Come cambiò la mia vita
di
Sara1994
genere
etero
Come cambiò la mia vita
Mi chiamo Roberta, ho 32 anni e sono vedova da quasi 2, mio marito si è sempre occupato lui di andare a lavorare e mantenere la famiglia, avremmo voluto dei figli ma non sono arrivati, peccato, adesso non sarei così sola.
Purtroppo, a parte la casa ed un piccolo conto in banca, mio marito, quando ha avuto l’incidente ed è mancato, non mi ha lasciato altro e, quindi, mi sono dovuta rimboccare le maniche e trovare un’altra fonte di reddito, non avendo particolari esperienze o capacità ho trovato un lavoro come commessa in un negozio di abbigliamento, lo stipendio non è alto ma ho il vantaggio dello sconto sui vestiti e sulla biancheria poi avendo una figura normale non ho problemi circa le taglie.
La vita qui a Milano è abbastanza cara e devo fare i salti mortali per arrivare a fine mese, poi la casa è grande, era la casa di famiglia di mio marito, ho un bel salone, una cucina, 3 camere da letto di cui una con il bagno in camera, che è la mia, ed altri due bagni, purtroppo non ho un terrazzo ma solo un balconcino interno. Parlando con una cliente in negozio ho scoperto che avrei potuto affittare le altre due mie stanze a degli studenti, oltre tutto vivo abbastanza vicino ad una fermata del metrò, comoda per le università, si possono guadagnare dei bei soldi in questo modo e potrei risolvere i miei problemi, certo, dovrò fare attenzione a chi mi metto in casa, comunque, a parte dei quadri della famiglia di mio marito che hanno un certo valore e un po’ di soprammobili d’argento non è che ci sia molto da rubare, non ho neppure gioielli particolari, a parte la fede, l’anello di fidanzamento, una collanina e qualche coppia di orecchini, null’altro.
Il problema era che per far vedere la casa dovevo utilizzare per forza la domenica perché il lunedì che il negozio era chiuso lo usavo per la spesa e le commissioni e, quindi, la domenica era l’unico giorno disponibile, addio riposo settimanale, speravo, comunque di trovare presto degli inquilini.
La terza domenica di visite tornò un ragazzo, che era già venuto, con due uomini più grandi che mi presentò come suo padre ed il padre di un suo compagno di università, gli feci vedere le camere, il bagno e poi gli offrii un caffè in cucina, spiegando che, essendo io fuori tutto il giorno, avrebbero potuto usare anche la cucina a patto che me la lasciassero pulita. Una volta preparato il caffè, il ragazzo mi chiese di fargli rivedere le stanze, probabilmente voleva scegliersi la migliore, poi tornammo in cucina, bevemmo il caffè e poi ……………………non mi ricordo più niente, mi risvegliai legata sul mio letto con un bavaglio sulla bocca e con addosso solo gli slip ed i tre uomini in piedi intorno al letto che mi guardavano. qualche droga nel caffè, pensai.
“il ragazzo aveva regione, sei proprio una bella donna, tutta da scoprire”
Intanto mi ero ripresa e mi stavo agitando. sul letto cercando di sciogliermi.
“non ti agitare, non vogliamo farti del male, se non ci costringi, vogliamo solo divertirci un po’ con te e, vedrai che piacerà anche a te, vogliamo che partecipi, se lo fai, oltre a non farti male, ti sleghiamo e togliamo il bavaglio, ma non urlare o…..”
dicendo questo mi mostrò un coltello
“ se hai capito e va bene fai cenno con la testa”
cosa potevo fare? Feci cenno di si e mi tolsero il bavaglio, poi, con lo stesso coltello, mi tagliarono lo slip e me lo tolsero, ora ero completamente nuda.
Si spogliarono anche loro tre mettendo i vestiti in ordine su una sedia, continuando però, ogni tanto, a mostrarmi il coltello. Poi, sempre con le mani legate alla spalliera del letto, uno dei due mi si mise a cavalcioni del petto tenendosi il pene con la mano destra e portandolo davanti alla mia bocca
“adesso vediamo se sei brava, succhia e lecca che poi ti scopo”
Mani sulle mie cosce e sulla mia farfallina, il problema era che non facevo sesso da oltre due anni ed il mio corpo iniziò a reagire di conseguenza e se ne accorsero, altroché se se ne accorsero
“ah porcellina, sei già tutta bagnata, non ti preoccupare ti accontentiamo noi”
Due dita si infilarono nella mia farfallina e la mia clito venne stuzzicata da una lingua che velocemente la titillava, al punto che inarcai la schiena spingendo in avanti il bacino, il ragazzo doveva essere già pronto perché riconobbi la sua voce quando disse “adesso ci sono” e sentii un cazzo che spingeva tra le mie grandi labbra e poi mi penetrava, si vede che era quello che il mio corpo voleva perché venni quasi subito una prima volta mentre l’uccello che avevo in bocca si gonfiava ed induriva e l’altro che, oramai, era dentro di me e mi stantuffava avanti e indietro, messa com’ero non potevo fare altro che subire anche se, devo ammetterlo, con meno rimpianto di qualche minuto prima.
Si vede che era un ragazzo giovane, perché venne quasi subito, sentii il suo sperma caldo sulla mia pancia, però quello che avevo in bocca voleva scoparmi anche lui, allora disse all’altro di tagliare le fascette che avevo ai polsi e mi fece girare
“voglio scoparti da dietro, come si fa con le cagne”
Quello che mi aveva slegato si sedette sul letto contro la testiera e mi tenne le braccia porgendo intanto il suo cazzo alla mia bocca e quello che io avevo preparato mi penetrò con un colpo solo, la strada gliel’aveva già preparata il ragazzo, lui fu molto più deciso, i suoi colpi profondi e violenti, sentivo un po’ di dolore che però aumentava il mio piacere cos’avevo che non andava? Mi stavano violentando, praticamente, ma mi piaceva. Quello che avevo in bocca era il più grosso dei tre facevo quasi fatica, speravo quello dentro di me finisse presto così da potermi togliere quel coso grosso dalla gola, ma non era come il ragazzo di prima e continuava a spingere fino a quando, finalmente, sentii la sua sborra calda dentro di me che mi colava tra le cosce, pensai, finalmente e, invece no, mi teneva per i capelli continuando a scoparmi in bocca fino a quando mi inondò la gola costringendomi a bere, cosa che non avevo mai fatto.
Ero distrutta e mi lasciai andare sul letto, dopo poco, però mi fecero alzare e mi portarono nel bagno di servizio che non aveva finestra e mi chiusero dentro, approfittai per riempire la vasca e mettermi dentro nell’acqua calda.
Passò un’ora prima che venissero ad aprirmi per farmi uscire, intanto avevo approfittato dell’accappatoio per gli ospiti che era in bagno per coprirmi, vidi che anche loro , i due uomini avevano fatto la doccia perché avevano dei teli da bagno intorno alla vita, solo il ragazzo era completamente vestito, poi capii che era andato a comprare delle pizze; mangiammo in silenzio seduti intorno al tavolo in sala, stranamente mi sentivo calma e rilassata, avevo ormai capito che davvero l’intenzione era solo quella di divertirsi con me senza farmi del male, certo ci ero stata costretta e la cosa non mi piaceva per niente ma dovevo fare buon viso a cattivo gioco e, ormai, tenere duro, prima o poi se ne sarebbero andati.
Dopo mangiato, mentre io sparecchiavo sentivo che, mentre il ragazzo mi controllava in cucina, gli altri due in sala avevano trovato i miei liquori e ridacchiavano bevendo il mio cognac, non capivo quello che dicevano ma, sicuramente la cosa riguardava me, infatti appena rientrata in sala
“ dai togli quell’accappatoio e vieni qui sul divano”
Mi fecero sedere tra loro due e cominciarono a toccarmi dappertutto, a strizzarmi i capezzoli a baciarmi e mi dissero di far loro una sega mentre con le mani mi frugavano ovunque costringendomi anche a baciarli.
Poi mi fecero alzare e vidi che il ragazzo era di nuovo nudo, mi fecero mettere di fianco al divano con la pancia sul bracciolo, chinata in avanti e il ragazzo cominciò a leccarmi la fessurina ed il buchino del sedere.
“hai un culetto da favola, adesso te lo rompiamo”
Avevo già avuto con mio marito qualche esperienza di “anale” ma non mi era piaciuta particolarmente e la ricordavo anche dolorosa ma intanto il ragazzo continuava a leccarmi e mi infilava un dito nel sedere roteandolo lentamente, poi le dita divennero due ed il ragazzo aveva anche preso dal mio bagno il tubetto del lubrificante anale che era lì da più di due anni e che, per ultimo, aveva usato mio marito, sentii poco dopo, la sua cappella che premeva contro il mio buchino spingendo lentamente, un centimetro per volta, cercai di assecondarlo per sentire meno dolore, cosi’ fu, fino a quando non cominciò a muoversi, morsi un cuscino del divano per non urlare, poi piano piano il dolore si attenuò mentre i miei umori lubrificavano il suo pene, stavolta durò di più e mi venne sulla schiena, il secondo non gli diede quasi il tempo di spostarsi che puntò il suo arnese nel mio culetto e cominciò anche lui a penetrarmi, era più grosso ma anche lui, riuscì ad accomodarsi dentro di me, solo che lui non era molto delicato e mi fece decisamente male, improvvisamente, però ebbi un orgasmo, non pensavo sarebbe successo, ma fu copioso, lui finalmente mi riempì l’intestino con il suo seme caldo e poi uscì lasciandomi ansimante sul bracciolo del divano, quando il terzo uomo si alzò dal divano, ricordando la dimensione del suo cazzo cercai di sollevarmi, era troppo grosso, mi avrebbe fatto troppo male e lo dissi, ma
“vedrai, sei già aperta, una bella lubrificata e via stai tranquilla, non vorrai privarmi del tuo culetto no?”
All’inizio ebbe ragione, per la prima parte del suo uccello non ebbi problemi ma quando cominciò a spingere cercando fi affondare ancora di più dentro di me mi misero il cuscino in faccia per attenuare le urla, ma lui, un centimetro per volta entrava sempre di più, mi stava squartando, si spostò rimanendo dentro di me portandomi con se fino a che mi ritrovai sopra di lui che si era seduto sul divano, quindi il mio peso complicava le cose allora mi appoggiai con le mani alle sue gambe per non impalarmi da sola su quel mostro ma lui me le spostò e mi ritrovai con il suo uccello piantato in fondo al mio culetto fino alle palle, poi dopo qualche momento mi infilò le mani sotto le cosce e cominciò a sollevarmi e a lasciarmi andare , dolore ogni volta, ma le mie mani corsero alla mia farfallina per titillare la mia clito e continuare a godere, cosa stavo facendo?
Continuavano a bere i miei liquori e penso gli venne sonno, allora mi riportarono sul mio letto legandomi ancora i polsi, questa volta insieme e poi alla spalliera in modo che potessi stare sdraiata sul fianco, poi uno si mise sul letto con me e gli altri due andarono a dormire nelle altre camere, il culetto mi faceva male , non mi avevano neppure permesso di lavarmi e mettere un po’ di crema lenitiva che avevo in bagno ma mi addormentai.
Ogni tanto, durante la notte qualcuno mi svegliava penetrandomi da dietro, non ricordo quante volte accadde ma non si stancavano mai?
Al mattino, quando mi svegliai ero da sola nel letto, slegata, dolorante ma libera, sul tavolo della sala i miei pochi gioielli, ed un biglietto : “non penso tu voglia fare qualcosa di stupido denunciandoci, comunque non siamo dei ladri, i tuoi gioielli sono tutti qui. P.S. : non dovresti cercare di affittare una stanza per guadagnare qualcosa in più, dovresti fare la puttana, ci sei portata:”
Disfeci il mio letto buttando lenzuola e cuscini in un sacco della spazzatura, avrei cambiato anche il materasso, poi a mollo nell’idromassaggio del mio bagno mi misi a pensare al loro biglietto, chissà, forse…………naaa .
Il giorno dopo, lunedì, andai dalla mia ginecologa, mi seguiva da anni ed era ormai un’amica, le raccontai tutto e lei immediatamente si preoccupò, mi prescrisse una serie di esami ed analisi per verificare che non ci fossero stati “danni” o peggio e poi , accalorandosi, mi disse che dovevo denunciare quegli uomini ma le dissi che volevo solo dimenticare e chiudere con quella storia e tornai a casa dove però presi una decisione, avrei preso in mano la mia vita, basta vivere in questo modo e nel ricordo di un uomo che avevo amato ma che, oramai, non c’era più.
Avvisai la padrona della boutique che non sarei più andata, scusandomi ma inventando che avevo dei problemi di salute, poi chiamai una società in Corso di Porta Romana che sapevo si occupava di aste, mio marito aveva comprato da loro qualche quadro, e fissai un appuntamento perché un loro incaricato potesse venire a casa a vedere e valutare i miei quadri, il mese dopo li avevo venduti recuperando un discreto gruzzolo, poi mi venne in mente che avendo due ingressi potevo dividere il mio appartamento e chiamai un geometra che me lo confermò e provvide sia al progetto che ai lavori, ricavò dalle due camere che avrei voluto affittare , dal bagno di servizio e da un pezzo di corridoio un appartamentino di circa 45 metri quadri che , visti i prezzi nella zona riuscii a vendere in un paio di mesi per quasi 200.000 euro. Adesso potevo cominciare a pensare a me stessa, presi la patente, comprai una piccola macchina usata, mi iscrissi in palestra e migliorai oltre che il mio aspetto anche il mio umore, ora si trattava di trovare comunque qualcosa da fare, i soldi sarebbero finiti e, quindi, cominciai a navigare su internet per farmi venire delle idee; lessi un articolo che parlava delle ragazze che lavorano nei night club un svizzera, niente sesso, solo guardare, non toccare, e fare compagnia ai clienti, c’era anche l’inserzione di un’agenzia che cercava ragazze, beh non ero giovanissima ma magari potevo andare, ero alta un metro e settanta, snella, 49 kg, una terza di seno coppa C, ventre piatto, niente cellulite e, ricordando quello che mi era capitato “tutta da scoprire”, poi i miei capelli biondi e gli occhi nocciola completavano il quadro, telefonai d’impulso all’agenzia e presi un appuntamento.
Il giorno dell’appuntamento mi vestii e truccai con attenzione, biancheria intima nera di pizzo, appena comprata, un vestitino corto per valorizzare le mie gambe, decoltè con tacco 7, non troppo alte e un po’ trepidante salii in macchina e andai fino in centro, da una segretaria venni introdotta in un ufficio dove un uomo ed una donna erano seduti alla stessa scrivania, mi fecero un po’ di domande, mi fecero alzare, girare su me stessa, togliere il vestito per vedermi in intimo ed il risultato fu la firma di un contratto e l’impegno a presentarmi il venerdì successivo in un locale di Lugano, iniziai così la mia nuova professione, due giorni alla settimana mi consentirono nel primo mese di portare a casa il doppio di quello che guadagnavo in boutique, poi, quando fui più pratica, risolsi anche il mio altro problema, quello di avere rapporti con qualcuno senza impegnarmi, e dopo il locale non andai mai a letto da sola, in questo modo arrivai a portare a casa anche 6.000 euro al mese, finalmente le cose andavano come avevo sognato.
Per essere tutto perfetto, però, mi mancava qualcosa, l’episodio che avevo vissuto aveva sbloccato qualcosa in me, mi mancava l’eccitazione della trasgressione; guardavo da casa tanti film porno su internet, certo, erano situazioni finte, ma qualcuna non avrebbe potuto essere reale? E se avessi cercato di crearla io? Dovevo pensarci.
Intanto, grazie alla mia attività fisica, alle corse al parco, alla palestra ed alla piscina una volta la settimana il mio corpo si manteneva tonico, sodo e snello, mi ero anche depilata completamente, mi piacevo sempre di più, fu proprio durante una delle mie corse mattutine al parco Lambro che ebbi la mia prima occasione:
durante la settimana non c’era mai molta gente che correva al mattino presto, in effetti dove parcheggiavo di solito la macchina ce n’era solo un’altra, circa a metà percorso c’era una piazzola contornata da siepi con attrezzi fissi e panche per fare esercizi, nulla di che ma comodi, fu lì che vidi il mio compagno di corsa che stava facendo qualche piegamento e sospensione, mi fermai un po’ ansimante ed approfittai per bere un goccio d’acqua dalla mia borraccia e mi arrivò subito un “buongiorno” risposi educatamente appena finito di bere, “ogni tanto la vedo correre ma questa mattina è molto presto, più del solito” risposi che non avevo dormito molto bene ed alla fine avevo deciso di alzarmi, “comunque piacere, io sono Gabriele” – “Roberta”
gli avevo lanciato uno sguardo, avrà avuto 30 anni, snello, più alto di me, bruno ricciolino, un naso importante, non male, decisi di metterlo alla prova e cominciai anch’io a fare esercizi, come per sciogliere i muscoli, soprattutto piegamenti e ancheggiamenti vari per mettere in evidenza il mio seno ed il mio sederino, lui era sdraiato su una struttura semicircolare piantata a terra, probabilmente per esercizi alla schiena e, sicuramente mi stava guardando, me ne accorsi perché lui disse “ c’è molta umidità stamattina” e quindi mi girai per rispondergli e vidi un certo rigonfiamento sul davanti dei suoi pantaloni della tuta allora gli risposi puntando un dito , un po’ maliziosamente “le fa uno strano effetto l’umidità” e ridacchiai coprendomi la bocca con la mano, lui guardò verso il basso e disse “è il mio corpo che reagisce agli stimoli …esterni”, me lo disse cambiando però tono di voce e capii che ero riuscita nel mio intento, allora gli andai di fianco, lui sempre disteso che mi guardava ed io allora, mettendogli una mano sulla protuberanza “ allora vediamo come reagisce a questo stimolo” ricordo le lezioni di fisica alle superiori : ad ogni azione corrisponde una reazione, com’era vero….. gli abbassai i pantaloni della tuta ed il suo pene schizzò fuori, con una mano a coppa lo accarezzai sullo scroto e con l’altra impugnai l’asta, poi avvicinai la bocca al glande e cominciai a leccare e succhiare, cresceva e si induriva a vista d’occhio e lui che si era staccato dalla struttura guidava la mia testa con le mani, si gonfiava nella mia bocca era nodoso con la punta che curvava leggermente verso destra, io già ero tutta bagnata, mi scostai tenendogli sempre l’asta in mano e mi avvicinai ad una delle panchine, poi lo lasciai, abbassai i miei pantaloni della tuta ed appoggiai le mani sulla panchina chinandomi in avanti, sentii subito le sue dita allargarmi la farfallina ed il suo cazzo puntare alla fessura, poi con un unico movimento fluido mi penetrò e cominciò il suo lento andirivieni dentro di me, ero eccitata anche dalla situazione, eravamo all’aperto e qualcun altro avrebbe potuto arrivare e vederci ma non accadde, lui continuò a pompare e ad infilarmi anche un dito nel buchino del mio culetto, la cosa non mi dispiacque affatto, poi accellerò il suo movimento e ad un tratto uscì da me però rientrando immediatamente stavolta nel mio sederino con un colpo secco e lì si scarico inondandomi l’intestino con il suo sperma bollente, wow !! ansimando un po’ ci ricomponemmo sedendoci sulla panchina poi ci guardammo in faccia e cominciammo a ridere, tornammo alle nostre auto passeggiando e chiacchierando, ci lasciammo con un bacio.
Era passato ormai un anno sa quando avevo ripreso in mano la mia vita, stavo bene fisicamente, economicamente indipendente ed agiata, avevo anche cambiato pettinatura: portavo spesso una treccia che partiva dal centro della nuca, dicevano che mi ringiovaniva ed avevano ragione, al locale piaceva ed ai clienti anche, avevo finalmente raggiunto la tranquillità anche psicologica che mi faceva vivere meglio, avevo anche una vita sessuale abbastanza appagante, certo non con in uomo solo ma…. Non si può avere tutto, eppure………, eppure non ero del tutto soddisfatta, perché non ci basta mai quello che abbiamo? Mi mancava la trasgressione, quel pizzico di adrenalina che ti fa battere il cuore più velocemente perché sei in una situazione diversa dalla normalità, poi, un giorno, ne ebbi fin troppa.
Mi ero concessa una decina di giorni di vacanza, mare, sole, spiaggia, buon cibo in un posticino tranquillo, o almeno così pensavo, alloggiavo in una pensione, badavo comunque a risparmiare, da quel punto di vista non ero cambiata, del resto quando avevo una camera ed un bagno puliti non mi serviva altro, Porto San Giorgio, sull’Adriatico.
Avendo bisogno di andare in lavanderia chiesi alla proprietaria della pensione e mi indicò un lavaget in periferia, misi tutto in una borsa dell’MD, si faccio la spesa lì, si risparmia, e seguii le indicazioni, nulla di che, un negozietto, dentro 4 lavatrici a gettone, un asciugatrice, un divanetto e quattro sedie, c’era anche una macchinetta per il caffè, su dei pannelli in legno c’erano fotografie ed istruzioni, caricai una macchina e mi sedetti sul divano, mentre aspettavano entrarono tre uomini con la loro biancheria, dovevano essere operai, non erano italiani, mi accorsi che mi guardavano ma continuai a giocare con il mio telefonino, forse ero vestita in maniera troppo sfacciata , una canottierina senza reggiseno, un paio di mini short in jeans e dei sandali alla schiava con tacco basso, del resto in paese non si poteva andare in costume; uno dei pannelli si aprì, doveva essere la porta di un piccolo ufficio, ne uscì un ragazzo di colore che, educatamente mi disse “buonasera” poi si rivolse agli altri parlando in una lingua che non compresi erano passate le sei quando uno degli uomini mi chiamò “signorina” alzai lo sguardo “guarda che la macchina si è fermata ma non ha finito” e adesso ? “schiacci quel bottone e arriva il ragazzo” lo feci ed arrivò subito, armeggiò un po’ intorno alla macchina e poi “purtroppo bisogna chiamare il tecnico, la macchina è piena d’acqua e non si può aprire” tornò in ufficio a telefonare e poi uscendo, “sono riuscito a farlo venire stasera perché domani è domenica e siamo chiusi” ed io adesso come faccio con la mia roba?” chiesi, “non si preoccupi, se viene domattina, anche se siamo chiusi le faccio trovare tutto pronto, mi dispiace” uffa, tutte a me, “ va bene vengo per le 10?” – S’accordo, alle 10 l’aspetto e mi scusi ancora” ripresi la mia auto e tornai alla pensione.
Il mattino dopo, puntuale, alle 10 ero in lavanderia, parcheggiai proprio davanti alla vetrina a lato del marciapiede decisamente stretto, la serranda era mezza alzata ma spingendo la porta questa si aprì, era stato di parola, sul tavolo c’era la mia biancheria piegata con a fianco la borsa dell’MD, mentre controllavo la mia roba e la mettevo nella borsa la porta si chiuse e la serranda si abbassò, corsi subito verso l’uscita e picchiai contro la porta con la mano urlando ma dopo poco anche la luce si spense, si accese solo una lucina di emergenza sopra l’uscita, e adesso? Avevo anche lasciato la borsa con il telefono in auto accidenti!
Non feci in tempo ad avere altre reazioni, due braccia mi presero da dietro stringendo le mie lungo il corpo e spingendomi in avanti, mi ritrovai con le ginocchia sul divano e la testa ,poi, schiacciata sulla spalliera, altre mani stracciarono la mia canottierina e sfilarono con forza i miei short, le mutandine vennero strappate e, mentre qualcuno mi teneva bloccata in quella posizione qualcun altro artigliava il mio sedere allargandomi le chiappette, il tutto in un attimo, sentii subito che qualcosa di duro premeva contro la mia fessurina e un grosso cazzo mi penetrò di colpo facendomi mancare il respiro
“adesso, puttana, hai quello che cercavi” non era italiano, forse qualcuno di quelli del giorno prima? Non riuscivo a dire una parola, schiacciata con la testa contro la spalliera mentre quello di me mi faceva sobbalzare con colpi lenti ma profondi e violenti, ad un certo punto venni presa per la treccia e la mia testa venne tirata all’indietro, qualcuno si era seduto sulla spalliera e mi ritrovai un altro cazzo sulle labbra, quello dentro di me usava i miei capelli come delle redini, obbligatoriamente aprii la bocca e quello davanti a me ci infilò il suo strumento cacciandomelo in gola, dovevo respirare usando il naso perché la bocca era completamente occupata, “troia cristiana, succhia, voi bianche siete brave a fare pompini” si, decisamente erano stranieri e, probabilmente musulmani, per quello erano violenti, quello dentro di me aumentò il ritmo e poi con un ultimo affondo ed un urlo rauco mi venne dentro senza alcun riguardo, pensai che adesso quello nella mia bocca avrebbe preso il suo posto, invece fu un terzo uomo a infilarsi prepotente dentro di me e a cominciare a stantuffarmi, erano tutti così grossi? Questo non mi tenne per i capelli ma si sdraiò sulla mia schiena stringendomi con tutte e due le mani il seno e iniziando a strapazzarlo pizzicandomi anche i capezzoli che, volente o nolente, si erano gonfiati e induriti, sentivo pulsare l’uccello dentro la mia bocca che ad un tratto eruttò un fiume di sborra calda che mi costrinsi a bere in buona parte, l’altro da dietro, intanto lasciava i miei seni e mi sculacciava, ma non uno schiaffettino, proprio uno sculaccione da lasciarmi il segno, bastardi quello dentro di me mi spostò rimanendo infilato nella mia farfallina in modo che fossimo sul divano per la sua lunghezza, così qualcuno poteva, rimanendo in piedi di fianco potermi far leccare il suo cazzo, forse il primo che mi aveva scopato? Oppure un altro ancora? Ma quanti erano? Doveva esserci anche un’altra entrata, forse dall’ufficio, poi venni, di nuovo, riempita di sperma, la sentivo colarmi sulle cosce insieme ai miei umori, certo, comunque ebbi degli orgasmi, poi mi presero e misero in piedi, qualcuno si era seduto, tenendomi per i fianchi mi fecero allargare le gambe e, mentre quello seduto mi tirava la treccia verso il basso mi fecero calare, piegando le ginocchia, sul suo cazzo, questa volta, però puntarono al mio culetto e fu particolarmente doloroso, venni praticamente impalata e poi quello cominciò a sollevarmi ed abbassarmi tenendomi per i fianchi come se fossi leggerissima, con le mani cercavo di trovare le sue ginocchia per sostenermi ma venni presa per i polsi e le mie mani vennero portate a stringere altri due uccelli che dovetti portare contemporaneamente alle labbra.
Loro continuavano a parlare e grugnire nella loro lingua quindi non capivo niente mentre quello nel mio culetto continuava senza sosta, sarebbe venuto prima o poi? Anche lui , ad un certo punto, si girò sdraiandosi più comodamente sul divano rimanendo sempre dentro di me , poi mi sentii sollevare le gambe e lui si fermò un momento, ecco che un altro cazzo puntò alla mia farfallina e la penetrò, ora avevo due uccelli dentro di me separati solo da una sottile striscia di carne, cominciarono a muoversi entrambi però con ritmo e velocità diverse andarono avanti almeno per 10 minuti, poi…..svenni.
Mi svegliarono con dell’acqua sul viso, a quel punto ero una bambola di pezza a loro uso e consumo, mi prendevano e spostavano come volevano, mi scoparono nel culo, in figa ed in bocca, riempendomi di sperma, svenni altre volte e altre volte venni risvegliata, pensai : adesso muoio.
Mi risvegliai questa volta da sola, ero stesa per terra, dall’odore dovevano avermi anche pisciato addosso, a fatica , in ginocchio, strisciai verso il divano, adesso la luce era accesa, mi ci sedetti sopra, per terra notai anche delle tracce di sangue, sicuramente il mio, sul divano c’era ancora la mia canottier strappata, la presi e poi cominciai a guardarmi attorno, doveva esserci un bagno da qualche parte, vidi uno dei pannelli leggermente scostato e, piegata in due ci arrivai, si era proprio il bagno, un lavandino con lo specchio sopra ed un wc, mi ci sedetti e svuotai la vescica, altro sangue, riuscii ad alzarmi e mi guardai allo specchio, a parte il dolore ero piena di lividi, c’era del sapone sul lavandino e comincia, per quello che potevo, a lavarmi, poi recuperai qualcosa della mia biancheria pulita per rivestirmi, i miei short che erano per terra in un angolo, per fortuna, le chiavi dell’auto erano in tasca, la porta del negozio era spalancata e la serranda leggermente alzata, riuscii a sollevarla, fuori era buio, salii in macchina, non l’avevo neppure chiusa, la mia borsa era sparita; andai, seguendo le indicazioni verso l’ospedale ed arrivata al pronto soccorso chiesi aiuto, raccontai tutto ed arrivò anche un poliziotto, ripetei tutto e denunciai.
Rimasi in ospedale per 4 giorni, feci chiamare la padrona della pensione che mi portò la mia roba compresi i soldi che tenevo in camera, mi feci comprare un telefono e chiamai il custode del condominio per far cambiare la serratura della mia porta, quando uscii passai dalla polizia che mi dissero di aver interrogato il ragazzo della lavanderia che, però, era risultato estraneo ai fatti, aveva anche un alibi perché era andato a lavorare tutto il giorno in uno stabilimento balneare e i proprietari avevano confermato, aveva lasciato aperto il negozio per me ed era andato via, non lo chiudeva mai, mi aveva anche lasciato un biglietto con scritto di abbassare solo la serranda quando fossi uscita, i carabinieri l’avevano trovato accartocciato per terra, risalii in macchina e me ne andai.
Andai da un amico infermiere gay che abitava sul lago di Lugano, in Italia che mi accolse e mi curò, non volli andare a casa, non volevo che il custode o i condomini mi vedessero con quei lividi. In una ventina di giorni riacquistai le forze e la mia forma, grazie Andrea; non tornai al lavoro però, non me la sentivo, inoltre ogni volta che uscivo o rientravo in casa mi guardavo attorno, sapevano dove abitavo, mi avevano preso la borsa con dentro il mio indirizzo, per fortuna i documenti e le carte di credito erano nella mia camera in pensione con il resto dei soldi e la patente sotto l’aletta parasole della macchina, avevo anche comprato dello spray al peperoncino, il più forte che avevo trovato e lo portavo sempre in tasca; passai circa tre mesi dalla psicologa per rendermi conto che non era stata colpa mia e del mio modo di vestire o di fare, poi tornai al lavoro a Lugano e ripresi la mia vita, guardandomi però sempre intorno quando tornavo a casa.
Grazie a Dio non avevo subito danni permanenti, il mio corpo era guarito perfettamente, forse una maggior sensibilità nel culetto, avevo orgasmi più facilmente, o almeno così mi sembrava, anche solo facendo sesso anale senza sollecitare la clitoride, nient’altro. Di adrenalina ne avevo avuta non cercavo altra.
A mio marito piaceva giocare a poker, mi aveva insegnato ma non ci ero particolarmente portata, però mi piaceva, l’eccitazione del gioco, ogni tanto giocavo in internet più che altro per passare il tempo, a forza di giocare così mi convinsi di essere diventata bravina ma mi resi conto presto che online è una cosa e dal vero un’altra; amici di mio marito, con i quali organizzavano delle serate di gioco alle quali c’eravamo anche noi mogli, ogni tanto mi invitavano ed io qualche volta accettavo l’invito, ogni volta ricevevo un sacco di complimenti su come stavo bene, su come mi ero ripresa dopo la Sua morte ecc., una di quelle sere parlando del più e del meno venne fuori il discorso del lavoro, io, chiaramente, inventai di aver preso un lavoro part time come assistente di un organizzatore di eventi e me la cavai anche quella volta, quando me ne andai il padrone di casa che mi accompagnò mi disse che la domenica sarebbero andati a fare una grigliata nel campeggio a Omegna dove avevano una casetta e mi invitò, ma sì, pensai, da Lugano la domenica mattina invece di tornare a Milano vado direttamente lì e accettai, ci salutammo con un bacio sulla guancia e tornai a casa.
Arrivai in campeggio che già Antonio e Luca stavano preparando la griglia, la moglie di Gerardo non era venuta ma le altre due che, oltretutto erano sorelle, erano in cucina a preparare la carne con il bambino che Luca e Chiara avevano adottato che dormiva tranquillo, iniziammo a mangiare verso l’una, dopo neanche mezz’ora il bimbo si svegliò e cominciò a piangere, Luca lo andò a prendere nel lettino e poi disse a Chiara che gli sembrava troppo caldo, subito lei e la sorella si alzarono e presa la borsa con tutte le cose per il bimbo che si erano portati dietro ne tirarono fuori un termometro, risultato 38,3 Chiara chiamò subito il loro pediatra che, nonostante la giornata rispose subito perché era di servizio in ospedale alla Mangiagalli, tachipirina e tenerlo al caldo, ma Chiara era agitata e, tenendo presente il fatto che lui era in spedale decise di portarglielo subito, la sorella si offrì di andare con lei e Luca fece altrettanto subito ma Chiara gli rispose
“vedrai che non è nulla di grave, resta con i tuoi amici, andiamo noi due, se è qualcosa ti chiamo, non ti prendi mai un giorno libero, stai tranquillo”
“chiamami subito appena il dottore l’ha visitato, io poi arrivo”
Feci loro gli auguri per il bimbo e uscirono di corsa;
nonostante l’agitazione finimmo di mangiare e poi arrivò la telefonata di Chiara che tranquillizzo Luca, solo un’infreddatura, le due sorelle sarebbero rimaste comunque in ospedale per un po’ e poi sarebbero tornate direttamente a casa a Milano. Mi offrii di lavare i piatti prima di andarmene ma rifiutarono e mi costrinsero a rimanere finché avessero finito.
“ Roberta sai giocare vero? Dai che facciamo una partita, siamo giusti in quattro”
Dopo 2 ore avevo perso 500 euro, bella trovata giocare a poker, decidemmo di smettere e Luca corse via per tornare a casa, io aiutai Antonio e Gerardo a ripulire e mettere ordine, poi Antonio disse
“ ragazzi, il bicchiere della staffa e poi andiamo?”
“per me no, grazie, devo guidare e sono già abbastanza su di giri” risposi
“ti rifarai la prossima volta, la fortuna gira” disse Gerardo
“non ci sarà una prossima volta, con il poker ho chiuso, non fa per me” conclusi
“e che gioco fa per te?” chiese Antonio guardando Gerardo con una smorfia strana sul volto
“cosa vuoi dire? “ risposi, ero ferma in piedi davanti a loro due che stavano comodamente seduti sul divano a bere un bicchiere di vino,
“voglio dire che sappiamo dove lavori e cosa fai, sappiamo del locale di Lugano e sappiamo anche del “dopo” locale e ci stavamo chiedendo se avremmo potuto approfittare della nostra amicizia”
Rimasi interdetta ed il silenzio per qualche minuto, poi risposi che per quanto riguardava il locale non c’era nulla di male, per il dopo erano solo fatti miei>; ecco un rapporto di amicizia di anni interrotto per sempre.
“non te la prendere, liberissima di fare quello che ti pare, solo che ci sei sempre piaciuta, ultimamente ancora di più, ti sei trasformata in quest’ultimo anno e quindi ci chiedevamo se ………. Potevamo passare un paio d’ore in tua compagnia”
Stizzita risposi “lo decido io a chi fare compagnia e, comunque, non lo faccio gratis” misero una busta sul tavolino davanti al divano “qui c’è il doppio di quello che hai perso, ci avevano informato anche della tariffa, può bastare?” ridacchiavano sotto i baffi, bastardi, ma si, perché no, tanto ormai l’amicizia era rotta e non li avrei più rivisti, presi la busta dal tavolino e la misi nella borsa e tolsi la sciarpa ed il giacchino di montone che avevo appena messo.
Antonio accese lo stereo e mise un po’ di musica poi liberò il tavolino che era rotondo e molto grande, mi ci fece salire sopra e rimettendosi sul divano disse “adesso spogliati”
Per fortuna avevo un paio di pantaloni larghi in denim, tolsi il maglione e iniziai a slacciare i bottoni della camicetta, la mia terza abbondante nel mio reggiseno a balconcino ne uscì subito prepotente, slacciata la cintura dei pantaloni questi si afflosciarono sul tavolino e li scalciai via ora avevo solo addosso l’intimo di pizzo, decisamente trasparente e gli stivali il cui tacco 8 non si vedeva con i pantaloni; tutti e due gli uomini avevano la mano sulla patta dei pantaloni, quando tolsi il reggiseno e mi presi i seni tra le mani sospirarono, poi mi girai e mi tolsi le mutandine chinandomi in avanti ed esibendo il mio culetto, rimasero impressionati dal fatto che ero completamente depilata, scesi dal tavolino e girandomi verso di loro “rimaniamo qui o andiamo dove stare più comodi?” avevo indicato le camere da letto, si alzarono si scatto e mi presero ognuno per un braccio portandomi verso la camera, mi accomodai sul letto mentre vedevo i loro vestiti scomparire velocemente, erano già a buon punto vidi, dopo poco erano sul letto e con le mani perlustravano ogni centimetro del mio corpo mentre io accarezzavo e massaggiavo i loro membri ogni tanto chinandomi e leccandone la punta ad un certo punto Antonio disse “comincio io” lo lasciai fare allargando le gambe, poi però ribaltai la situazione passando io sopra mentre lui pompava lentamente, tecnica per durare di più, allora mi rivolsi a Gerardo che mi stava accarezzando ancora “ il mio culetto non ti Piace?” e mi chinai in avanti su Antonio mettendolo meglio in mostra non se lo fece ripetere due volte, sentii subito la sua cappella premere contro il mio buchino e poi piano piano il suo cazzo entrare, quando cominciarono a muoversi entrambi ebbi il mio primo orgasmo, poi non ci vollero più di dieci minuti che anche loro due scaricarono il loro sperma caldo sul mio corpo, sulla mia schiena e sulla mia pancia, uscirono da me e sdraiati fianco a fianco lasciarono che con la mia bocca e la lingua li ripulissi, rimasero un po’ così volevano recuperare per farne un’altra, almeno.
Mentre con le mani e la bocca provvedevo a risvegliarli Antonio mi disse ” sai Roberta, pensando a quando eri sposata non ti avrei fatto così troia, inoltre adesso sei forse ancora più bella di quando ti ho conosciuto 10 anni fa, la tua pelle è liscia e vellutata, tutta da scopare” era pronto “ e adesso ti voglio inculare, mi prese per la vita spostandomi, avevo la faccia su un cuscino ed il sederino in alto, stavolta fu deciso e brusco e mi penetrò sculacciandomi il culetto “sei stretta e calda come piace a me, ti sfondo puttana”
In effetti ad ogni colpo sentivo un po’ di dolore, inoltre con un braccio mi teneva per il bacino e con l’altra mi strizzava un seno, quando ebbi un orgasmo se ne accorse “ godi anche quando te lo mettono nel culo, come una cagna, allora godi, godi, godi” ed ogni volta che lo diceva spingeva più forte, poi accelerò il ritmo ed infine mi inondò l’intestino, soffiando e grugnendo, mi lasciai andare sul materasso respirando profondamente anch’io, ma l’altro voleva la sua dose e mi fu sopra in un attimo infilandosi nella mia farfallina, Gerardo era più delicato, mi scopava normalmente e faceva tutto lui, i mei muscoli vaginali reagivano naturalmente senza sforzo, Antonio però non ne aveva abbastanza, mi faceva strisciare il cazzo sulle labbra e quando fu un po’ più rigido mi costrinse ad aprire la bocca per infilarcelo e, siccome non stava mai zitto “succhia troia che poi ti scopo ancora”, lanciando uno sguardo sul comodino di fianco al letto vidi una confezione di Cialis, ecco perché era così attivo, pensai, Gerardo intanto era venuto sporcandomi la pancia con il suo sperma ed era andato in bagno, quando uscì fermai Antonio dicendo che anch’io avevo bisogno del bagno e lo lasciai con il cazzo in mano sul letto, mi lavai e feci un bel bidet, la doccia l’avrei fatta a casa, ero decisa ad andarmene anche se Antonio non sarebbe stato d’accordo e, nonostante le sue rimostranze lo feci e non me lo impedirono.
Arrivata a casa una bella doccia, e poi nella vasca con l’idromassaggio, dopo un quarto d’ora a letto, feci un po’ di fatica ad addormentarmi, poi verso le due il sonno arrivò.
Il mattino dopo bloccai sul cellulare i numeri di Antonio e Gerardo poi guardai il mio frigorifero sconsolatamente vuoto e andai a fare la spesa. Ripresi il mio tran tran quotidiano, il venerdì ed il sabato sera al locale, le due notti con dei clienti e poi a Milano, casa, palestra, piscina, centro estetico, shopping; ero diventata brava e famosa tra le ragazze perché i clienti me li portavo a casa a coppie, ne avevo maggior soddisfazione, sia fisicamente che economicamente, forse, dopotutto, Antonio non aveva torto.
Arrivata finalmente la primavera, cominciavano le belle giornate, non proprio tutte ma insomma non ci si poteva lamentare, avevo cambiato auto, avevo optato per un’audi TT coupè ero diventata anche più brava a guidare, quel martedì avevo deciso di fare una gita sul Ticino, vicino al ponte di barche ci sono dei sabbioni dove stendersi a prendere il sole e poi delle zone riservate dove fare un pranzo al sacco, preparai il tutto oltre alla borsa frigo con la classica insalata russa, le cotolette impanate, e macedonia di frutta, come al solito troppa roba per una persona sola ma ero abituata così, costumi da bagno, asciugamani, una coperta e un ombrellone per la privacy, arrivata sul posto vidi che non c’era la solita folla della domenica, anzi ero praticamente sola, quasi quasi avrei potuto prendere il sole senza costume ma non mi arrischiai perché il ponte era aperto al traffico delle auto e qualcuno avrebbe potuto vedermi.
Stesa su una roccia godevo del primo sole, era davvero una bella giornata, quasi mi addormentai; avevo parcheggiato la macchina in un boschetto prima del ponte, avrei pranzato lì. Davvero sola, accesi la radio della macchina e lasciando la portiera aperta mi sistemai di fianco sulla coperta, da un lato la macchina, dall’altro l’ombrellone aperto appoggiato per terra avevo anche una certa privacy, mangiai con gusto, neanche un ter
Mi chiamo Roberta, ho 32 anni e sono vedova da quasi 2, mio marito si è sempre occupato lui di andare a lavorare e mantenere la famiglia, avremmo voluto dei figli ma non sono arrivati, peccato, adesso non sarei così sola.
Purtroppo, a parte la casa ed un piccolo conto in banca, mio marito, quando ha avuto l’incidente ed è mancato, non mi ha lasciato altro e, quindi, mi sono dovuta rimboccare le maniche e trovare un’altra fonte di reddito, non avendo particolari esperienze o capacità ho trovato un lavoro come commessa in un negozio di abbigliamento, lo stipendio non è alto ma ho il vantaggio dello sconto sui vestiti e sulla biancheria poi avendo una figura normale non ho problemi circa le taglie.
La vita qui a Milano è abbastanza cara e devo fare i salti mortali per arrivare a fine mese, poi la casa è grande, era la casa di famiglia di mio marito, ho un bel salone, una cucina, 3 camere da letto di cui una con il bagno in camera, che è la mia, ed altri due bagni, purtroppo non ho un terrazzo ma solo un balconcino interno. Parlando con una cliente in negozio ho scoperto che avrei potuto affittare le altre due mie stanze a degli studenti, oltre tutto vivo abbastanza vicino ad una fermata del metrò, comoda per le università, si possono guadagnare dei bei soldi in questo modo e potrei risolvere i miei problemi, certo, dovrò fare attenzione a chi mi metto in casa, comunque, a parte dei quadri della famiglia di mio marito che hanno un certo valore e un po’ di soprammobili d’argento non è che ci sia molto da rubare, non ho neppure gioielli particolari, a parte la fede, l’anello di fidanzamento, una collanina e qualche coppia di orecchini, null’altro.
Il problema era che per far vedere la casa dovevo utilizzare per forza la domenica perché il lunedì che il negozio era chiuso lo usavo per la spesa e le commissioni e, quindi, la domenica era l’unico giorno disponibile, addio riposo settimanale, speravo, comunque di trovare presto degli inquilini.
La terza domenica di visite tornò un ragazzo, che era già venuto, con due uomini più grandi che mi presentò come suo padre ed il padre di un suo compagno di università, gli feci vedere le camere, il bagno e poi gli offrii un caffè in cucina, spiegando che, essendo io fuori tutto il giorno, avrebbero potuto usare anche la cucina a patto che me la lasciassero pulita. Una volta preparato il caffè, il ragazzo mi chiese di fargli rivedere le stanze, probabilmente voleva scegliersi la migliore, poi tornammo in cucina, bevemmo il caffè e poi ……………………non mi ricordo più niente, mi risvegliai legata sul mio letto con un bavaglio sulla bocca e con addosso solo gli slip ed i tre uomini in piedi intorno al letto che mi guardavano. qualche droga nel caffè, pensai.
“il ragazzo aveva regione, sei proprio una bella donna, tutta da scoprire”
Intanto mi ero ripresa e mi stavo agitando. sul letto cercando di sciogliermi.
“non ti agitare, non vogliamo farti del male, se non ci costringi, vogliamo solo divertirci un po’ con te e, vedrai che piacerà anche a te, vogliamo che partecipi, se lo fai, oltre a non farti male, ti sleghiamo e togliamo il bavaglio, ma non urlare o…..”
dicendo questo mi mostrò un coltello
“ se hai capito e va bene fai cenno con la testa”
cosa potevo fare? Feci cenno di si e mi tolsero il bavaglio, poi, con lo stesso coltello, mi tagliarono lo slip e me lo tolsero, ora ero completamente nuda.
Si spogliarono anche loro tre mettendo i vestiti in ordine su una sedia, continuando però, ogni tanto, a mostrarmi il coltello. Poi, sempre con le mani legate alla spalliera del letto, uno dei due mi si mise a cavalcioni del petto tenendosi il pene con la mano destra e portandolo davanti alla mia bocca
“adesso vediamo se sei brava, succhia e lecca che poi ti scopo”
Mani sulle mie cosce e sulla mia farfallina, il problema era che non facevo sesso da oltre due anni ed il mio corpo iniziò a reagire di conseguenza e se ne accorsero, altroché se se ne accorsero
“ah porcellina, sei già tutta bagnata, non ti preoccupare ti accontentiamo noi”
Due dita si infilarono nella mia farfallina e la mia clito venne stuzzicata da una lingua che velocemente la titillava, al punto che inarcai la schiena spingendo in avanti il bacino, il ragazzo doveva essere già pronto perché riconobbi la sua voce quando disse “adesso ci sono” e sentii un cazzo che spingeva tra le mie grandi labbra e poi mi penetrava, si vede che era quello che il mio corpo voleva perché venni quasi subito una prima volta mentre l’uccello che avevo in bocca si gonfiava ed induriva e l’altro che, oramai, era dentro di me e mi stantuffava avanti e indietro, messa com’ero non potevo fare altro che subire anche se, devo ammetterlo, con meno rimpianto di qualche minuto prima.
Si vede che era un ragazzo giovane, perché venne quasi subito, sentii il suo sperma caldo sulla mia pancia, però quello che avevo in bocca voleva scoparmi anche lui, allora disse all’altro di tagliare le fascette che avevo ai polsi e mi fece girare
“voglio scoparti da dietro, come si fa con le cagne”
Quello che mi aveva slegato si sedette sul letto contro la testiera e mi tenne le braccia porgendo intanto il suo cazzo alla mia bocca e quello che io avevo preparato mi penetrò con un colpo solo, la strada gliel’aveva già preparata il ragazzo, lui fu molto più deciso, i suoi colpi profondi e violenti, sentivo un po’ di dolore che però aumentava il mio piacere cos’avevo che non andava? Mi stavano violentando, praticamente, ma mi piaceva. Quello che avevo in bocca era il più grosso dei tre facevo quasi fatica, speravo quello dentro di me finisse presto così da potermi togliere quel coso grosso dalla gola, ma non era come il ragazzo di prima e continuava a spingere fino a quando, finalmente, sentii la sua sborra calda dentro di me che mi colava tra le cosce, pensai, finalmente e, invece no, mi teneva per i capelli continuando a scoparmi in bocca fino a quando mi inondò la gola costringendomi a bere, cosa che non avevo mai fatto.
Ero distrutta e mi lasciai andare sul letto, dopo poco, però mi fecero alzare e mi portarono nel bagno di servizio che non aveva finestra e mi chiusero dentro, approfittai per riempire la vasca e mettermi dentro nell’acqua calda.
Passò un’ora prima che venissero ad aprirmi per farmi uscire, intanto avevo approfittato dell’accappatoio per gli ospiti che era in bagno per coprirmi, vidi che anche loro , i due uomini avevano fatto la doccia perché avevano dei teli da bagno intorno alla vita, solo il ragazzo era completamente vestito, poi capii che era andato a comprare delle pizze; mangiammo in silenzio seduti intorno al tavolo in sala, stranamente mi sentivo calma e rilassata, avevo ormai capito che davvero l’intenzione era solo quella di divertirsi con me senza farmi del male, certo ci ero stata costretta e la cosa non mi piaceva per niente ma dovevo fare buon viso a cattivo gioco e, ormai, tenere duro, prima o poi se ne sarebbero andati.
Dopo mangiato, mentre io sparecchiavo sentivo che, mentre il ragazzo mi controllava in cucina, gli altri due in sala avevano trovato i miei liquori e ridacchiavano bevendo il mio cognac, non capivo quello che dicevano ma, sicuramente la cosa riguardava me, infatti appena rientrata in sala
“ dai togli quell’accappatoio e vieni qui sul divano”
Mi fecero sedere tra loro due e cominciarono a toccarmi dappertutto, a strizzarmi i capezzoli a baciarmi e mi dissero di far loro una sega mentre con le mani mi frugavano ovunque costringendomi anche a baciarli.
Poi mi fecero alzare e vidi che il ragazzo era di nuovo nudo, mi fecero mettere di fianco al divano con la pancia sul bracciolo, chinata in avanti e il ragazzo cominciò a leccarmi la fessurina ed il buchino del sedere.
“hai un culetto da favola, adesso te lo rompiamo”
Avevo già avuto con mio marito qualche esperienza di “anale” ma non mi era piaciuta particolarmente e la ricordavo anche dolorosa ma intanto il ragazzo continuava a leccarmi e mi infilava un dito nel sedere roteandolo lentamente, poi le dita divennero due ed il ragazzo aveva anche preso dal mio bagno il tubetto del lubrificante anale che era lì da più di due anni e che, per ultimo, aveva usato mio marito, sentii poco dopo, la sua cappella che premeva contro il mio buchino spingendo lentamente, un centimetro per volta, cercai di assecondarlo per sentire meno dolore, cosi’ fu, fino a quando non cominciò a muoversi, morsi un cuscino del divano per non urlare, poi piano piano il dolore si attenuò mentre i miei umori lubrificavano il suo pene, stavolta durò di più e mi venne sulla schiena, il secondo non gli diede quasi il tempo di spostarsi che puntò il suo arnese nel mio culetto e cominciò anche lui a penetrarmi, era più grosso ma anche lui, riuscì ad accomodarsi dentro di me, solo che lui non era molto delicato e mi fece decisamente male, improvvisamente, però ebbi un orgasmo, non pensavo sarebbe successo, ma fu copioso, lui finalmente mi riempì l’intestino con il suo seme caldo e poi uscì lasciandomi ansimante sul bracciolo del divano, quando il terzo uomo si alzò dal divano, ricordando la dimensione del suo cazzo cercai di sollevarmi, era troppo grosso, mi avrebbe fatto troppo male e lo dissi, ma
“vedrai, sei già aperta, una bella lubrificata e via stai tranquilla, non vorrai privarmi del tuo culetto no?”
All’inizio ebbe ragione, per la prima parte del suo uccello non ebbi problemi ma quando cominciò a spingere cercando fi affondare ancora di più dentro di me mi misero il cuscino in faccia per attenuare le urla, ma lui, un centimetro per volta entrava sempre di più, mi stava squartando, si spostò rimanendo dentro di me portandomi con se fino a che mi ritrovai sopra di lui che si era seduto sul divano, quindi il mio peso complicava le cose allora mi appoggiai con le mani alle sue gambe per non impalarmi da sola su quel mostro ma lui me le spostò e mi ritrovai con il suo uccello piantato in fondo al mio culetto fino alle palle, poi dopo qualche momento mi infilò le mani sotto le cosce e cominciò a sollevarmi e a lasciarmi andare , dolore ogni volta, ma le mie mani corsero alla mia farfallina per titillare la mia clito e continuare a godere, cosa stavo facendo?
Continuavano a bere i miei liquori e penso gli venne sonno, allora mi riportarono sul mio letto legandomi ancora i polsi, questa volta insieme e poi alla spalliera in modo che potessi stare sdraiata sul fianco, poi uno si mise sul letto con me e gli altri due andarono a dormire nelle altre camere, il culetto mi faceva male , non mi avevano neppure permesso di lavarmi e mettere un po’ di crema lenitiva che avevo in bagno ma mi addormentai.
Ogni tanto, durante la notte qualcuno mi svegliava penetrandomi da dietro, non ricordo quante volte accadde ma non si stancavano mai?
Al mattino, quando mi svegliai ero da sola nel letto, slegata, dolorante ma libera, sul tavolo della sala i miei pochi gioielli, ed un biglietto : “non penso tu voglia fare qualcosa di stupido denunciandoci, comunque non siamo dei ladri, i tuoi gioielli sono tutti qui. P.S. : non dovresti cercare di affittare una stanza per guadagnare qualcosa in più, dovresti fare la puttana, ci sei portata:”
Disfeci il mio letto buttando lenzuola e cuscini in un sacco della spazzatura, avrei cambiato anche il materasso, poi a mollo nell’idromassaggio del mio bagno mi misi a pensare al loro biglietto, chissà, forse…………naaa .
Il giorno dopo, lunedì, andai dalla mia ginecologa, mi seguiva da anni ed era ormai un’amica, le raccontai tutto e lei immediatamente si preoccupò, mi prescrisse una serie di esami ed analisi per verificare che non ci fossero stati “danni” o peggio e poi , accalorandosi, mi disse che dovevo denunciare quegli uomini ma le dissi che volevo solo dimenticare e chiudere con quella storia e tornai a casa dove però presi una decisione, avrei preso in mano la mia vita, basta vivere in questo modo e nel ricordo di un uomo che avevo amato ma che, oramai, non c’era più.
Avvisai la padrona della boutique che non sarei più andata, scusandomi ma inventando che avevo dei problemi di salute, poi chiamai una società in Corso di Porta Romana che sapevo si occupava di aste, mio marito aveva comprato da loro qualche quadro, e fissai un appuntamento perché un loro incaricato potesse venire a casa a vedere e valutare i miei quadri, il mese dopo li avevo venduti recuperando un discreto gruzzolo, poi mi venne in mente che avendo due ingressi potevo dividere il mio appartamento e chiamai un geometra che me lo confermò e provvide sia al progetto che ai lavori, ricavò dalle due camere che avrei voluto affittare , dal bagno di servizio e da un pezzo di corridoio un appartamentino di circa 45 metri quadri che , visti i prezzi nella zona riuscii a vendere in un paio di mesi per quasi 200.000 euro. Adesso potevo cominciare a pensare a me stessa, presi la patente, comprai una piccola macchina usata, mi iscrissi in palestra e migliorai oltre che il mio aspetto anche il mio umore, ora si trattava di trovare comunque qualcosa da fare, i soldi sarebbero finiti e, quindi, cominciai a navigare su internet per farmi venire delle idee; lessi un articolo che parlava delle ragazze che lavorano nei night club un svizzera, niente sesso, solo guardare, non toccare, e fare compagnia ai clienti, c’era anche l’inserzione di un’agenzia che cercava ragazze, beh non ero giovanissima ma magari potevo andare, ero alta un metro e settanta, snella, 49 kg, una terza di seno coppa C, ventre piatto, niente cellulite e, ricordando quello che mi era capitato “tutta da scoprire”, poi i miei capelli biondi e gli occhi nocciola completavano il quadro, telefonai d’impulso all’agenzia e presi un appuntamento.
Il giorno dell’appuntamento mi vestii e truccai con attenzione, biancheria intima nera di pizzo, appena comprata, un vestitino corto per valorizzare le mie gambe, decoltè con tacco 7, non troppo alte e un po’ trepidante salii in macchina e andai fino in centro, da una segretaria venni introdotta in un ufficio dove un uomo ed una donna erano seduti alla stessa scrivania, mi fecero un po’ di domande, mi fecero alzare, girare su me stessa, togliere il vestito per vedermi in intimo ed il risultato fu la firma di un contratto e l’impegno a presentarmi il venerdì successivo in un locale di Lugano, iniziai così la mia nuova professione, due giorni alla settimana mi consentirono nel primo mese di portare a casa il doppio di quello che guadagnavo in boutique, poi, quando fui più pratica, risolsi anche il mio altro problema, quello di avere rapporti con qualcuno senza impegnarmi, e dopo il locale non andai mai a letto da sola, in questo modo arrivai a portare a casa anche 6.000 euro al mese, finalmente le cose andavano come avevo sognato.
Per essere tutto perfetto, però, mi mancava qualcosa, l’episodio che avevo vissuto aveva sbloccato qualcosa in me, mi mancava l’eccitazione della trasgressione; guardavo da casa tanti film porno su internet, certo, erano situazioni finte, ma qualcuna non avrebbe potuto essere reale? E se avessi cercato di crearla io? Dovevo pensarci.
Intanto, grazie alla mia attività fisica, alle corse al parco, alla palestra ed alla piscina una volta la settimana il mio corpo si manteneva tonico, sodo e snello, mi ero anche depilata completamente, mi piacevo sempre di più, fu proprio durante una delle mie corse mattutine al parco Lambro che ebbi la mia prima occasione:
durante la settimana non c’era mai molta gente che correva al mattino presto, in effetti dove parcheggiavo di solito la macchina ce n’era solo un’altra, circa a metà percorso c’era una piazzola contornata da siepi con attrezzi fissi e panche per fare esercizi, nulla di che ma comodi, fu lì che vidi il mio compagno di corsa che stava facendo qualche piegamento e sospensione, mi fermai un po’ ansimante ed approfittai per bere un goccio d’acqua dalla mia borraccia e mi arrivò subito un “buongiorno” risposi educatamente appena finito di bere, “ogni tanto la vedo correre ma questa mattina è molto presto, più del solito” risposi che non avevo dormito molto bene ed alla fine avevo deciso di alzarmi, “comunque piacere, io sono Gabriele” – “Roberta”
gli avevo lanciato uno sguardo, avrà avuto 30 anni, snello, più alto di me, bruno ricciolino, un naso importante, non male, decisi di metterlo alla prova e cominciai anch’io a fare esercizi, come per sciogliere i muscoli, soprattutto piegamenti e ancheggiamenti vari per mettere in evidenza il mio seno ed il mio sederino, lui era sdraiato su una struttura semicircolare piantata a terra, probabilmente per esercizi alla schiena e, sicuramente mi stava guardando, me ne accorsi perché lui disse “ c’è molta umidità stamattina” e quindi mi girai per rispondergli e vidi un certo rigonfiamento sul davanti dei suoi pantaloni della tuta allora gli risposi puntando un dito , un po’ maliziosamente “le fa uno strano effetto l’umidità” e ridacchiai coprendomi la bocca con la mano, lui guardò verso il basso e disse “è il mio corpo che reagisce agli stimoli …esterni”, me lo disse cambiando però tono di voce e capii che ero riuscita nel mio intento, allora gli andai di fianco, lui sempre disteso che mi guardava ed io allora, mettendogli una mano sulla protuberanza “ allora vediamo come reagisce a questo stimolo” ricordo le lezioni di fisica alle superiori : ad ogni azione corrisponde una reazione, com’era vero….. gli abbassai i pantaloni della tuta ed il suo pene schizzò fuori, con una mano a coppa lo accarezzai sullo scroto e con l’altra impugnai l’asta, poi avvicinai la bocca al glande e cominciai a leccare e succhiare, cresceva e si induriva a vista d’occhio e lui che si era staccato dalla struttura guidava la mia testa con le mani, si gonfiava nella mia bocca era nodoso con la punta che curvava leggermente verso destra, io già ero tutta bagnata, mi scostai tenendogli sempre l’asta in mano e mi avvicinai ad una delle panchine, poi lo lasciai, abbassai i miei pantaloni della tuta ed appoggiai le mani sulla panchina chinandomi in avanti, sentii subito le sue dita allargarmi la farfallina ed il suo cazzo puntare alla fessura, poi con un unico movimento fluido mi penetrò e cominciò il suo lento andirivieni dentro di me, ero eccitata anche dalla situazione, eravamo all’aperto e qualcun altro avrebbe potuto arrivare e vederci ma non accadde, lui continuò a pompare e ad infilarmi anche un dito nel buchino del mio culetto, la cosa non mi dispiacque affatto, poi accellerò il suo movimento e ad un tratto uscì da me però rientrando immediatamente stavolta nel mio sederino con un colpo secco e lì si scarico inondandomi l’intestino con il suo sperma bollente, wow !! ansimando un po’ ci ricomponemmo sedendoci sulla panchina poi ci guardammo in faccia e cominciammo a ridere, tornammo alle nostre auto passeggiando e chiacchierando, ci lasciammo con un bacio.
Era passato ormai un anno sa quando avevo ripreso in mano la mia vita, stavo bene fisicamente, economicamente indipendente ed agiata, avevo anche cambiato pettinatura: portavo spesso una treccia che partiva dal centro della nuca, dicevano che mi ringiovaniva ed avevano ragione, al locale piaceva ed ai clienti anche, avevo finalmente raggiunto la tranquillità anche psicologica che mi faceva vivere meglio, avevo anche una vita sessuale abbastanza appagante, certo non con in uomo solo ma…. Non si può avere tutto, eppure………, eppure non ero del tutto soddisfatta, perché non ci basta mai quello che abbiamo? Mi mancava la trasgressione, quel pizzico di adrenalina che ti fa battere il cuore più velocemente perché sei in una situazione diversa dalla normalità, poi, un giorno, ne ebbi fin troppa.
Mi ero concessa una decina di giorni di vacanza, mare, sole, spiaggia, buon cibo in un posticino tranquillo, o almeno così pensavo, alloggiavo in una pensione, badavo comunque a risparmiare, da quel punto di vista non ero cambiata, del resto quando avevo una camera ed un bagno puliti non mi serviva altro, Porto San Giorgio, sull’Adriatico.
Avendo bisogno di andare in lavanderia chiesi alla proprietaria della pensione e mi indicò un lavaget in periferia, misi tutto in una borsa dell’MD, si faccio la spesa lì, si risparmia, e seguii le indicazioni, nulla di che, un negozietto, dentro 4 lavatrici a gettone, un asciugatrice, un divanetto e quattro sedie, c’era anche una macchinetta per il caffè, su dei pannelli in legno c’erano fotografie ed istruzioni, caricai una macchina e mi sedetti sul divano, mentre aspettavano entrarono tre uomini con la loro biancheria, dovevano essere operai, non erano italiani, mi accorsi che mi guardavano ma continuai a giocare con il mio telefonino, forse ero vestita in maniera troppo sfacciata , una canottierina senza reggiseno, un paio di mini short in jeans e dei sandali alla schiava con tacco basso, del resto in paese non si poteva andare in costume; uno dei pannelli si aprì, doveva essere la porta di un piccolo ufficio, ne uscì un ragazzo di colore che, educatamente mi disse “buonasera” poi si rivolse agli altri parlando in una lingua che non compresi erano passate le sei quando uno degli uomini mi chiamò “signorina” alzai lo sguardo “guarda che la macchina si è fermata ma non ha finito” e adesso ? “schiacci quel bottone e arriva il ragazzo” lo feci ed arrivò subito, armeggiò un po’ intorno alla macchina e poi “purtroppo bisogna chiamare il tecnico, la macchina è piena d’acqua e non si può aprire” tornò in ufficio a telefonare e poi uscendo, “sono riuscito a farlo venire stasera perché domani è domenica e siamo chiusi” ed io adesso come faccio con la mia roba?” chiesi, “non si preoccupi, se viene domattina, anche se siamo chiusi le faccio trovare tutto pronto, mi dispiace” uffa, tutte a me, “ va bene vengo per le 10?” – S’accordo, alle 10 l’aspetto e mi scusi ancora” ripresi la mia auto e tornai alla pensione.
Il mattino dopo, puntuale, alle 10 ero in lavanderia, parcheggiai proprio davanti alla vetrina a lato del marciapiede decisamente stretto, la serranda era mezza alzata ma spingendo la porta questa si aprì, era stato di parola, sul tavolo c’era la mia biancheria piegata con a fianco la borsa dell’MD, mentre controllavo la mia roba e la mettevo nella borsa la porta si chiuse e la serranda si abbassò, corsi subito verso l’uscita e picchiai contro la porta con la mano urlando ma dopo poco anche la luce si spense, si accese solo una lucina di emergenza sopra l’uscita, e adesso? Avevo anche lasciato la borsa con il telefono in auto accidenti!
Non feci in tempo ad avere altre reazioni, due braccia mi presero da dietro stringendo le mie lungo il corpo e spingendomi in avanti, mi ritrovai con le ginocchia sul divano e la testa ,poi, schiacciata sulla spalliera, altre mani stracciarono la mia canottierina e sfilarono con forza i miei short, le mutandine vennero strappate e, mentre qualcuno mi teneva bloccata in quella posizione qualcun altro artigliava il mio sedere allargandomi le chiappette, il tutto in un attimo, sentii subito che qualcosa di duro premeva contro la mia fessurina e un grosso cazzo mi penetrò di colpo facendomi mancare il respiro
“adesso, puttana, hai quello che cercavi” non era italiano, forse qualcuno di quelli del giorno prima? Non riuscivo a dire una parola, schiacciata con la testa contro la spalliera mentre quello di me mi faceva sobbalzare con colpi lenti ma profondi e violenti, ad un certo punto venni presa per la treccia e la mia testa venne tirata all’indietro, qualcuno si era seduto sulla spalliera e mi ritrovai un altro cazzo sulle labbra, quello dentro di me usava i miei capelli come delle redini, obbligatoriamente aprii la bocca e quello davanti a me ci infilò il suo strumento cacciandomelo in gola, dovevo respirare usando il naso perché la bocca era completamente occupata, “troia cristiana, succhia, voi bianche siete brave a fare pompini” si, decisamente erano stranieri e, probabilmente musulmani, per quello erano violenti, quello dentro di me aumentò il ritmo e poi con un ultimo affondo ed un urlo rauco mi venne dentro senza alcun riguardo, pensai che adesso quello nella mia bocca avrebbe preso il suo posto, invece fu un terzo uomo a infilarsi prepotente dentro di me e a cominciare a stantuffarmi, erano tutti così grossi? Questo non mi tenne per i capelli ma si sdraiò sulla mia schiena stringendomi con tutte e due le mani il seno e iniziando a strapazzarlo pizzicandomi anche i capezzoli che, volente o nolente, si erano gonfiati e induriti, sentivo pulsare l’uccello dentro la mia bocca che ad un tratto eruttò un fiume di sborra calda che mi costrinsi a bere in buona parte, l’altro da dietro, intanto lasciava i miei seni e mi sculacciava, ma non uno schiaffettino, proprio uno sculaccione da lasciarmi il segno, bastardi quello dentro di me mi spostò rimanendo infilato nella mia farfallina in modo che fossimo sul divano per la sua lunghezza, così qualcuno poteva, rimanendo in piedi di fianco potermi far leccare il suo cazzo, forse il primo che mi aveva scopato? Oppure un altro ancora? Ma quanti erano? Doveva esserci anche un’altra entrata, forse dall’ufficio, poi venni, di nuovo, riempita di sperma, la sentivo colarmi sulle cosce insieme ai miei umori, certo, comunque ebbi degli orgasmi, poi mi presero e misero in piedi, qualcuno si era seduto, tenendomi per i fianchi mi fecero allargare le gambe e, mentre quello seduto mi tirava la treccia verso il basso mi fecero calare, piegando le ginocchia, sul suo cazzo, questa volta, però puntarono al mio culetto e fu particolarmente doloroso, venni praticamente impalata e poi quello cominciò a sollevarmi ed abbassarmi tenendomi per i fianchi come se fossi leggerissima, con le mani cercavo di trovare le sue ginocchia per sostenermi ma venni presa per i polsi e le mie mani vennero portate a stringere altri due uccelli che dovetti portare contemporaneamente alle labbra.
Loro continuavano a parlare e grugnire nella loro lingua quindi non capivo niente mentre quello nel mio culetto continuava senza sosta, sarebbe venuto prima o poi? Anche lui , ad un certo punto, si girò sdraiandosi più comodamente sul divano rimanendo sempre dentro di me , poi mi sentii sollevare le gambe e lui si fermò un momento, ecco che un altro cazzo puntò alla mia farfallina e la penetrò, ora avevo due uccelli dentro di me separati solo da una sottile striscia di carne, cominciarono a muoversi entrambi però con ritmo e velocità diverse andarono avanti almeno per 10 minuti, poi…..svenni.
Mi svegliarono con dell’acqua sul viso, a quel punto ero una bambola di pezza a loro uso e consumo, mi prendevano e spostavano come volevano, mi scoparono nel culo, in figa ed in bocca, riempendomi di sperma, svenni altre volte e altre volte venni risvegliata, pensai : adesso muoio.
Mi risvegliai questa volta da sola, ero stesa per terra, dall’odore dovevano avermi anche pisciato addosso, a fatica , in ginocchio, strisciai verso il divano, adesso la luce era accesa, mi ci sedetti sopra, per terra notai anche delle tracce di sangue, sicuramente il mio, sul divano c’era ancora la mia canottier strappata, la presi e poi cominciai a guardarmi attorno, doveva esserci un bagno da qualche parte, vidi uno dei pannelli leggermente scostato e, piegata in due ci arrivai, si era proprio il bagno, un lavandino con lo specchio sopra ed un wc, mi ci sedetti e svuotai la vescica, altro sangue, riuscii ad alzarmi e mi guardai allo specchio, a parte il dolore ero piena di lividi, c’era del sapone sul lavandino e comincia, per quello che potevo, a lavarmi, poi recuperai qualcosa della mia biancheria pulita per rivestirmi, i miei short che erano per terra in un angolo, per fortuna, le chiavi dell’auto erano in tasca, la porta del negozio era spalancata e la serranda leggermente alzata, riuscii a sollevarla, fuori era buio, salii in macchina, non l’avevo neppure chiusa, la mia borsa era sparita; andai, seguendo le indicazioni verso l’ospedale ed arrivata al pronto soccorso chiesi aiuto, raccontai tutto ed arrivò anche un poliziotto, ripetei tutto e denunciai.
Rimasi in ospedale per 4 giorni, feci chiamare la padrona della pensione che mi portò la mia roba compresi i soldi che tenevo in camera, mi feci comprare un telefono e chiamai il custode del condominio per far cambiare la serratura della mia porta, quando uscii passai dalla polizia che mi dissero di aver interrogato il ragazzo della lavanderia che, però, era risultato estraneo ai fatti, aveva anche un alibi perché era andato a lavorare tutto il giorno in uno stabilimento balneare e i proprietari avevano confermato, aveva lasciato aperto il negozio per me ed era andato via, non lo chiudeva mai, mi aveva anche lasciato un biglietto con scritto di abbassare solo la serranda quando fossi uscita, i carabinieri l’avevano trovato accartocciato per terra, risalii in macchina e me ne andai.
Andai da un amico infermiere gay che abitava sul lago di Lugano, in Italia che mi accolse e mi curò, non volli andare a casa, non volevo che il custode o i condomini mi vedessero con quei lividi. In una ventina di giorni riacquistai le forze e la mia forma, grazie Andrea; non tornai al lavoro però, non me la sentivo, inoltre ogni volta che uscivo o rientravo in casa mi guardavo attorno, sapevano dove abitavo, mi avevano preso la borsa con dentro il mio indirizzo, per fortuna i documenti e le carte di credito erano nella mia camera in pensione con il resto dei soldi e la patente sotto l’aletta parasole della macchina, avevo anche comprato dello spray al peperoncino, il più forte che avevo trovato e lo portavo sempre in tasca; passai circa tre mesi dalla psicologa per rendermi conto che non era stata colpa mia e del mio modo di vestire o di fare, poi tornai al lavoro a Lugano e ripresi la mia vita, guardandomi però sempre intorno quando tornavo a casa.
Grazie a Dio non avevo subito danni permanenti, il mio corpo era guarito perfettamente, forse una maggior sensibilità nel culetto, avevo orgasmi più facilmente, o almeno così mi sembrava, anche solo facendo sesso anale senza sollecitare la clitoride, nient’altro. Di adrenalina ne avevo avuta non cercavo altra.
A mio marito piaceva giocare a poker, mi aveva insegnato ma non ci ero particolarmente portata, però mi piaceva, l’eccitazione del gioco, ogni tanto giocavo in internet più che altro per passare il tempo, a forza di giocare così mi convinsi di essere diventata bravina ma mi resi conto presto che online è una cosa e dal vero un’altra; amici di mio marito, con i quali organizzavano delle serate di gioco alle quali c’eravamo anche noi mogli, ogni tanto mi invitavano ed io qualche volta accettavo l’invito, ogni volta ricevevo un sacco di complimenti su come stavo bene, su come mi ero ripresa dopo la Sua morte ecc., una di quelle sere parlando del più e del meno venne fuori il discorso del lavoro, io, chiaramente, inventai di aver preso un lavoro part time come assistente di un organizzatore di eventi e me la cavai anche quella volta, quando me ne andai il padrone di casa che mi accompagnò mi disse che la domenica sarebbero andati a fare una grigliata nel campeggio a Omegna dove avevano una casetta e mi invitò, ma sì, pensai, da Lugano la domenica mattina invece di tornare a Milano vado direttamente lì e accettai, ci salutammo con un bacio sulla guancia e tornai a casa.
Arrivai in campeggio che già Antonio e Luca stavano preparando la griglia, la moglie di Gerardo non era venuta ma le altre due che, oltretutto erano sorelle, erano in cucina a preparare la carne con il bambino che Luca e Chiara avevano adottato che dormiva tranquillo, iniziammo a mangiare verso l’una, dopo neanche mezz’ora il bimbo si svegliò e cominciò a piangere, Luca lo andò a prendere nel lettino e poi disse a Chiara che gli sembrava troppo caldo, subito lei e la sorella si alzarono e presa la borsa con tutte le cose per il bimbo che si erano portati dietro ne tirarono fuori un termometro, risultato 38,3 Chiara chiamò subito il loro pediatra che, nonostante la giornata rispose subito perché era di servizio in ospedale alla Mangiagalli, tachipirina e tenerlo al caldo, ma Chiara era agitata e, tenendo presente il fatto che lui era in spedale decise di portarglielo subito, la sorella si offrì di andare con lei e Luca fece altrettanto subito ma Chiara gli rispose
“vedrai che non è nulla di grave, resta con i tuoi amici, andiamo noi due, se è qualcosa ti chiamo, non ti prendi mai un giorno libero, stai tranquillo”
“chiamami subito appena il dottore l’ha visitato, io poi arrivo”
Feci loro gli auguri per il bimbo e uscirono di corsa;
nonostante l’agitazione finimmo di mangiare e poi arrivò la telefonata di Chiara che tranquillizzo Luca, solo un’infreddatura, le due sorelle sarebbero rimaste comunque in ospedale per un po’ e poi sarebbero tornate direttamente a casa a Milano. Mi offrii di lavare i piatti prima di andarmene ma rifiutarono e mi costrinsero a rimanere finché avessero finito.
“ Roberta sai giocare vero? Dai che facciamo una partita, siamo giusti in quattro”
Dopo 2 ore avevo perso 500 euro, bella trovata giocare a poker, decidemmo di smettere e Luca corse via per tornare a casa, io aiutai Antonio e Gerardo a ripulire e mettere ordine, poi Antonio disse
“ ragazzi, il bicchiere della staffa e poi andiamo?”
“per me no, grazie, devo guidare e sono già abbastanza su di giri” risposi
“ti rifarai la prossima volta, la fortuna gira” disse Gerardo
“non ci sarà una prossima volta, con il poker ho chiuso, non fa per me” conclusi
“e che gioco fa per te?” chiese Antonio guardando Gerardo con una smorfia strana sul volto
“cosa vuoi dire? “ risposi, ero ferma in piedi davanti a loro due che stavano comodamente seduti sul divano a bere un bicchiere di vino,
“voglio dire che sappiamo dove lavori e cosa fai, sappiamo del locale di Lugano e sappiamo anche del “dopo” locale e ci stavamo chiedendo se avremmo potuto approfittare della nostra amicizia”
Rimasi interdetta ed il silenzio per qualche minuto, poi risposi che per quanto riguardava il locale non c’era nulla di male, per il dopo erano solo fatti miei>; ecco un rapporto di amicizia di anni interrotto per sempre.
“non te la prendere, liberissima di fare quello che ti pare, solo che ci sei sempre piaciuta, ultimamente ancora di più, ti sei trasformata in quest’ultimo anno e quindi ci chiedevamo se ………. Potevamo passare un paio d’ore in tua compagnia”
Stizzita risposi “lo decido io a chi fare compagnia e, comunque, non lo faccio gratis” misero una busta sul tavolino davanti al divano “qui c’è il doppio di quello che hai perso, ci avevano informato anche della tariffa, può bastare?” ridacchiavano sotto i baffi, bastardi, ma si, perché no, tanto ormai l’amicizia era rotta e non li avrei più rivisti, presi la busta dal tavolino e la misi nella borsa e tolsi la sciarpa ed il giacchino di montone che avevo appena messo.
Antonio accese lo stereo e mise un po’ di musica poi liberò il tavolino che era rotondo e molto grande, mi ci fece salire sopra e rimettendosi sul divano disse “adesso spogliati”
Per fortuna avevo un paio di pantaloni larghi in denim, tolsi il maglione e iniziai a slacciare i bottoni della camicetta, la mia terza abbondante nel mio reggiseno a balconcino ne uscì subito prepotente, slacciata la cintura dei pantaloni questi si afflosciarono sul tavolino e li scalciai via ora avevo solo addosso l’intimo di pizzo, decisamente trasparente e gli stivali il cui tacco 8 non si vedeva con i pantaloni; tutti e due gli uomini avevano la mano sulla patta dei pantaloni, quando tolsi il reggiseno e mi presi i seni tra le mani sospirarono, poi mi girai e mi tolsi le mutandine chinandomi in avanti ed esibendo il mio culetto, rimasero impressionati dal fatto che ero completamente depilata, scesi dal tavolino e girandomi verso di loro “rimaniamo qui o andiamo dove stare più comodi?” avevo indicato le camere da letto, si alzarono si scatto e mi presero ognuno per un braccio portandomi verso la camera, mi accomodai sul letto mentre vedevo i loro vestiti scomparire velocemente, erano già a buon punto vidi, dopo poco erano sul letto e con le mani perlustravano ogni centimetro del mio corpo mentre io accarezzavo e massaggiavo i loro membri ogni tanto chinandomi e leccandone la punta ad un certo punto Antonio disse “comincio io” lo lasciai fare allargando le gambe, poi però ribaltai la situazione passando io sopra mentre lui pompava lentamente, tecnica per durare di più, allora mi rivolsi a Gerardo che mi stava accarezzando ancora “ il mio culetto non ti Piace?” e mi chinai in avanti su Antonio mettendolo meglio in mostra non se lo fece ripetere due volte, sentii subito la sua cappella premere contro il mio buchino e poi piano piano il suo cazzo entrare, quando cominciarono a muoversi entrambi ebbi il mio primo orgasmo, poi non ci vollero più di dieci minuti che anche loro due scaricarono il loro sperma caldo sul mio corpo, sulla mia schiena e sulla mia pancia, uscirono da me e sdraiati fianco a fianco lasciarono che con la mia bocca e la lingua li ripulissi, rimasero un po’ così volevano recuperare per farne un’altra, almeno.
Mentre con le mani e la bocca provvedevo a risvegliarli Antonio mi disse ” sai Roberta, pensando a quando eri sposata non ti avrei fatto così troia, inoltre adesso sei forse ancora più bella di quando ti ho conosciuto 10 anni fa, la tua pelle è liscia e vellutata, tutta da scopare” era pronto “ e adesso ti voglio inculare, mi prese per la vita spostandomi, avevo la faccia su un cuscino ed il sederino in alto, stavolta fu deciso e brusco e mi penetrò sculacciandomi il culetto “sei stretta e calda come piace a me, ti sfondo puttana”
In effetti ad ogni colpo sentivo un po’ di dolore, inoltre con un braccio mi teneva per il bacino e con l’altra mi strizzava un seno, quando ebbi un orgasmo se ne accorse “ godi anche quando te lo mettono nel culo, come una cagna, allora godi, godi, godi” ed ogni volta che lo diceva spingeva più forte, poi accelerò il ritmo ed infine mi inondò l’intestino, soffiando e grugnendo, mi lasciai andare sul materasso respirando profondamente anch’io, ma l’altro voleva la sua dose e mi fu sopra in un attimo infilandosi nella mia farfallina, Gerardo era più delicato, mi scopava normalmente e faceva tutto lui, i mei muscoli vaginali reagivano naturalmente senza sforzo, Antonio però non ne aveva abbastanza, mi faceva strisciare il cazzo sulle labbra e quando fu un po’ più rigido mi costrinse ad aprire la bocca per infilarcelo e, siccome non stava mai zitto “succhia troia che poi ti scopo ancora”, lanciando uno sguardo sul comodino di fianco al letto vidi una confezione di Cialis, ecco perché era così attivo, pensai, Gerardo intanto era venuto sporcandomi la pancia con il suo sperma ed era andato in bagno, quando uscì fermai Antonio dicendo che anch’io avevo bisogno del bagno e lo lasciai con il cazzo in mano sul letto, mi lavai e feci un bel bidet, la doccia l’avrei fatta a casa, ero decisa ad andarmene anche se Antonio non sarebbe stato d’accordo e, nonostante le sue rimostranze lo feci e non me lo impedirono.
Arrivata a casa una bella doccia, e poi nella vasca con l’idromassaggio, dopo un quarto d’ora a letto, feci un po’ di fatica ad addormentarmi, poi verso le due il sonno arrivò.
Il mattino dopo bloccai sul cellulare i numeri di Antonio e Gerardo poi guardai il mio frigorifero sconsolatamente vuoto e andai a fare la spesa. Ripresi il mio tran tran quotidiano, il venerdì ed il sabato sera al locale, le due notti con dei clienti e poi a Milano, casa, palestra, piscina, centro estetico, shopping; ero diventata brava e famosa tra le ragazze perché i clienti me li portavo a casa a coppie, ne avevo maggior soddisfazione, sia fisicamente che economicamente, forse, dopotutto, Antonio non aveva torto.
Arrivata finalmente la primavera, cominciavano le belle giornate, non proprio tutte ma insomma non ci si poteva lamentare, avevo cambiato auto, avevo optato per un’audi TT coupè ero diventata anche più brava a guidare, quel martedì avevo deciso di fare una gita sul Ticino, vicino al ponte di barche ci sono dei sabbioni dove stendersi a prendere il sole e poi delle zone riservate dove fare un pranzo al sacco, preparai il tutto oltre alla borsa frigo con la classica insalata russa, le cotolette impanate, e macedonia di frutta, come al solito troppa roba per una persona sola ma ero abituata così, costumi da bagno, asciugamani, una coperta e un ombrellone per la privacy, arrivata sul posto vidi che non c’era la solita folla della domenica, anzi ero praticamente sola, quasi quasi avrei potuto prendere il sole senza costume ma non mi arrischiai perché il ponte era aperto al traffico delle auto e qualcuno avrebbe potuto vedermi.
Stesa su una roccia godevo del primo sole, era davvero una bella giornata, quasi mi addormentai; avevo parcheggiato la macchina in un boschetto prima del ponte, avrei pranzato lì. Davvero sola, accesi la radio della macchina e lasciando la portiera aperta mi sistemai di fianco sulla coperta, da un lato la macchina, dall’altro l’ombrellone aperto appoggiato per terra avevo anche una certa privacy, mangiai con gusto, neanche un ter
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