Elisabetta 1

di
genere
etero

Vivo in Brasile ormai da poco più di 4 anni, sono nata a Torino dove ho conosciuto mio marito di origine brasiliana e, quando ci siamo sposati siamo venuti a San Paolo, Jefferson, mio marito, è ingegnere e lavora per una piccola società di costruzioni, io resto a casa ad aspettare lui, in questi giorni è terminato il calvario che stiamo vivendo da un paio d’anni, o almeno lo spero.
Mi chiamo Elisabetta, ho 25 anni, sono bionda, capelli lunghi, a mio marito piacciono così, occhi grigi, sono alta un metro e settantacinque e peso 56 kg, in gioventù, con le mie gambe lunghe, ho fatto atletica leggera per un po’, salto in alto, poi mi è cresciuto il seno, adesso ho una terza coppa C.
Quasi tre anni fa, ormai, una telefonata fu l’inizio di questa storia, io e Jeff ci eravamo appena addormentati quando squillò il telefono, un responsabile della Società per la quale lavorava gli disse di andare immediatamente in ufficio perché c’erano guai, poi, senza specificare altro, riattaccò;
Jeff fece una doccia veloce, si rivestì ed uscì quasi di corsa, io lo aspettai in piedi, quasi avessi una premonizione della tragedia, quando rientrò, al mattino, non disse nulla, prese il telecomando ed accese la televisione, il telegiornale stava raccontando di un ponte che era crollato e del fatto che c’era un morto ed una decina di feriti, guardai Jeff con sguardo interrogativo e lui
- Ho progettato io quel ponte, sono stato fino ad ora a controllare i miei calcoli e sono corretti, non capisco come sia potuto succedere.
Nei giorni seguenti, mentre Jeff era in ufficio, tenevo sempre la tv accesa per seguire il caso, per fortuna i feriti non erano gravi, però c’era stato un morto che si trovava a passare sul ponte proprio in quel momento, quando Jeff tornava a casa era nervoso e taciturno, io, di conseguenza irrequieta, poi successe : una mattina verso le sei suonarono alla porta della nostra villetta, mi alzai io per aprire la porta e mi trovai davanti tre poliziotti in divisa, che mi diedero il buongiorno e chiesero di Jeff, lo chiamai dall’ingresso e lui scese la scala con indosso solo i pantaloni del pigiama, i poliziotti entrarono, gli chiesero le generalità e poi
- Abbiamo un mandato di arresto per lei, deve seguirci in commissariato
Lo accompagnarono di sopra a rivestirsi ed io inebetita rimasi in piedi in soggiorno, lo vidi uscire di casa con le manette ai polsi, lui cercò di tranquillizzarmi
- Non ti preoccupare Amore, si sistemerà tutto
Passai il resto della mattina a piangere e Jeff aveva torto, dopo due settimane ci fu il processo per direttissima, il morto era il padre di un facoltoso uomo d’affari noto in città, i testimoni dissero che il ponte era stato costruito rispettando il progetto e le direttive dell’ingegnere che era Jeff, lui, oltre che progettista era anche direttore ai lavori, la decisione della Corte fu veloce, ritennero che, pur non avendo riscontrato anomalie, in fase di perizia, nei calcoli del progetto, i materiali utilizzati non erano conformi allo stesso e lui, quale direttore, ne era responsabile, a nulla valsero le sue parole quando riferì che la Società gli faceva seguire quattro cantieri contemporaneamente, a lui fu imputata tutta la responsabilità e venne condannato a due anni di reclusione in sede penale, il processo civile si sarebbe tenuto in seguito ma, per quello, c’era una copertura assicurativa della Società che l’assicurazione aveva accettato già di pagare, salvo, poi, rivalersi su di noi.
Dopo aver parlato dell’appello con l’avvocato tornai a casa e crollai sul pavimento piangendo.
Passarono quaranta giorni prima che l’avvocato mi contattasse per dirmi che, finalmente, avrei potuto rivedere Jeff, mi sarebbe arrivata una mail con le disposizioni e le regole per le visite e così fu, la settimana successiva sarei andata al penitenziario a vederlo, finalmente, poi con cadenza quindicinale le altre visite, a meno che comportamenti inadeguati del detenuto causassero la cancellazione della visita programmata.
Su consiglio dell’avvocato preparai una borsa con generi di prima necessità, comprese sigarette, anche se Jeff non fumava, il giorno della visita mi preparai con cura, scelsi un bel vestito, andai dal parrucchiere e dall’estetista, mi feci le unghie ed indossai un completino intimo cha a Lui piaceva molto, volevo apparirgli nella mia forma migliore per il suo morale; arrivata al carcere che era a circa 25 km da San Paolo, mi unii al gruppo di madri e mogli che aspettavano per entrare, finalmente un cancello si aprì, in fila indiana entrammo nel penitenziario, io venni introdotta in una stanza dove mi dettero dei moduli da compilare, molto esaustivi, addirittura dovetti indicare il mio gruppo sanguigno, poi, sia io che la borsa che avevo con me fummo perquisiti e, finalmente, venni introdotta in un grande cortile dove detenuti e familiari erano riuniti attorno a dei tavoli, vidi subito Jeff da lontano e mi affrettai verso di lui, man mano che mi avvicinavo, però, notai il suo sguardo spento, sul suo viso ematomi, gli occhi gonfi, lo abbracciai e
- Tesoro cosa è successo, cosa ti hanno fatto?
- Eli qui è un inferno, noi nuovi siamo tartassati, ti portano via tutto quello che hai e quando hanno finito si divertono a picchiarti, è terribile
Jeff non era più l’uomo forte e coraggioso che avevo conosciuto, lo stavano distruggendo, gli chiesi
- Chi?
- Un gruppo di detenuti anziani, sono loro che comandano qui e devi obbedire
Gli dissi di prepararmi un elenco di quello che gli serviva che lo avrei procurato per la prossima visita e lo fece, poi per tirarlo su gli sussurrai che avevo indossato la biancheria che gli piaceva tanto ma lì era impossibile avere l’intimità necessaria, il suo sguardo si accese, si alzò e mi prese per mano portandomi verso un lato del cortile dove una guardia era davanti ad una porta, ci fece passare e fummo in un corridoio dove dai due lati si aprivano delle porte, ci infilammo in una di queste e subito, un'altra guardia ci chiuse dentro, la stanza era piccola e spoglia, una branda contro un muro, una luce fioca ed una piccola feritoia con due sbarre per il ricambio d’aria, non aspettammo oltre, quasi ci strappammo i vestiti di dosso e facemmo l’amore con una disperazione che non ci era propria, purtroppo appena finito sentimmo una sirena, era l’avviso che l’orario di visita stava finendo e la porta della cella si aprì, ci rivestimmo di corsa e, sempre di corsa ci salutammo con un bacio separandoci.
Le due settimane successive le passai procurando le cose della lista di Jeff e pensando al nostro prossimo incontro, quel giorno mi preparai con la stessa cura della prima volta, stavolta avevo due borse di generi per Jeff, quindi decisi di andare in macchina invece che in autobus, davanti al carcere il solito raggruppamento, quando entrammo fu più veloce della prima volta perché non avevo più nulla da compilare e, dopo la perquisizione entrai in cortile, Jeff mi venne subito incontro, notai con piacere che non aveva altri ematomi sul volto, ci sedemmo ad un tavolo dopo esserci baciati e abbracciati e gli dissi
- Sono contenta di vedere che stai guarendo, non ti hanno più dato fastidio? Ti ho portato tutto quello che mi hai detto
- Non mi hanno più picchiato, ma sono uno dei loro schiavi, gli lavo la biancheria, pulisco la cella, prendono il mio cibo e continuano a minacciarmi, non so fino a quando resisterò, ho paura Eli, io ho paura
Le sue parole mi fecero venire le lacrime agli occhi, all’improvviso chinò la testa e abbassò gli occhi,
- Cosa c’è Jeff?
- Sono loro, sono i capi del gruppo che comanda
Rispose sottovoce, mi girai a guardare tre uomini che ci erano passati vicino, uno di loro mi vide e
- o que você tem que olhar ? (cos’hai da guardare?)
- niente
risposi e lui sputò per terra e ancora
- vaca loira, cale a boca (vacca bionda, zitta)
uno dei tre lo afferrò per una spalla facendolo girare e se ne andarono a sedersi ad un tavolo in un angolo, lontano da tutti.
L’atteggiamento pauroso e succube di Jeff mi fece andare su tutte le furie, mi alzai per andare al tavolo dei tre, Jeff cercò di fermarmi prendendo un mio braccio ma non ci riuscì, ero troppo incazzata con loro ma, anche con lui, raggiunsi il tavolo e mi sedetti su una panca di fronte a loro
- O que você quer ? vaca (cosa vuoi? Vacca)
- talvez a bela dama queira experimentar alguns homens de verdade
- sono venuta quì per parlare con “três idiotas” (tre stronzi) come voi, sentite, anche mio marito è un uomo e non ne ho bisogno di altri, però voi gli date fastidio, voglio che smettiate, ditemi cosa volete e, nella prossima visita ve lo farò avere ma non dovete più neanche guardarlo.
- de onde você é linda senhora?
- Sono Italiana
- Os italianos são muito bonitos
- E anche molto incazzose, allora, ditemi cosa volete
Si misero a parlottare tra loro, facevo fatica a capirli, ogni tanto guardavano me e lanciavano uno sguardo verso mio marito Jeff, io avevo fretta di tornare da lui, il tempo passava, poi finalmente, quello che doveva essere il capo mi rispose in portoghese misto ad italiano
- Va bene senhora, nós decidimos, lasceremo stare il marito ma, em troca queremos a esposa
- Volete me? Ma come?
- Não se preocupe, fatti bella, profumati, ci vediamo tra quindici giorni, però, se non rispetti il patto, tuo marito está morto, capito?
Rimasi in silenzio, come uscirne? Avevo peggiorato le cose, non potevo più tirarmi indietro e allora mi alzai e
- Va bene, siamo d’accordo.
Tornai da Jeff lentamente, cosa potevo fare, però dovevo dirgli la verità, mi sedetti e lui subito
- Sei pazza, cos’hai fatto? Quelli sono degli animali.
- Hai ragione, sono stata pazza ma volevo difenderti ed ho solo peggiorato la situazione
Gli raccontai tutto, senza nascondergli nulla, lui stette in silenzio per qualche minuto, poi
- Sapevo che altri lo facevano con le proprie donne ma non pensavo che noi………
- Non ti preoccupare, cercherò una soluzione
- Ho paura Eli, davvero, ora ancora di più.
Suonò la sirena, il tempo era scaduto e non eravamo, neppure, stare un po’ insieme, lo lasciai triste ed abbattuto. Nei quindici giorni successivi preparai le solite cose che dovevo portare a Jeff ma avevo il cuore a pezzi, inoltre dovevo cedere alle voglie di un animale, il giorno arrivò, le visite erano sempre di due ore, speravo, almeno di sbrigarmi resto per poter stare un po’ con Jeff, mi preparai come al solito, tutto si svolse come le volte precedenti. Entrata in cortile, però, vidi Jeff al tavolo con gli altri due anziani del gruppo, il capo mi aspettava all’ingresso del cortile, mi guardò, poi guardò verso Jeff e
- Cambiato idea?
- No, sbrighiamoci
- Con calma senhora, con calma
Mi prese per mano e mi condusse alla porticina con la guardia, entrati nel corridoio entrammo nella prima cella, era come l’altra, solo la branda era più grande, la porta si chiuse con un tonfo e il mio cuore si fermò per un momento, lui si spogliò, era più alto di me, muscoloso, pieno di tatuaggi e aveva un coso decisamente grande anche se a riposo, si sedette sul letto mentre io ero rimasta in piedi incapace di muovermi,
- Allora, senhora, vediamo come sei fatta
Mi sbloccai e cominciai a spogliarmi, tolsi il vestito e rimasi con l’intimo, le calze autoreggenti e le scarpe
- Adesso il reggiseno
Lo tolsi guardandolo, il suo pene si stava inturgidendo
- Adesso girati e togli le calze
Feci come voleva
- Rimetti le scarpe, piegati in avanti e togli gli slip
Restai nuda completamente con solo le scarpe con un tacco 6 che avevo indossato
- Lo spettacolo è interessante, gambe lunghe, culetto sodo e fighetta rasata, ci divertiremo
Si alzò e mi venne vicino, il suo sesso era già rigido e svettante con la punta leggermente curva verso destra, Jeff non era così, che pensiero stupido in quel momento, mi prese e mi spinse sulla branda, poi si sistemò tra le mie gambe, le allargò, mi mise una mano tra le cosce, un suo dito grosso e calloso si insinuò tra le mie grandi labbra che si schiusero, accidenti, ero bagnata, lui proruppe in una risata,
- Allora anche a te piace quello che hai visto
Non era una domanda, tolse il dito, mi prese per le caviglie trascinandomi verso di se, mi strofinò la cappella sulla figa e io rabbrividii, poi si fece strada tra le mie grandi labbra, entrava usciva senza affondare, io ero sempre più bagnata, poi, di colpo, spinse facendomi mancare il fiato, , fu violento, quasi rabbioso, gli morsi la spalla quando ebbi il primo orgasmo mentre lui continuava a pompare dentro di me, sembrava non finisse mai, il mio orologio diceva che eravamo lì già da mezz’ora, anche se avevo la vista un po’ annebbiata riuscii a vedere e lui continuava imperterrito, poi ecco che, finalmente aumentò il ritmo e, con un ultimo affondo profondo mi inondò la vagina con il suo sperma caldo, ogni volta che affondava i colpi mi sfiorava l’utero provocandomi un leggero dolore che, però, aumentava il mio piacere.
Uscì da me, si distese al mio fianco e si accese una sigaretta, feci per alzarmi ma mi trattenne e prendendomi per i capelli mi costrinse ad inchinarmi verso il suo cazzo
- limpe bem, senhora (puliscilo bene signora)
mi spinse la faccia in modo che con la bocca raggiungessi il suo pene e cominciai a leccare, mentre lo succhiavo e leccavo vedevo che si risvegliava, non era possibile avesse un tempo di recupero così breve, con Jeff ci voleva quasi un ora, sempre pensieri stupidi, con la mano guidava la mia testa, era grosso davvero, quando spingeva verso la gola mi faceva mancare il respiro. Ma raggiunse il massimo dell’erezione quando mi fece succhiare e leccare i suoi coglioni, allora mi mise a pancia sotto, cominciò a leccarmi il buchino posteriore, non ero più vergine ma era troppo grosso, un dito mi penetrò facendomi sussultare, cominciò a fare dentro e fuori e a ruotarlo, poi ne infilò un altro facendo lo stesso, io mi dimenavo
- ah ti piace anche così
ed arrivò la cappella, riuscì ad entrare ,poi centimetro per centimetro la sua sbarra d’acciaio entrò, cercavo di muovermi in modo da aiutare quell’ingresso , poi cominciò a muoversi, una mano sulla mia schiena ed una altra a sollecitare la mia figa, accidenti ci sapeva anche fare, era stronzo ma bravo, altro pensiero stupido, gli venni praticamente in mano, lui allora mi tirò per i capelli costringendomi ad inarcare la schiena e a tirare indietro la testa e poi mi fece succhiare le sue dita sporche dei miei stessi umori, ci volle ancora del tempo perché arrivasse un orgasmo anche per lui, aveva una resistenza incredibile, anche il mio intestino si riempì di sperma, avevo le cosce impiastricciate, sfinita mi stesi sul letto
- stanca? Vuoi una sigaretta?
Dissi di no e lui si sedette sul bordo della branda, a fumare con le gambe aperte e l’uccello penzoloni, disse
- ci vorrebbe qualcosa da bere ma il servizio in camera non è all’altezza, però a te posso pensare io,
buttò il cuscino per terra davanti alle sue gambe, mi disse di inginocchiarmi e
- beba da minha fonte (bevi alla mia fontana)
quindi non avevamo ancora finito, non sarei mai riuscita a finire in tempo per vedere Jeff, mi impegnai succhiando, leccando, segando, spingendomi il suo uccello fino in gol, gli mordicchiai il prepuzio, leccavo l’asta con la lingua aperta, gli scolpivo la cappella a piccoli colpi di lingua, mi prese con le due mani la testa e mi costrinse a bere la sua sborra bollente.
- Adesso posso rivestirmi?
- Si, adesso si, você é uma ótima buceta,
finito di rivestirmi cercai di rimettermi un po’ in ordine e bussai alla porta per farmi aprire, mentre stavo uscendo
- vejo você em quinze dias, senhora
- come tra quindici giorni
- si per i prossimi 15 giorni tuo marito è a posto, poi dipende da te
- non era questo l’accordo
- adesso lo è.
In quel momento suonò la sirena.
scritto il
2024-10-24
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