Jessica - Solo per Amore - Cap. 4

di
genere
dominazione

CAPITOLO 4

Eravamo sulla sua macchina, stavo comoda sui sedili in pelle nera e c’era spazio in abbondanza per distendere completamente le gambe. Mi sentivo rilassata, dopo il pompino che gli avevo fatto lui era disteso, mi parlava in tono gentile ed io ero così fiera di me. Non avevo osato chiedergli come ero andata ma il solo fatto di vederlo così mi faceva pensare bene, era una sensazione nuova, che fosse quello il sentirsi amata???
Lungo il tragitto mi spiegò cosa stavamo andando a fare; eravamo diretti ad un sexy shop poco fuori città, li avremmo dovuto acquistare delle palline anali e molto lubrificante. Mi ero già imbattuta in quell’oggetto ma lascia che mi spiegasse che si trattava di varie palline, circa dieci, unite l’una all’altra da un filo, andavano inserite nel sedere una ad una in modo tale che il continuo aprirsi e chiudersi dello sfintere aiutasse il muscolo ad abituarsi ad essere penetrato. Mi disse anche che ne esistevano di varie dimensioni, da molto piccole a grosse come una palla da biliardo e che avrei dovuto scegliere io quali acquistare ad una condizione però, se lui le avesse ritenute troppo piccole le avrebbe cambiate e avrebbe preso le più grosse presenti in negozio.
Non posso dire che la cosa non mi preoccupasse ma lo avevo messo in conto e in un modo o nell’altro ce l’avrei fatta, sentivo di fare grossi progressi con lui e, arrivata a questo punto, non mi sarei permessa di perdere quell’uomo che tanto desideravo.
Il viaggio continuò nel silenzio per un po’ poi mi sorprese chiedendomi come mi ero trasformata da imbranata totale a pompinara eccezionale. A parte la gioia per il complimento (pompinara eccezionale) mi sentii avvampare di vergogna ma decisi di non mentire, mai avrei mentito al mio amore e gli raccontai delle mie ricerche su internet. Lui mi ascoltò e mi chiese di dirgli tutto quello che avevo scoperto. Le cose erano tante ma cercai di essere più precisa possibile, alla fine, mentre parcheggiava mi disse che ne era contento e che magari, un’altra volta, avremmo potuto fare ricerche insieme e metterle in pratica.
Scendemmo.
Era tardi, quasi ora di chiusura, il locale era vuoto e il commesso, un tipo magro, poco curato con i capelli unti ci guardò quasi male ma non disse nulla. Il mio padrone si fermò vicino alla porta e mi disse di andare, dovevo farlo io. Il negozio era piccolo, forse 50 mq, sui lati vari scaffali tematici e al centro una gondola con riviste e cassette, mi guardai intorno e in poco vidi il reparto con dildi, vibratori e affini, non vidi le palline ma decisi che quello era il reparto che mi sembrava più adatto. Feci un sospiro e mi incamminai, attraversai il negozio sulle mie scarpe nuove che ancora non mi davano una gran fiducia ma misi un piede davanti all’altro e in poco vidi il commesso alzare lo sguardo dal computer per posarlo sul mio didietro ondeggiante, mi guardò con avidità, come un cane che guarda il padrone preparargli la ciotola di cibo quotidiano. I suoi occhi non facevano che scorrere su tutto il mio corpo e per quanto lui mi facesse ribrezzo mi sentii lusingata, mi sentii affascinante ed era una cosa che non mi era mai capitata.
Arrivai allo scaffale giusto e trovai gli articoli che cercavo, distolsi l’attenzione del mio improvvisato ammiratore e inizia a guardarli con calma. Ce ne erano veramente di tutte le misure ed alcuni erano così grossi che ebbi un brivido pensando di dovermeli far entrare nel culo ma se sbagliavo scelta sarebbe stata proprio la fine che avrei fatto. Sinceramente avevo il dubbio che in ogni caso sarebbe andata così, che tutto questo gioco servisse proprio per farmi fare quella fine, qualunque avessi scelto gli bastava dire no per condannarmi. Alla fine trovai quello che cercavo, forse non mi avrebbe salvato ma mi sembrò la scelta più intelligente. Mi chinai in avanti tenendo le gambe ben tese, a 90 gradi, per prendere l’oggetto scelto. Ero certa che quello schifoso di un commesso mi stesse piantando gli occhi nel culo e mi trova di nuovo a stupirmi di me, stavo civettando e nella mia vita non mi ero mai sentita una che potesse farlo.
La sfilata che feci per tornare dal mio uomo fu seguita con la stessa attenzione dell’andata, cavoli, mancava poco che quel tipo sbavasse e il mio lui se ne era accorto e si gustava la scena.
Arrivai e gli porsi la scatola, avevo scelto un modello con palline che andavano crescendo, le prime due o tre erano in effetti abbastanza piccole ma poi, mano a mano, la dimensione saliva sempre di più e l’ultima, sinceramente, mi preoccupava parecchio, si ingrandiva di botto rispetto alle altre e anche se non era fra le più grosse presenti in negozio erano almeno 3,5 cm. Lui mi guardò e poi mi ridiede la scatola, un colpo al cuore, voleva dire no, ma invece, si avvicinò al mio orecchio e sussurrò: “hai dimenticato il lubrificante ma visto come ti guarda quel tipo mi è venuta un idea, vai da lui e digli che ti serve della vasellina e che se te la regala potrà farti fare quello che vuole ma che dovrà seguire delle regole”
Cavolo, questa proprio non me l’aspettavo, quel tipo era schifoso ma poteva andarmi peggio, in fondo mi stavo già esibendo per lui di mia volontà ed ero certa che se non avesse rispettato le regole il mio padrone mi avrebbe protetta quindi mi girai e piantai gli occhi in quelli di quell’essere, rimase di sasso, con espressione seria mi avvicinai a lui, appoggia le mani sul bancone, sorrisi appena e gli dissi:
“mi servirebbe anche molto lubrificante e il padrone manda a dirti che se me lo regali potrai farmi fare ciò che vuoi ma ci sono due condizioni, non devi mai uscire da dietro il tuo bancone quindi non potrai toccarmi e io non userò alcun oggetto, solo il mio corpo, ti va???”
Non so bene come dissi quelle frasi, ero confusa, eccitata e stavo facendo una cosa a cui non avevo mai pensato in vita mia ma da come disse OK balbettando mentre prendeva non so quante scatole di lubrificante dallo scaffale affianco credo proprio di essere andata bene. Quel ragazzo non era certo attraente, tutto il contrario ma stava pendendo dalle mie labbra e questa era la cosa che mi sconvolgeva di più.
Senza voltarmi feci tre passi indietro allontanandomi dal bancone ma restando abbastanza vicina perché lui potesse vedere tutto in modo nitido e chiaro e ammiccando gli chiesi: “cosa ti va di vedere?”
Credo che avesse smesso di affluirgli sangue al cervello perché l’unica cosa che riuscì a biascicare fu nuda e dovette provarci tre volte prima di riuscire a dirlo correttamente.
Spogliarmi era diventato ormai un’abitudine e impiegai pochi secondi per far ricadere tutti i miei abiti sulla gondola affianco a me, mi spogliai totalmente e rimasi li in piedi conservando solo le scarpe.
Era strano, non mi vergognavo affatto e non provavo l’istinto di coprirmi, che quel tipo stesse sbavando per me era palese, gli piacevo ma gli piacevo da impazzire e questo mi fece sentire veramente bene, come una modella sul set di un calendario di nudo.
Lui fissava ogni parte di me e per aiutarlo io feci un giro completo su me stessa, il mio piercing attirava il suo sguardo e io lo mostravo con orgoglio ma visto che sembrava aver perso l’uso della parola gli chiesi dolcemente se voleva che facessi altro.
Lui cominciò subito ad assentire con il capo mentre la sua mano aveva già raggiunto la patta e la massaggiava vistosamente ma dovette deglutire due volte prima di riuscire a dire: “ma.. ma.. masturbati, fammi vedere come ti masturbi”
Sai che quasi mi aveva fatto un favore, lo sguardo di quel porco sul mio corpo nudo, il mio padrone che mi osservava esibirmi per uno sconosciuto, l’iniziare a sentirmi a mio agio con questa mia nuova sessualità mi avevano fatto effetto, sentivo un gran caldo nella pancia così allargai le gambe, il massimo che riuscivo mantenendo l’equilibrio sui tacchi, mi presi i piccoli seni come le mani e li massaggia, feci salire la destra fino alla bocca e vi infila due dita mentre con l’altra mano mi presi un capezzolo, lo titillavo, cazzo mi stavo proprio eccitando, le dita uscirono dalla bocca ed andarono ad infilarsi nella fica proprio mentre lui tirava fuori il cazzo dai pantaloni per masturbarsi, non lo vedevo bene, il bancone era alto ma non mi interessava minimamente. Avrei voluto giocare un po’ con il clitoride, con il mio anellino ma avevo una voglia matta di avere qualcosa dentro così infilai le dita, insalivate, entrarono come risucchiate su fino in cima, spingevo forte, avrei voluto averle più lunghe e inizia a gemere di piacere mentre due dita mi scavavano e due dita mi torturavano un capezzolo.
Iniziai a bagnarmi le labbra con la lingua, stavo perdendo il controllo, la mano si muoveva sul sesso, estraevo le dita per massaggiare il resto della patatina ma subito mi trovavo costretta a reinserirle per riempire quel buco che sembrava come diventato vorace. La sua sega aveva preso un ritmo interessante e mentre guaiva eccitato mi disse:
“fammi vedere meglio, voglio vedere come ti scopi da sola”
Senza dire una parola mi girai, sempre a gambe divaricate ma piegai le ginocchia e mi sporsi in avanti, con una mano mi afferrai una chiappa, in profondità e la allargai in modo che lui potesse vede i miei due buchi al meglio possibile poi con l’altra mano ricomincia a infilzarmi da sotto, iniziai a sbattermi da sola seguendo il ritmo della sua sega furiosa, le dita che entravano e uscivano da me facevano un gran rumore sguazzando nei mie umori che avevano preso a colare da tutte le parte. Senti il suo respiro farsi sempre più irregolare, stava per venire e il calore stava riempiendo anche me, mi stavo caricando e presto non sarei più stata capace di fermarmi. La mano spingeva forte per cercare di penetrarmi il più in profondità possibile mentre il palmo strusciava sul piercing mandando scosse attraverso il clitoride e poi lui disse respirando male: “un dito nel culo, mettiti anche un dito nel culo”
Pensare era l’ultima cosa che riuscivo a fare in quel momento, sentii le sue parole e la mano che teneva la mia chiappa la lasciò per avvicinarsi alla bocca, insalivai bene il dito medio e con le gambe che mi tremavano lo portai al mio buchetto da sopra, spinsi, trattenendo il respiro, lo spinsi tutto dentro, i muscolo del culo si strinsero automaticamente ma ero talmente lubrificate che il dito entro senza problemi, non sentii dolore, sentivo le dita nella fica che toccavano con quello nel culo e tutto quel calore che avevo accumulato esplose di botto in un orgasmo violento che mi costrinse in poco tempo a liberare le mani per appoggiarle alle ginocchia a ritrovare l’equilibrio.
Dopo qualche secondo iniziai a riprendermi, mille puntini luminosi mi avevano invaso il cervello e le mie urla avevano coperto ogni rumore quindi non avevo visto e sentito niente di quello che era accaduto intorno a me.
Prima cercai il mio padrone, era appoggiato alla porta, forse voleva evitare che qualcuno entrasse ma mi guardava con uno sguardo che mi fece piacere poi mi girai a guardare il mio fortunato spettatore, ansimava seduto sullo sgabello, era venuto, lo schizzo di sborra sul bancone ne era la prova.
Mi rivestii rapidamente poi mi avvicinai al bancone, con un dito raccolsi un po’ del suo seme e poi con movimenti lenti tirai fuori la lingua, ero a pochi centimetri da lui e mi leccai il dito sporco di sborra prima di dire: “mi regali anche le palline?”
Lui esterrefatto fece di si con la testa, presi un barattolo di vasellina, le palline e me ne tornai dal mio uomo. Essere sexy iniziava proprio a piacermi, ci stavo prendendo la mano.
Ce ne andammo.
Fuori dal negozio lui mi prese per i fianchi, si mise davanti a me fissandomi negli occhi e mi chiese se mi stavo impegnando così tanto per lui:
“si” non c’era imbarazzo in me, fissavo i suoi occhi reggendo il suo sguardo e mi chiese Perché? “perché ti amo” mi era uscito con una naturalità sconcertante, non glielo avevo mai detto e anche se lo pensavo dalla prima volta non lo avevo mai detto ad alta voce neanche a me stessa.
Mi fissò a lungo, faceva freddo, avevo i brividi ma poi lui parlò:
“Non ti riconosco più, non sei semplicemente sexy ma sei bella, bella per come sei, in quel negozio eri tu a dominare su quel ragazzo, eri nuda e lui doveva essere quello che si stava approfittando di te ma la realtà è che tu stavi giocando con lui a tuo piacimento. Delle insicurezze che tanto ti svalorizzavano non vi è quasi più traccia e sono contento che tu abbia insistito per portare avanti il nostro rapporto. Non fraintendermi, devo ancora capire se sei così per me o sei così perché lo sei ed è una cosa fondamentale ma...”
Mi stava esplodendo il cervello ma non lo diedi a vedere, mi sentivo come una bambina in un gigantesco negozio di giocattoli tutto rosa ma non persi quella nuova femminilità che mi piaceva tanto. Non riuscivo a pensare, le sue parole mi rimbombavano nella testa e feci un’alta cosa che non mi sarei mai aspettata da me.
Gli schioccai un veloce bacio sulle labbra e poi, ammiccando dissi:
“dai, andiamo, se non sbaglio abbiamo da fare, non mi sarò fatta regalare questa roba per niente?”
Lui rise di gusto mentre le portiere della macchina si aprivano richiamate dal telecomando nella sua mano, mi aprì lo sportello e con una mano mi aiutò a salire mentre la mia testa si rendeva conto di cosa aveva fatto e di dove stavamo andando.
Partimmo.
Mi ritrovai di nuovo nuda, ma che novità, sul letto della nostra stanza del sesso, pancia in su, le gambe alzate e le braccia a stringermi le ginocchia per tenerle su mentre lui stava iniziando il suo lavoro con le palline.
Era la cosa peggiore di quella serata, non mi eccitava affatto, mi sentivo come su un tavolo operatorio o dal ginecologo e lui era così lontano, ai piedi del letto, mi sentivo sola.
Lo vidi lubrificare bene quell’arnese, abbondantemente, lasciando colare la vasellina in eccesso sul mio corpo, era fredda, fastidiosa, mi ricordava quella poltiglia che ti spalmano per fare le ecografie e poi incominciò.
Le prime tre palline in effetti entrarono bene, un leggero fastidio ma niente di che poi, però, la loro dimensione iniziò a crescere, ad ogni pallina sentivo lo sfintere allargarsi, venire penetrato e poi di botto richiudersi guidato da quell’irresistibile bisogno di stringere l’ano che proprio non riuscivo a controllare e così la pallina veniva come sparata dentro, altra cosa proprio fastidiosa.
Fissavo il soffitto cercando di resistere, dolore vero e proprio non ne sentivo ma mi faceva un effetto triste, non vedevo l’ora che finisse.
Arrivammo all’ottava sfera, questa, nel momento in cui passò, fece male, come se mi si dovesse strappare qualcosa e feci un gridolino al che lui decise che era meglio insistere un po’ e inizio a farla entrare e uscire lentamente e ogni volta quell’odioso oggetto veniva sparato dentro e fuori, a volte ne toglieva due o tre per poi reinserirle. Che odio ma poi si stufò, vedendo che mi ero abituata anche a quella decise di passare alla numero nove, spinse un po’ troppo forte, non credo apposta, la sfera entrò ma fece proprio male, ero convinta che si fosse realmente strappato qualcosa, mi morsi le labbra mentre l’oggetto mi invadeva l’intestino divincolandomi un po’ e l’unica cosa che ottenni fu di farmi riservare lo stesso trattamento che avevo avuto per la numero otto.
Giuro, non so se avrei preferito questo gioco o le frustate ma poi ci ripensai, le frustate sulla patata mai più, dovevo evitarle ad ogni costo quindi strinsi i denti e mi adattai anche a quella nuova dimensione.
Era giunto il momento dell’ultima pallina, quella decisamente più grossa, ero frustrata, li bloccata a guardare in aria, avevo freddo e tutto quel lavorare sul mio culo non mi aveva eccitata affatto, il sesso anale sembrava proprio non fare per me e mentre lui aggiungeva vasellina per l’ultimo affondo io ripensai all’inizio della serata, a come ero stata in quel sexy shop, alle sue parole nel parcheggio e un fuoco mi si accese dentro, rabbia mista ad eccitazione, non volevo essere quella donna cavia ma quella di mezz’ora prima, se voleva incularmi andava anche bene ma non così.
Lascia libere le gambe e alzando un po’ la schiena lo presi per la camicia e me lo tirai sopra. Stupito si trovò con le labbra a un centimetro dalle mi e fissandolo negli occhi gli sussurrai:
“sodomizzami, voglio che tu mi abbia in ogni modo, voglio farti felice, sodomizzami”
Allungai una mano verso il culo e con poco garbo mi estrassi quell’orrido affare privo di vita per gettarlo a terra, lui mi fissava ancora negli occhi, si alzò in piedi senza staccare lo sguardo dal mio e si spogliò. Era eccitato e io rialzai le gambe come prima pronta ad accoglierlo, avevo paura ma il calore in me era tornato e mi sentivo già bagnata.
Aveva le mani unte di lubrificante, se le passò sul membro eretto, pulsante, all’improvviso mi sembrava più grosso del solito, si inginocchio sul letto, davanti al mio culo, appoggiò la cappella sul buchetto e continuando a fissarmi iniziò a spingere. Ressi il suo sguardo, finalmente lo sentivo vicini, non mi sentivo più sola.
Quell’aggeggio aveva comunque fatto il suo lavoro, alla prima spinta più decisa la cappella entrò, ahi ahi, si rompe, mi contorsi un po’ e lui restò fermo, respiravo profondamente cercando di calmarmi e di rilassare lo sfintere, lentamente ci riuscii e lui ricominciò ad affondare, con delicatezza, si fermava ogni volta che mi sentiva stringere e aspettava i miei tempi. Ci volle una vita, se fossi stata bendata avrei giurato che mi avessero ficcato la gamba di un tavolo nel culo tanto lo sentivo pieno e dilatato ma alla fine arrivarono i suoi fianchi ad appoggiarsi sulle chiappe, i testicoli a sbattere su di me, si appoggiò di peso e gli ultimi millimetri furono dentro. Si chinò a baciarmi e dolcemente mi chiese se stavo bene, feci cenno di si con la testa ma rimanere rilassata era veramente dura, chiusi gli occhi per la prima volta e lo lascia fare, si muoveva poco, usciva appena e rientrava attento ad ogni mia smorfia e dopo pochi minuti iniziai ad abituarmi. Non dico che mi sentissi a mio agio ma almeno sparì la paura di essere spaccata in due, altre sensazioni riaffiorarono, il fuoco nel mio ventre iniziò velato a rifarsi sentire e la fica a pulsare.
Riaprii gli occhi e lo trovai li, concentrato su di me e mi disse: “non è una punizione, aiutami a farlo essere il più indolore possibile”
No, non era quello che volevo, non andava bene, così non valeva la pena.
Gli cinsi il collo con le braccia avvicinandomi a lui, lo amavo, volevo farlo felice, doveva avere il 120% di me, volevo che avesse il 120% di me e parlai:
“Non pensare a me, permettimi di farti felice, di darti il massimo, inculami, inculami come credi debba essere inculata una donna, inculami come credi debba essere inculata la tua donna”
Mi guardò serio, cercava qualcosa nei miei occhio e la trovò, capì che stavo dicendo esattamente ciò che provavo, capì che lo volevo per davvero e mi accontentò.
Uscì da me e afferrandomi per le cosce mi tirò in malo modo finché il mio sedere non fu appena fori dal bordo del letto, prese il cazzo, guardo il mio buchino e ce lo infilò dentro tutto d’un colpo, fece male, veramente male ma per un attimo e mugolando di dolore dissi:
“continua”
Iniziò a stantuffarmi con brutalità, usciva e rientrava di botto aggrappandosi alla mia carne per non farmi scivolare indietro, colpi forti, violenti e ritmati, rimaneva infilzato nel mio sfintere qualche secondo poi usciva lentamente e ci si ributtava dentro. Il mio anellino bruciava e mi sentivo strano lo stomaco ma il suo viso sconvolto dall’eccitazione mi ripagava di tutto, sembrava un animale infuriato che da sfogo incontrollato a tutta la sua aggressività, non lo avevo mai visto così ma non mi faceva paura, mi stava eccitando.
Ad un certo punto uscì del tutto, mi allargò le chiappe per vedere bene il risultato del suo lavoro, non volevo proprio sapere in che condizioni fossi, infilò due dita e fece entrare il pollice nella fica grondante, incominciò a frugarmi in quel modo, solo quel sottile strato di carne a dividere le dita nelle cavità diverse. Era piacevole, stavo mugolando, sentivo avvicinarsi l’orgasmo ma le sfilò dicendo:
“non ho finito con te puttana” Mi penetrò di nuovo, tutto di un botto, il mio culo ormai cedeva agevolmente e poi uscì fissando l’apertura che lasciava vuota in me, guardava il mio orifizio e appena sentivo che iniziava a richiudersi ci si ributtava dentro ormai senza alcun riguardo.
Uno, due, dieci volte, non lo so neanche io quante, con quel gioco il dolore aveva iniziato a farsi risentire ma non me ne fregava niente, vederlo così, senza controllo per la prima volta, senza quella patina a proteggerlo e tenerlo lontano da me, vederlo vero al 100% era una soddisfazione inimmaginabile. Lo avrei tenuto nel culo per la vita per averlo così reale.
Mi prese e mi rovesciò in mezzo al letto, pancia in giù, mi fu sopra, le sue ginocchia all’esterno delle mie gambe, i piedi all’interno e mi allargò le cosce oscenamente, prese la sua mazza e di nuovo dentro, a martoriare il mio povero culo, pompava forte, ansimava, in quella posizione entrava ancora di più, sembrava dovermi sfondare lo stomaco e gemevo, felice gemevo, non si preoccupava più per me, ero indifesa in quella posizione, non avrei potuto fermalo neanche volendo e lui non si sarebbe più fermato fino al totale appagamento.
Schiacciata sul materasso dal suo peso spinsi il culo verso l’alto per fami sodomizzare ancora meglio, ancora più a fondo, facendo scivolare una mano raggiunsi il mio sesso, colava, iniziai a masturbarmi appagando quel dolore così perfettamente mischiato con il piacere. Urlavo, urlavo ad ogni affondo senza ritegno e avvertii il suo respiro farsi pesante, stava per venire, stavo per venire, no, non così, volevo vederlo, volevo vederlo godere del mio culo, urlai, urlai di fermarsi e approfittando di un attimo di esitazione riuscii a sottrarmi a lui.
Aveva il fiatone, rosso in viso, stravolto, lo presi con foga, con fretta lo sdraia sul letto e gli salii sopra, i piedi sul materasso, accovacciata su di lui. Con la mano gli presi il cazzo, la cappella era gonfia, viola, la puntai sul mio orifizio e scesi, ormai spanata scesi agevolmente sul suo arnese, era tutto dentro di me mentre mi strusciavo con movimenti circolare, ansimava, ansimavo. Mi alzavo fino a farlo quasi uscire poi stringevo i muscoli o lo rificcavo dentro, fino alla base, doloroso, piacevole, intenso poi CIAF... una sberla sul mio seno, bruciava a malapena, non la aveva data forte. Alzai le braccia a catturarmi i capelli dietro la testa, le tenni alte lasciando scoperti i seni, indifesi, invitanti ad invitarlo. Continuavo a segargli il cazzo con il culo, stringendo più che riuscivo e gli dissi: “non l'ho sentita”.
Impazzì, mi afferrò tutte e due le tette con le mani, forte, le unghie che affondavano nella pelle e tirandoli su e giù impose il ritmo al mio culo poi ciaf, questa era forte, bruciava la pelle, bruciava il ventre e ancora le sue mani a strizzarmi per farmi muovere come voleva e un’altra sberla, poi un’altra, un’altra... Ansimava forte, rauco, completamente fuori controllo poi urlò, urlò come non lo avevo mai sentito urlare e i fiotti del suo seme mi invasero le viscere, bollenti.
Continuavo a fare su e giù mentre veniva, le sue mani strette sulle tette come morse, dolore dal seno, scosse dal culo, il suo urlo che interminabile mi riempiva la mente e venni anch’io, travolgente, caldo, come se fossi stata avvolta da una pellicola di plastica che intrappolava tutta l’energia che voleva esplodere e che poi, all’improvviso si strappa!!! Era un fuoco che partiva dal centro della fica e percorrendo tutta la schiena arrivava agli occhi spalancati che non smettevano di lacrimare.
Mi accascia su di lui che rantolava sconvolto. Ero felice, soddisfatta.
Lo sentivo veramente mio.

…CONTINUA. IL RACCONTO TI E' PIACIUTO? LO HAI ODIATO O ALTRO? DARE UN'OPINIONE AIUTA A MIGLIORARSI glorfindel75@gmail.com
scritto il
2025-02-23
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