Valentina la vicina 1a parte (di due)
di
Bernardo GUY
genere
tradimenti
Valentina la vicina
Sono in cucina, sento dei rumori fuori e guardo. Un furgone con scritto, in grande, sulla fiancata ‘TRASLOCHI’.
«Paolo sono arrivati i nuovi vicini?» grido perché il mio compagno è ancora in camera che finisce di vestirsi, infatti non sente.
Sto versando il caffè, arriva «cosa c’è da gridare?».
«Sai qualcosa dei nuovi vicini? C’è un furgone qua fuori, stanno scaricando..».
Si avvicina alla finestra, sposta la tendina e vede che nella villetta in parte a noi c’è movimento.
«No, non ne so niente.» Beviamo il caffè, gli faccio il nodo alla cravatta, lo fisso lo bacio velocemente sulle labbra e penso a quanto sono fortunata. Oggi deve presentare un progetto importante, il mio Paolo fa l’architetto, ha disegnato lui la villetta dove abitiamo. Per l’occasione è più elegante del solito: gessato grigio, camicia bianca, cravatta argento. Lui è alto, il nuoto gli ha costruito un bel fisico: le spalle larghe, la schiena possente, le braccia toniche come le gambe. Ecco si, forse, ha le gambe leggermente arcuate verso l’esterno. E io, in adorazione contemplativa, perso che sia normale che abbia le gambe arcuate verso l’esterno visto cosa contengono sotto quella cerniera. Mi sento una stupida leziosa a questi pensieri mattutini, sono le 7.00, un po’ mi vergogno, un po’ arrossisco, un po’, più che un po’, molto più che un po’, troppo più che un po’ «a che ora devi essere in ufficio?» «alle 9.30». Calcolo gli orari, mi inginocchio ai sui piedi gli slaccio la cintura, abbasso pantaloni e boxer e me lo prendo in bocca. Adoro quest’uomo, adoro quando la sua erezione cresce dentro le mie labbra. Mi piace vederlo godere, e cerco di fargli provare sempre qualcosa in più..
«Cristo Alice, ho un progetto importante...» fa finta di ritrarsi, ma ‘il mio amico' non è proprio d’accordo, a quanto pare. Inizia a diventare duro e tra le mie ‘coccole’ prende la forma che mi piace.
Lo lecco, lo bacio, lo tocco piano sulla base di quel cazzo bello, lungo e rosa. Lo prendo in bocca e mi piace, ha un buon odore e sento le vibrazioni del suo corpo passare nel mio, mi sto eccitando, sento la mia ‘patatina’ farsi umida. Mi fa staccare un attimo, e resto delusa a bocca asciutta, ma si toglie la giacca velocemente e me lo guida di nuovo al caldo tra le mie labbra.
Che bello! Ci guardiamo negli occhi e capisce.. Paolo mi conosce.. Percepisce la mia voglia di lui, la voglia di averlo dentro. Mi fa alzare, mi gira, io appoggio le mani sul tavolo e piego il culetto verso di lui come ad invitarlo. Mi alza la maglietta mi prende i seni, i miei grossi seni, li accarezza. Le sue calde dita mi toccano i capezzoli che inturgidiscono al suo tatto. Ho voglia, tanta voglia. Devo ancora vestirmi io, sono in maglietta e perizoma. Mi abbassa il perizoma nero, mi fa passare la mano tra le cosce dalla parte davanti e mi tocca la clitoride ruotando il dito lentamente con movimenti che sa benissimo che io adoro.
«Cacchio Alice c’è un laghetto qua sotto» sbuffo un po’, e penso che in ogni coppia, anche se ci si conosce fino al midollo rimane sempre qualcosa che ti fa leggermente imbarazzare ma ho troppa, troppa voglia «è solo colpa tua.. caro Paolo, con Leopoldo ieri notte non era così.» lui sorride e mi penetra, lo sento che mi scorre dentro, il mio nido è già lubrificato, e lui inizia a giocare come sa prima piano per far aderire meglio i nostri corpi, poi più forte, ma sempre delicatamente.
Alzo lo sguardo, fuori gli operai vanno avanti e indietro con gli scatoloni, Paolo va avanti e indietro e basta, ed è bellissimo, sto per venire ma mi trattengo. In quel limbo sensoriale penso che forse mi piacerebbe se quegli operai ci guardassero, lì così con lui dietro di me e con le sue calde mani sulle mie tette. Cancello questo pensiero da ‘sporcacciona’ anche perché non riesco più a trattenermi, il treno per l’orgasmo è lanciato alla massima velocità. Paolo mi apre con le mani il culetto e spinge più forte, con colpi di reni più assestati «non riesco a trattenermi, io goodooo, goodooo.. è stupendo Pao..»la voce non mi esce più, il mio respiro è disarticolato, la mente offuscata, il mio sguardo opaco, non vedo più gli operai. Il treno di colpo esce dal tunnel, un flash improvviso di luce: godo. Sento che anche lui geme, sento tra le gambe il suo liquido inondarmi dentro, mi riprendo in un attimo, ancora ansante mi abbasso, prendo nella mia calda bocca il suo pene, lo guardo negli occhi, ha lo sguardo perso e mi faccio inondare la gola del suo seme, due schizzi caldi e densi. Il suo pene sussulta, mentre io prendo ogni particella di lui, lo guardo, mi guarda, ingoio e lecco tutta la sua parte esterna.
Sento alcune gocce scendermi dalla fica sono in ginocchio come su una turca, i nostri liquidi mescolati scivolano da me sul pavimento. Mi sfilo il suo cazzo dalla bocca, lo guardo, sorrido, con un dito recupero una gocciolina che mi era uscita dalla bocca e mi lecco il dito, lo guardo, mi guarda «tu sei tutta fuori!».
Ore 7.40. Ci sentiamo più sereni e più rilassati di quelli che eravamo alle 7.00, intanto ho fatto un altro caffè, gli operai fuori fanno sempre quello che facevano prima. Mi da un bacio sulla guancia, non va d’accordo con il suo sperma, non vuole che lo bacio dopo un ….. , prima di andarsene «se trovi un tuo spasimante che si chiama Leopoldo puoi fartelo. A dopo amore mio.»
Rimango sola, con i miei pensieri vado in bagno e mi faccio la doccia, dio quanto lo amo, la casa anche se sono da sola è sempre piena di lui, la mia testa è sempre piena di lui. Se ci penso mi torna una pericolosa voglia, tornerà nel pomeriggio, resisterò?
Mi sento sciocca, mi sembro come quand’ero adolescente ed aspettavo in sala la telefonata del ‘morosetto’ anticipando i miei per non dare inutili spiegazioni. Non c’erano i cellulari allora tutti sentivano, anzi non vedevano l’ora di sentire quello che poi era il mettersi d’accordo per un cinema al pomeriggio o un gelato. Ma la frase «Alice c’è un ragazzo mi pare Marco al telefono» mi terrorizzava, ed allora sconfitta e piena di vergogna partivo con la testa bassa verso la cornetta. Era questione di secondi e dopo i miei «si, ok, va bene ok alle quattro» schizzavo spedita verso la camera e mia madre da lontano «è quello dell’altro ieri? Sembra un bravo ragazzo».«è solo un amico, mamma».
Ma la faccia avvampata di rossore sembrava quasi farmi scoprire che una volta avevamo provato a baciarci con la lingua senza provare poi chissà che grande trasporto. Subito dopo, io e Marco, ci eravamo guardati intorno come se la polizia potesse arrestarci per atti osceni in luogo pubblico.
A ripensarci ora mi vien da sorridere, mi dovrebbero dare l’ergastolo per quello che ho fatto un’ora fa.
E me li farei volentieri gli anni di carcere avendo Paolo nella mia cella, un letto matrimoniale i libri che voglio e un pc per scrivere. Perché, per me, quell’uomo è l’essenza della felicità, dalla mia pace.. della mia vita. Non ho amato mai nessuno così, quello che consideravo il mio grande amore Luca è un’immagine sfuocata ad asciugare nel filo di una camera oscura di un fotografo. Quanto sono stata male, mi ha tradito con una sua collega ad un meeting. Me lo ha detto, mi ha giurato che è stato uno sbaglio, un errore di una notte che nell’hotel dove dormiva tutto lo staff avevano fatto una festa, «sai come vanno, queste cose, Alice anche a te piace fare festa. Si beve un po’ di più, ci si lascia un po’ andare e non si pensa.. .».
Sconvolta, piangendo, con la voce che solo la disperazione sa dare gli avevo detto «è vero che mi piace divertirmi, ma per andare a letto la tua collega, hai passato corridoi, sei salito in ascensore, te la sei portata in camera, la troia, vi siete spogliati, baciati.. e non voglio pensare al resto. In tutti questi momenti dov’ero io?. Non credo che riuscirò a perdonarti. Ti è piaciuto almeno? Ne è valsa la pena?».
Pensare che è passato un anno e mezzo, e mi cerca ancora, anche sapendo di Paolo, mi manda qualche sms, qualche foto e io non rispondo quasi mai.
Smetto di pensare al passato, prima di uscire dal bagno mi guardo nuda allo specchio: sono proprio bella! Mi piace il mio corpo, lo mostro poco, penso che deve essere visto solo da chi mi ama, anzi solo da Paolo gli altri possono solo immaginarselo. Sento ancora l’eccitamento di prima, mi abbasso sulle ginocchia, mi apro le piccole labbra, mi piace, mi piace il mio triangolino di peli. Ho voglia di toccarmi un po’, mi siedo, sempre davanti allo specchio, apro le gambe e mi accarezzo la clitoride. Quanto vorrei che Paolo fosse qui. Delicatamente faccio ruotare la mia mano destra e questo movimento mi delizia. Poi mi desto, mi alzo di scatto “ma cosa sto facendo? Sono proprio una porca”.
Suona il campanello, mi infilo l’accappatoio, lo chiudo per bene, chi può essere?
Ho ancora con la mano destra bagnata di me, apro la porta con la sinistra. Davanti a me una ragazza bellissima «Ciao, io sono la nuova vicina di casa, mi chiamo Valentina. Sono passata a scusarmi se ci sono un po’ di rumori qua fuori, con stasera ho finito il trasloco» «Nessun problema, mi sono accorta poco fa’ che c’erano gli operai».
Non riesco a dire altro, lei mi saluta si gira e non posso non guardarle il culo cercandole qualche difetto che mi sollevi da così tanta grazia. Jeans chiari, camicetta azzurra come i suoi occhi, tacchi neri.
La nostra nuova vicina di casa? E Paolo? E quando la vedrà?
Mi cresce un senso di inquietudine, non mi ci voleva una così in parte, e se a Paolo piace?.
Vado a vestirmi, mi siedo davanti al pc a continuo scrivere il mio romanzo. Mi concentro sul lavoro resettando Paolo e la nuova vicina. Faccio la scrittrice di solito in inverno lavoro a casa, altrimenti vado in qualche parco o al mare.
Vibra il cellulare e leggo: LUCA “Oggi sarebbe stato il nostro anniversario, potresti degnarmi di un caffè. Una cosa veloce!”.
Rispondo senza riflettere neppure per un secondo .”Ecco fai conto che l’abbiamo già fatto, visto che veloce. Buona giornata, e se non sarà così buona confida nel domani.”.
Io sono una donna o ragazza, a 32 anni non so mai come considerarmi, sono molto gelosa, mi affeziono raramente alle persone, la mia ‘patatina’ l’hanno vista quattro ragazzi in tutto, ma quando amo dono tutta me stessa. Ovvio con Paolo ho fatto tutto, proprio tutto, con lui non ho tabù, nessun ripensamento, con lui ho fatto e faccio sesso anale, impensabile prima di lui, e mi piace. Anzi stasera.. poi visto la nuova arrivata Paolo deve capire che sono sua, e lui è mio. Può essere un’idea.
Non mi regalo assolutamente, le cose con me vanno guadagnate. Mi torna in mente Luca e la sua faccia leggendo il mio messaggio, forse sono stata un po’ cattiva.
Una sola volta sono stata sconsiderata. Quando tramite un collega ho saputo che Luca e la sua collega si erano rivisti, tre giorni dopo la nostra litigata ho cercato vendetta.
Ero andata a correre al parco, dovevo ancora cominciare, quando ho visto Alessandro, un mio compagno di università, lui portava a spasso un bellissimo cucciolo di Labrador. Mi era sempre piaciuto quel ragazzo ma non avevamo mai avuto troppa confidenza. Ma quel pomeriggio ero a caccia di vendetta, ero talmente arrabbiata che mi sarei fatta fotografare mentre scopavo con lui per mandargli le foto a Luca. Ero indignata da quel tradimento ed il fatto che si vedessero ancora, «è stato un errore di una sera» aveva detto lui giustificandosi e questo mi faceva incazzare ancora di più.
Così, sapendo di avere gioco facile ho iniziato a provocare Alessandro, fino che ci siamo appartati dove il bosco era più fitto. Ci siamo baciati, ha iniziato a toccarmi il culo, ero ancora vestita, gli ho preso il cazzo in mano menandoglielo, mi sono abbassata per succhiarlo ma prima di mettermelo in bocca ho guardato gli occhi del cucciolo «scusa Ale non ci riesco.. perdonami», «e mi lasci così?», «Posso fargli una foto?» volevo inviarla a Luca la sera stessa e Ale mi ha risposto «vuoi un ricordo? ok falla».
Era anche bello lungo sui 18 cm, più grande di quello di Luca, in quel momento ho visto la scena di Luca che si scopava la collega, ho aperto la bocca e gli ho fatto un pompino facendolo schizzare sul pavimento.
Mi sono sentita una troia, anzi lo ero proprio stata. Un mese dopo ho rivisto Alessandro gli ho spiegato, vergognandomi da far schifo, tutta la storia e lui tranquillo mi ha detto «quando ti molli con il prossimo tienimi presente» e mi ha fatto sentire ancora più puttana.
Mi sorprendo schifata di me stessa di quello che ho fatto e soprattutto per chi l’ho fatto che, dopo questi pensieri mi alzo vado in cucina e mi stappo una bottiglia di bianco. Con il calice in mano, scosto le tende e Valentina è lì ancora più bella sotto i raggi del sole, apro la finestra «scusami per prima non aspettavo nessuno.. comunque io sono Alice.». Lei sorridendo mi viene incontro, vedo che guarda il mio calice di vino «ne vuoi un bicchiere?» «Tu mi salvi la vita, grazie». Gli verso il vino e lo passo attraverso la finestra della cucina, ci guardiamo negli occhi «e allora ben arrivata» e rimango imprigionata in quello sguardo azzurro.
Sono in cucina, sento dei rumori fuori e guardo. Un furgone con scritto, in grande, sulla fiancata ‘TRASLOCHI’.
«Paolo sono arrivati i nuovi vicini?» grido perché il mio compagno è ancora in camera che finisce di vestirsi, infatti non sente.
Sto versando il caffè, arriva «cosa c’è da gridare?».
«Sai qualcosa dei nuovi vicini? C’è un furgone qua fuori, stanno scaricando..».
Si avvicina alla finestra, sposta la tendina e vede che nella villetta in parte a noi c’è movimento.
«No, non ne so niente.» Beviamo il caffè, gli faccio il nodo alla cravatta, lo fisso lo bacio velocemente sulle labbra e penso a quanto sono fortunata. Oggi deve presentare un progetto importante, il mio Paolo fa l’architetto, ha disegnato lui la villetta dove abitiamo. Per l’occasione è più elegante del solito: gessato grigio, camicia bianca, cravatta argento. Lui è alto, il nuoto gli ha costruito un bel fisico: le spalle larghe, la schiena possente, le braccia toniche come le gambe. Ecco si, forse, ha le gambe leggermente arcuate verso l’esterno. E io, in adorazione contemplativa, perso che sia normale che abbia le gambe arcuate verso l’esterno visto cosa contengono sotto quella cerniera. Mi sento una stupida leziosa a questi pensieri mattutini, sono le 7.00, un po’ mi vergogno, un po’ arrossisco, un po’, più che un po’, molto più che un po’, troppo più che un po’ «a che ora devi essere in ufficio?» «alle 9.30». Calcolo gli orari, mi inginocchio ai sui piedi gli slaccio la cintura, abbasso pantaloni e boxer e me lo prendo in bocca. Adoro quest’uomo, adoro quando la sua erezione cresce dentro le mie labbra. Mi piace vederlo godere, e cerco di fargli provare sempre qualcosa in più..
«Cristo Alice, ho un progetto importante...» fa finta di ritrarsi, ma ‘il mio amico' non è proprio d’accordo, a quanto pare. Inizia a diventare duro e tra le mie ‘coccole’ prende la forma che mi piace.
Lo lecco, lo bacio, lo tocco piano sulla base di quel cazzo bello, lungo e rosa. Lo prendo in bocca e mi piace, ha un buon odore e sento le vibrazioni del suo corpo passare nel mio, mi sto eccitando, sento la mia ‘patatina’ farsi umida. Mi fa staccare un attimo, e resto delusa a bocca asciutta, ma si toglie la giacca velocemente e me lo guida di nuovo al caldo tra le mie labbra.
Che bello! Ci guardiamo negli occhi e capisce.. Paolo mi conosce.. Percepisce la mia voglia di lui, la voglia di averlo dentro. Mi fa alzare, mi gira, io appoggio le mani sul tavolo e piego il culetto verso di lui come ad invitarlo. Mi alza la maglietta mi prende i seni, i miei grossi seni, li accarezza. Le sue calde dita mi toccano i capezzoli che inturgidiscono al suo tatto. Ho voglia, tanta voglia. Devo ancora vestirmi io, sono in maglietta e perizoma. Mi abbassa il perizoma nero, mi fa passare la mano tra le cosce dalla parte davanti e mi tocca la clitoride ruotando il dito lentamente con movimenti che sa benissimo che io adoro.
«Cacchio Alice c’è un laghetto qua sotto» sbuffo un po’, e penso che in ogni coppia, anche se ci si conosce fino al midollo rimane sempre qualcosa che ti fa leggermente imbarazzare ma ho troppa, troppa voglia «è solo colpa tua.. caro Paolo, con Leopoldo ieri notte non era così.» lui sorride e mi penetra, lo sento che mi scorre dentro, il mio nido è già lubrificato, e lui inizia a giocare come sa prima piano per far aderire meglio i nostri corpi, poi più forte, ma sempre delicatamente.
Alzo lo sguardo, fuori gli operai vanno avanti e indietro con gli scatoloni, Paolo va avanti e indietro e basta, ed è bellissimo, sto per venire ma mi trattengo. In quel limbo sensoriale penso che forse mi piacerebbe se quegli operai ci guardassero, lì così con lui dietro di me e con le sue calde mani sulle mie tette. Cancello questo pensiero da ‘sporcacciona’ anche perché non riesco più a trattenermi, il treno per l’orgasmo è lanciato alla massima velocità. Paolo mi apre con le mani il culetto e spinge più forte, con colpi di reni più assestati «non riesco a trattenermi, io goodooo, goodooo.. è stupendo Pao..»la voce non mi esce più, il mio respiro è disarticolato, la mente offuscata, il mio sguardo opaco, non vedo più gli operai. Il treno di colpo esce dal tunnel, un flash improvviso di luce: godo. Sento che anche lui geme, sento tra le gambe il suo liquido inondarmi dentro, mi riprendo in un attimo, ancora ansante mi abbasso, prendo nella mia calda bocca il suo pene, lo guardo negli occhi, ha lo sguardo perso e mi faccio inondare la gola del suo seme, due schizzi caldi e densi. Il suo pene sussulta, mentre io prendo ogni particella di lui, lo guardo, mi guarda, ingoio e lecco tutta la sua parte esterna.
Sento alcune gocce scendermi dalla fica sono in ginocchio come su una turca, i nostri liquidi mescolati scivolano da me sul pavimento. Mi sfilo il suo cazzo dalla bocca, lo guardo, sorrido, con un dito recupero una gocciolina che mi era uscita dalla bocca e mi lecco il dito, lo guardo, mi guarda «tu sei tutta fuori!».
Ore 7.40. Ci sentiamo più sereni e più rilassati di quelli che eravamo alle 7.00, intanto ho fatto un altro caffè, gli operai fuori fanno sempre quello che facevano prima. Mi da un bacio sulla guancia, non va d’accordo con il suo sperma, non vuole che lo bacio dopo un ….. , prima di andarsene «se trovi un tuo spasimante che si chiama Leopoldo puoi fartelo. A dopo amore mio.»
Rimango sola, con i miei pensieri vado in bagno e mi faccio la doccia, dio quanto lo amo, la casa anche se sono da sola è sempre piena di lui, la mia testa è sempre piena di lui. Se ci penso mi torna una pericolosa voglia, tornerà nel pomeriggio, resisterò?
Mi sento sciocca, mi sembro come quand’ero adolescente ed aspettavo in sala la telefonata del ‘morosetto’ anticipando i miei per non dare inutili spiegazioni. Non c’erano i cellulari allora tutti sentivano, anzi non vedevano l’ora di sentire quello che poi era il mettersi d’accordo per un cinema al pomeriggio o un gelato. Ma la frase «Alice c’è un ragazzo mi pare Marco al telefono» mi terrorizzava, ed allora sconfitta e piena di vergogna partivo con la testa bassa verso la cornetta. Era questione di secondi e dopo i miei «si, ok, va bene ok alle quattro» schizzavo spedita verso la camera e mia madre da lontano «è quello dell’altro ieri? Sembra un bravo ragazzo».«è solo un amico, mamma».
Ma la faccia avvampata di rossore sembrava quasi farmi scoprire che una volta avevamo provato a baciarci con la lingua senza provare poi chissà che grande trasporto. Subito dopo, io e Marco, ci eravamo guardati intorno come se la polizia potesse arrestarci per atti osceni in luogo pubblico.
A ripensarci ora mi vien da sorridere, mi dovrebbero dare l’ergastolo per quello che ho fatto un’ora fa.
E me li farei volentieri gli anni di carcere avendo Paolo nella mia cella, un letto matrimoniale i libri che voglio e un pc per scrivere. Perché, per me, quell’uomo è l’essenza della felicità, dalla mia pace.. della mia vita. Non ho amato mai nessuno così, quello che consideravo il mio grande amore Luca è un’immagine sfuocata ad asciugare nel filo di una camera oscura di un fotografo. Quanto sono stata male, mi ha tradito con una sua collega ad un meeting. Me lo ha detto, mi ha giurato che è stato uno sbaglio, un errore di una notte che nell’hotel dove dormiva tutto lo staff avevano fatto una festa, «sai come vanno, queste cose, Alice anche a te piace fare festa. Si beve un po’ di più, ci si lascia un po’ andare e non si pensa.. .».
Sconvolta, piangendo, con la voce che solo la disperazione sa dare gli avevo detto «è vero che mi piace divertirmi, ma per andare a letto la tua collega, hai passato corridoi, sei salito in ascensore, te la sei portata in camera, la troia, vi siete spogliati, baciati.. e non voglio pensare al resto. In tutti questi momenti dov’ero io?. Non credo che riuscirò a perdonarti. Ti è piaciuto almeno? Ne è valsa la pena?».
Pensare che è passato un anno e mezzo, e mi cerca ancora, anche sapendo di Paolo, mi manda qualche sms, qualche foto e io non rispondo quasi mai.
Smetto di pensare al passato, prima di uscire dal bagno mi guardo nuda allo specchio: sono proprio bella! Mi piace il mio corpo, lo mostro poco, penso che deve essere visto solo da chi mi ama, anzi solo da Paolo gli altri possono solo immaginarselo. Sento ancora l’eccitamento di prima, mi abbasso sulle ginocchia, mi apro le piccole labbra, mi piace, mi piace il mio triangolino di peli. Ho voglia di toccarmi un po’, mi siedo, sempre davanti allo specchio, apro le gambe e mi accarezzo la clitoride. Quanto vorrei che Paolo fosse qui. Delicatamente faccio ruotare la mia mano destra e questo movimento mi delizia. Poi mi desto, mi alzo di scatto “ma cosa sto facendo? Sono proprio una porca”.
Suona il campanello, mi infilo l’accappatoio, lo chiudo per bene, chi può essere?
Ho ancora con la mano destra bagnata di me, apro la porta con la sinistra. Davanti a me una ragazza bellissima «Ciao, io sono la nuova vicina di casa, mi chiamo Valentina. Sono passata a scusarmi se ci sono un po’ di rumori qua fuori, con stasera ho finito il trasloco» «Nessun problema, mi sono accorta poco fa’ che c’erano gli operai».
Non riesco a dire altro, lei mi saluta si gira e non posso non guardarle il culo cercandole qualche difetto che mi sollevi da così tanta grazia. Jeans chiari, camicetta azzurra come i suoi occhi, tacchi neri.
La nostra nuova vicina di casa? E Paolo? E quando la vedrà?
Mi cresce un senso di inquietudine, non mi ci voleva una così in parte, e se a Paolo piace?.
Vado a vestirmi, mi siedo davanti al pc a continuo scrivere il mio romanzo. Mi concentro sul lavoro resettando Paolo e la nuova vicina. Faccio la scrittrice di solito in inverno lavoro a casa, altrimenti vado in qualche parco o al mare.
Vibra il cellulare e leggo: LUCA “Oggi sarebbe stato il nostro anniversario, potresti degnarmi di un caffè. Una cosa veloce!”.
Rispondo senza riflettere neppure per un secondo .”Ecco fai conto che l’abbiamo già fatto, visto che veloce. Buona giornata, e se non sarà così buona confida nel domani.”.
Io sono una donna o ragazza, a 32 anni non so mai come considerarmi, sono molto gelosa, mi affeziono raramente alle persone, la mia ‘patatina’ l’hanno vista quattro ragazzi in tutto, ma quando amo dono tutta me stessa. Ovvio con Paolo ho fatto tutto, proprio tutto, con lui non ho tabù, nessun ripensamento, con lui ho fatto e faccio sesso anale, impensabile prima di lui, e mi piace. Anzi stasera.. poi visto la nuova arrivata Paolo deve capire che sono sua, e lui è mio. Può essere un’idea.
Non mi regalo assolutamente, le cose con me vanno guadagnate. Mi torna in mente Luca e la sua faccia leggendo il mio messaggio, forse sono stata un po’ cattiva.
Una sola volta sono stata sconsiderata. Quando tramite un collega ho saputo che Luca e la sua collega si erano rivisti, tre giorni dopo la nostra litigata ho cercato vendetta.
Ero andata a correre al parco, dovevo ancora cominciare, quando ho visto Alessandro, un mio compagno di università, lui portava a spasso un bellissimo cucciolo di Labrador. Mi era sempre piaciuto quel ragazzo ma non avevamo mai avuto troppa confidenza. Ma quel pomeriggio ero a caccia di vendetta, ero talmente arrabbiata che mi sarei fatta fotografare mentre scopavo con lui per mandargli le foto a Luca. Ero indignata da quel tradimento ed il fatto che si vedessero ancora, «è stato un errore di una sera» aveva detto lui giustificandosi e questo mi faceva incazzare ancora di più.
Così, sapendo di avere gioco facile ho iniziato a provocare Alessandro, fino che ci siamo appartati dove il bosco era più fitto. Ci siamo baciati, ha iniziato a toccarmi il culo, ero ancora vestita, gli ho preso il cazzo in mano menandoglielo, mi sono abbassata per succhiarlo ma prima di mettermelo in bocca ho guardato gli occhi del cucciolo «scusa Ale non ci riesco.. perdonami», «e mi lasci così?», «Posso fargli una foto?» volevo inviarla a Luca la sera stessa e Ale mi ha risposto «vuoi un ricordo? ok falla».
Era anche bello lungo sui 18 cm, più grande di quello di Luca, in quel momento ho visto la scena di Luca che si scopava la collega, ho aperto la bocca e gli ho fatto un pompino facendolo schizzare sul pavimento.
Mi sono sentita una troia, anzi lo ero proprio stata. Un mese dopo ho rivisto Alessandro gli ho spiegato, vergognandomi da far schifo, tutta la storia e lui tranquillo mi ha detto «quando ti molli con il prossimo tienimi presente» e mi ha fatto sentire ancora più puttana.
Mi sorprendo schifata di me stessa di quello che ho fatto e soprattutto per chi l’ho fatto che, dopo questi pensieri mi alzo vado in cucina e mi stappo una bottiglia di bianco. Con il calice in mano, scosto le tende e Valentina è lì ancora più bella sotto i raggi del sole, apro la finestra «scusami per prima non aspettavo nessuno.. comunque io sono Alice.». Lei sorridendo mi viene incontro, vedo che guarda il mio calice di vino «ne vuoi un bicchiere?» «Tu mi salvi la vita, grazie». Gli verso il vino e lo passo attraverso la finestra della cucina, ci guardiamo negli occhi «e allora ben arrivata» e rimango imprigionata in quello sguardo azzurro.
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