Lettera di una madre incestuosa (romanzo - 4/9)

di
genere
incesti

Non te l'ho mai detto, ma una volta ti vidi masturbarti in camera da letto. Non so cosa significasse per te farlo nel letto dei tuoi genitori. Forse era la volontà di violare un tabù, oppure ti eccitava perché era il luogo dove tuo padre ed io consumavano i nostri sempre più sporadici amplessi. Quella volta non pensai minimamente che lo avessi voluto fare perché eccitato da me, dall'idea che il mio corpo era lì che giaceva. Col senno di poi, magari, mi sono detta più volte, è possibile che questa fosse la ragione che ti muoveva. Comunque sia, ti vidi. Eri nudo, col membro eretto. Inconsapevole di essere spiato. Convinto di essere solo. Il tuo sesso era giovane e vigoroso. Solido e orgogliosamente ritto. Muovevi meccanicamente la mano. Non sembravi particolarmente esperto. Non ebbi l'impressione che stessi cercando di produrre un tipo di piacere specifico. Era più come assistere ad un atto ripetuto all'infinito sempre nella stessa modalità. Solo alla fine, quando venisti, benché i tuoi gemiti e l'eiaculazione fossero contenuti, potei osservare lo stravolgimento del tuo volto. Ti contraesti, strizzasti gli occhi, il volto arrossì e poi lasciasti scappare solo brevi gemiti sommessi. Avrei voluto restare un istante in più per vedere che espressione avresti avuto dopo, quando il piacere fosse ormai scemato e tu avessi cominciato a rilassarti. Purtroppo c'era il rischio che ti accorgessi della mia presenza. Sarebbe stato imbarazzante per entrambi. Così cercai di uscire di casa senza fare alcun rumore, per rientrare una decina di minuti dopo e fingermi sorpresa della tua presenza. Tu ormai ti eri ricomposto e non avevi lasciato alcuna traccia in camera da letto. Nulla in te faceva trasparire che avessi appena goduto. Avevi la solita espressione imbronciata e disinteressata. Ma ti guardai con occhi diversi. Un po' orgogliosa, lo ammetto. Il mio bambino che si faceva uomo e affrontava le fasi solitarie della propria crescita sessuale.

Ti ho visto crescere e ti ho visto cambiare. Ho seguito tutta la tua vita. Più da vicino in certi momenti. A distanza in altri. Sono sempre stata lì a guardarti, in ogni fase. E tutte le volte mi sono chiesta se quel singolo evento che accadeva e che portava con sé degli effetti sarebbe stato così o meno se tra di noi non fosse successo quell'altro evento. So bene che coi se e coi ma non si fa la storia. Tuttavia è legittimo per una madre che si sente responsabile e che porta sulla coscienza il peso di un atto di tale rilievo domandarsi quanto tale gesto abbia influito sul futuro del proprio figlio. Quando venisti da me a dirmi che ti saresti sposato, subito mi balzò alla mente il pensiero che, prima o poi ne avresti parlato a tua moglie. Temevo la sua reazione. Avrebbe potuto compromettere il vostro matrimonio, il vostro futuro. Avrebbe sicuramente minato la sua visione della suocera, trasformandola da surrogato della propria madre a nemica e causa di tutti i mali. Erano dubbi ragionevoli i miei. Avevamo deciso di non parlarne con nessuno. Avevo fiducia in te. Pur tuttavia non era così peregrino pensare che un uomo potesse confidare le cose più intime a colei con la quale aveva deciso di condividere tutto fino alla fine dei propri giorni. Così attesi a lungo che questo segreto fosse rivelato e che mi cadessero addosso le conseguenze. Fu attesa trepidante, paurosa quanto vana. Chissà se ciò sia dipeso da te e dalla capacità di mantenere, forse anche per vergogna, il nostro segreto, oppure dal caso che ti ha dato in sorte una donna forte al punto di accettare le tue confessioni e gestirle come un evento passato senza più rilevanza. Resta una delle domande che sono destinate a farmi compagnia nella tomba.

Voglio farti un'altra confessione scioccante. Dopo quanto accaduto tra noi e il successivo periodo di paura e pentimento, ci sono stati momenti in cui ho ripensato a quegli eventi con animo diverso. Momenti in cui ho rivissuto interiormente solo la bellezza di quegli istanti. Il desiderio, il fremito di passione, il senso di appagamento e, più di tutto, la percezione dell'amore assoluto. Solitamente quando una donna parla di amore, si riferisce ad una visione idilliaca quanto idealizzata di un sentimento verso il proprio uomo, sentimento ricambiato, almeno nella fantasia, nella stessa maniera se non di più. Un amore che nasce dal cuore, dal profondo, ma che ingloba ogni elemento circostante, ogni respiro e che, nei pensieri che la donna non osa confessare per pudicizia, si manifesta anche tra le coltri, attraverso amplessi infuocati quanto delicati, passionali quanto sentimentali, estremi quanto angelici. Questo è l'amore che immagina una donna. Poi c'è quell'altro amore, quello che non si può comprendere fino a quando non si manifesta in un momento preciso, ovvero quando una donna prende tra le braccia per la prima volta il proprio bambino. Sì c'è tutto quel crescendo emotivo e sentimentale che accompagna le fasi della gravidanza, ma è assai autoreferenziale. La donna ama qualcosa che è dentro di sé e che percepisce come appendice di sé, ma non riesce a individuare come entità a parte. Una volta che il piccolo è stato generato ed è nel mondo, in quel preciso istante diventa altro da lei pur restando la parte più intima di lei. Allora nasce un amore di tutt'altro segno, di altra portata, un amore che non potrà mai svanire qualunque cosa accada.
Questi due tipi di amore li ho provati anch'io, un po' come quasi tutte le donne. Amore coniugale e amore materno. Poi sono andata oltre. Con te ho sperimentato un amore che era materno, carnale e passionale al tempo stesso. Ho potuto riunire in una tutte le forze, godere di qualcosa che nessuno o quasi ha mai sperimentato. La cosa più preziosa che mi sia mai accaduta ha incluso in sé le infinite sfaccettature che altrimenti sarebbero rimaste scisse e disgiunte. La percezione di ciò l'ebbi nel momento del sublime piacere, quando il tuo ed il mio orgasmo si fusero in una sola forza energetica e dirompente. In quell'istante tutto fu uno e uno fu tutto. Solo i timori e le ansie materne mi impedirono di viverlo nella sua immediatezza, per cui mi ci volle del tempo, della distanza e lunghe riflessioni per venirne a capo. Questo mi permise di goderne anche in momenti successivi, perché era un sentire tutto mio e completo, ricomposto. Lo provai anche fisicamente in situazioni particolari in cui volli darmi piacere ricordando ciò che eri stato tu a donarmi. Di questo devo essertene grata infinitamente.
scritto il
2024-09-02
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