Accettare le condizioni - Capitolo 17
di
Glorfindel
genere
dominazione
CAPITOLO 17
Freddo metallo, liscio e duro a contatto con i miei denti, una sensazione strana, inizialmente fastidiosa ma che presto sparì eclissata dai muscoli mandibolari sempre più indolenziti per la lunga e forzata posizione in cui lo spider gag che avevo in bocca mi costringeva. Un anello di lucido acciaio con alle estremità delle aste che si andavo a fissare ad un cinturino di cuoio che schiacciando i miei lisci, rossi capelli me lo teneva incastrato nella bocca oscenamente spalancata. Come se ci fosse bisogno del cinturino per tenerlo incastrato, le dimensioni di quell'anello sfioravano i cinque centimetri di diametro ma per farci passare in mezzo il possente cazzo di Marco quello era lo spazio che serviva. Avevo dovuto spalancare la bocca fino a farmi un male cane perché riuscisse ad infilarcelo ed ero certa che non si sarebbe mosso di lì anche se il cinturino non ci fosse stato, sinceramente ero più preoccupata di come e se sarebbe riuscito a togliermelo di bocca che non del suo arnese che dovevo trovare il modo di farmi sparire in gola. Marco, il mio Marco, se ne stava comodo nel divano e attendeva con calma, il viso perso nei documenti di lavoro che stava studiando, non mi guardava neanche, sereno attendeva che facessi la mia parte ed in effetti era giusto, prima che toccasse a lui, prima che iniziasse a spiegarmi come mi avevano ingannata dovevo ingoiare letteralmente la carne pulsante del suo possente arnese fino alla base. Ero lì, in piedi e nuda fra le sue gambe divaricate, mi aspettava un lavoro solo di bocca quindi le mani erano legate dietro la schiena, mi piegai a novanta gradi cercando di far centro con il suo cazzo nell'anello che avevo fra i denti, sarei stata più comoda in ginocchio ma non sarei mai riuscita ad ingoiarlo quindi tenni le gambe ben tese in modo che la bocca fosse allineata con la gola e potesse far passare il sesso di quell'uomo per intero. Sentii la calda, liscia e pulsante pelle della cappella oltrepassare l'anello di metallo e incontrare il mio palato senza sfiorarmi minimamente le labbra, avevo la bocca spalancata tanto come mai in vita mia ma non era un pompino quello che dovevo fare ma una specie di gioco a nascondino; lui avrebbe svelato i suoi segreti solo e soltanto se non fosse riuscito a vedere neanche un centimetro del suo cazzo e l'unico posto in cui mi era concesso nasconderlo era la gola. Continuai a piegarmi e nel piegarmi la sua carne penetrò dentro di me, il lungo membro entrò senza fatica scivolando fra il mio palato e la lingua umida, la irrigidii lasciando che la punta tesa sfiorasse il glande durante il passaggio e continuasse percorrendo ogni centimetro della lunga asta. Dal suo volto non trasparì nulla ma il cazzo vibrò nella mia bocca a riscontro del piacere che gli donavo. Presto, troppo presto, sentii la cappella incontrare l'ugola infastidendola, fino a pochi mesi prima i conati di vomito mi avrebbero costretta a farla indietreggiare ma erano ormai molti i cazzi che mi avevano solleticato in quel modo e spesso con molta meno gentilezza ma restava comunque il problema principale, oltre metà del suo cazzo era ancora fuori dall'anello e se volevo che mi spiegasse la verità sulla mia situazione doveva sparire fino all'ultimo millimetro. Verrebbe da pensare che non era certo la prima volta che mi cimentavo in quella pratica ma c’è una bella differenza fra il farsi cacciare a forza un membro in gola senza potersi opporre o fuggire e cacciarselo da soli volontariamente. E’ la stessa differenza che c’è fra l’essere costretti ad essere la schiava di qualcuno senza avere scelta e il desiderare di essere la schiava di qualcuno. Ci vuole molto più impegno quando ti viene lasciata la possibilità di scegliere. Iniziai lenti movimenti con il collo, avanti e indietro per far abituare la bocca alla sua presenza, spingevo il suo membro in me sempre un po' di più ad ogni oscillazione come a voler cercare la strada per farlo entrare. Ingoiare un cazzo non è facile, è inutile, a meno che non sia un cazzo minuscolo nella bocca di una donna non ci entra tutto e quello di Marco era tutto tranne che minuscolo; l'unico modo per accontentare il mio padrone era ingoiarlo letteralmente e fargli scopare la mia laringe.
Continuai il mio leggero su e giù e un colpo un po' più deciso fece saltare al suo arnese il confine e altri cinque centimetri buoni sparirono in me accompagnati dal un suono sordo come quello che emettiamo quando ingoiamo un boccone troppo grosso e che fa fatica a passare. Strabuzzai gli occhi cercando di resistere, incontrai il suo sguardo, stava verificando la situazione ma c'erano almeno altre due dita di uccello da ingoiare quindi tornò ai suoi affari lasciandomi al mio lavoro. Indietreggiai liberandomi la gola, feci un respiro profondo e riaffondai arrivando al punto di prima poi chiusi gli occhi, era la prima volta, per assurdo era la prima volta che dovevo farlo da sola, non sapevo più in quanti mi avevano piantato il loro cazzo in gola con forza fino alla base ma non avevo ricordi di averlo dovuto fare mai da sola. Faceva male, male alla gola gonfia per l'intruso e toglieva il fiato, spinsi, rantolando, continuando come ad inghiottire un boccone incastrato, muovevo le labbra d'istinto, come a volerle usare per aggrapparmi e tirare, come a volerle usare per scalare la sua lunghezza, ma il metallo me lo impediva; spingevo e lo facevo affondare, copiose lacrime mi colavano dagli occhi disegnando ragnatele con il rimmel, spingevo ad occhi chiusi e a ogni millimetro l'aria diminuiva, le narici si allargavano in cerca di ossigeno, la lingua si ritirava istintivamente ma volevo sapere e ad essere sincera volevo accontentarlo, renderlo orgoglioso, ingoiarlo tutto come a dimostrargli che il mio corpo era perfetto per il suo stupendo cazzo. Rimasi sorpresa nel sentire la sua voce e solo in quel momento mi resi conto che avevo il naso piantato nel suo ventre:
“Quello su cui ti stanno ingannando è la verità sul farmaco per tua madre, non è vero che viene prodotto su misura ad un prezzo astronomico solo per chi se lo può permettere, è un farmaco sperimentale non ancora approvato che sta dando risultati ottimi come ben sai ma che viene dato salo a pazienti selezionati per il trial clinico necessario alla certificazione”
Un respiro profondo, tosse, conati di vomito, la saliva mi colava copiosa dal mento sul seno, sui capezzoli turgidi, gli occhi mi lacrimavano tanto da rendere tutto appannato, mi ero dovuta sfilare il suo cazzone di bocca per non soffocare, dritta in piedi davanti a lui cercavo di capire il senso di quello che mi aveva detto:
“che co..a vuol ..i..e que..o” Cercai di parlare ma lo spider gag me lo impediva e lui mi fece subito cenno di tacere, non era il momento di parlare ma di ascoltare, mi chinai, ingoiai.
La speranza che ora la strada fosse aperta svanì immediatamente, ci volle lo stesso sforzo, la stessa sofferenza, la stessa ostinazione perché tornassi a sentire la sua voce da dietro i documenti:
“non viene sborsato un solo euro per quella medicina, l'unica cosa che il dottore ha fatto è stata far entrare tua madre della lista dei pazienti del trial e non gli è stato difficile visto che lui fa parte del progetto”
Un altro respiro, aria, gli occhi a cercare i suoi inutilmente. Tutto il corpo dava cenni di cedimento, la schiena per la posizione a novanta gradi, la gola per la penetrazione forzata, la bocca spalancata da troppo e la testa per quelle informazioni assurde che comunque non miglioravano la mia posizione. Un altro respiro profondo e ancora la pelle tesa del suo sesso a strofinare la lingua stanca, la cappella turgida e violacea a violarmi in profondità, l'aria ad abbandonare i polmoni:
“immagino i tuoi dubbi, le tue domande ma devo ancora dirti due cose; la prima è che informandomi ho scoperto che non ha modo di buttare fuori tua madre dal trial, gli accordi per la certificazione del farmaco prevedono che i pazienti che iniziano debbano arrivare fino alla fine dello studio medico, se la buttasse fuori dovrebbe ricominciare tutto da capo, un lavoro di anni, non glielo permetterebbero mai. La seconda è che la casa produttrice del farmaco si è impegnata a fornire gratuitamente il medicinale a tutti i pazienti del trial a vita in cambio della loro partecipazione e le carte che sto leggendo adesso sono la prova legale di quello che ti ho appena detto” Gettò via le carte mentre io, rumorosamente, estraevo il suo attrezzo dal mio collo per ritrovare l'aria, da quando il gioco era iniziato era la prima volta che ci guardavamo in viso e sono certa che il servizietto che mi stavo facendo avesse ridotto il mio in uno stato pietoso. Ero lì in piedi, nuda, legata, a bocca spalancata, la saliva che mi colava su tutto il corpo, che gocciolava dai miei seni tesi, che colava fino alle cosce, lo guardavo e lui guardava me, avevo mille domande e lui, quasi sussurrando come se le regole di quel gioco fossero importanti e il suo parlarmi senza impalarmi la bocca fosse regola imprescindibile che stava violando per me:
“non hai più bisogno del dottore”
Non avevo più bisogno del dottore, non dovevo più accettare le condizioni di nessuno, non ero più schiava, mesi di torture, abusi, umiliazioni. Mesi passati quasi interamente ad accontentare uomini sconosciuti, donne sadiche, animali, amici e parenti; non avevo più bisogno del dottore e non riuscivo neanche a razionalizzare cosa volesse dire e poi, come un macigno nello stomaco tutto divenne tristezza, tutto divenne nebbia e ricordai, le cambiali, quelle maledette cambiali, nulla era finito. Il mio sguardo nel suo, la tristezza del mio volto accolta dalla tristezza del suo come se mi avesse letto nel pensiero. Si alzò in piedi davanti a me, delicatamente slacciò il cinturino dello spider gag mi liberò la bocca, fu facile, non credevo ma il sollievo di poterla chiudere, dei muscoli che si rilassavano fu come dieci orgasmi contemporanei. Le mani sul mio volto a massaggiare la mandibola indolenzita e la sua voce sottile ma decisa:
“lo so, le cambiali, lo so benissimo; non ho ancora risposta per questo ma la troverò, la cosa importante è che non abbiamo bisogno di lui, per le cambiali si può trovare rimedio, sono solo fogli di carta, basta aspettare l'occasione giusta e io per te aspetterei anche tutta la vita”
Non posso dire che la tristezza passò ma quelle parole, quel sentimento così forte nei miei confronti da poter essere palpabile mi fecero vibrare, riaccesero una flebile speranza che era stata spenta ormai da troppo tempo, ero ancora in trappola ma almeno ora potevo sognare di scappare ed era tutto quello di cui avevo bisogno, sorrisi, euforica:
“ma adesso schiava, il mio cazzo ha bisogno di sfogarsi, stare nella tua gola mi ha fatto venire voglia di sborrare ed è una cosa di cui ti devi occupare tu”
Gli sorrisi sorniona mentre mi liberava le mani abbracciandomi, la sua bocca vicina all'orecchio:
“ho in mente un altro gioco, quando avrò finito con te vorrei vedere un film insieme, quasi come fossimo una coppia normale e per decidere chi di noi due sceglie il film direi che è il caso di fare la conta”
Continuò a sussurrarmi all'orecchio la sua idea mentre non riuscivo a trattenermi dal ridere e poi si sdraio nel divano. Andai al cassetto che mi aveva indicato e ne estrassi un vasetto di lubrificante, lo aprii per farlo colare dall'alto sul suo cazzo eretto, al contatto con il liquido freddo sobbalzò un po', iniziai a massaggiargli tutta l'asta con le mani ungendolo bene e abbondantemente, ne avrei avuto bisogno, ne approfittai per fargli una lenta sega, tenevo con la mano la pelle ben tesa per lasciare scoperta la cappella e con l'altra lo percorrevo per tutta la lunghezza facendo attenzione ad essere decisa dove serve e più leggera e lenta nei punti più delicati cercando di tenerlo sul confine che sta fra una sensazione molto intensa e una fastidiosa. Un volta lubrificato a dovere gli salii sopra, lui con le braccia dietro la testa a godersi lo spettacolo del mio corpo nudo e esposto, guidai il suo pene verso la mia fica, ero grondate di desidero, lo feci entrare in me bollente, lo sentii farsi spazio ed aprirmi lentamente come da ordini ricevuti, fu estenuante scendere così piano, ne avevo una voglia assurda tanto da inarcare tutto il corpo nel cercarlo, trasfigurata dal piacere con la lingua fuori dalla bocca in un lungo gemito, lo feci entrare tutto e poi mi sistemai bene perché penetrasse ancora mentre lui con il bacino mi infliggeva gli ultimi millimetri, lo sentivo così in profondità in me da farmi impazzire ma il gioco doveva continuare. Risalii facendolo uscire lentamente e contando, questo era l'ordine che avevo ricevuto, dovevo impiegare almeno cinque secondi a penetrarmi e almeno cinque a tirarlo fuori e così via ma mancava ancora un pezzo al suo gioco. Lo sentii uscire dalla fica vogliosa mentre pronunciavo il cinque, il cazzo era così teso che scatto come una molla verso il suo addome una volta libero, lo riagguantai con le mani e lo riposizionai ma questa volta verso il mio forellino, mi rilassai, appoggiai bene la cappella, la mossi un po' perché penetrasse appena, come per instradarla e poi spinsi piano sentendo l'orifizio allargarsi, prendere la sua forma e farsi penetrare mentre dalle mie labbra, gemendo, uscivano lenti quei cinque numeri mentre lui entrava fino alla base, mi apriva bene invadendomi per poi ricominciare ad uscire. Non mi furono concesse pause, le gambe mi facevano un gran male per sostenermi mentre mi impalavo prima in un buco e poi nell'altro con quella lentezza e in più facendolo così piano ci volle anche una vita perché lui mi sborrasse dentro. I mesi di addestramento davano comunque il loro frutti, quando avevo il suo cazzo piantato nella fica il desiderio di tenerlo dentro e muovermi come una scatenata per godere era quasi insostenibile ma docile continuai ad eseguire gli ordini impartiti e ben presto il mio culo divenne morbido e mansueto come l'altro buco, me lo impalai talmente tante volte da sentire che non si richiudeva più aspettando slabbrato il nuovo assalto. Lo scopo del gioco alla fine era decidere chi avrebbe scelto il film della serata, se mi avesse sborrato nel culo avrebbe scelto lui, nella fica io ma alla fine scelsi io semplicemente perché me lo concesse per premio, alla fine del gioco era così eccitato e godette talmente tanto da fare una sborrata incredibile, infinita e io non mi fermai neanche in quel momento, mentre ululava spruzzandomi getti di liquida e bollente sborra dentro io continuai il lento gioco in modo da far impazzire il suo cazzo tanto che iniziò a sborrare in un buco e finì nell'altro. Tra le sue braccia, sfinita, nel dormi veglia con il film in sottofondo non riuscivo a smettere di pensare che non avevo più bisogno del dottore, che se non fosse stato per le cambiali avrei potuto liberarmi di lui. E adesso?
…CONTINUA. IL RACCONTO TI E' PIACIUTO? LO HAI ODIATO O ALTRO? DARE UN'OPINIONE AIUTA A MIGLIORARSI glorfindel75@gmail.com
Freddo metallo, liscio e duro a contatto con i miei denti, una sensazione strana, inizialmente fastidiosa ma che presto sparì eclissata dai muscoli mandibolari sempre più indolenziti per la lunga e forzata posizione in cui lo spider gag che avevo in bocca mi costringeva. Un anello di lucido acciaio con alle estremità delle aste che si andavo a fissare ad un cinturino di cuoio che schiacciando i miei lisci, rossi capelli me lo teneva incastrato nella bocca oscenamente spalancata. Come se ci fosse bisogno del cinturino per tenerlo incastrato, le dimensioni di quell'anello sfioravano i cinque centimetri di diametro ma per farci passare in mezzo il possente cazzo di Marco quello era lo spazio che serviva. Avevo dovuto spalancare la bocca fino a farmi un male cane perché riuscisse ad infilarcelo ed ero certa che non si sarebbe mosso di lì anche se il cinturino non ci fosse stato, sinceramente ero più preoccupata di come e se sarebbe riuscito a togliermelo di bocca che non del suo arnese che dovevo trovare il modo di farmi sparire in gola. Marco, il mio Marco, se ne stava comodo nel divano e attendeva con calma, il viso perso nei documenti di lavoro che stava studiando, non mi guardava neanche, sereno attendeva che facessi la mia parte ed in effetti era giusto, prima che toccasse a lui, prima che iniziasse a spiegarmi come mi avevano ingannata dovevo ingoiare letteralmente la carne pulsante del suo possente arnese fino alla base. Ero lì, in piedi e nuda fra le sue gambe divaricate, mi aspettava un lavoro solo di bocca quindi le mani erano legate dietro la schiena, mi piegai a novanta gradi cercando di far centro con il suo cazzo nell'anello che avevo fra i denti, sarei stata più comoda in ginocchio ma non sarei mai riuscita ad ingoiarlo quindi tenni le gambe ben tese in modo che la bocca fosse allineata con la gola e potesse far passare il sesso di quell'uomo per intero. Sentii la calda, liscia e pulsante pelle della cappella oltrepassare l'anello di metallo e incontrare il mio palato senza sfiorarmi minimamente le labbra, avevo la bocca spalancata tanto come mai in vita mia ma non era un pompino quello che dovevo fare ma una specie di gioco a nascondino; lui avrebbe svelato i suoi segreti solo e soltanto se non fosse riuscito a vedere neanche un centimetro del suo cazzo e l'unico posto in cui mi era concesso nasconderlo era la gola. Continuai a piegarmi e nel piegarmi la sua carne penetrò dentro di me, il lungo membro entrò senza fatica scivolando fra il mio palato e la lingua umida, la irrigidii lasciando che la punta tesa sfiorasse il glande durante il passaggio e continuasse percorrendo ogni centimetro della lunga asta. Dal suo volto non trasparì nulla ma il cazzo vibrò nella mia bocca a riscontro del piacere che gli donavo. Presto, troppo presto, sentii la cappella incontrare l'ugola infastidendola, fino a pochi mesi prima i conati di vomito mi avrebbero costretta a farla indietreggiare ma erano ormai molti i cazzi che mi avevano solleticato in quel modo e spesso con molta meno gentilezza ma restava comunque il problema principale, oltre metà del suo cazzo era ancora fuori dall'anello e se volevo che mi spiegasse la verità sulla mia situazione doveva sparire fino all'ultimo millimetro. Verrebbe da pensare che non era certo la prima volta che mi cimentavo in quella pratica ma c’è una bella differenza fra il farsi cacciare a forza un membro in gola senza potersi opporre o fuggire e cacciarselo da soli volontariamente. E’ la stessa differenza che c’è fra l’essere costretti ad essere la schiava di qualcuno senza avere scelta e il desiderare di essere la schiava di qualcuno. Ci vuole molto più impegno quando ti viene lasciata la possibilità di scegliere. Iniziai lenti movimenti con il collo, avanti e indietro per far abituare la bocca alla sua presenza, spingevo il suo membro in me sempre un po' di più ad ogni oscillazione come a voler cercare la strada per farlo entrare. Ingoiare un cazzo non è facile, è inutile, a meno che non sia un cazzo minuscolo nella bocca di una donna non ci entra tutto e quello di Marco era tutto tranne che minuscolo; l'unico modo per accontentare il mio padrone era ingoiarlo letteralmente e fargli scopare la mia laringe.
Continuai il mio leggero su e giù e un colpo un po' più deciso fece saltare al suo arnese il confine e altri cinque centimetri buoni sparirono in me accompagnati dal un suono sordo come quello che emettiamo quando ingoiamo un boccone troppo grosso e che fa fatica a passare. Strabuzzai gli occhi cercando di resistere, incontrai il suo sguardo, stava verificando la situazione ma c'erano almeno altre due dita di uccello da ingoiare quindi tornò ai suoi affari lasciandomi al mio lavoro. Indietreggiai liberandomi la gola, feci un respiro profondo e riaffondai arrivando al punto di prima poi chiusi gli occhi, era la prima volta, per assurdo era la prima volta che dovevo farlo da sola, non sapevo più in quanti mi avevano piantato il loro cazzo in gola con forza fino alla base ma non avevo ricordi di averlo dovuto fare mai da sola. Faceva male, male alla gola gonfia per l'intruso e toglieva il fiato, spinsi, rantolando, continuando come ad inghiottire un boccone incastrato, muovevo le labbra d'istinto, come a volerle usare per aggrapparmi e tirare, come a volerle usare per scalare la sua lunghezza, ma il metallo me lo impediva; spingevo e lo facevo affondare, copiose lacrime mi colavano dagli occhi disegnando ragnatele con il rimmel, spingevo ad occhi chiusi e a ogni millimetro l'aria diminuiva, le narici si allargavano in cerca di ossigeno, la lingua si ritirava istintivamente ma volevo sapere e ad essere sincera volevo accontentarlo, renderlo orgoglioso, ingoiarlo tutto come a dimostrargli che il mio corpo era perfetto per il suo stupendo cazzo. Rimasi sorpresa nel sentire la sua voce e solo in quel momento mi resi conto che avevo il naso piantato nel suo ventre:
“Quello su cui ti stanno ingannando è la verità sul farmaco per tua madre, non è vero che viene prodotto su misura ad un prezzo astronomico solo per chi se lo può permettere, è un farmaco sperimentale non ancora approvato che sta dando risultati ottimi come ben sai ma che viene dato salo a pazienti selezionati per il trial clinico necessario alla certificazione”
Un respiro profondo, tosse, conati di vomito, la saliva mi colava copiosa dal mento sul seno, sui capezzoli turgidi, gli occhi mi lacrimavano tanto da rendere tutto appannato, mi ero dovuta sfilare il suo cazzone di bocca per non soffocare, dritta in piedi davanti a lui cercavo di capire il senso di quello che mi aveva detto:
“che co..a vuol ..i..e que..o” Cercai di parlare ma lo spider gag me lo impediva e lui mi fece subito cenno di tacere, non era il momento di parlare ma di ascoltare, mi chinai, ingoiai.
La speranza che ora la strada fosse aperta svanì immediatamente, ci volle lo stesso sforzo, la stessa sofferenza, la stessa ostinazione perché tornassi a sentire la sua voce da dietro i documenti:
“non viene sborsato un solo euro per quella medicina, l'unica cosa che il dottore ha fatto è stata far entrare tua madre della lista dei pazienti del trial e non gli è stato difficile visto che lui fa parte del progetto”
Un altro respiro, aria, gli occhi a cercare i suoi inutilmente. Tutto il corpo dava cenni di cedimento, la schiena per la posizione a novanta gradi, la gola per la penetrazione forzata, la bocca spalancata da troppo e la testa per quelle informazioni assurde che comunque non miglioravano la mia posizione. Un altro respiro profondo e ancora la pelle tesa del suo sesso a strofinare la lingua stanca, la cappella turgida e violacea a violarmi in profondità, l'aria ad abbandonare i polmoni:
“immagino i tuoi dubbi, le tue domande ma devo ancora dirti due cose; la prima è che informandomi ho scoperto che non ha modo di buttare fuori tua madre dal trial, gli accordi per la certificazione del farmaco prevedono che i pazienti che iniziano debbano arrivare fino alla fine dello studio medico, se la buttasse fuori dovrebbe ricominciare tutto da capo, un lavoro di anni, non glielo permetterebbero mai. La seconda è che la casa produttrice del farmaco si è impegnata a fornire gratuitamente il medicinale a tutti i pazienti del trial a vita in cambio della loro partecipazione e le carte che sto leggendo adesso sono la prova legale di quello che ti ho appena detto” Gettò via le carte mentre io, rumorosamente, estraevo il suo attrezzo dal mio collo per ritrovare l'aria, da quando il gioco era iniziato era la prima volta che ci guardavamo in viso e sono certa che il servizietto che mi stavo facendo avesse ridotto il mio in uno stato pietoso. Ero lì in piedi, nuda, legata, a bocca spalancata, la saliva che mi colava su tutto il corpo, che gocciolava dai miei seni tesi, che colava fino alle cosce, lo guardavo e lui guardava me, avevo mille domande e lui, quasi sussurrando come se le regole di quel gioco fossero importanti e il suo parlarmi senza impalarmi la bocca fosse regola imprescindibile che stava violando per me:
“non hai più bisogno del dottore”
Non avevo più bisogno del dottore, non dovevo più accettare le condizioni di nessuno, non ero più schiava, mesi di torture, abusi, umiliazioni. Mesi passati quasi interamente ad accontentare uomini sconosciuti, donne sadiche, animali, amici e parenti; non avevo più bisogno del dottore e non riuscivo neanche a razionalizzare cosa volesse dire e poi, come un macigno nello stomaco tutto divenne tristezza, tutto divenne nebbia e ricordai, le cambiali, quelle maledette cambiali, nulla era finito. Il mio sguardo nel suo, la tristezza del mio volto accolta dalla tristezza del suo come se mi avesse letto nel pensiero. Si alzò in piedi davanti a me, delicatamente slacciò il cinturino dello spider gag mi liberò la bocca, fu facile, non credevo ma il sollievo di poterla chiudere, dei muscoli che si rilassavano fu come dieci orgasmi contemporanei. Le mani sul mio volto a massaggiare la mandibola indolenzita e la sua voce sottile ma decisa:
“lo so, le cambiali, lo so benissimo; non ho ancora risposta per questo ma la troverò, la cosa importante è che non abbiamo bisogno di lui, per le cambiali si può trovare rimedio, sono solo fogli di carta, basta aspettare l'occasione giusta e io per te aspetterei anche tutta la vita”
Non posso dire che la tristezza passò ma quelle parole, quel sentimento così forte nei miei confronti da poter essere palpabile mi fecero vibrare, riaccesero una flebile speranza che era stata spenta ormai da troppo tempo, ero ancora in trappola ma almeno ora potevo sognare di scappare ed era tutto quello di cui avevo bisogno, sorrisi, euforica:
“ma adesso schiava, il mio cazzo ha bisogno di sfogarsi, stare nella tua gola mi ha fatto venire voglia di sborrare ed è una cosa di cui ti devi occupare tu”
Gli sorrisi sorniona mentre mi liberava le mani abbracciandomi, la sua bocca vicina all'orecchio:
“ho in mente un altro gioco, quando avrò finito con te vorrei vedere un film insieme, quasi come fossimo una coppia normale e per decidere chi di noi due sceglie il film direi che è il caso di fare la conta”
Continuò a sussurrarmi all'orecchio la sua idea mentre non riuscivo a trattenermi dal ridere e poi si sdraio nel divano. Andai al cassetto che mi aveva indicato e ne estrassi un vasetto di lubrificante, lo aprii per farlo colare dall'alto sul suo cazzo eretto, al contatto con il liquido freddo sobbalzò un po', iniziai a massaggiargli tutta l'asta con le mani ungendolo bene e abbondantemente, ne avrei avuto bisogno, ne approfittai per fargli una lenta sega, tenevo con la mano la pelle ben tesa per lasciare scoperta la cappella e con l'altra lo percorrevo per tutta la lunghezza facendo attenzione ad essere decisa dove serve e più leggera e lenta nei punti più delicati cercando di tenerlo sul confine che sta fra una sensazione molto intensa e una fastidiosa. Un volta lubrificato a dovere gli salii sopra, lui con le braccia dietro la testa a godersi lo spettacolo del mio corpo nudo e esposto, guidai il suo pene verso la mia fica, ero grondate di desidero, lo feci entrare in me bollente, lo sentii farsi spazio ed aprirmi lentamente come da ordini ricevuti, fu estenuante scendere così piano, ne avevo una voglia assurda tanto da inarcare tutto il corpo nel cercarlo, trasfigurata dal piacere con la lingua fuori dalla bocca in un lungo gemito, lo feci entrare tutto e poi mi sistemai bene perché penetrasse ancora mentre lui con il bacino mi infliggeva gli ultimi millimetri, lo sentivo così in profondità in me da farmi impazzire ma il gioco doveva continuare. Risalii facendolo uscire lentamente e contando, questo era l'ordine che avevo ricevuto, dovevo impiegare almeno cinque secondi a penetrarmi e almeno cinque a tirarlo fuori e così via ma mancava ancora un pezzo al suo gioco. Lo sentii uscire dalla fica vogliosa mentre pronunciavo il cinque, il cazzo era così teso che scatto come una molla verso il suo addome una volta libero, lo riagguantai con le mani e lo riposizionai ma questa volta verso il mio forellino, mi rilassai, appoggiai bene la cappella, la mossi un po' perché penetrasse appena, come per instradarla e poi spinsi piano sentendo l'orifizio allargarsi, prendere la sua forma e farsi penetrare mentre dalle mie labbra, gemendo, uscivano lenti quei cinque numeri mentre lui entrava fino alla base, mi apriva bene invadendomi per poi ricominciare ad uscire. Non mi furono concesse pause, le gambe mi facevano un gran male per sostenermi mentre mi impalavo prima in un buco e poi nell'altro con quella lentezza e in più facendolo così piano ci volle anche una vita perché lui mi sborrasse dentro. I mesi di addestramento davano comunque il loro frutti, quando avevo il suo cazzo piantato nella fica il desiderio di tenerlo dentro e muovermi come una scatenata per godere era quasi insostenibile ma docile continuai ad eseguire gli ordini impartiti e ben presto il mio culo divenne morbido e mansueto come l'altro buco, me lo impalai talmente tante volte da sentire che non si richiudeva più aspettando slabbrato il nuovo assalto. Lo scopo del gioco alla fine era decidere chi avrebbe scelto il film della serata, se mi avesse sborrato nel culo avrebbe scelto lui, nella fica io ma alla fine scelsi io semplicemente perché me lo concesse per premio, alla fine del gioco era così eccitato e godette talmente tanto da fare una sborrata incredibile, infinita e io non mi fermai neanche in quel momento, mentre ululava spruzzandomi getti di liquida e bollente sborra dentro io continuai il lento gioco in modo da far impazzire il suo cazzo tanto che iniziò a sborrare in un buco e finì nell'altro. Tra le sue braccia, sfinita, nel dormi veglia con il film in sottofondo non riuscivo a smettere di pensare che non avevo più bisogno del dottore, che se non fosse stato per le cambiali avrei potuto liberarmi di lui. E adesso?
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