Teresa l'indomita - Cap. 3
di
Glorfindel
genere
dominazione
Il mio nome è Teresa e fino a poco tempo fa ero solo la bella figlia di una famiglia di contadini dei primi anni del 1000dc.
In un mondo ormai privo di regole dove brutalità e soprusi erano all'ordine del giorno vivevo, ingenua, una vita povera ma felice finché, un giorno, degli uomini non vennero a cercarmi e mi strapparono dalla mia casa. Ora sono solo la prigioniera di una cella lugubre e vengo usata per soddisfare sadiche perversioni da cui non ho via di scampo o almeno questo è quello che pensano i miei carcerieri.
Mentre i giorni del mio rapimento si allungavano fra brutali sevizie, violenze sessuali e azioni atte a distruggere la mia volontà io non smisi mai di lavorare alla fuga ed, in fine, riuscii ad aprire una breccia nel muro della mia cella e attraverso quello mi gettai alla ricerca della speranza di ritrovare la libertà per poi scoprire il perché del mio destino. Pochi erano gli elementi a mia disposizione ma era convinta di non essere stata scelta a caso e volevo sapere qual era il motivo che mi aveva condannato ad un simile fato.
Il cuore mi batteva in gola come impazzito mentre impattavo sul pavimento della stanza attigua alla mia cella, terrorizzata all'idea di finire in un vicolo cieco o ancor peggio in braccio a qualche guardia, mi guardai intorno convulsamente per scoprire che ero finita in una cella gemella alla mia. Dopo essermi assicurata di non avere compagnia mi avvicinai alla porta, la spinsi appena e quella si mosse liberamente. Le mie intuizioni si erano rivelate esatte; tutte le volte che qualcuno veniva a trovarmi nella stanza in cui ero rinchiusa avevo notato che il vento si incanalava dalla porta aperta per fuggire dalla finestra vicino al soffitto. I colpi metallici che sentivo di continuo, giorno e notte, mi aveva fatto insospettire. Quel rumore non era altro che la porta che mi trovavo di fronte ora che batteva ritmicamente sospinta dal vento. Avevo trovato una via d'uscita ma il lungo tempo passato a riflettere mi aveva convinta che tentare una fuga alla cieca sarebbe stata una vera pazzia. Comincia a rimettere i mattoni al loro posto uno ad uno fino a ricomporre la parete alla perfezione poi presi la coperta che mi era stata lasciata come unico indumento, nelle lunghe notti solitarie, utilizzando il cucchiaio che si era affilato nel lavoro di scavo, avevo modificato quello straccio ricavandone una specie di saio con una cintura, lo indossai in modo da potermi muovere liberamente e strisciai sotto il letto cercando di nascondermi meglio che potevo. Attesi lungamente che la notte venisse sostituita dal giorno e poi ancora dalla notte finché non arrivò l'ora in cui i miei carnefici venivano a portarmi il pranzo pretendendo un brutale compendio in natura. Non potei fare a meno di chiedermi quale tortura avessero riservato per me quella sera. Sentii passi noti avvicinarsi e smisi anche di respirare per non far rumore, mi ero allenata a lungo nel trattenere il fiato sia grazie ai cazzi che spesso mi invadevano la gola soffocandomi che per prepararmi a questo giorno. Tutto il mio destino si sarebbe giocato nei prossimi minuti e dovetti fare uno sforzo di volontà per calmarmi e restare lucida. Sentii la porta della mia vecchia cella aprirsi poi silenzio, un silenzio che sembrava non volere finire:
“cazzo, dov'è? Quella troia è fuggita, non è possibile, cercala, guarda dappertutto, non c'è, non c'è, siamo nella merda, ma come ha fatto? E’ impossibile, il padrone ci ammazza, ci spella vivi e ci da in pasto ai maiali, aspetta, aspetta, facciamo silenzio, dobbiamo trovarla prima che qualcuno si accorga che è fuggita, il padrone la cerca di rado, abbiamo tempo, dobbiamo ritrovarla o siamo morti, andiamo, svelto''
Era proprio quello che speravo, la paura della punizione del padrone aveva convinto i miei carcerieri a non dare l'allarme e a cercarmi da soli, mancava solo una cosa, l'ultimo particolare prima di muovermi; la direzione dei loro passi, se avessero pensato di cercarmi nella cella accanto non avrei avuto scampo ma era lecito sperare che non gli venisse in mente. Tra tutte le idee che mi erano venute nascondermi a pochi metri da dove mi avevano rinchiuso mi era sembrata la più sensata e così fu, li sentii allontanarsi ed era il momento di muovermi e in fretta. Non potevo perderli. Le lunghe passeggiate che avevo fatto mentre venivo trasportata dal padrone mi avevano fatto capire che quelle prigioni erano una specie di labirinto, ecco perché non avevo tentato la fuga subito, speravo che le mie guardie mi avrebbero cercato da sole e volevo seguirle per farmi indicare la via d'uscita. Sgattaiolai fuori da sotto il letto e dopo aver aperto la porta silenziosamente mi affaccia, i due si erano allontanati abbastanza da non sentirmi ma io potevo vedere e seguire la luce delle loro torce. L'eco mi portò la loro voce, avevano deciso di dividersi, uno mi avrebbe cercato nelle prigioni nel caso mi fossi persa li e l'altro avrebbe ispezionato i piani abitati. Maledizione, se sbagliavo strada ero spacciata ma se l'azzeccavo mi sarei avvicinata notevolmente alla libertà. Le due torce si divisero, che fare? La sorte mi venne in soccorso, vidi una delle luci salire verso l'alto e poi sparire di botto, scale, scale verso la superficie, quella era la mia strada, lentamente prosegui la fuga e quella fiaccola di speranza fu la guida verso il successo. Dopo un lungo e silenzioso inseguimento giungemmo ad un androne e mentre mi nascondevo dietro un angolo vidi quella che era chiaramente la porta verso l'esterno, verso la libertà. La mia guida aveva preso le scale per i piani superiori e io non avevo certo intenzione di continuare a seguirla ma c'era un problema che non avevo calcolato, due guardie armate alla porta e non erano di quelle che sonnecchiano durante il turno. Ero in trappola come un topo, non potevo avanzare a causa delle guardie e prima o poi l'altro carceriere sarebbe riemerso alle mie spalle. Il panico si stava impossessando di me mentre il cervello lavorare alla ricerca di una via di fuga ma, all'improvviso, sentii una voce, era la donna che mi preparava per le visite al padrone e stava dicendo alle guardie di raggiungerla al piano di sopra. Quelle protestarono dicendo di non poter lasciare incustodito l'ingresso ma lei fu chiara nel rammentargli che era un ordine del loro signore. Quell'inaspettata fortuna mi sembrò strana ma non è che potessi badare troppo ai particolari. Appena vidi la via libera sguscia verso la porta, la scostai quel tanto che bastava a farmi passare e fui fuori nel fresco della notte.
Una notte orfana di luna mi venne in aiuto nascondendomi nella sua ombra. Attraversai indisturbata lo spiazzo che circondava la costruzione ove ero stata prigioniera, avevo abbandonato ogni precauzione e correvo verso il bosco aggrappandomi solo alla speranza, mi fermai un attimo per guardarmi intorno, quale direzione? Vidi in lontananza una flebile luce ed in mancanza di alternative scelsi quella direzione.
Il buio che mi era stato alleato si tramutò presto in un grosso problema, l'oscurità mi faceva avanzare molto lentamente, incespicavo spesso e i piedi erano torturati dal manto boscoso, camminai per almeno due ore mentre la luce si faceva sempre più viva come la mia speranza di essere finalmente in salvo. Quando ormai ero vicina alla meta mi resi conto che l'origine era un grosso fuoco da campo e la paura mi invase, un fuoco da campo in quei boschi non prometteva niente di buono ma prima che potessi decidere di cambiare direzione una mano mi coprì la bocca mente un forte braccio mi cingeva bloccandomi ed alzandomi da terra. Mi trovai in mezzo ad un gruppo di dodici banditi che discutevano su di me ma le loro chiacchiere ebbero poco corso, quello che evidentemente era il capo decise:
“legatela bene e chiudetela a chiave nel carro, ci stanno facendo aspettare qui da quasi una settimana e vedrete che presto verremo chiamati al maniero e li, magari, potremo venderla e ricavarne un bel gruzzoletto”
L'angoscia mi colpì distruttiva, tutti i miei sforzi, mesi e mesi di lavoro e pianificazione stavano andando in fumo davanti ai miei occhi. Ora che avevo assaporato la libertà mi trovavo di nuovo prigioniera di uomini che avevano intenzione di riportarmi proprio nel luogo da cui ero appena evasa. Mentre uno mi trascinava per un braccio verso il carro la mia mente non smetteva di cercare una via di fuga, se mi avessero legata e rinchiusa non avrei avuto più alcuna possibilità ma non riuscivo a trovar rimedio a quella situazione e all'improvviso mi sentii pronunciare parole che prima di quell'esperienza non sapevo neanche di conoscere. Mentre con la mano libera mi sfilavo il saio restando completamente nuda dissi:
“sono delusa, trovando un gruppo di maschi come voi ero convinta che questa notte mi sarei divertita ma sembra proprio che non abbiate voglia di farmi vedere se i vostri cazzi funzionano”
Cadde il silenzio mentre mi sembrava di poter vedere il sangue dei banditi lasciare il cervello per riversarsi completamente nei loro uccelli. In breve mi saltarono addosso e cominciò un'altra volta lo sfruttare senza ritegno del mio corpo ma mentre la paura di ciò che mi avrebbero fatto si impadroniva di me nella testa riprendeva vita la speranza che se si fossero concentrati troppo sullo scoparmi forse avrebbero abbassato la guardia e magari sarei riuscita ad uscire da quella situazione.
Vi era una nuova speranza.
Mani si andavano facendo strada in ogni parte del mio corpo mentre una bocca dall'alito pesante si impadroniva della mia scavandomi con la lingua, le mie grosse ed invitanti tette vennero subito afferrate con violenza e i primi urli si mischiarono con il mio respiro ma poi la voce del capo si fece sentire:
“piano, piano ragazzi, di donne ne abbiamo violentate già più che a sufficienza, questa ci si offre spontaneamente, non esagerate e fate divertire anche lei, anzi, portatemela un attimo e che sia ben esposta”
Un uomo mi prese da dietro, sotto le braccia e mi alzò mentre altri due mi afferravano per le caviglie divaricandomi oscenamente, così conciata mi trasportarono fino davanti al loro capo che mi guardava sorridente:
“non ti spiace se ti assaggio un po' vero? Fra non molto mettere la lingua nella tua fica non sarà molto piacevole quindi vorrei approfittarne ora che sei pulita”
Dovevo cercare di mantenere il controllo della situazione, se tutti quegli uomini si fossero lasciati andare su di me senza freni rischiavo di farmi ammazzare a forza di cazzi e pensai che l'unico modo che avevo era partecipare per cercare di guidarli in qualche modo:
“accomodati pure, non vedo l'ora, se fate i bravi e non mi rompete vedrete che saprò accontentarvi tutti”
Le sue mani si allungarono ad afferrare le tette, le palpava con gusto e con calma godendo del poterlo fare con la mia partecipazione e intanto cominciò a pomiciare con la mia fica. Quella lingua che mi esplorava in profondità, così ruvida, iniziò gradualmente a farmi crescere un fuoco dentro, la mancanza di dolore mi permetteva di godere appieno delle sensazioni che provavo e così quella che doveva essere una recita del mio godimento si tramutò lentamente in realtà e io comincia a perdere il controllo dei miei sensi:
“Siii, leccami la fica, fammi sentire come mi scopi con la lingua, il clitoride, succhiami il clitoride ti prego o si così, che bello, mi sento bruciare, le tue mani, mi piace che mi palpi le tette, fammi sentire come le stringi, come ti piace”
Teresa, in preda alle emozioni di quella notte, in assenza del dolore che di solito la attanagliava, si perse nelle sensazioni del sesso mentre il capo dei briganti le masturbava la fica con la lingua in modo intenso e passionale, in breve tempo la fece venire nella sua bocca appagandosi dei tremori del suo corpo. Quel primo orgasmo smosse qualcosa nella donna che dopo aver passato mesi come oggetto da far soffrire venne invasa dalla lussuria e dal piacere e incominciò a desiderare realmente di essere scopata quasi come fosse una prova della fine della sua schiavitù. Mentre ancora ansimava l'uomo si stacco dalla sua passera e cominciò a leccarle il buco del culo:
“ci concederai anche questo sta sera?”
“Vi darò tutto, tutto quello che vorrete ma ora scopatemi vi prego, ne ho bisogno”
“è tutta vostra ragazzi e mi raccomando trattatela bene”
Teresa, che era ancora sollevata da terra da uno degli uomini fu fatta accomodare direttamente sulla mazza dura di uno dei compagni che venne risucchiata nella sua figa grondante umori:
“oh si che bello, ti sento dentro, chiavami, scavami, venite qui, entrate nelle mie labbra, voglio assaggiarvi tutti”
Gli uomini, di fronte a una donna così vacca rimasero quasi ipnotizzati e si fecero guidare dai desideri di Teresa che iniziò a spompinare ogni cazzo che si avvicinava. Li leccava ebbra di libidine ingoiandoli fino alla radice di sua spontanea volontà mentre muoveva il bacino per aumentare gli stimoli che il cazzo che la scopava le dava.
In breve ne fece sfogare due nella bocca ingoiando tutto quello che riusciva e spalmandosi la sborra rimanente sulle tette che sobbalzavano per i continui colpi:
“buono, ne volgi ancora, voglio riempirmi di cazzi, o dio, vengo, vengo ancora, ne voglio di più, il culo, inculatemi per favore”
Subito un nerboruto brigante si portò alle sue spalle e, dopo essersi lubrificato con gli umori che colavano sulle cosce di lei incominciò ad entrarle nell'ano:
“ah, ah mi spacchi bastardo, spaccami il culo, fino in fondo ti prego”
Il bestione incominciò ad incularla selvaggiamente mentre i mugoli di lei venivano soffocati da un lungo cazzo che faceva fatica a trovare posto nella bocca. Quello che la stava scopando, stimolato dal cazzo dell'amico che scavava il canale anale le si riversò in fica facendola gemere e liberandole poi il sesso. La tirarono su di peso senza mai sfilarle il cazzo dal culo e un brigante che non aveva ancora partecipato si impossessò della figa restata libera cominciando, al contempo, a baciarla avidamente. Così sbattuta da due uomini contemporaneamente, in piedi, Teresa mugolava sconvolta dal piacere, aveva afferrato i due cazzi dei tizzi che si erano messi a lapparle le tette e li segava al ritmo delle stantuffate che riceveva simultaneamente in figa e nel culo. Dopo un po' di quel trattamento, una volta che le ebbero riempititi tutte e due i buchi di sborra i due si levarono e Teresa venne calata su un altro brigante fresco in modo che il suo grosso cazzo le si infilzasse nel culo ormai aperto:
“ahhhh, il mio culo, come ti sento dentro il culo, come mi piace, datemi i vostri cazzi, la vostra sborra”
A questo richiamo subito uno le entrò di nuovo in figa mentre un terzo le si calò sulla bocca e in tre cominciarono a scoparla intensamente, a lungo. Gli uomini cominciarono a passarsi quel corpo, in grado ormai solo di gemere di piacere, l'un l'atro, tutti tranne tre, il capo e altri due tizzi che se ne stavano tranquilli a guardare. Molti, dopo essere venuti con il suo corpo almeno due o tre volte a testa si andavano a mettere vicini al fuoco a bere vino soddisfatti della scopata. Alla fine ne arano rimasti solo due con ancora i cazzi duri e Teresa ricoperta e riempita di sborra li lasciava fare sfinita dai numerosi orgasmi che aveva avuto:
“adesso bella troia, ti scopiamo la figa assieme così le diamo una bella riempita per concludere il tuo divertimento”
“no, no, vi prego, mi spaccate, fa male”
“stringi i denti, vedrai, se ti rilassi sarà solo un attimo e poi sarà bello il doppio”
Teresa, ripresasi per la pressione dei due peni che cercavano di spaccarla strinse i denti mentre si sentiva dilatare il sesso a dismisura, quel ritorno al dolore ebbe l'effetto di svegliarla e di ricordarle la sua situazione. Dalla sua posizione riusciva a vedere solo uomini addormentati, sfiniti e ubriachi e la speranza che la sua occasione stesse per arrivare sembrò farsi più concreta.
Urlò disperatamente mentre i due uomini la squartavano ma alla fine riuscì ad ospitarli, ogni stantuffata sentiva la pelle come dovesse strapparsi e si dimenava furiosamente quanto inutilmente. I due, che erano venuti già diverse volte, protrassero quel trattamento per infiniti minuti mentre quello sotto la baciava soffocando i suoi urli con la bocca ma, alla fine, dovettero cedere e scaricarsi contemporaneamente nella sua fica. Si staccarono da lei restando a terra sfiniti e in breve si addormentarono anche loro. Teresa ansimava e tremava mentre rivoli di sperma le uscivano da tutte e due i buchi tanta era la quantità che le avevano riversato dentro. Respirò a lungo cercando di riprendersi e appena ne ebbe le forze cominciò a strisciare lentamente per allontanarsi dal campo dei banditi, era distrutta e sfinita ma questa era proprio l'occasione che aspettava:
“dove credi di andare? Non vorrai lasciare noi tre a bocca asciutta vero? E poi, mi spiace ma a noi piace quando le donne urlano di dolore e non di piacere”
Le si ghiacciò il sangue, il capo e i suoi due sgherri, nascosti nell'ombra, non avevano mosso un dito fino ad ora ma sembrava proprio che fosse venuto il loro turno. La presero e la portarono vicino al fuoco, le misero uno straccio in bocca e la imbavagliarono. Lei era sfinita e non riusciva a fare la minima resistenza. La alzarono di peso e la fecero impalare, a pancia in su, di culo su uno dei tre che le afferrò le cosce tenendole indietro ben allargate, l'altro le blocco le braccia dietro la testa mentre il capo si posizionava in mezzo alle sue gambe:
“ho visto che ti è piaciuto prendere due cazzi nella fica contemporaneamente ma credo si possa fare di meglio, credo che ci possa entrare tutta la mia mano ma devi scusarmi sen tengo il guanto, sai, con tutta la sborra che hai dentro mi fa un po' schifo metterci la mano nuda anche se temo che le borchie di metallo del guanto ti daranno qualche fastidio”
Teresa sgrano gli occhi incredula nel terrore più totale mentre il capo branco, senza attendere neanche un secondo, messa la mano a cuneo cominciò il suo lento lavoro. Le prime quattro dita, grazie alla dilatazione precedente e all'abbondante sborra a lubrificare entrarono abbastanza bene e anche la punta del pollice non ebbe troppa difficoltà ma poi la mano andava allargandosi e il buco di Teresa aveva raggiunto il suo limite. L'uomo, per nulla scoraggiato, cominciò a girare e spingere forte la mano guadagnando qualche millimetro ad ogni affondo. Teresa urlava soffocata dal bavaglio come fosse un maiale sgozzato e cercava di dimenarsi come una pazza ma le braccia che la trattenevano erano troppo forti e come unico risultato otteneva solo di sodomizzarsi meglio col cazzo dell'uomo che le stava sotto. Dopo un po' smise anche di contorcersi e urlare continuando a singhiozzare mentre le lacrime le solcavano il viso. La mano la scavò lentamente, i tessuti cedevano, piano ma si dilatavano e dopo almeno mezz'ora di lavoro a forzare la sua apertura le nocche borchiate arrivarono a toccare la pelle della vagina straziata. Mentre il metallo passava spietato Teresa ricominciò ad urlare e dimenarsi ottenendo sempre lo stesso risultato. Alla fine, tra le convulsioni della donna, la mano entrò nel suo sesso fino al polso e li l'uomo cominciò a ruotarla mentre la chiudeva a pugno e la riapriva ordinando al suo compagno di incularla. Sfruttando la mano nel suo sesso la alzava di peso e poi la riabbatteva nel cazzo che le tappava l'ano mentre l'uomo sotto la sbatteva in controtempo, ne venivano fuori degli affondi violenti nel culo della ragazza reso strettissimo dall'invasione del suo sesso. In breve nuova sborra le si riversò nel culo e il capo tirò fuori la mano chiusa a pugno dal sesso. Il dolore fu talmente forte che Teresa, finalmente libera, si rotolò su se stessa tenendosi la fica e piangendo disperatamente:
“vieni qui, vieni qui, non è ancora finita, devi fare venire noi due e visto che si è fatto un po' tardi abbiamo deciso di venirti tutti e due nel culo ma contemporaneamente, vedrai, facevi tanto la troia a inizio serata, ti piacerà”
Teresa, ormai inerme, venne presa di peso e impalata sull'ultimo sgherro che ancora non era venuto e che si era sdraiato a terra per penetrarla, si accasciò indifesa sul suo corpo schiacciando le grosse tette sul suo petto. Il capo iniziò ad attuare il suo sadico piano, fare entrare la cappella nello stretto buco già occupato fu molto arduo e la donna subì l'operazione singhiozzando per quanto le permetteva il bavaglio, una volta superato quell'ostacolo però bastò un forte colpo e tutte e due i membri entrarono nell'ano martoriato che si allargo oscenamente.
Iniziò così un'ultima, lunga cavalcate fra le chiappe di Teresa che si sentì sconquassate dai due membri contemporaneamente come se le arrivassero fino al cervello. Alla fine il suo stomaco ricevette gli ultimi due pieni di sborra mentre urla atroci venivano azzittite dal bavaglio e lei venne scaraventata a terra in malo modo.
Anche i due sgherri andarono a riposarsi soddisfatti e Teresa restò sola con il capo e, quasi in trans, lo sentì dire:
“mi dispiace bella ma ormai di te non ce ne facciamo nulla, saresti solo una bocca da sfamare, faccio prima ad ammazzarti”
Incapace di muoversi, mentre guardava l'uomo prendere un coltello ed avvicinarsi a lei riusciva solo a pensare:
“non può finire così, ci ero andata così vicina, mancava così poco”
Poi, come si trattasse di un sogno, vide una spada lunga, larga quasi due palmi, spuntare dal petto di colui che voleva ammazzarla mentre un'espressione stupita si dipingeva sul sui viso morente. Cinque uomini vestiti di bianco e armati di enormi spade a due mani alte quasi quanto un uomo si muovevano per il campo silenziose falciando le vite di quelli che l'avevano ridotta in quello stato. Uno in particolare, il più alto, sembrava danzare con quell'enorme spada in mano come se stesse maneggiando un leggero fioretto e ad ogni movimento una vita veniva meno. Ci vollero pochi secondi perché tutti i banditi venissero sterminai e poi proprio quell'uomo le si avvicinò, le tolse il bavaglio, la coprì con il suo mantello e la sollevò sulle braccia come fosse un fuscello. Teresa svenne lasciandosi abbracciare del buio.
CONTINUA' IL RACCONTO TI E' PIACIUTO? LO HAI ODIATO O ALTRO? DARE UN'OPINIONE AIUTA A MIGLIORARSI glorfindel@email.com
In un mondo ormai privo di regole dove brutalità e soprusi erano all'ordine del giorno vivevo, ingenua, una vita povera ma felice finché, un giorno, degli uomini non vennero a cercarmi e mi strapparono dalla mia casa. Ora sono solo la prigioniera di una cella lugubre e vengo usata per soddisfare sadiche perversioni da cui non ho via di scampo o almeno questo è quello che pensano i miei carcerieri.
Mentre i giorni del mio rapimento si allungavano fra brutali sevizie, violenze sessuali e azioni atte a distruggere la mia volontà io non smisi mai di lavorare alla fuga ed, in fine, riuscii ad aprire una breccia nel muro della mia cella e attraverso quello mi gettai alla ricerca della speranza di ritrovare la libertà per poi scoprire il perché del mio destino. Pochi erano gli elementi a mia disposizione ma era convinta di non essere stata scelta a caso e volevo sapere qual era il motivo che mi aveva condannato ad un simile fato.
Il cuore mi batteva in gola come impazzito mentre impattavo sul pavimento della stanza attigua alla mia cella, terrorizzata all'idea di finire in un vicolo cieco o ancor peggio in braccio a qualche guardia, mi guardai intorno convulsamente per scoprire che ero finita in una cella gemella alla mia. Dopo essermi assicurata di non avere compagnia mi avvicinai alla porta, la spinsi appena e quella si mosse liberamente. Le mie intuizioni si erano rivelate esatte; tutte le volte che qualcuno veniva a trovarmi nella stanza in cui ero rinchiusa avevo notato che il vento si incanalava dalla porta aperta per fuggire dalla finestra vicino al soffitto. I colpi metallici che sentivo di continuo, giorno e notte, mi aveva fatto insospettire. Quel rumore non era altro che la porta che mi trovavo di fronte ora che batteva ritmicamente sospinta dal vento. Avevo trovato una via d'uscita ma il lungo tempo passato a riflettere mi aveva convinta che tentare una fuga alla cieca sarebbe stata una vera pazzia. Comincia a rimettere i mattoni al loro posto uno ad uno fino a ricomporre la parete alla perfezione poi presi la coperta che mi era stata lasciata come unico indumento, nelle lunghe notti solitarie, utilizzando il cucchiaio che si era affilato nel lavoro di scavo, avevo modificato quello straccio ricavandone una specie di saio con una cintura, lo indossai in modo da potermi muovere liberamente e strisciai sotto il letto cercando di nascondermi meglio che potevo. Attesi lungamente che la notte venisse sostituita dal giorno e poi ancora dalla notte finché non arrivò l'ora in cui i miei carnefici venivano a portarmi il pranzo pretendendo un brutale compendio in natura. Non potei fare a meno di chiedermi quale tortura avessero riservato per me quella sera. Sentii passi noti avvicinarsi e smisi anche di respirare per non far rumore, mi ero allenata a lungo nel trattenere il fiato sia grazie ai cazzi che spesso mi invadevano la gola soffocandomi che per prepararmi a questo giorno. Tutto il mio destino si sarebbe giocato nei prossimi minuti e dovetti fare uno sforzo di volontà per calmarmi e restare lucida. Sentii la porta della mia vecchia cella aprirsi poi silenzio, un silenzio che sembrava non volere finire:
“cazzo, dov'è? Quella troia è fuggita, non è possibile, cercala, guarda dappertutto, non c'è, non c'è, siamo nella merda, ma come ha fatto? E’ impossibile, il padrone ci ammazza, ci spella vivi e ci da in pasto ai maiali, aspetta, aspetta, facciamo silenzio, dobbiamo trovarla prima che qualcuno si accorga che è fuggita, il padrone la cerca di rado, abbiamo tempo, dobbiamo ritrovarla o siamo morti, andiamo, svelto''
Era proprio quello che speravo, la paura della punizione del padrone aveva convinto i miei carcerieri a non dare l'allarme e a cercarmi da soli, mancava solo una cosa, l'ultimo particolare prima di muovermi; la direzione dei loro passi, se avessero pensato di cercarmi nella cella accanto non avrei avuto scampo ma era lecito sperare che non gli venisse in mente. Tra tutte le idee che mi erano venute nascondermi a pochi metri da dove mi avevano rinchiuso mi era sembrata la più sensata e così fu, li sentii allontanarsi ed era il momento di muovermi e in fretta. Non potevo perderli. Le lunghe passeggiate che avevo fatto mentre venivo trasportata dal padrone mi avevano fatto capire che quelle prigioni erano una specie di labirinto, ecco perché non avevo tentato la fuga subito, speravo che le mie guardie mi avrebbero cercato da sole e volevo seguirle per farmi indicare la via d'uscita. Sgattaiolai fuori da sotto il letto e dopo aver aperto la porta silenziosamente mi affaccia, i due si erano allontanati abbastanza da non sentirmi ma io potevo vedere e seguire la luce delle loro torce. L'eco mi portò la loro voce, avevano deciso di dividersi, uno mi avrebbe cercato nelle prigioni nel caso mi fossi persa li e l'altro avrebbe ispezionato i piani abitati. Maledizione, se sbagliavo strada ero spacciata ma se l'azzeccavo mi sarei avvicinata notevolmente alla libertà. Le due torce si divisero, che fare? La sorte mi venne in soccorso, vidi una delle luci salire verso l'alto e poi sparire di botto, scale, scale verso la superficie, quella era la mia strada, lentamente prosegui la fuga e quella fiaccola di speranza fu la guida verso il successo. Dopo un lungo e silenzioso inseguimento giungemmo ad un androne e mentre mi nascondevo dietro un angolo vidi quella che era chiaramente la porta verso l'esterno, verso la libertà. La mia guida aveva preso le scale per i piani superiori e io non avevo certo intenzione di continuare a seguirla ma c'era un problema che non avevo calcolato, due guardie armate alla porta e non erano di quelle che sonnecchiano durante il turno. Ero in trappola come un topo, non potevo avanzare a causa delle guardie e prima o poi l'altro carceriere sarebbe riemerso alle mie spalle. Il panico si stava impossessando di me mentre il cervello lavorare alla ricerca di una via di fuga ma, all'improvviso, sentii una voce, era la donna che mi preparava per le visite al padrone e stava dicendo alle guardie di raggiungerla al piano di sopra. Quelle protestarono dicendo di non poter lasciare incustodito l'ingresso ma lei fu chiara nel rammentargli che era un ordine del loro signore. Quell'inaspettata fortuna mi sembrò strana ma non è che potessi badare troppo ai particolari. Appena vidi la via libera sguscia verso la porta, la scostai quel tanto che bastava a farmi passare e fui fuori nel fresco della notte.
Una notte orfana di luna mi venne in aiuto nascondendomi nella sua ombra. Attraversai indisturbata lo spiazzo che circondava la costruzione ove ero stata prigioniera, avevo abbandonato ogni precauzione e correvo verso il bosco aggrappandomi solo alla speranza, mi fermai un attimo per guardarmi intorno, quale direzione? Vidi in lontananza una flebile luce ed in mancanza di alternative scelsi quella direzione.
Il buio che mi era stato alleato si tramutò presto in un grosso problema, l'oscurità mi faceva avanzare molto lentamente, incespicavo spesso e i piedi erano torturati dal manto boscoso, camminai per almeno due ore mentre la luce si faceva sempre più viva come la mia speranza di essere finalmente in salvo. Quando ormai ero vicina alla meta mi resi conto che l'origine era un grosso fuoco da campo e la paura mi invase, un fuoco da campo in quei boschi non prometteva niente di buono ma prima che potessi decidere di cambiare direzione una mano mi coprì la bocca mente un forte braccio mi cingeva bloccandomi ed alzandomi da terra. Mi trovai in mezzo ad un gruppo di dodici banditi che discutevano su di me ma le loro chiacchiere ebbero poco corso, quello che evidentemente era il capo decise:
“legatela bene e chiudetela a chiave nel carro, ci stanno facendo aspettare qui da quasi una settimana e vedrete che presto verremo chiamati al maniero e li, magari, potremo venderla e ricavarne un bel gruzzoletto”
L'angoscia mi colpì distruttiva, tutti i miei sforzi, mesi e mesi di lavoro e pianificazione stavano andando in fumo davanti ai miei occhi. Ora che avevo assaporato la libertà mi trovavo di nuovo prigioniera di uomini che avevano intenzione di riportarmi proprio nel luogo da cui ero appena evasa. Mentre uno mi trascinava per un braccio verso il carro la mia mente non smetteva di cercare una via di fuga, se mi avessero legata e rinchiusa non avrei avuto più alcuna possibilità ma non riuscivo a trovar rimedio a quella situazione e all'improvviso mi sentii pronunciare parole che prima di quell'esperienza non sapevo neanche di conoscere. Mentre con la mano libera mi sfilavo il saio restando completamente nuda dissi:
“sono delusa, trovando un gruppo di maschi come voi ero convinta che questa notte mi sarei divertita ma sembra proprio che non abbiate voglia di farmi vedere se i vostri cazzi funzionano”
Cadde il silenzio mentre mi sembrava di poter vedere il sangue dei banditi lasciare il cervello per riversarsi completamente nei loro uccelli. In breve mi saltarono addosso e cominciò un'altra volta lo sfruttare senza ritegno del mio corpo ma mentre la paura di ciò che mi avrebbero fatto si impadroniva di me nella testa riprendeva vita la speranza che se si fossero concentrati troppo sullo scoparmi forse avrebbero abbassato la guardia e magari sarei riuscita ad uscire da quella situazione.
Vi era una nuova speranza.
Mani si andavano facendo strada in ogni parte del mio corpo mentre una bocca dall'alito pesante si impadroniva della mia scavandomi con la lingua, le mie grosse ed invitanti tette vennero subito afferrate con violenza e i primi urli si mischiarono con il mio respiro ma poi la voce del capo si fece sentire:
“piano, piano ragazzi, di donne ne abbiamo violentate già più che a sufficienza, questa ci si offre spontaneamente, non esagerate e fate divertire anche lei, anzi, portatemela un attimo e che sia ben esposta”
Un uomo mi prese da dietro, sotto le braccia e mi alzò mentre altri due mi afferravano per le caviglie divaricandomi oscenamente, così conciata mi trasportarono fino davanti al loro capo che mi guardava sorridente:
“non ti spiace se ti assaggio un po' vero? Fra non molto mettere la lingua nella tua fica non sarà molto piacevole quindi vorrei approfittarne ora che sei pulita”
Dovevo cercare di mantenere il controllo della situazione, se tutti quegli uomini si fossero lasciati andare su di me senza freni rischiavo di farmi ammazzare a forza di cazzi e pensai che l'unico modo che avevo era partecipare per cercare di guidarli in qualche modo:
“accomodati pure, non vedo l'ora, se fate i bravi e non mi rompete vedrete che saprò accontentarvi tutti”
Le sue mani si allungarono ad afferrare le tette, le palpava con gusto e con calma godendo del poterlo fare con la mia partecipazione e intanto cominciò a pomiciare con la mia fica. Quella lingua che mi esplorava in profondità, così ruvida, iniziò gradualmente a farmi crescere un fuoco dentro, la mancanza di dolore mi permetteva di godere appieno delle sensazioni che provavo e così quella che doveva essere una recita del mio godimento si tramutò lentamente in realtà e io comincia a perdere il controllo dei miei sensi:
“Siii, leccami la fica, fammi sentire come mi scopi con la lingua, il clitoride, succhiami il clitoride ti prego o si così, che bello, mi sento bruciare, le tue mani, mi piace che mi palpi le tette, fammi sentire come le stringi, come ti piace”
Teresa, in preda alle emozioni di quella notte, in assenza del dolore che di solito la attanagliava, si perse nelle sensazioni del sesso mentre il capo dei briganti le masturbava la fica con la lingua in modo intenso e passionale, in breve tempo la fece venire nella sua bocca appagandosi dei tremori del suo corpo. Quel primo orgasmo smosse qualcosa nella donna che dopo aver passato mesi come oggetto da far soffrire venne invasa dalla lussuria e dal piacere e incominciò a desiderare realmente di essere scopata quasi come fosse una prova della fine della sua schiavitù. Mentre ancora ansimava l'uomo si stacco dalla sua passera e cominciò a leccarle il buco del culo:
“ci concederai anche questo sta sera?”
“Vi darò tutto, tutto quello che vorrete ma ora scopatemi vi prego, ne ho bisogno”
“è tutta vostra ragazzi e mi raccomando trattatela bene”
Teresa, che era ancora sollevata da terra da uno degli uomini fu fatta accomodare direttamente sulla mazza dura di uno dei compagni che venne risucchiata nella sua figa grondante umori:
“oh si che bello, ti sento dentro, chiavami, scavami, venite qui, entrate nelle mie labbra, voglio assaggiarvi tutti”
Gli uomini, di fronte a una donna così vacca rimasero quasi ipnotizzati e si fecero guidare dai desideri di Teresa che iniziò a spompinare ogni cazzo che si avvicinava. Li leccava ebbra di libidine ingoiandoli fino alla radice di sua spontanea volontà mentre muoveva il bacino per aumentare gli stimoli che il cazzo che la scopava le dava.
In breve ne fece sfogare due nella bocca ingoiando tutto quello che riusciva e spalmandosi la sborra rimanente sulle tette che sobbalzavano per i continui colpi:
“buono, ne volgi ancora, voglio riempirmi di cazzi, o dio, vengo, vengo ancora, ne voglio di più, il culo, inculatemi per favore”
Subito un nerboruto brigante si portò alle sue spalle e, dopo essersi lubrificato con gli umori che colavano sulle cosce di lei incominciò ad entrarle nell'ano:
“ah, ah mi spacchi bastardo, spaccami il culo, fino in fondo ti prego”
Il bestione incominciò ad incularla selvaggiamente mentre i mugoli di lei venivano soffocati da un lungo cazzo che faceva fatica a trovare posto nella bocca. Quello che la stava scopando, stimolato dal cazzo dell'amico che scavava il canale anale le si riversò in fica facendola gemere e liberandole poi il sesso. La tirarono su di peso senza mai sfilarle il cazzo dal culo e un brigante che non aveva ancora partecipato si impossessò della figa restata libera cominciando, al contempo, a baciarla avidamente. Così sbattuta da due uomini contemporaneamente, in piedi, Teresa mugolava sconvolta dal piacere, aveva afferrato i due cazzi dei tizzi che si erano messi a lapparle le tette e li segava al ritmo delle stantuffate che riceveva simultaneamente in figa e nel culo. Dopo un po' di quel trattamento, una volta che le ebbero riempititi tutte e due i buchi di sborra i due si levarono e Teresa venne calata su un altro brigante fresco in modo che il suo grosso cazzo le si infilzasse nel culo ormai aperto:
“ahhhh, il mio culo, come ti sento dentro il culo, come mi piace, datemi i vostri cazzi, la vostra sborra”
A questo richiamo subito uno le entrò di nuovo in figa mentre un terzo le si calò sulla bocca e in tre cominciarono a scoparla intensamente, a lungo. Gli uomini cominciarono a passarsi quel corpo, in grado ormai solo di gemere di piacere, l'un l'atro, tutti tranne tre, il capo e altri due tizzi che se ne stavano tranquilli a guardare. Molti, dopo essere venuti con il suo corpo almeno due o tre volte a testa si andavano a mettere vicini al fuoco a bere vino soddisfatti della scopata. Alla fine ne arano rimasti solo due con ancora i cazzi duri e Teresa ricoperta e riempita di sborra li lasciava fare sfinita dai numerosi orgasmi che aveva avuto:
“adesso bella troia, ti scopiamo la figa assieme così le diamo una bella riempita per concludere il tuo divertimento”
“no, no, vi prego, mi spaccate, fa male”
“stringi i denti, vedrai, se ti rilassi sarà solo un attimo e poi sarà bello il doppio”
Teresa, ripresasi per la pressione dei due peni che cercavano di spaccarla strinse i denti mentre si sentiva dilatare il sesso a dismisura, quel ritorno al dolore ebbe l'effetto di svegliarla e di ricordarle la sua situazione. Dalla sua posizione riusciva a vedere solo uomini addormentati, sfiniti e ubriachi e la speranza che la sua occasione stesse per arrivare sembrò farsi più concreta.
Urlò disperatamente mentre i due uomini la squartavano ma alla fine riuscì ad ospitarli, ogni stantuffata sentiva la pelle come dovesse strapparsi e si dimenava furiosamente quanto inutilmente. I due, che erano venuti già diverse volte, protrassero quel trattamento per infiniti minuti mentre quello sotto la baciava soffocando i suoi urli con la bocca ma, alla fine, dovettero cedere e scaricarsi contemporaneamente nella sua fica. Si staccarono da lei restando a terra sfiniti e in breve si addormentarono anche loro. Teresa ansimava e tremava mentre rivoli di sperma le uscivano da tutte e due i buchi tanta era la quantità che le avevano riversato dentro. Respirò a lungo cercando di riprendersi e appena ne ebbe le forze cominciò a strisciare lentamente per allontanarsi dal campo dei banditi, era distrutta e sfinita ma questa era proprio l'occasione che aspettava:
“dove credi di andare? Non vorrai lasciare noi tre a bocca asciutta vero? E poi, mi spiace ma a noi piace quando le donne urlano di dolore e non di piacere”
Le si ghiacciò il sangue, il capo e i suoi due sgherri, nascosti nell'ombra, non avevano mosso un dito fino ad ora ma sembrava proprio che fosse venuto il loro turno. La presero e la portarono vicino al fuoco, le misero uno straccio in bocca e la imbavagliarono. Lei era sfinita e non riusciva a fare la minima resistenza. La alzarono di peso e la fecero impalare, a pancia in su, di culo su uno dei tre che le afferrò le cosce tenendole indietro ben allargate, l'altro le blocco le braccia dietro la testa mentre il capo si posizionava in mezzo alle sue gambe:
“ho visto che ti è piaciuto prendere due cazzi nella fica contemporaneamente ma credo si possa fare di meglio, credo che ci possa entrare tutta la mia mano ma devi scusarmi sen tengo il guanto, sai, con tutta la sborra che hai dentro mi fa un po' schifo metterci la mano nuda anche se temo che le borchie di metallo del guanto ti daranno qualche fastidio”
Teresa sgrano gli occhi incredula nel terrore più totale mentre il capo branco, senza attendere neanche un secondo, messa la mano a cuneo cominciò il suo lento lavoro. Le prime quattro dita, grazie alla dilatazione precedente e all'abbondante sborra a lubrificare entrarono abbastanza bene e anche la punta del pollice non ebbe troppa difficoltà ma poi la mano andava allargandosi e il buco di Teresa aveva raggiunto il suo limite. L'uomo, per nulla scoraggiato, cominciò a girare e spingere forte la mano guadagnando qualche millimetro ad ogni affondo. Teresa urlava soffocata dal bavaglio come fosse un maiale sgozzato e cercava di dimenarsi come una pazza ma le braccia che la trattenevano erano troppo forti e come unico risultato otteneva solo di sodomizzarsi meglio col cazzo dell'uomo che le stava sotto. Dopo un po' smise anche di contorcersi e urlare continuando a singhiozzare mentre le lacrime le solcavano il viso. La mano la scavò lentamente, i tessuti cedevano, piano ma si dilatavano e dopo almeno mezz'ora di lavoro a forzare la sua apertura le nocche borchiate arrivarono a toccare la pelle della vagina straziata. Mentre il metallo passava spietato Teresa ricominciò ad urlare e dimenarsi ottenendo sempre lo stesso risultato. Alla fine, tra le convulsioni della donna, la mano entrò nel suo sesso fino al polso e li l'uomo cominciò a ruotarla mentre la chiudeva a pugno e la riapriva ordinando al suo compagno di incularla. Sfruttando la mano nel suo sesso la alzava di peso e poi la riabbatteva nel cazzo che le tappava l'ano mentre l'uomo sotto la sbatteva in controtempo, ne venivano fuori degli affondi violenti nel culo della ragazza reso strettissimo dall'invasione del suo sesso. In breve nuova sborra le si riversò nel culo e il capo tirò fuori la mano chiusa a pugno dal sesso. Il dolore fu talmente forte che Teresa, finalmente libera, si rotolò su se stessa tenendosi la fica e piangendo disperatamente:
“vieni qui, vieni qui, non è ancora finita, devi fare venire noi due e visto che si è fatto un po' tardi abbiamo deciso di venirti tutti e due nel culo ma contemporaneamente, vedrai, facevi tanto la troia a inizio serata, ti piacerà”
Teresa, ormai inerme, venne presa di peso e impalata sull'ultimo sgherro che ancora non era venuto e che si era sdraiato a terra per penetrarla, si accasciò indifesa sul suo corpo schiacciando le grosse tette sul suo petto. Il capo iniziò ad attuare il suo sadico piano, fare entrare la cappella nello stretto buco già occupato fu molto arduo e la donna subì l'operazione singhiozzando per quanto le permetteva il bavaglio, una volta superato quell'ostacolo però bastò un forte colpo e tutte e due i membri entrarono nell'ano martoriato che si allargo oscenamente.
Iniziò così un'ultima, lunga cavalcate fra le chiappe di Teresa che si sentì sconquassate dai due membri contemporaneamente come se le arrivassero fino al cervello. Alla fine il suo stomaco ricevette gli ultimi due pieni di sborra mentre urla atroci venivano azzittite dal bavaglio e lei venne scaraventata a terra in malo modo.
Anche i due sgherri andarono a riposarsi soddisfatti e Teresa restò sola con il capo e, quasi in trans, lo sentì dire:
“mi dispiace bella ma ormai di te non ce ne facciamo nulla, saresti solo una bocca da sfamare, faccio prima ad ammazzarti”
Incapace di muoversi, mentre guardava l'uomo prendere un coltello ed avvicinarsi a lei riusciva solo a pensare:
“non può finire così, ci ero andata così vicina, mancava così poco”
Poi, come si trattasse di un sogno, vide una spada lunga, larga quasi due palmi, spuntare dal petto di colui che voleva ammazzarla mentre un'espressione stupita si dipingeva sul sui viso morente. Cinque uomini vestiti di bianco e armati di enormi spade a due mani alte quasi quanto un uomo si muovevano per il campo silenziose falciando le vite di quelli che l'avevano ridotta in quello stato. Uno in particolare, il più alto, sembrava danzare con quell'enorme spada in mano come se stesse maneggiando un leggero fioretto e ad ogni movimento una vita veniva meno. Ci vollero pochi secondi perché tutti i banditi venissero sterminai e poi proprio quell'uomo le si avvicinò, le tolse il bavaglio, la coprì con il suo mantello e la sollevò sulle braccia come fosse un fuscello. Teresa svenne lasciandosi abbracciare del buio.
CONTINUA' IL RACCONTO TI E' PIACIUTO? LO HAI ODIATO O ALTRO? DARE UN'OPINIONE AIUTA A MIGLIORARSI glorfindel@email.com
0
voti
voti
valutazione
0
0
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Io schiava MAI - Cap. 3racconto sucessivo
Una storia vera - Cap 5
Commenti dei lettori al racconto erotico