tolsi i sandali e mossi i piedi su quella terra fredda e umida, che di lì a poco il sole avrebbe nuovamente arroventato. Provai una strana emozione. Mi sentii più viva del solito. Anzi, mi sentii viva, perché fino a quel momento non avevo preso consapevolezza di esserlo. Solo dopo aver recuperato il mio legame personale con la natura madre, mi sentii parte di un sistema antico come il mondo. Facevo parte della terra.
Probabilmente anche quello era un segno che qualcosa in me stava per cambiare. Non lo percepii così. Non potevo immaginare fino a che punto la mia vita sarebbe stata stravolta. Tutto quello che prima poteva essere stato un pensiero folle, una fantasia bizzarra o un timore segreto, improvvisamente sarebbe divenuto realtà, vissuto, evento incancellabile. Buono o cattivo che fosse, sarebbe stato un fatto del mio vivere. Del mio essere. Ero pervasa da queste strane sensazioni e ne ero inebriata. Mi tolsi la leggera veste. Sotto non portavo biancheria, non mi ero ancora cambiata né avevo fatto la doccia. Mi trovai completamente nuda, all'aperto, in mezzo a un campo di grano maturo. Dapprima mi inginocchiai, poi mi sdraiai prona sul terreno. Potei sentire la pelle e la terra unirsi. Ogni mia cellula ed ogni granello di terra sembravano volersi fondere, ricongiungersi dopo una lunga separazione. Chiusi gli occhi per alcuni istanti. Provai a non pensare a nulla. Volevo sentire la voce della natura parlarmi. Volevo fondermi in essa e svanire. Poi un rumore mi riportò alla realtà. Di lontano sentii il borbottare di un trattore. Probabilmente i contadini stavano venendo per la falciatura. Sarebbe stato imbarazzante farmi trovare lì, nuda per di più. Non avrei potuto spiegargli e loro non avrebbero potuto capire. Così mi rivestii in fretta e corsi nuovamente verso la casa, dove tu ancora dormivi profondamente. Tu non sapesti mai cosa avevo fatto quella mattina, prima che tutto cambiasse. Avrei dovuto intuire che erano segnali. Avrei dovuto prendere consapevolezza che stava per succedere qualcosa. Che stavo per far accadere qualcosa. Andai in bagno a farmi una doccia per ripulirmi dalla terra e dalle spighe che si erano infilate nei capelli.
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