Alice cerca padrone
di
Sara1994
genere
dominazione
Mi chiamo Alice, sono italiana ma vivo in Svizzera da quando avevo 10 anni, adesso ne ho 25 e ho deciso di visitare il mio paese d’origine, per questo sono in vacanza a Napoli, veramente i miei sono di Aversa, un Paese in provincia di Caserta ma ho deciso di iniziare dal capoluogo, è una città meravigliosa, bellissima, non riesco a capire molto di quello che mi dicono perché i miei non hanno mai parlato in dialetto in casa, però, diciamo di una parola su tre capisco il significato, mi sono concessa questa vacanza appena finita l’università, poi dovrò dedicarmi al lavoro, per adesso me la godo.
Sono andata a trovare ad Aversa i parenti dei miei, atto dovuto, una zia mi ha detto che ero uguale a mamma e mi ha tirato fuori un album di fotografie, in effetti c’è molta somiglianza, i capelli lunghi castani tendenti al biondo, il fisico magro e longilineo, le gambe lunghe ed il seno prosperoso, portiamo tutte e due una coppa C, io sono un po’ più alta, arrivo a un metro e settantacinque ma, nel complesso mi sembrava di guardare una mia foto, mi hanno fatto un sacco di complimenti e mi hanno rimpinzato fino a scoppiare, mi dissero che dovevo andare a visitare la Reggia e Casertavecchia oltre al complesso monumentale di San Leucio, memorizzai tutto e la sera tornai al mio albergo a Napoli. Sono sola perché il mio ex, svizzero, ha pensato bene di mollarmi tre mesi prima della mia partenza, siamo rimasti insieme due anni e ci siamo molto divertiti insieme, ma non c’era amore, solo attrazione, solo sesso, non me la sono presa molto, però sarebbe stata una bella vacanza insieme, mah va bene lo stesso.
Il primo giorno visitai la Reggia, magnifica, il secondo noleggiai una bicicletta per andare a Caserta vecchia, a metà strada mi fermai in un bar a bere dell’acqua e a mangiare un gelato, ero, chiaramente in mini shorts di jeans e canottierina, ad un tavolino c’erano tre tizi, più grandi di me, che cercarono di attaccare bottone, finsi di essere svizzera e di non capire l’italiano, tra loro allora brindarono alla mia salute alzando i bicchieri rivolti verso di me ma mi lasciarono in pace, sentii però i loro discorsi :
- Bella figa
- Hai visto quel seno, ci metterei il cazzo in mezzo e me lo farei strusciare
- Perché il culetto no? Dev’essere bello stretto da rompere
Li lasciai ai loro sogni e me ne andai sulla mia bici.
La sera, dopo la doccia ed essermi cambiata, andai a mangiare in un piccolo ristorante non lontano dall’albergo, linguine allo scoglio ed una fritturina mista di pesce, chi ti ritrovo? I tre del pomeriggio con l’aggiunta di un quarto, ancora brindisi nella mia direzione, stavolta però erano lontani e non potevo sentire i loro discorsi, mentre mangiavamo, ad un certo punto, il quarto, un tipo con i baffi e la pancia, fece un altro brindisi nella mia direzione e, quando lo guardai, sollevò il tovagliolo che aveva in grembo mostrandomi il suo pene, non feci una mossa molto furba, col senno di poi, ma volevo prenderlo in giro, tirai fuori la lingua passandomela sul labbro superiore, poi continuai il mio pasto, quando alla fine chiesi il conto il cameriere mi disse che era tutto pagato dai signori di quel tavolo e mi indicò i quattro, per educazione dovetti andare a ringraziarli e lo feci in un misto di tedesco ed italiano stentato, mi offrirono di sedermi con loro ma con cortesia rifiutai per stanchezza e dissi loro che andavo in albergo che non era lontano, appena 200 metri, proprio quello con la pancia si alzò e mi disse che non poteva lasciarmi tornare da sola e che mi avrebbe accompagnato, disse qualcosa ai suoi tre amici e mi seguì.
Uscimmo dal locale fianco a fianco, dopo un cinquantina di metri mi prese per i capelli tirandomeli e mi spinse in un vicolo buio dove no sarebbe passata neanche una moto e strattonandomi sempre i capelli mi costrinse in ginocchio poi disse
- Ti sei leccata le labbra eh, adesso lecca questo troia
Così dicendo mi fece vedere il cazzo che aveva estratto dai pantaloni, tirandomi i capelli all’indietro mi costrinse ad aprire la bocca, poi
- Forza tira fuori la lingua stronza
Lo feci e lui ci fece strisciare sopra la sia cappella avanti e indietro, poi mi spinse il suo uccello in bocca, do po qualche minuto, mentre lo sentivo crescere ed indurirsi contro il mio palato, un auto si fermò davanti al vicolo, una portiera si aprì ed una voce
- Dai Ciro, andiamo
Uscì dalla mia bocca e, sempre tenendomi per i capelli mi fece salire sul sedile posteriore dove uno dei suoi amici mi bloccò, poi salì anche lui e l’auto ripartì, mentre andavamo, ancora mi tirò i capelli facendomi chinare la testa sul suo grembo,
- Tu continua, non ti fermare
E cominciò a guidare la mia testa su e giù mentre il suo cazzo mi arrivava in gola, intanto il suo socio, seduto a mio fianco dall’altro lato, mi aveva infilato le mani sotto la gonna ed esclamò
- Ragazzi questa è bagnata, c’ha voglia
Era vero, ero bagnata e non era pipì ma la mia figa che lacrimava mi ero eccitata senza volerlo
- Ci pensiamo noi.
Dopo un tragitto molto breve l’auto si fermò, mi resi conto che era una grossa Audi nera, eravamo in uno spiazzo poco illuminato, mi ritrovai sdraiata sul cofano anteriore con la schiena che sentiva il calore del motore appena spento, la gonna del vestito sollevata, le mie mutandine strappate ed il ciccione tra le mie gambe che si era messo sulle spalle e che spingeva il suo uccello duro nella mia vagina umida, sentii che diceva
- Ehi è bella stretta, gliela allarghiamo noi alla svizzera
E cominciò a pompare dentro di me, con forza ma con metodo, cercai di non fargli capire che avevo avuto un orgasmo ma non era scemo e lo sentii
- Ragazzi non ha solo voglia, le piace proprio
Alla fine si scaricò dentro di me lasciandomi andare le gambe che finirono penzoloni, però prese subito il suo posto uno degli altri, in questo modo si servirono del mio corpo tutti e quattro, mentre si riallacciavano i pantaloni io ero stesa sempre sul cofano, uno mi si avvicinò, mi prese il viso con una mano e disse
- Piaciuto l’antipasto? Tranquilla ti serviremo il pasto completo,
mi prese per un braccio facendomi ritoccare terra con i piedi e mi spinse ancora dentro l’auto.
Questa volta il tragitto fu più lungo, almeno un’ora arrivammo in quella che mi sembrava una masseria, mi spinsero dentro quella che era una scuderia, sui due lati c’erano box per e con i cavalli, balle di fieno accatastate, il tutto, comunque, molto pulito e in ordine, si sedettero su delle balle e mi lasciarono in piedi davanti a loro
- Adesso qui c’è la luce, vediamo bene, forza troia togli quel vestito, vediamo come sei fatta
Sfilai il vestito dalla testa mentre uno di loro mi venne dietro e tagliò l’elastico del mio reggiseno,
- Mamma mia, in svizzera non sanno fare solo la cioccolata, guarda che tette e che culetto, tranquilla ce ne prendiamo cura noi adesso
Evitavo di parlare, cercavo di mantenere la mia copertura per non far scoprire che capivo tutto quello che dicevano, misero una coperta che immagino fosse di qualche cavallo su un paio di balle, poi mi ci fecero appoggiare la pancia e mi legarono i polsi a degli anelli che erano sulla parete, i miei piedi ancora sollevati da terra, mi sputarono sul sedere allargandomi le chiappette, uno mi infilò un dito nel culetto facendomi male, sentivo, oltre la coperta, la paglia strisciare sul mio pube, il mio culetto alla loro mercè, però stavo grondando umori dalla mia figa, i miei capezzoli erano talmente duri da farmi male, il primo forzò il mio buchino non senza sforzo e lo sentì dire
- Questo è proprio stretto, mi sa che la troia ci fa godere subito
Ogni colpo mi sollevava dalla mia posizione e faceva strisciare la mia figa ed il monte di venere sulla paglia, se non ci fosse stata la coperta mi sarei rovinata, invece la cosa servì a farmi godere ancora di più, ogni tanto una sberla sul sedere venni così inculata da tutti e quattro, mi faceva male la pancia, il culetto mi bruciava, ma non contavo più i miei orgasmi, mentre si riposavano bevevano e fumavano, uno mi versò anche del vino sul buchino del culetto, poi cambiò la posizione, le balle vennero girate, la coperta cambiata ed uno di loro si sdraiò sopra quel giaciglio improvvisato, venni fatta calare sul suo uccello , di nuovo duro e mentre era così fermo dentro di me le sue mani strizzavano i miei seni, le gambe spalancate permisero ad un altro di penetrarmi nella figa fino in fondo, poi cominciarono a muoversi insieme
- Senti come mugola la gatta
- Vedrete che alla fine farà le fusa
Durò ancora parecchio tra soste e riprese e bevute e risate, ero sfinita, sporca e …….. sazia, abbandonata su quelle balle di fieno.
Dovettero portarmi in braccio dentro la masseria, mi misero in una stanza con un letto singolo, c’era anche un vaso da notte ed una brocca piena d’acqua ed un catino, rimasi seduta sul letto per un po’ poi riuscii a trascinarmi al vaso da notte e mi ci sedetti sopra, poi, usando il lenzuolo del letto riuscii a lavarmi, poi mi addormentai avvolta in una coperta sul lettino.
Mi svegliai affamata, nella stanza grande, che poi era la cucina, aprii il frigorifero, c’era del formaggio e sul tavolo, coperto da un canovaccio del pane, mangiai con gusto, quasi voracemente, poi trovai del caffè e riempii la caffettiera ed accesi il fuoco, tutto questo completamente nuda, in un angolo vidi la mia borsa, aperta niente telefono, niente portafoglio, per fortuna il mio passaporto era in albergo alla reception, però c’erano i miei trucchi e qualche crema, con l’aiuto di un pezzo di specchio riuscii a coprire i danni della sera prima e la crema lenì un po’ il mio bruciore al culetto, la mia fighetta non sembrava aver subito grossi danni, mi faceva un po’ male la pancia ma non mi preoccupai, del resto avevo preso cazzi per tutta la sera, sperai mi lasciassero tranquilla, stavo seduta al tavolo a pensare a questo quando la porta si aprì ed entrò Ciro con le mie valigie, le posò per terra e disse
- Ho pensato ti servisse un cambio di vestiti, anche se ti preferisco così, ah stai facendo il caffè, brava, così si fa.
Lo lasciai in cucina e mi ritirai nella stanza dove avevo dormito con le mie valigie, il mio necessaire mi aiutò a riprendere un aspetto normale e a sistemare meglio i danni subiti, poi mii un completo intimo bianco , dei jeans ed una t-shirt, le mie adidas erano da qualche parte nella scuderia, le avrei recuperate; tornai di là dove Ciro stava bevendo il caffè, sempre in un italiano stentato con accento tedesco dissi che volevo andare via, Ciro mi guardò seduto al tavolo e poi disse
- Certo, certo, però io sono qui in vacanza ancora per una decina di giorni, e mi piaci troppo, quindi mi farai compagnia per questo tempo e poi ti farò andare dove vuoi, i miei amici non ti daranno più fastidio, stai tranquilla, ti scoperò solo io, tutto chiaro?
Feci cenno di si con la testa e mi sedetti di nuovo
- Adesso riposati che dopo ti porto a mangiare una pizza.
Tornai a sdraiarmi sul lettino con addosso la coperta, del resto dove potevo andare? Ero in mezzo ad una campagna, non si vedevano case, solo il nulla.
Per 19 giorni fui la sua puttana, mi scopava quando ne aveva voglia, il mio culetto ricevette parecchie sue visite, bevvi anche il suo sperma quasi ogni giorno, quando non gli rispondevo prontamente usava il frustino di quando andava a cavallo sul mio sedere oppure sui miei seni o sulla mia clitoride, non colpi forti tali da lasciare il segno ma incisivi. In casa voleva che girassi sempre nuda e, quando veniva qualcuno, mi metteva in mostra e, all’occorrenza gli regalava un mio pompino, poi tutto finì, un giorno arrivò al casolare con la mia macchina, caricò le mie valigie, mi inculò un’ultima volta contro il tavolo della cucina e poi mi fece andare via.
Sulla strada di casa pensavo cosa avrei fatto adesso della mia vita, sicuramente, come diceva Ciro, sarei diventata una grandissima zoccola e forse, avrei trovato un altro padrone.
Sono andata a trovare ad Aversa i parenti dei miei, atto dovuto, una zia mi ha detto che ero uguale a mamma e mi ha tirato fuori un album di fotografie, in effetti c’è molta somiglianza, i capelli lunghi castani tendenti al biondo, il fisico magro e longilineo, le gambe lunghe ed il seno prosperoso, portiamo tutte e due una coppa C, io sono un po’ più alta, arrivo a un metro e settantacinque ma, nel complesso mi sembrava di guardare una mia foto, mi hanno fatto un sacco di complimenti e mi hanno rimpinzato fino a scoppiare, mi dissero che dovevo andare a visitare la Reggia e Casertavecchia oltre al complesso monumentale di San Leucio, memorizzai tutto e la sera tornai al mio albergo a Napoli. Sono sola perché il mio ex, svizzero, ha pensato bene di mollarmi tre mesi prima della mia partenza, siamo rimasti insieme due anni e ci siamo molto divertiti insieme, ma non c’era amore, solo attrazione, solo sesso, non me la sono presa molto, però sarebbe stata una bella vacanza insieme, mah va bene lo stesso.
Il primo giorno visitai la Reggia, magnifica, il secondo noleggiai una bicicletta per andare a Caserta vecchia, a metà strada mi fermai in un bar a bere dell’acqua e a mangiare un gelato, ero, chiaramente in mini shorts di jeans e canottierina, ad un tavolino c’erano tre tizi, più grandi di me, che cercarono di attaccare bottone, finsi di essere svizzera e di non capire l’italiano, tra loro allora brindarono alla mia salute alzando i bicchieri rivolti verso di me ma mi lasciarono in pace, sentii però i loro discorsi :
- Bella figa
- Hai visto quel seno, ci metterei il cazzo in mezzo e me lo farei strusciare
- Perché il culetto no? Dev’essere bello stretto da rompere
Li lasciai ai loro sogni e me ne andai sulla mia bici.
La sera, dopo la doccia ed essermi cambiata, andai a mangiare in un piccolo ristorante non lontano dall’albergo, linguine allo scoglio ed una fritturina mista di pesce, chi ti ritrovo? I tre del pomeriggio con l’aggiunta di un quarto, ancora brindisi nella mia direzione, stavolta però erano lontani e non potevo sentire i loro discorsi, mentre mangiavamo, ad un certo punto, il quarto, un tipo con i baffi e la pancia, fece un altro brindisi nella mia direzione e, quando lo guardai, sollevò il tovagliolo che aveva in grembo mostrandomi il suo pene, non feci una mossa molto furba, col senno di poi, ma volevo prenderlo in giro, tirai fuori la lingua passandomela sul labbro superiore, poi continuai il mio pasto, quando alla fine chiesi il conto il cameriere mi disse che era tutto pagato dai signori di quel tavolo e mi indicò i quattro, per educazione dovetti andare a ringraziarli e lo feci in un misto di tedesco ed italiano stentato, mi offrirono di sedermi con loro ma con cortesia rifiutai per stanchezza e dissi loro che andavo in albergo che non era lontano, appena 200 metri, proprio quello con la pancia si alzò e mi disse che non poteva lasciarmi tornare da sola e che mi avrebbe accompagnato, disse qualcosa ai suoi tre amici e mi seguì.
Uscimmo dal locale fianco a fianco, dopo un cinquantina di metri mi prese per i capelli tirandomeli e mi spinse in un vicolo buio dove no sarebbe passata neanche una moto e strattonandomi sempre i capelli mi costrinse in ginocchio poi disse
- Ti sei leccata le labbra eh, adesso lecca questo troia
Così dicendo mi fece vedere il cazzo che aveva estratto dai pantaloni, tirandomi i capelli all’indietro mi costrinse ad aprire la bocca, poi
- Forza tira fuori la lingua stronza
Lo feci e lui ci fece strisciare sopra la sia cappella avanti e indietro, poi mi spinse il suo uccello in bocca, do po qualche minuto, mentre lo sentivo crescere ed indurirsi contro il mio palato, un auto si fermò davanti al vicolo, una portiera si aprì ed una voce
- Dai Ciro, andiamo
Uscì dalla mia bocca e, sempre tenendomi per i capelli mi fece salire sul sedile posteriore dove uno dei suoi amici mi bloccò, poi salì anche lui e l’auto ripartì, mentre andavamo, ancora mi tirò i capelli facendomi chinare la testa sul suo grembo,
- Tu continua, non ti fermare
E cominciò a guidare la mia testa su e giù mentre il suo cazzo mi arrivava in gola, intanto il suo socio, seduto a mio fianco dall’altro lato, mi aveva infilato le mani sotto la gonna ed esclamò
- Ragazzi questa è bagnata, c’ha voglia
Era vero, ero bagnata e non era pipì ma la mia figa che lacrimava mi ero eccitata senza volerlo
- Ci pensiamo noi.
Dopo un tragitto molto breve l’auto si fermò, mi resi conto che era una grossa Audi nera, eravamo in uno spiazzo poco illuminato, mi ritrovai sdraiata sul cofano anteriore con la schiena che sentiva il calore del motore appena spento, la gonna del vestito sollevata, le mie mutandine strappate ed il ciccione tra le mie gambe che si era messo sulle spalle e che spingeva il suo uccello duro nella mia vagina umida, sentii che diceva
- Ehi è bella stretta, gliela allarghiamo noi alla svizzera
E cominciò a pompare dentro di me, con forza ma con metodo, cercai di non fargli capire che avevo avuto un orgasmo ma non era scemo e lo sentii
- Ragazzi non ha solo voglia, le piace proprio
Alla fine si scaricò dentro di me lasciandomi andare le gambe che finirono penzoloni, però prese subito il suo posto uno degli altri, in questo modo si servirono del mio corpo tutti e quattro, mentre si riallacciavano i pantaloni io ero stesa sempre sul cofano, uno mi si avvicinò, mi prese il viso con una mano e disse
- Piaciuto l’antipasto? Tranquilla ti serviremo il pasto completo,
mi prese per un braccio facendomi ritoccare terra con i piedi e mi spinse ancora dentro l’auto.
Questa volta il tragitto fu più lungo, almeno un’ora arrivammo in quella che mi sembrava una masseria, mi spinsero dentro quella che era una scuderia, sui due lati c’erano box per e con i cavalli, balle di fieno accatastate, il tutto, comunque, molto pulito e in ordine, si sedettero su delle balle e mi lasciarono in piedi davanti a loro
- Adesso qui c’è la luce, vediamo bene, forza troia togli quel vestito, vediamo come sei fatta
Sfilai il vestito dalla testa mentre uno di loro mi venne dietro e tagliò l’elastico del mio reggiseno,
- Mamma mia, in svizzera non sanno fare solo la cioccolata, guarda che tette e che culetto, tranquilla ce ne prendiamo cura noi adesso
Evitavo di parlare, cercavo di mantenere la mia copertura per non far scoprire che capivo tutto quello che dicevano, misero una coperta che immagino fosse di qualche cavallo su un paio di balle, poi mi ci fecero appoggiare la pancia e mi legarono i polsi a degli anelli che erano sulla parete, i miei piedi ancora sollevati da terra, mi sputarono sul sedere allargandomi le chiappette, uno mi infilò un dito nel culetto facendomi male, sentivo, oltre la coperta, la paglia strisciare sul mio pube, il mio culetto alla loro mercè, però stavo grondando umori dalla mia figa, i miei capezzoli erano talmente duri da farmi male, il primo forzò il mio buchino non senza sforzo e lo sentì dire
- Questo è proprio stretto, mi sa che la troia ci fa godere subito
Ogni colpo mi sollevava dalla mia posizione e faceva strisciare la mia figa ed il monte di venere sulla paglia, se non ci fosse stata la coperta mi sarei rovinata, invece la cosa servì a farmi godere ancora di più, ogni tanto una sberla sul sedere venni così inculata da tutti e quattro, mi faceva male la pancia, il culetto mi bruciava, ma non contavo più i miei orgasmi, mentre si riposavano bevevano e fumavano, uno mi versò anche del vino sul buchino del culetto, poi cambiò la posizione, le balle vennero girate, la coperta cambiata ed uno di loro si sdraiò sopra quel giaciglio improvvisato, venni fatta calare sul suo uccello , di nuovo duro e mentre era così fermo dentro di me le sue mani strizzavano i miei seni, le gambe spalancate permisero ad un altro di penetrarmi nella figa fino in fondo, poi cominciarono a muoversi insieme
- Senti come mugola la gatta
- Vedrete che alla fine farà le fusa
Durò ancora parecchio tra soste e riprese e bevute e risate, ero sfinita, sporca e …….. sazia, abbandonata su quelle balle di fieno.
Dovettero portarmi in braccio dentro la masseria, mi misero in una stanza con un letto singolo, c’era anche un vaso da notte ed una brocca piena d’acqua ed un catino, rimasi seduta sul letto per un po’ poi riuscii a trascinarmi al vaso da notte e mi ci sedetti sopra, poi, usando il lenzuolo del letto riuscii a lavarmi, poi mi addormentai avvolta in una coperta sul lettino.
Mi svegliai affamata, nella stanza grande, che poi era la cucina, aprii il frigorifero, c’era del formaggio e sul tavolo, coperto da un canovaccio del pane, mangiai con gusto, quasi voracemente, poi trovai del caffè e riempii la caffettiera ed accesi il fuoco, tutto questo completamente nuda, in un angolo vidi la mia borsa, aperta niente telefono, niente portafoglio, per fortuna il mio passaporto era in albergo alla reception, però c’erano i miei trucchi e qualche crema, con l’aiuto di un pezzo di specchio riuscii a coprire i danni della sera prima e la crema lenì un po’ il mio bruciore al culetto, la mia fighetta non sembrava aver subito grossi danni, mi faceva un po’ male la pancia ma non mi preoccupai, del resto avevo preso cazzi per tutta la sera, sperai mi lasciassero tranquilla, stavo seduta al tavolo a pensare a questo quando la porta si aprì ed entrò Ciro con le mie valigie, le posò per terra e disse
- Ho pensato ti servisse un cambio di vestiti, anche se ti preferisco così, ah stai facendo il caffè, brava, così si fa.
Lo lasciai in cucina e mi ritirai nella stanza dove avevo dormito con le mie valigie, il mio necessaire mi aiutò a riprendere un aspetto normale e a sistemare meglio i danni subiti, poi mii un completo intimo bianco , dei jeans ed una t-shirt, le mie adidas erano da qualche parte nella scuderia, le avrei recuperate; tornai di là dove Ciro stava bevendo il caffè, sempre in un italiano stentato con accento tedesco dissi che volevo andare via, Ciro mi guardò seduto al tavolo e poi disse
- Certo, certo, però io sono qui in vacanza ancora per una decina di giorni, e mi piaci troppo, quindi mi farai compagnia per questo tempo e poi ti farò andare dove vuoi, i miei amici non ti daranno più fastidio, stai tranquilla, ti scoperò solo io, tutto chiaro?
Feci cenno di si con la testa e mi sedetti di nuovo
- Adesso riposati che dopo ti porto a mangiare una pizza.
Tornai a sdraiarmi sul lettino con addosso la coperta, del resto dove potevo andare? Ero in mezzo ad una campagna, non si vedevano case, solo il nulla.
Per 19 giorni fui la sua puttana, mi scopava quando ne aveva voglia, il mio culetto ricevette parecchie sue visite, bevvi anche il suo sperma quasi ogni giorno, quando non gli rispondevo prontamente usava il frustino di quando andava a cavallo sul mio sedere oppure sui miei seni o sulla mia clitoride, non colpi forti tali da lasciare il segno ma incisivi. In casa voleva che girassi sempre nuda e, quando veniva qualcuno, mi metteva in mostra e, all’occorrenza gli regalava un mio pompino, poi tutto finì, un giorno arrivò al casolare con la mia macchina, caricò le mie valigie, mi inculò un’ultima volta contro il tavolo della cucina e poi mi fece andare via.
Sulla strada di casa pensavo cosa avrei fatto adesso della mia vita, sicuramente, come diceva Ciro, sarei diventata una grandissima zoccola e forse, avrei trovato un altro padrone.
2
0
voti
voti
valutazione
4.5
4.5
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Cristinaracconto sucessivo
Marito in viaggio
Commenti dei lettori al racconto erotico