Jessica - Solo per Amore - Cap. 7
di
Glorfindel
genere
dominazione
CAPITOLO 7
Quando mi svegliai la mattina, le coccole di quel morbido letto tornato finalmente ad essere mio mi avvolsero piacevolmente ma non furono nulla in confronto al sentire, nel buio totale della stanza, il suo odore vicino a me. Lo cercai con la mano, volevo riprendere le vecchie abitudini di prima del nostro litigio, lo trovai, la sua schiena nuda, la accarezzai lentamente, la assaporai mentre mi avvicinavo a lui fino ad aderire con il mio corpo al suo, completamente nudi entrambe, mi mancava così tanto, cinque giorni passati con lui presente ma al contempo completamente assente, arrabbiato a tal punto da non considerarmi neanche più un essere umano ma solo un oggetto spregevole. Cinque giorni come sperduta in una landa ghiacciata battuta da venti tanto freddi da tagliare la pelle ed ora avevo bisogno di calore e stavo cercando di ottenerlo mentre la paura del rifiuto scorreva nelle mie vene e la mia mano scorreva sul suo corpo in una movenza familiare con cui spesso lo avevo risvegliato e che lui sapeva bene cosa significasse ma poi la sua mano blocco la mia prima che raggiungesse il suo obbiettivo e tutto si incrinò, non era ancora finita la nostra separazione.
…
Mi destai lentamente per il frusciare di qualcosa sempre più vicino al mio corpo, mi ci volle un istante ma subito ricordai l’abitudine a quella presenza che mi sembrava mancasse da dieci vite. Protetto dal buio totale dell’ambiente sorrisi felice, felice che fosse li, felice che fosse lei e solo lei, felice che fosse finita quella rabbia indomabile che mi aveva governato per cinque giorni. La sentii avvicinarsi sempre più, le sue mani che percorrevano il mio corpo facendosi sempre più audaci fino ad eseguire la mossa finale, amata abitudine di cui sentivo una mancanza feroce, avvertii la sua mano partire dalla spalla e iniziare a scendere come in un lungo abbraccio e come per le scene vissute mille volte, come per le scene che speri di rivivere mille volte, come proiettato in quell’oscuro telo che ci avvolgeva, in un flash, riuscii a vivere tutto quello che avrebbe fatto da li a poco. La sua mano avrebbe continuato la sua corsa verso il basso fino a trovare il mio pene turgido, lo avrebbe afferrato con decisione e segato lentamente per tutta la sua lunghezza mentre con la lingua avrebbe disegnato complicati arabeschi sulla mia schiena. In breve mi avrebbe fatto girare a pancia in su continuando la sua lenta sega mentre si occupava dei miei capezzoli con la lingua, le labbra, i denti. Una volta soddisfatta dei miei respiri si sarebbe abbassata passando ad un lungo, intenso, pompino. Tutta la sua abilità sarebbe stata al mio servizio per trasmettermi più sensazioni possibili, baciare e leccarmi nei posti che ormai conosceva così bene tenendomi sulla punta dell’orgasmo per un tempo lunghissimo, con maestria. Si sarebbe poi staccata per risalire sinuosa sul mio corpo e trovato il mio orecchio, con le morbide labbra avrebbe sussurrato: “cosa vuoi scopare di me questa mattina padrone” Non pensai alla risposta che le avrei dato perché la mia mano stava bloccando la sua sul mio ventre interrompendo quello splendido rito. Sentii la delusione, la paura, il dolore attraverso la pelle del suo braccio mentre la certezza che la stessi allontanando di nuovo la invadeva.
…
Con le orecchie sentii che si stava girando verso di me e con la pelle sentii il suo corpo che si accomodava sopra il mio, le sue gambe ad aprirmi le gambe, le sue braccia ad alzare le mie sopra la testa, quella posizione gli piaceva tanto perché mi lasciava indifesa, il mio cuore piombò nella tristezza più nera mentre attendevo, completamente cieca, il colpo che mi avrebbe sicuramente raggiunto da qualche parte, mentre attendevo che la mia punizione per quello stupido capriccio di vendetta continuasse, mentre mi rassegnavo a non avere calore neanche oggi ma solo odio e distacco e poi arrivò, leggero, morbido, delicato, un bacio, senza libidine, senza ardore ma così caldo, sincero, umano, un lungo bacio fatto di mille baci a fior di labbra, non vi era rabbia, non vi era sesso, non vi era nulla e al contempo un senso di umidità sulle mie guance e la sua voce che così non avevo mai sentito.
…
Ero li, sopra il suo morbido corpo, lo stesso corpo che avevo odiato e trattato come infimo oggetto per giorni, quello splendido corpo per cui ora non vi era più odio in me, ero guarito riflettendo e mi ero reso conto che non ero certo esente da errori nella nostra relazione, mi ero reso conto di avere esagerato nella reazione, mi ero reso conto di quanto ero andato vicino a perderla e di quanto grave sarebbe stato il mio errore. Ero li sopra di lei, le mani bloccate con ferma delicatezza, le gambe aperte ai lati delle mie, docile e indifesa ed ancora, incredibilmente, pronta a tutto per me e in quel momento, proprio mentre iniziavo a parlarle, al di fuori di ogni mio controllo, nascoste nella nostra cecità forzata con le parole uscì anche qualche lacrima.
Uscirono parole dalla mia bocca per infiltrarsi nella sua mente,
uscirono parole dalla sua bocca che si infiltrarono nella mia mente:
“mi sono sentito ferito, geloso, hai donato una parte di te, seppur piccola e breve, una parte che mi apparteneva, l’hai donata ad un altro ed io sono impazzito, in me c’era la consapevolezza che quel gesto che avevi compiuto non era enorme ma la rabbia, non ero pronto a provare tanta rabbia, non sapevo di tenerci tanto e il tradimento mi ha reso folle”
…
Le labbra a sfiorare le labbra così che ogni parola si tramutasse in un velato bacio:
“ti giuro, ti giuro, nella mia mente non ti stavo tradendo, è stata una reazione involontaria, mi sono sentita attaccata e ho usato le armi che tu mi hai insegnato ad usare. Solo minuti dopo mi sono resa conto di ciò che avevo fatto veramente ma se ho lasciato avvicinare un essere indegno di te a ciò che ti appartiene ti assicuro che neanche per un istante si è avvicinato alla mia anima, li c’è spazio unicamente per te che me l’hai fatta scoprire e ti assicuro che mai più farò un’idiozia del genere, perdonami ti prego”
Liberai le mani dalla sua stretta e lo cinsi a me tirandolo con tutte le forze che avevo, era così vicino, così dannatamente vicino, non potevo lasciare che si allontanasse, non glielo avrei permesso.
…
Le sue braccia sul mio collo, mi tirava con tutta se stessa, sorridevo appagato del suo desiderio di riavermi e mi lasciai trascinare. In quella posizione, come inevitabilmente, la penetrai, la penetrai come se fosse una cosa scontata, non era il sesso a guidarci ma la semplicità di rimettere le cose com’è normale che stiano, come due parti dello stesso unico che si ritrovano.
…
Lo sentivo penetrare in me mentre tutto il corpo mi si avvicinava, non c’era libidine, era solo il cercare di avere più pelle possibile a contatto l’uno dell’altro, lo stringersi non per volersi semplicemente abbracciare ma come se fosse possibile amalgamarsi, fondersi.
…
“ti credo, ho capito cosa avevi provato trovandoti di fronte quell’uomo nel momento stesso in cui me lo hai raccontato, sapevo che, seppur il tuo comportamento sia stato inaccettabile, non vi era traccia di tradimento ma il possesso che provo per te, il sentimento di sentirti mia e mia soltanto hanno scaturito una rabbia che non sono riuscito a domare, il modo in cui ti ho trattato è stato ingiusto, esagerato. Non sto dicendo che il tuo non sia stato un errore ma, Jessica, per la mia reazione a quell’errore ti sto chiedendo scusa, come uomo e non come padrone, come donna e non come schiava, sempre se è possibile distinguere le due cose, ti sto chiedendo scusa.
Jessica, all’inizio di questa nostra relazione io ti ho forzata e sfidata in tutti i modi, frustata in maniera disumana, ho approfittato di te quando ancora non provavo nulla nei tuoi confronti, ho fatto di tutto per farti cedere e dimostrarti che sbagliavi su di noi. Beh, Jessica, in questo momento, mentre i nostri corpi sono legati, mentre il buoi ci circonda allontanando il tempo stesso ti dico anche un’altra cosa; Grazie, se siamo qui ora è merito tuo, se posso dividere la mia vita con la giusta metà di me stesso il merito è tuo”
…
Quelle parole mi attraversarono il cervello come una lancia, fui travolta da un improvviso liberarsi di tutte le emozioni provate da quando lo avevo conosciuto, per la prima volta smisi veramente di sentirmi quella che cercava in tutti i modi di conquistarlo e lo sentii mio e mio soltanto, lo sentii mio di diritto. Per quanto i nostri occhi non potevano vedersi mi sentivo come trafitta dal suo sguardo e dovetti nascondere il viso fra il suo collo e la spalla, mi sentivo bruciare, avvampare di gioia mentre dondolavamo lentamente avvinghiati l’uno all’altro come stretti da una morsa.
…
Mi sentivo leggero, aver ammesso le mie colpe verso quella donna che non aveva mai mollato mi avevano liberato. Ora mi era possibile accettare quello che provavo, accettarlo con me stesso e tutto mi sembrava diverso. Continuai a dondolarmi con lei avvinghiata a me, non era sesso, non un sesso che conoscevamo almeno e le sue parole mi arrivarono come da lontano, come sei lei fosse perduta chissà dove:
“fammi venire, ti prego, sono affogata nel tuo odio per infiniti giorni e ho temuto che non avrei più sentito il calore che mi avvolge ora, lo so che un orgasmo sembra un’espressione quasi meschina dei sentimenti che proviamo ora ma ti prego, amami, nell’unico modo in cui lo hai fatto fino ad oggi perché ho bisogno di qualcosa di familiare, di qualcosa in cui credere mentre mi perdo nel sogno di questo momento”
…
Non dissi una parola, le afferrai i capelli con dolcezza e le feci abbassare il capo sul materasso, non potevo vederla eppure la vedevo come fosse luminosa, uscii un po’ dal suo sesso e poi, sincronizzandomi con i suoi respiri rientrai, senza violenza, pensando solo a lei, il suo viso che si torna a nascondere nel mio collo, ogni respiro un affondo intenso quanto delicato, ogni respiro seguito da un respiro più lungo, da un affondo più lungo, ogni respiro il suo viso a nascondersi più a fondo nel mio corpo, li abbracciati sentii la sua eccitazione crescere senza diventare famelica, li abbracciati sentii il mio piacere salire senza diventare animale. La pelle che scorreva sulla pelle sempre più lubrificata, i suoi mugoli soffocati che sembravano raggiungere le mie orecchie attraverso il cuore, suoni di un piacere crescente che sembravano a metà fra l’estasi e le lacrime. Le gambe che mi cingevano i fianchi mentre la fica sembrava come allargarsi per ospitarmi meglio. Lunghi affondi che mi lasciavano ad invaderla in profondità sempre più a lungo mentre attendevo il respiro successivo e poi i primi tremiti, il suo corpo attanagliato al mio, riuscivo a sentirlo fremere ovunque e l’accompagnai seguendo solo i suoi ritmi, pensando solo a lei finché i suoi muscoli non si contrassero intorno al mio cazzo, scattanti, frenetici mentre soffocava l’orgasmo tanto desiderato nella mia pelle.
Continuai con delicatezza, non era proprio il suo genere di sesso, non era certo il mio ma in quel particolare momento mi sembrava l’unico adeguato e poi finalmente le sue braccia, le sue gambe allentarono la presa, io mi spostai sul fianco tenendola sempre vicino a me, non ero venuto ma era l’ultimo dei miei pensieri. Ero grato a quella donna per tutto quello che caparbiamente aveva fatto per noi ed ora finalmente tutti gli errori compiuti, tutte le sciocchezze dell’apprendere come stare insieme erano state curate e non vi erano più segreti o sensi di colpa ad ostacolare la nostra relazione.
…
Travolta da tutti quei sentimenti mi stavo come perdendo e l’unica cosa a cui mi riuscì di pensare furono quegli orgasmi che erano sempre stati il nostro modo di comunicare, per quanto fuori luogo in quel momento di puro sentimento quell’idea fu l’unica a cui riuscii ad aggrapparmi e lui la rese reale. Mentre si muoveva lentamente in me, come se fosse me, il corpo mi si risvegliava e tutto quello che mi aveva investito prendeva forma, diventava realtà. Il sentirlo così mio mi fece come regredire e solo il riparo che offriva il suo corpo al mio volto mi permettevano di vivere a pieno quel misto di insicura timidezza legata ad orgoglio e soddisfazione. Lasciai che mi guidasse fino a sfogare tutto ciò che in eccesso mi stava stordendo e ritrovai la via per assaporare il gusto di quell’attesa vittoria.
...
Facemmo colazione assieme quella mattina, seduti sul divano della nostra sala, ambedue in pigiama, le avevo dato il permesso di vestirsi con un ghigno malefico in viso ma mi ero fatto rincorrere per tutto l’appartamento da lei nuda mentre fuggivo con i suoi indumenti. Avevamo riso a crepa pelle, lei che mi lanciava addosso anatemi di ogni genere mentre io usavo ogni mobile come scudo per non farmi prendere. Alla fine la feci vincere pretendendo in cambio un bacio appassionato. Lei si avvicinò a me e mise le mani dietro la schiena come l’avevo vista fare mille volte, il nostro rito, così familiare. Si sporse per baciarmi mentre io lasciavo cadere il suo pigiama per afferrarle i capezzoli fra le dita e tirarla a me, non strinsi, non sentivo alcun desiderio di farle male e ci baciammo in modo appagante.
Restammo li, uno vicino all’altro per lunghi secondi, labbra che si sfioravano appena e occhi negli occhi mentre parole mai dette si facevano ancora attendere poi lei si abbassò di scatto, rubò il pigiama e si buttò sul divano. Era sabato e non avevamo particolari impegni. C’era un’atmosfera rilassate, tutto l’odio era svanito e aveva lasciato un ambiente molto più felice di prima.
Alla TV un sit com divertente fece da preambolo alla sua voce:
“Allora organizzo la cena con Teresa per questa sera?”
La sua domanda conteneva molte domande diverse e importanti, ci avevo già riflettuto molto da solo:
“Onestamente, visto che ti sei concessa in un certo senso ad un altro, la mia idea era che trovavo giusto che fossi proprio tu a concedere a me un’altra ma, visto che ho ammesso che il tuo non era un vero tradimento, per essere coerente con le mie parole e considerando che anche io ho fatto in precedenza degli errori penso di poter soprassedere”
Lei mi guardò intensamente, se prima sorrideva ora vi era solo serietà, stava riflettendo e lo stava facendo su qualcosa che riteneva veramente importante e poi:
“Quello che mi hai detto questa mattina, a quelle parole io ho creduto quindi, come spesso ho fatto per te, vado contro la mia natura insicura e punto tutto, ciecamente, su di noi. Se donarti il corpo di una sconosciuta ti allontanerà da me, arrivati a questo punto, meglio saperlo subito perché non varrebbe la pena andare avanti quindi, visto che sei il mio padrone, io come schiava voglia ripagarti donandoti almeno dieci volete più di quello che ti ho sottratto”
La vidi allontanarsi per andare in bagno ma poi, con gesto volutamente teatrale si girò per aggiungere:
“Però saremo noi a scoparcela non solo tu”
Il nostro rapporto era cambiato, un nuovo balzo evolutivo, non era più una schiava fatta solo per compiacermi, era una schiava d’amore, una complicata combinazione di rispetto reciproco contornato da una completa abnegazione da parte sua che rendeva lei schiava assoluta di ogni desiderio di un padrone che naturalmente, spontaneamente si trovava a desiderare solo cose che lei sentiva giusto fare, non cose che le piacessero per forza, quello non contava nulla ma cose che in quanto schiava sentiva come suo dovere dover fare, sentiva giusto dover esaudire, desiderava intensamente donare anche ciò che non desiderava fare solo perché sentiva che il suo padrone lo meritava per il fatto stesso di essere quel tipo di padrone.
Mentre sentivo il rumore della doccia, mentre immaginavo l’acqua venarle il corpo come pioggia su un vetro non potei fare a meno di chiedermi se avessi perso potere su di lei. Ammettere i dubbi, le colpe che mi galleggiavano nell’anime mi permetteva si di potermi offrire a quella donna in totale sincerità ma mi privava anche della mia arma più affilata. Non ero più l’uomo dubbioso di lei che la valutava giorno per giorno quasi aspettasse il suo errore a dimostrazione che era la donna sbagliata. Le mie parole di quella mattina ci avevano messo, per quello che è il rapporto di coppia, allo stesso livello. Ora era chiaro che io desideravo lei quanto lei desiderava me. Il dubbio di perdere mordente su Jessica mi attanagliava e, pensieroso, non mi accorsi neanche che mi stava osservando dalla porta del bagno.
…
Mentre l’acqua bollente si riversava sul mio corpo le parole di quella mattina cercavano ancora un ordine dentro di me. Dopo aver passato mesi a dare per dimostrare il mio valore, dopo aver passato mesi a rincorrere il mio obbiettivo finalmente ero giunta e sentivo come una sensazione di vuoto. Mentre il tessuto dell’asciugamano si strusciava sulla pelle per strappare via l’umidità mi sembrava come di percepire i sui pensieri inquieti, andai alla porta e li mi fermai ad osservarlo capendolo nel semplice guardarlo:
“amore mio, non sono una sciocca, i sentimenti di questa mattina, quel tipo di sentimenti sono una cosa dolce ma nulla può cambiare la natura di un uomo o di una donna, tu sei il mio padrone incontrastato ed assoluto e questa cosa è verità, semplice e indiscutibile verità”
…
Le sue parole furono esattamente quelle che avevo bisogno di sentire, giusta e ideale per me nel suo modo di essere aveva capito i miei dubbi senza che glieli spiegassi e li aveva dissipati. Ora tutto era chiaro ed aveva un senso, non era più schiava ma la mia schiava come io ero definibile padrone perché ero il suo padrone. Brividi mi percorsero la pelle.
...
Otto e trenta, suona il campanello, Teresa aveva accettato volentieri il mio invito, sorretta da tacchi vertiginosi vado ad aprire sfoggiando una sicurezza che in realtà non avevo. Vidi la sua bocca restare spalancata mentre gli occhi correvano, impreparati, sul mio corpo nudo fermandosi un attimo sul piercing per poi distogliersi imbarazzati.
“Jessica, sei diventata proprio una sfacciata, sei in ritardo eh? dai corri a vestirti, aprire la porta tutta nuda? e se fosse stato il vicino?”
…
La vidi far entrare la disorientata amica e poi richiudere la porta. Il viso che trasmetteva indifferenza mascherando perfettamente l’agitazione che sapevo in lei. Senza dire una parola le diede le spalle, si diresse, ondeggiando, verso la poltrona su cui ero adagiato io e si sedette sul tappeto ai miei piedi lasciandosi accarezzare distrattamente i morbidi capelli. Ora Teresa era veramente disorientata.
“Ciao Teresa, è un piacere rivederti ma devo chiederti subito una cortesia; posso immaginare quante domande e ipotesi ti girino nella mente ora davanti a questa scena ma ti prego di aspettare a prendere qualunque decisione finché non avrò finito di parlarti, puoi?”
Solo un cenno di assenso con il capo, era difficile decifrare le sue espressioni tante erano le emozioni contrastanti che le percorrevano il viso.
Teresa, 1,55 centimetri ad occhio, capelli scuri, lisci che le arrivavano fino all’altezza del seno prosperoso, una quarta almeno messa in risalto da un’abbondante scollatura, non propriamente magra ma semplicemente morbida quanto basta. Labbra carnose incastonato in un viso capace di passare da allegro e spensierato a impertinente e vizioso in un istante. Un vitino grazioso come preambolo ad un culo sodo, prepotente ed invitante sorretto da cosce morbide che promettevano beata comodità nel possederla.
Avevo provato quel discorso nella mia mente per tutta la giornata e fatto un respiro profondo incominciai a tessere la mia tela:
“Jessica è la mia schiava ed io il suo padrone, ti considero abbastanza intelligente da non cadere in scontati luoghi comuni, posso assicurarti che nel nostro rapporto non vi è costrizione, non c’è nessuno da salvare qui. Sono sicuro che ritrovando Jessica dopo tanti anni tu abbia notato l’incredibile crescita che ha avuto, la sua sicurezza riflessa nella sua immagine, la felicità nel vivere la vita, queste cose sono frutto del nostro rapporto. Non è plagiata, costretta, ricattata o quant’altro, è qui, siamo qui perché è qui che liberamente, in modo appagante, abbiamo scelto di essere. Siamo qui perché questo rapporto e il rapporto migliore e più vero per noi. Sperando che tu creda alle mie parole voglio dirti che non ho potuto non notare, durante la nostra precedente cena, il luccicare dei tuoi occhi mentre facevo battute, sottintendevo, alla nostra unione nella dominazione, tu hai sicuramente pensato che le mie fossero solo battute, scherzi ma io, comunque, ho percepito in te tensione, curiosità, forse desiderio. Per questo sei qui oggi, spero tu non abbia fame perché non vi è cibo, sei stata invitata per darti la possibilità di vedere con i tuoi occhi, vivere con i tuoi sensi una situazione che credo ti intrighi. Ora noi due scenderemo al piano di sotto a vivere la nostra serata, se mi perdoni la citazione, hai due possibilità, o prendi la porta e te ne vai o scendi nella tana del bianconiglio a scoprire la verità su di noi, forse su di te. Qualunque cosa sceglierai sappi che l’alba di domani cancellerà tutto quello che succederà da ora in poi, tutto sparirà e nessuno ne saprà mai nulla, per rimanere in tema di citazioni, sarà il sogno di una notte di mezza estate.
Senza staccare gli occhi dai suoi presi Jessica per la mano, la feci alzare mentre mi alzavo e mi diressi al piano di sotto, dentro di me nervosismo, ansia, eccitazione.
…
Ascoltai le sue parole fissando negli occhi Teresa con sguardo sicuro, rilassato, sereno a dare veridicità a tutto quello che le veniva detto. Sollevata per una mano mi alzai insieme al mio uomo e mi feci accompagnare al piano di sotto. Dentro di me nervosismo, ansia, eccitazione.
...
Passarono diversi minuti nel silenzio più totale, la nostra tavernetta dedicata al sesso era in penombra tranne che per un’unica lampada a soffitto che illuminava il corpo di Jessica con un cono di luce, le mani in alto, legate e fissate ad un anello che pendeva, sui suoi occhi una benda scura di morbida seta a privarla della vista, sul corpo null’altro, neanche il piercing che avevo tolto appena arrivati di sotto, era un oggetto delicato in un punto delicato e richiedeva la giusta attenzione ed esperienza durante i nostri giochi. La luce investiva perfettamente il corpo teso della mia donna e si diffondeva, leggera, nel resto della stanza dove avevamo messo in bella mostra tutti i nostri giochini erotici. Il tempo trascorreva lento mentre io mi trastullavo distrattamente stuzzicando i capezzoli turgidi di Jessica, ero nervoso e forse stavo esagerando un po’, senza volerlo, al giudicare da come si contorceva il suo corpo nel silenzio. Non era il momento, non volevo, la lascia e le diedi un bacio in mezzo al seno come a scusarmi ed è li che sentii il rumore.
…
Mi lasciai legare, bendare, il mio ruolo era chiaro, io ero l’esca per attirare la sua preda, se lui era il ragno io ero la ragnatela. Stranamente non provavo gelosia e neanche paura. Essere donata, legata e indifesa, a quella che alla fine era una sconosciuta credo che avrebbe dovuto terrorizzarmi ma in quella stanza c’era lui, in quella stanza mi sentivo al sicuro. Stringeva e contorceva i miei capezzoli mentre attendevamo, lo faceva forte, mi faceva male mentre sentivo i miei umori invadere il sesso. Non credo si stesse accorgendo della forza che ci metteva e a me piaceva essere il suo sfogo ma per quanto riuscissi a non emettere fiato non riuscivo ad evitare di contorcermi un po’ per il dolore. Alla fine se ne dovette accorgere, mi lasciò subito e sentii un dolce bacio in mezzo ai miei seni. Va tutto bene amore mio, continua pure anche tutta la vita ma non dissi nulla mentre un rumore giungeva alle mie orecchie dall’oscurità, non era una porta che si chiudeva ma tacchi che percorrevano le scale.
…
La guardai scendere lentamente, insicura mentre il suo sguardo precedeva i passi, arrivò e iniziò a guardarsi intorno smarrita mentre gli occhi si adattavano all’oscurità. All’inizio vide solo Jessica, legata, appesa, bendata, illuminata e poi, mano a mano che le pupille si allargavano per adattarsi alla scarsa luce, il letto, le fruste, i falli, le corde e tanti altri accessori. Mi allontanai da Jessica sparendo nella penombra e da li mi avvicinai silenzioso a lei. Appoggia le mani sui suoi fianchi da dietro, ebbe un leggero sussulto e poi, vicino al suo orecchio sussurrai:
“Benvenuta, la c’è Jessica, l’ho preparata per te, puoi farne ciò che vuoi, non vi sono regole e non devi trattenerti, lascia che la parte più nascosta di te venga alla luce senza preoccuparti di nulla, io sarò sempre qui vicino a te e guiderò le tue azioni nel caso prendessero una strada che è meglio non percorrere ora quindi sentiti completamente libera da ogni vincolo o responsabilità. Penserò io a proteggerti e tu dovrai rispettare una sola cosa, ti è proibito parlare, se vuoi fare qualcosa non dirlo parlando ma fallo con le azioni, con il corpo. Se dirai una sola parola il gioco finirà.
Di nuovo raggiunsi un angolo per farmi ricoprire dalle tenebre.
Teresa iniziò a girare intorno a Jessica osservandola sconvolta, avrei voluto poter sentire i suoi pensieri in quel momento, non si avvicinò mai molto, restò sempre fuori dal cono di luce come a nascondersi poi passò ai vari accessori a sua disposizione, allungò una mano a sfiorarli e li studiò a lungo mentre il silenzio ci circondava, stava sicuramente cercando di immaginare gli usi possibili di ogni singolo gioco che trovava davanti a se e poi fece la cosa più ovvia, cadde infine in un luogo comune e come inizio, come primo gesto di quella su nuova esperienza prese una frusta, la osservò a lungo e poi si diresse con passo insicuro verso la sua preda.
Purtroppo prese una frusta di quelle pericolose, realizzata ad intreccio in pelle nera era lunga 180 centimetri, un oggetto che anche io usavo con estrema cautela e mai se non ero completamente calmo e sereno. Era una frusta capace di lacerare, non era semplice da adoperare e se sfuggiva al controllo poteva tagliare la pelle come una lama ma mi affidai all’inesperienza di Teresa convinto che difficilmente avrebbe avuto grossi risultati con quell’attrezzo. Ero teso ma restai a guardare.
…
Sentii dei bisbigli appena Teresa ci raggiunse, non riuscivo a capire ma immaginavo che vicino al suo orecchio le stesse bisbigliano le regole del gioco. Dopo ci fu un lungo silenzio, forse dei passi attutiti dalla moquette, mi sembrava di essere completamente sola in una bolla lontana da tutti poi mi raggiunse un rumore di aria tagliata, schiocchi deboli, una frusta credo, le fruste erano strumenti strani per me, alcune le adoravo per quell’intenso dolore che mi procuravano senza però ferire, senza arrivare troppo in profondità, descrivevo quel dolore che era possibile godersi fino in fondo. Altre però mi terrorizzavano per la loro capacità di incidere, ferire, entrare nella carne e quelle che schioccavano erano proprio quelle che facevano paura, sudore mi scorreva sul corpo mentre l’eccitazione mi invadeva.
…
Osservai la mia preda mentre cercava di prendere dimestichezza con il suo nuovo gioco, com’era prevedibile faceva fatica ad utilizzarla anche se ad ogni tentativo che faceva migliorava un po’ i risultati. Si fermò, guardò Jessica da dietro, la sua schiena esposta, fece qualche passo in avanti e con tutta l’insicurezza che il momento doveva farle provare menò un colpo. La frusta colpì Jessica sulla schiena praticamente senza fare rumore, era la parte larga della frusta, quella spessa più vicina all’impugnatura che colpì; tranne che un sobbalzo per la sorpresa Jessica non ebbe reazioni, il colpo era stato leggero, una carezza. Teresa era caparbia, uno dopo l’altro mollo altri colpi e ogni volta cercava di prendere le misura, tra ogni colpo una lunga pausa come stesse riflettendo, ad ogni colpo il suo braccio era più sciolto mentre cominciava a credere nella situazione. Jessica li subiva tutti apparentemente senza troppo sforzo, certo alcuni dovevano aver fatto male ma nulla che potesse infastidire il mio angelo poi ci fu uno schiocco. Teresa aveva fatto un ulteriore passo indietro ed era riuscita a far scivolare la frusta in aria in modo omogeneo, scorrevole, la parte sottile della pelle intrecciata trovò la pelle di Jessica, si arrotolò intorno alla sua schiena, vi girà intorno e la punta finì la sua corsa proprio sul seno destro con un forte schiocco. Quando la frusta ricadde a terra un lungo segno rosso si estendeva da metà schiena fino a pochi millimetri da un capezzolo. Un mugolo intenso fu soffocato mentre Jessica si issava sulla corda a cui era appesa tirando le gambe verso il corpo per il dolore improvviso. Vidi come un sorriso in Teresa per il risultato raggiunto, mi aveva ascoltato e non si stava frenando, era già pronta a sferrare un altro colpo quando la mia mano le cinse delicatamente il braccio fermandola. La guardai negli occhi e non potei fare a meno di sorridere vedendo quanto era stravolta, il respiro pesante, sudore ad imperlarle il corpo:
“usa questa, ti permetterà di sfogarti come vuoi e quanto vuoi molto meglio”
Le passai una frusta a nove code molto leggera, non era in pelle, le frange erano morbide, quasi ovattate, era la preferita di Jessica ma questo a Teresa non lo dissi.
Lei guardò quel nuovo oggetto come ragionandoci poi si rese conto di avere caldo, si tolse la giacca e sbottonò la camicia mettendo in mostra il seno prosperoso. Mentre si spogliava io mi avvicinai a Jessica, percorsi con un dito, lentamente, il lungo segno rosso sul suo corpo, Teresa non si accorse di nulla, appoggiai appena le labbra sulle sue sussurrandole: “tutto bene?”
…
I colpi che mi arrivavano non erano dolorosi, la frusta era usata nel modo sbagliato, la mia schiena veniva colpite da una parte troppo spessa e ne risultava poco più di una botta, quasi mi dispiaceva, quell’esecuzione così sgraziata mi stava facendo passare l’eccitazione ma poi i colpi andarono mano a mano migliorando, sentivo la pelle colpita in modo più intenso e il calore nel ventre si riaccese insieme alla paura che i colpi potessero divenire troppo intensi. Sentivo il respiro di Teresa alle mie spalle, affannato, pesante, si stava lasciando andare e poi ci fu lo schiocco. Come se una lama mi avesse tagliato da metà schiena fino a un seno, era stato improvviso, terribilmente più intenso dei precedenti, trattenere l’urlo spontaneo che stava per uscirmi fu impegnativo mentre mi contraevo fino a sollevarmi da terra ma poi, rapidamente rimase solo il bruciore che andò attenuandosi nel silenzio che era tornato.
Un dito a percorrere la carne arrossata, labbra che toccano le mie labbra e la sua voce “tutto bene?”, lo bacia avidamente, come volessi mangiarmelo, mi protesi in avanti al meglio che potevo per cercare di catturarlo, legata, accecata, mi mancava tanto e lui mi assecondo, ricambiò il mio bacio per il tempo necessario poi gli sorrisi e dissi “si amore, tutto bene”, lui si staccò sparendo di nuovo ma lo sentii sussurrare “non avere paura”. Non capii bene cosa volesse dire ma poco dopo una pioggia di colpi incominciò ad investirmi, forti, veloci nel susseguirsi, abbracciavano la schiena, il culo, le gambe ripetendosi ad un ritmo serrato. Conoscevo chi mi stava colpendo, amavo quell’oggetto, era quello che mi faceva provare quel tipo di sottile dolore che più mi eccitava e sorridendo mi abbandonai alle sue intense carezze mugolando.
…
Osservai Teresa dare sfogo a tutta la sua rabbia, quell’oggetto leggero le permetteva di sfogarsi con brutalità, non aveva idea che per quanto forza ci mettesse le avevo tolto la possibilità di far provare alla mia compagnia più dolore di quanto le piacesse provare. Non era sua, era mia e non le riconoscevo il diritto di farle del male ma nella sua testa questa mia consapevolezza non c’era. Continuò a lungo, ansante, sudata, si liberò della camicia restando solo con il reggiseno a sorreggere le enormi mammelle. Alla fine i colpi rallentarono, il suo braccio era divenuto pesante e il viso era tramutato da sentimenti che non sapeva di poter provare. Con il fiatone si spostò di fronte a Jessica, per la prima volta veramente vicina a lei, le strappò la benda da sopra la testa e con il viso a pochi centimetri dal suo le sputò in faccia tutto quello che provava:
“non ho finito con te puttana, ora ti frusterò queste tue tettine e poi toccherà alla fica”
…
Lascia che i colpi mi invadessero, familiari, appaganti mentre immaginavo che fosse lui a colpirmi poi si fermò, la sentii avvicinarmi a me con foga e strapparmi la benda, la luce mi invase gli occhi costringendomi a chiuderli mentre la sentivo vomitarmi addosso tutta la sua libidine fuori controllo. Appena riuscii ad aprire gli occhi cercai lui e lo trova subito, nell’oscurità, nello sfondo della stanza, sorrideva, gli sorrisi e quando Teresa mi disse di volermi frustare i seni, le fica, con il coraggio della certezza del mio uomo alle sue spalle alzai una gamba lasciando indifeso il mio sesso ad ogni colpo.
…
Teresa restò disarmata da come Jessica si espose volontariamente ai suoi colpi, restò senza parole per qualche secondo poi, come posseduta, fece un passo indietro e sferrò una frustata dal basso in alto a colpire proprio in mezzo alle gambe di Jessica, lei fece un mugolo ma non richiuse le gambe, sapevo quanto piacere le dava essere colpita da quella morbida frusta sul sesso. Teresa attese un attimo per vedere il risultato del suo colpo poi, vedendo Jessica insistere del donarsi ne diede un altro e poi un altro aspettandosi di vederla cedere, non aveva la minima idea di quanto fosse lontana dal riuscirci, getto a terra la frusta, afferrò il collo di quella che credeva essere la sua schiava e con l’altra mano le afferrò forte la fica, stringendola, con il viso a pochi millimetri l’una dall’altra e le ringhio contro: “ora ti scopo puttana”. Jessica la baciò, un bacio inaspettato, intenso, che la travolse, la incatenò a lei con le labbra e fece dissipare la rabbia incontrollabile che l’aveva avvolta, la baciò fino a che non sentì che l’unica cosa che rimaneva era la libido e il bacio, piano piano, si tramutò nel bacio di due donne, leggero, intenso, saffico poi si staccò e le disse: “scopami”
Teresa tornò in se, abbandonata quella reazione furiosa a tutto il potere che le era stato regalato all’improvviso riprese il controllo del suo corpo e si rese conto della forte eccitazione che la pervadeva. Io ero li al loro fianco porgendo uno tanga in lattice con due falli attaccati, uno interno ed uno esterno. Lei lo guardò un po’ stupita e poi, molto più calma di prima, lo prese sorridendo. Le lascia un po’ di intimità mentre liberavo Jessica dalle corde e presa in braccio, la portavo sule letto. Per tutta la strada non riuscii a staccare gli occhi da lei, ogni secondo che passava, ogni emozione che mi faceva provare me la facevano vedere più bella più desiderabile. Lei sorrideva pacifica, comoda, fra le mie braccia.
Dopo un po’ ci raggiunse Teresa, imbarazzata, con quel pene nero che le penzolava davanti e che con ogni oscillazione faceva muovere quello dentro di lei. Io mi allontanai di qualche centimetro mentre Jessica, con la schiena appoggiata sul letto, le gambe divaricate, allungava le braccia come a chiamarla, come a incoraggiarla. Si raggiunsero, le mani nelle mani, Teresa venne attirata come una mosca dal miele, si fece accompagnare dentro Jessica in modo tenero, affondò fino in fondo in quel lago di umori, il suo viso fra le mani della mia donna che a pochi centimetri le sussurrava “scopami, fammi tua” ma la verità è che era lei a decidere il ritmo, le movenze, la verità è che era Jessica quella che possedeva Teresa.
Restai a guardarle mentre il piacere le invadeva e mi spogliai, incomincia ad accarezzare la schiena di Teresa, in modo vellutato mentre mi avvicinavo sempre più, ero li in ginocchio di fianco a loro che si scopavano a vicenda in modo sempre più intenso, la mano di Jessica prese il mio cazzo e incominciò a segarlo mentre stantuffava la fica di Teresa che emetteva mugoli sempre più intensi. Mi guidò verso di lei, verso le sue labbra e poi, dopo avermi fatto arrivare abbastanza vicino, incomincio uno dei suoi stupendi pompini. Il tutto si svolgeva per forza di cose, a pochi centimetri dalla faccia della nostra ospite che vedendo saettare la lingua dell’amica sulla mia cappella non riusciva a staccare gli occhi dalla scena mentre con lo stesso cazzo che le scavava la fica apriva contemporaneamente anche quella di Jessica.
In breve le loro bocche si incontrarono in un misto fra un bacio saffico e un doppio bocchino, Io mi gustavo quel lavoretto non tanto per le sensazioni che provavo, Jessica da sola riusciva a fare dieci volte meglio ma per il vedere Teresa sottomessa a Jessica che la stava inconsciamente guidando a donarsi a me.
…
Tutto era andato bene, Teresa mi aveva seguita proprio fin dove volevo ed ora, travolta dall’eccitazione, mentre mi lavoravo la sua fica con la mia stava leccando il cazzo del mio padrone ma non mi bastava, volevo portarla molto più in la. Presi la cappella in bocca e fissando gli occhi nei suoi ne feci scivolare una buona metà nella gola facendo mugolare il mio uomo. Lei mi guardava rapita, lo feci uscire, la bacia leggermente e poi le puntai il cazzo verso la bocca sfidandola in silenzio. Lei sorrise, spalancò le labbra e uguagliò il mio gesto, lo prese dentro, lo succhiò avidamente, lo fece uscire e leccò una goccia di saliva che stava scendendo sull’asta, era brava, mi piaceva, sorrisi anch’io, guardai lui in una silenziosa richiesta e lui, capendo, si avvicinò di più. Ritrovai gli occhi ti Teresa, aprii la bocca e inizia a scendere su quel pezzo di carne, sempre più giù, sempre più giù fino a che, davanti agli occhi invidiosi della mia compagna, le mie labbra arrivarono ai peli del suo pube e li, spingendo con la testa, incomincia a fare dei piccoli affondi mentre il glande mi scava la gola.
…
Jessica stava per farmi venire, maledetta nella sua ineguagliabile bravura con la bocca ma in fine, probabilmente percependolo, mi graziò cacciandomi fuori dalle labbra e puntando il mio membro verso la bocca di Teresa, lei lo accolse e incominciò a scendere ma non molto più giù della metà incominciarono i problemi, quella ragazza era caparbia ma quello che voleva fare, uguagliare Jessica non era in suo potere, stava rischiando di farsi venire i conati e alla fine fui io a sottrarmi. La afferrai per i capelli, in modo un po’ duro ma senza esagerare, la feci girare verso di me e poi le dissi: “va bene così, tu non sei lei”. Lo feci apposta, volevo fare leva sul fascino che provava per la mia donna e funzionò. Vidi un attimo di tristezza nei suoi occhi e poi determinazione, cominciò a baciarmi convulsivamente mentre diceva:
“voglio essere lei, fammi essere lei”
Io sorridevo soddisfatto, Jessica sorrideva complice al che le dissi:
“vuoi che ti scopi? rispondi”
“si, si, ti prego”
“ma la tua fica è occupata da Jessica e io non voglio sottrargliela”
Ci fu un attimo di silenzio, io guardavo lei, Jessica guardava me mentre le graffiava impercettibilmente la schiena, eravamo arrivati al momento più importante, il nodo di tutta la matassa, era ora di scoparcela insieme come voleva Jessica, come volevo io, come volevamo noi.
“inculami, mentre mi scopa inculami”
…
Le sentii dire finalmente quelle parole, lo voleva, voleva essere scopata da noi contemporaneamente. Allungai la mano sul comodino per prendere il lubrificante mentre lui spariva alle spalle di Teresa.
Incomincia a baciarla parlandole:
“resta con me, guarda solo me, senti solo me, non esiste altro, ti faremo felice”
Con una mano le accarezzavo i capelli mentre mi saziavo con le sue labbra, Con l’�altra iniziai a spalmare lubrificante sul suo culo e sul sesso del mio padrone, gli presi il pene e inizia a guidarlo verso il suo forellino, aumentai l’intensità del bacio tirandola sempre più verso di me e usando il pene che mi scopava per muove quello di lei più in profondità poi mi concentrai solo su di lei lasciando finire il lavoro al mio uomo.
…
Jessica preparò tutto, pensò al lubrificante e attirò l’attenzione di Teresa verso di lei scopandola in modo sempre più intenso. Appoggia il glande su quell’invitante forellino, un capriccio che volevo togliermi dalla prima volta che l’avevo vista, spinsi verso il basso per forzare lentamente i muscoli dello sfintere poi, rilasciando, facevo entrare un po’ la cappella, ci volle tempo e cautela per forzare quell’apertura senza rendere la cosa traumatica, ogni centimetro che guadagnavo nel suo culo Teresa mugolava ma era completamente rapita da Jessica e mi lasciava fare docile. Alla fine la cappella superò lo stretto varco, mi fermai per darle il tempo di adattarsi, si era irrigidita, la sentivo stringere attorno al mio pene ma le sapienti attenzioni della mia stupenda creatura riuscirono in breve a farla rilassare riportando la sua attenzione sulla fica che le stava scopando la fica. Scivolai lentamente dentro di lei, sentivo il fallo all’interno dell’altro buco che si muoveva agli ordini di Jessica. Non fu semplice occupare quello spazio già occupato ma alla fine io e la mia compagna ci trovammo completamente accolti nel corpo di Teresa.
In quella posizione riuscivamo a guardarci negli occhi, io nei suoi, lei nei miei e Teresa persa non so dove. Slacciai il perizoma di Teresa e Jessica, abbassate le mani verso il pube ne prese il controllo, era ora in grado di muoversi a piacimento, iniziai a stantuffarla a fondo, ad ogni mio colpo nel culo seguiva uno di Jessica uguale nella fica, seguivamo i respiri e i mugoli di Teresa ormai completamente in nostra balia. Il ritmo del suo cuore in mezzo a noi andava aumentando e così i nostri colpi contrapposti e così i suoi lamenti di piacere. Non ci volle molto e un intenso orgasmo la percorse, urlò come un’ossessa mentre si contorceva schiacciata fra i nostri due corpi, urlò e urlò ancora mentre noi due continuavamo a infierire sui suoi buchi. Le mani di Jessica raggiunsero il mio culo invitandomi, guidandomi ad incularla ancora più forte e alla fine, anche io, dopo aver stretto le mani della mia donna fra le mie mi riversai, soddisfatto nella pancia di Teresa, lunghi fiotti fino a svuotarmi completamente. Mi accasciai sul letto, anche Jessica si liberò dal corpo dell’amica e sorridente incominciò a pulirmi il cazzo con la lingua, io risi, la sensazione era troppo forte, lo stava facendo apposta, la afferrai per i capelli e la tirai a me per baciarla, mi lasciò fare e poi mi sussurrò:
“sei contento?”
Il suo sguardo di sfida, impertinente:
“sei il mio angelo, sei il mio demone, tu sei, sei tutto per me”
Restammo li abbracciati e dopo qualche minuto ci raggiunse anche Teresa, si accoccolò sul ventre di Jessica, rilassata, serena, sfinita ma dopo poco alzò la testa, mi guardò e disse:
“frustami, voglio essere legata la come lei, voglio sapere cosa si prova, voglio essere la tua schiava”
La guardai stupito della sua stupidità, credeva di poter arrivare e diventare quello era Jessica come fosse niente poi, però, venni catturato proprio dagli occhi della ma compagna, era intrigata, voleva farlo e beh; come minimo le dovevo un regalo. Sorrisi e acconsentii.
…
Lo guardai mentre bendava Teresa, lei tremava leggermente, le mise i bracciali ai polsi, e la fissò al soffitto, era pronta e lui le parlò:
“Teresa, non puoi urlare, puoi gemere, mugolare, contorcerti ma non amo sentire urla e come prima non puoi parlare, questo sarà anche il tuo segnale, quando vorrai smettere ti basterà dirlo, alla prima parola capirò e ti libererò”
Andò a prendere la frusta, scelse la stessa di prima e cercò il mio sguardo, cercò il mio consenso e lo ebbe, forse mi aveva capito, si avvicinò a me, mi baciò dolcemente e mi passò la frusta fra le mani, si mi aveva capito.
Mi portai davanti a lei, non mi interessava la sua schiena, volevo il suo splendido seno, feci partire il primo colpo, leggero, dato con uno strumento leggero, non ero abituata a frustare ma mi bastava sentire quel rumore tanto familiare per capire come stavo andando. Teresa sussultava e mugolava ma sapevo che il dolore che provava era poco più di mille, intense carezze, non vi era euforia in me, solo calma, densa libidine. Feci susseguire i colpi con lentezza gustandomi quelle tette che sobbalzavano. Ammiravo le varie code della frusta che abbracciavano quelle cure, ricoprivano strisciando i capezzoli, ne prendevano la forma come un reggiseno per poi riafflosciarsi verso terra. Colpii il ventre piatto, le cosce e ancora i seni, sempre i seni, la pelle che si arrossava leggermente e poi arrivò lui. Teresa respirava velocemente ma non dava segno di voler smettere. Le alzò una gamba tenendola sotto il ginocchio ed esponendo il sesso, era fradicio, lei non fece nulla per impedirlo. Feci roteare la frusta, dal basso verso l’alto fino ad impattare sul suo sesso esposto. Si contorse e tirò la corda che la imprigionava con le braccia, si morse vistosamente le labbra ma ancora non diede segno di essere paga del trattamento. Feci scorrere la frusta fra le mie mani, era bagnata, bagnata dei suoi umori, un altro colpo, un suo lamento, un altro colpo, un altro lamento sempre più simile ad un gemito, un altro colpo e poi un altro e poi ancora. Teresa stava godendo, stava indiscutibilmente godendo per il contatto del suo sesso con la frusta e io la capivo. Gettai quell’oggetto, la liberai della benda, la liberai dalle corde, sembrava quasi stupita, la portai verso il letto e la misi a novanta gradi, le ginocchia per terra, il ventre sullo spigolo del materasso e il busto disteso. Presi lo stesso tanga che aveva indossato lei, lo indossai, il cazzo al suo interno mi entrò come risucchiato, avevo un desiderio di essere penetrata, riempita che mi sembrava impossibile appagare poi mi posi dietro di lei e dopo averla lubrificata un po’ la sodomizzai, un colpo le fui tutta dentro e li restai mentre lei emetteva un gridolino di dolore subito seguito da mugoli di piacere incontrollato. Allungai le mani dietro di me a cercare il mio padrone, era vicino, eccitato per quella scena, me lo strinsi alle spalle e lui subito capì, in poco mi trovai sodomizzata anche io, finalmente piena in modo appagante. Incomincia a inculare Teresa e così facendo impalavo me stessa sul cazzo del mio uomo, lei godeva, io godevo, lui godeva. Presi le mani di lui, le misi all’interno delle mie e le guidai sulle splendide tette della nostra ospite, io stringevo, lui stringeva, lei gemeva. Il ritmo aumentò sempre di più, vedevo il buchino di Teresa allungarsi verso l’esterno mentre mi ritraevo da lei per poi rientrare ad ogni mio affondo, sentivo la carne del mio culo avvolgere il pene del mio amore e seguirlo mentre mi stantuffava. Mi aggrappavo alle sue mani con tutta la forza mentre lui rifletteva il movimento sulle morbide mammelle di quell’intrusa. Il pene dentro di me rifletteva nella fica tutto quello che facevo al culo di lei e i mugoli di tutti crescevano, si amplificavano. Lasciai le mani di lui che continuarono a massaggiare quelle enormi protuberanze e scesi a cercare il sesso grondante della mia amica, lo trovai, con una mano le aprii le labbra e con l’altra le afferrai il clitoride stringendo. Lei esplose e cominciò a muoversi in modo forsennato schiacciata dai nostri due corpi. Così facendo si inculava ancora più affondo e di conseguenza spingeva i due cazzi dentro di me a penetrarmi in modo ancora più inteso. Il suo grido fu il primo, liberatorio, intenso come l’orgasmo che la pervase mentre strusciavo il suo clitoride con le dita. Quei versi di puro piacere mi riempirono la testa e liberarono anche il mio orgasmo che stava crescendo dal primo colpo di frusta che avevo inferto e, massaggiato dagli spasmi di tutte e due, anche il cazzo che mi stava scavando il culo si riversò in me, caldo, piacevole, accompagnato dai suoi grugniti di soddisfazione.
Ci accasciammo tutti e tre sul letto e li restammo, sfiniti, fino a risvegliarci la mattina seguente.
...
Facemmo colazione tutti insieme, come promesso, l’alba aveva cancellato tutto e io e Jessica non facemmo alcun riferimento a quanto accaduto. Una volta giunti sulla porta però, mentre Teresa si stava allontanando per andarsene, si girò, mi guardò e mi disse:
“Lo pensavo davvero, voglio essere la tua schiava, voglio essere tua e solo tua”
Vidi Jessica partire con la coda dell’occhio ma la fermai subito stringendole una mano, la sentii calmarsi un po’, giusto quel poco che serviva per evitare che aggredisse l’invasore.
“sono lusingato Teresa ma come ti avevo detto, quello che è successo resta racchiuso nella notte di ieri, io non cerco un’altra compagna, ho tutto quello che voglio e non desidero altro. Tu hai scoperto cose nuove di te ieri ma non sono io la guida che potrà accompagnarti nel viaggio che ti attende. Nella mia vita, nel mio cuore, non c’è spazio per altri che per Jessica”
…
Disse quelle parole in un modo così sincero da far capire a Teresa che non vi era possibilità alcuna che ottenesse quello che voleva, ci salutò e se ne andò un po’ triste, un lungo viaggio la attendeva prima di scoprire cosa c’era nascosto dentro di lei e io lo sapevo bene.
Lui chiuse la porta e si girò, mi appoggiò le mani sui fianchi e guardandomi serio lo sentii dire:
…
Chiusi la porta e mi girai, appoggia le mani sui fianchi di Jessica e guardandola serio dissi:
“Jessica, io ti amo”
…FINE. NON CONTINUA PIU’
IL RACCONTO TI E' PIACIUTO? LO HAI ODIATO O ALTRO? DARE UN'OPINIONE AIUTA A MIGLIORARSI glorfindel75@gmail.com
Quando mi svegliai la mattina, le coccole di quel morbido letto tornato finalmente ad essere mio mi avvolsero piacevolmente ma non furono nulla in confronto al sentire, nel buio totale della stanza, il suo odore vicino a me. Lo cercai con la mano, volevo riprendere le vecchie abitudini di prima del nostro litigio, lo trovai, la sua schiena nuda, la accarezzai lentamente, la assaporai mentre mi avvicinavo a lui fino ad aderire con il mio corpo al suo, completamente nudi entrambe, mi mancava così tanto, cinque giorni passati con lui presente ma al contempo completamente assente, arrabbiato a tal punto da non considerarmi neanche più un essere umano ma solo un oggetto spregevole. Cinque giorni come sperduta in una landa ghiacciata battuta da venti tanto freddi da tagliare la pelle ed ora avevo bisogno di calore e stavo cercando di ottenerlo mentre la paura del rifiuto scorreva nelle mie vene e la mia mano scorreva sul suo corpo in una movenza familiare con cui spesso lo avevo risvegliato e che lui sapeva bene cosa significasse ma poi la sua mano blocco la mia prima che raggiungesse il suo obbiettivo e tutto si incrinò, non era ancora finita la nostra separazione.
…
Mi destai lentamente per il frusciare di qualcosa sempre più vicino al mio corpo, mi ci volle un istante ma subito ricordai l’abitudine a quella presenza che mi sembrava mancasse da dieci vite. Protetto dal buio totale dell’ambiente sorrisi felice, felice che fosse li, felice che fosse lei e solo lei, felice che fosse finita quella rabbia indomabile che mi aveva governato per cinque giorni. La sentii avvicinarsi sempre più, le sue mani che percorrevano il mio corpo facendosi sempre più audaci fino ad eseguire la mossa finale, amata abitudine di cui sentivo una mancanza feroce, avvertii la sua mano partire dalla spalla e iniziare a scendere come in un lungo abbraccio e come per le scene vissute mille volte, come per le scene che speri di rivivere mille volte, come proiettato in quell’oscuro telo che ci avvolgeva, in un flash, riuscii a vivere tutto quello che avrebbe fatto da li a poco. La sua mano avrebbe continuato la sua corsa verso il basso fino a trovare il mio pene turgido, lo avrebbe afferrato con decisione e segato lentamente per tutta la sua lunghezza mentre con la lingua avrebbe disegnato complicati arabeschi sulla mia schiena. In breve mi avrebbe fatto girare a pancia in su continuando la sua lenta sega mentre si occupava dei miei capezzoli con la lingua, le labbra, i denti. Una volta soddisfatta dei miei respiri si sarebbe abbassata passando ad un lungo, intenso, pompino. Tutta la sua abilità sarebbe stata al mio servizio per trasmettermi più sensazioni possibili, baciare e leccarmi nei posti che ormai conosceva così bene tenendomi sulla punta dell’orgasmo per un tempo lunghissimo, con maestria. Si sarebbe poi staccata per risalire sinuosa sul mio corpo e trovato il mio orecchio, con le morbide labbra avrebbe sussurrato: “cosa vuoi scopare di me questa mattina padrone” Non pensai alla risposta che le avrei dato perché la mia mano stava bloccando la sua sul mio ventre interrompendo quello splendido rito. Sentii la delusione, la paura, il dolore attraverso la pelle del suo braccio mentre la certezza che la stessi allontanando di nuovo la invadeva.
…
Con le orecchie sentii che si stava girando verso di me e con la pelle sentii il suo corpo che si accomodava sopra il mio, le sue gambe ad aprirmi le gambe, le sue braccia ad alzare le mie sopra la testa, quella posizione gli piaceva tanto perché mi lasciava indifesa, il mio cuore piombò nella tristezza più nera mentre attendevo, completamente cieca, il colpo che mi avrebbe sicuramente raggiunto da qualche parte, mentre attendevo che la mia punizione per quello stupido capriccio di vendetta continuasse, mentre mi rassegnavo a non avere calore neanche oggi ma solo odio e distacco e poi arrivò, leggero, morbido, delicato, un bacio, senza libidine, senza ardore ma così caldo, sincero, umano, un lungo bacio fatto di mille baci a fior di labbra, non vi era rabbia, non vi era sesso, non vi era nulla e al contempo un senso di umidità sulle mie guance e la sua voce che così non avevo mai sentito.
…
Ero li, sopra il suo morbido corpo, lo stesso corpo che avevo odiato e trattato come infimo oggetto per giorni, quello splendido corpo per cui ora non vi era più odio in me, ero guarito riflettendo e mi ero reso conto che non ero certo esente da errori nella nostra relazione, mi ero reso conto di avere esagerato nella reazione, mi ero reso conto di quanto ero andato vicino a perderla e di quanto grave sarebbe stato il mio errore. Ero li sopra di lei, le mani bloccate con ferma delicatezza, le gambe aperte ai lati delle mie, docile e indifesa ed ancora, incredibilmente, pronta a tutto per me e in quel momento, proprio mentre iniziavo a parlarle, al di fuori di ogni mio controllo, nascoste nella nostra cecità forzata con le parole uscì anche qualche lacrima.
Uscirono parole dalla mia bocca per infiltrarsi nella sua mente,
uscirono parole dalla sua bocca che si infiltrarono nella mia mente:
“mi sono sentito ferito, geloso, hai donato una parte di te, seppur piccola e breve, una parte che mi apparteneva, l’hai donata ad un altro ed io sono impazzito, in me c’era la consapevolezza che quel gesto che avevi compiuto non era enorme ma la rabbia, non ero pronto a provare tanta rabbia, non sapevo di tenerci tanto e il tradimento mi ha reso folle”
…
Le labbra a sfiorare le labbra così che ogni parola si tramutasse in un velato bacio:
“ti giuro, ti giuro, nella mia mente non ti stavo tradendo, è stata una reazione involontaria, mi sono sentita attaccata e ho usato le armi che tu mi hai insegnato ad usare. Solo minuti dopo mi sono resa conto di ciò che avevo fatto veramente ma se ho lasciato avvicinare un essere indegno di te a ciò che ti appartiene ti assicuro che neanche per un istante si è avvicinato alla mia anima, li c’è spazio unicamente per te che me l’hai fatta scoprire e ti assicuro che mai più farò un’idiozia del genere, perdonami ti prego”
Liberai le mani dalla sua stretta e lo cinsi a me tirandolo con tutte le forze che avevo, era così vicino, così dannatamente vicino, non potevo lasciare che si allontanasse, non glielo avrei permesso.
…
Le sue braccia sul mio collo, mi tirava con tutta se stessa, sorridevo appagato del suo desiderio di riavermi e mi lasciai trascinare. In quella posizione, come inevitabilmente, la penetrai, la penetrai come se fosse una cosa scontata, non era il sesso a guidarci ma la semplicità di rimettere le cose com’è normale che stiano, come due parti dello stesso unico che si ritrovano.
…
Lo sentivo penetrare in me mentre tutto il corpo mi si avvicinava, non c’era libidine, era solo il cercare di avere più pelle possibile a contatto l’uno dell’altro, lo stringersi non per volersi semplicemente abbracciare ma come se fosse possibile amalgamarsi, fondersi.
…
“ti credo, ho capito cosa avevi provato trovandoti di fronte quell’uomo nel momento stesso in cui me lo hai raccontato, sapevo che, seppur il tuo comportamento sia stato inaccettabile, non vi era traccia di tradimento ma il possesso che provo per te, il sentimento di sentirti mia e mia soltanto hanno scaturito una rabbia che non sono riuscito a domare, il modo in cui ti ho trattato è stato ingiusto, esagerato. Non sto dicendo che il tuo non sia stato un errore ma, Jessica, per la mia reazione a quell’errore ti sto chiedendo scusa, come uomo e non come padrone, come donna e non come schiava, sempre se è possibile distinguere le due cose, ti sto chiedendo scusa.
Jessica, all’inizio di questa nostra relazione io ti ho forzata e sfidata in tutti i modi, frustata in maniera disumana, ho approfittato di te quando ancora non provavo nulla nei tuoi confronti, ho fatto di tutto per farti cedere e dimostrarti che sbagliavi su di noi. Beh, Jessica, in questo momento, mentre i nostri corpi sono legati, mentre il buoi ci circonda allontanando il tempo stesso ti dico anche un’altra cosa; Grazie, se siamo qui ora è merito tuo, se posso dividere la mia vita con la giusta metà di me stesso il merito è tuo”
…
Quelle parole mi attraversarono il cervello come una lancia, fui travolta da un improvviso liberarsi di tutte le emozioni provate da quando lo avevo conosciuto, per la prima volta smisi veramente di sentirmi quella che cercava in tutti i modi di conquistarlo e lo sentii mio e mio soltanto, lo sentii mio di diritto. Per quanto i nostri occhi non potevano vedersi mi sentivo come trafitta dal suo sguardo e dovetti nascondere il viso fra il suo collo e la spalla, mi sentivo bruciare, avvampare di gioia mentre dondolavamo lentamente avvinghiati l’uno all’altro come stretti da una morsa.
…
Mi sentivo leggero, aver ammesso le mie colpe verso quella donna che non aveva mai mollato mi avevano liberato. Ora mi era possibile accettare quello che provavo, accettarlo con me stesso e tutto mi sembrava diverso. Continuai a dondolarmi con lei avvinghiata a me, non era sesso, non un sesso che conoscevamo almeno e le sue parole mi arrivarono come da lontano, come sei lei fosse perduta chissà dove:
“fammi venire, ti prego, sono affogata nel tuo odio per infiniti giorni e ho temuto che non avrei più sentito il calore che mi avvolge ora, lo so che un orgasmo sembra un’espressione quasi meschina dei sentimenti che proviamo ora ma ti prego, amami, nell’unico modo in cui lo hai fatto fino ad oggi perché ho bisogno di qualcosa di familiare, di qualcosa in cui credere mentre mi perdo nel sogno di questo momento”
…
Non dissi una parola, le afferrai i capelli con dolcezza e le feci abbassare il capo sul materasso, non potevo vederla eppure la vedevo come fosse luminosa, uscii un po’ dal suo sesso e poi, sincronizzandomi con i suoi respiri rientrai, senza violenza, pensando solo a lei, il suo viso che si torna a nascondere nel mio collo, ogni respiro un affondo intenso quanto delicato, ogni respiro seguito da un respiro più lungo, da un affondo più lungo, ogni respiro il suo viso a nascondersi più a fondo nel mio corpo, li abbracciati sentii la sua eccitazione crescere senza diventare famelica, li abbracciati sentii il mio piacere salire senza diventare animale. La pelle che scorreva sulla pelle sempre più lubrificata, i suoi mugoli soffocati che sembravano raggiungere le mie orecchie attraverso il cuore, suoni di un piacere crescente che sembravano a metà fra l’estasi e le lacrime. Le gambe che mi cingevano i fianchi mentre la fica sembrava come allargarsi per ospitarmi meglio. Lunghi affondi che mi lasciavano ad invaderla in profondità sempre più a lungo mentre attendevo il respiro successivo e poi i primi tremiti, il suo corpo attanagliato al mio, riuscivo a sentirlo fremere ovunque e l’accompagnai seguendo solo i suoi ritmi, pensando solo a lei finché i suoi muscoli non si contrassero intorno al mio cazzo, scattanti, frenetici mentre soffocava l’orgasmo tanto desiderato nella mia pelle.
Continuai con delicatezza, non era proprio il suo genere di sesso, non era certo il mio ma in quel particolare momento mi sembrava l’unico adeguato e poi finalmente le sue braccia, le sue gambe allentarono la presa, io mi spostai sul fianco tenendola sempre vicino a me, non ero venuto ma era l’ultimo dei miei pensieri. Ero grato a quella donna per tutto quello che caparbiamente aveva fatto per noi ed ora finalmente tutti gli errori compiuti, tutte le sciocchezze dell’apprendere come stare insieme erano state curate e non vi erano più segreti o sensi di colpa ad ostacolare la nostra relazione.
…
Travolta da tutti quei sentimenti mi stavo come perdendo e l’unica cosa a cui mi riuscì di pensare furono quegli orgasmi che erano sempre stati il nostro modo di comunicare, per quanto fuori luogo in quel momento di puro sentimento quell’idea fu l’unica a cui riuscii ad aggrapparmi e lui la rese reale. Mentre si muoveva lentamente in me, come se fosse me, il corpo mi si risvegliava e tutto quello che mi aveva investito prendeva forma, diventava realtà. Il sentirlo così mio mi fece come regredire e solo il riparo che offriva il suo corpo al mio volto mi permettevano di vivere a pieno quel misto di insicura timidezza legata ad orgoglio e soddisfazione. Lasciai che mi guidasse fino a sfogare tutto ciò che in eccesso mi stava stordendo e ritrovai la via per assaporare il gusto di quell’attesa vittoria.
...
Facemmo colazione assieme quella mattina, seduti sul divano della nostra sala, ambedue in pigiama, le avevo dato il permesso di vestirsi con un ghigno malefico in viso ma mi ero fatto rincorrere per tutto l’appartamento da lei nuda mentre fuggivo con i suoi indumenti. Avevamo riso a crepa pelle, lei che mi lanciava addosso anatemi di ogni genere mentre io usavo ogni mobile come scudo per non farmi prendere. Alla fine la feci vincere pretendendo in cambio un bacio appassionato. Lei si avvicinò a me e mise le mani dietro la schiena come l’avevo vista fare mille volte, il nostro rito, così familiare. Si sporse per baciarmi mentre io lasciavo cadere il suo pigiama per afferrarle i capezzoli fra le dita e tirarla a me, non strinsi, non sentivo alcun desiderio di farle male e ci baciammo in modo appagante.
Restammo li, uno vicino all’altro per lunghi secondi, labbra che si sfioravano appena e occhi negli occhi mentre parole mai dette si facevano ancora attendere poi lei si abbassò di scatto, rubò il pigiama e si buttò sul divano. Era sabato e non avevamo particolari impegni. C’era un’atmosfera rilassate, tutto l’odio era svanito e aveva lasciato un ambiente molto più felice di prima.
Alla TV un sit com divertente fece da preambolo alla sua voce:
“Allora organizzo la cena con Teresa per questa sera?”
La sua domanda conteneva molte domande diverse e importanti, ci avevo già riflettuto molto da solo:
“Onestamente, visto che ti sei concessa in un certo senso ad un altro, la mia idea era che trovavo giusto che fossi proprio tu a concedere a me un’altra ma, visto che ho ammesso che il tuo non era un vero tradimento, per essere coerente con le mie parole e considerando che anche io ho fatto in precedenza degli errori penso di poter soprassedere”
Lei mi guardò intensamente, se prima sorrideva ora vi era solo serietà, stava riflettendo e lo stava facendo su qualcosa che riteneva veramente importante e poi:
“Quello che mi hai detto questa mattina, a quelle parole io ho creduto quindi, come spesso ho fatto per te, vado contro la mia natura insicura e punto tutto, ciecamente, su di noi. Se donarti il corpo di una sconosciuta ti allontanerà da me, arrivati a questo punto, meglio saperlo subito perché non varrebbe la pena andare avanti quindi, visto che sei il mio padrone, io come schiava voglia ripagarti donandoti almeno dieci volete più di quello che ti ho sottratto”
La vidi allontanarsi per andare in bagno ma poi, con gesto volutamente teatrale si girò per aggiungere:
“Però saremo noi a scoparcela non solo tu”
Il nostro rapporto era cambiato, un nuovo balzo evolutivo, non era più una schiava fatta solo per compiacermi, era una schiava d’amore, una complicata combinazione di rispetto reciproco contornato da una completa abnegazione da parte sua che rendeva lei schiava assoluta di ogni desiderio di un padrone che naturalmente, spontaneamente si trovava a desiderare solo cose che lei sentiva giusto fare, non cose che le piacessero per forza, quello non contava nulla ma cose che in quanto schiava sentiva come suo dovere dover fare, sentiva giusto dover esaudire, desiderava intensamente donare anche ciò che non desiderava fare solo perché sentiva che il suo padrone lo meritava per il fatto stesso di essere quel tipo di padrone.
Mentre sentivo il rumore della doccia, mentre immaginavo l’acqua venarle il corpo come pioggia su un vetro non potei fare a meno di chiedermi se avessi perso potere su di lei. Ammettere i dubbi, le colpe che mi galleggiavano nell’anime mi permetteva si di potermi offrire a quella donna in totale sincerità ma mi privava anche della mia arma più affilata. Non ero più l’uomo dubbioso di lei che la valutava giorno per giorno quasi aspettasse il suo errore a dimostrazione che era la donna sbagliata. Le mie parole di quella mattina ci avevano messo, per quello che è il rapporto di coppia, allo stesso livello. Ora era chiaro che io desideravo lei quanto lei desiderava me. Il dubbio di perdere mordente su Jessica mi attanagliava e, pensieroso, non mi accorsi neanche che mi stava osservando dalla porta del bagno.
…
Mentre l’acqua bollente si riversava sul mio corpo le parole di quella mattina cercavano ancora un ordine dentro di me. Dopo aver passato mesi a dare per dimostrare il mio valore, dopo aver passato mesi a rincorrere il mio obbiettivo finalmente ero giunta e sentivo come una sensazione di vuoto. Mentre il tessuto dell’asciugamano si strusciava sulla pelle per strappare via l’umidità mi sembrava come di percepire i sui pensieri inquieti, andai alla porta e li mi fermai ad osservarlo capendolo nel semplice guardarlo:
“amore mio, non sono una sciocca, i sentimenti di questa mattina, quel tipo di sentimenti sono una cosa dolce ma nulla può cambiare la natura di un uomo o di una donna, tu sei il mio padrone incontrastato ed assoluto e questa cosa è verità, semplice e indiscutibile verità”
…
Le sue parole furono esattamente quelle che avevo bisogno di sentire, giusta e ideale per me nel suo modo di essere aveva capito i miei dubbi senza che glieli spiegassi e li aveva dissipati. Ora tutto era chiaro ed aveva un senso, non era più schiava ma la mia schiava come io ero definibile padrone perché ero il suo padrone. Brividi mi percorsero la pelle.
...
Otto e trenta, suona il campanello, Teresa aveva accettato volentieri il mio invito, sorretta da tacchi vertiginosi vado ad aprire sfoggiando una sicurezza che in realtà non avevo. Vidi la sua bocca restare spalancata mentre gli occhi correvano, impreparati, sul mio corpo nudo fermandosi un attimo sul piercing per poi distogliersi imbarazzati.
“Jessica, sei diventata proprio una sfacciata, sei in ritardo eh? dai corri a vestirti, aprire la porta tutta nuda? e se fosse stato il vicino?”
…
La vidi far entrare la disorientata amica e poi richiudere la porta. Il viso che trasmetteva indifferenza mascherando perfettamente l’agitazione che sapevo in lei. Senza dire una parola le diede le spalle, si diresse, ondeggiando, verso la poltrona su cui ero adagiato io e si sedette sul tappeto ai miei piedi lasciandosi accarezzare distrattamente i morbidi capelli. Ora Teresa era veramente disorientata.
“Ciao Teresa, è un piacere rivederti ma devo chiederti subito una cortesia; posso immaginare quante domande e ipotesi ti girino nella mente ora davanti a questa scena ma ti prego di aspettare a prendere qualunque decisione finché non avrò finito di parlarti, puoi?”
Solo un cenno di assenso con il capo, era difficile decifrare le sue espressioni tante erano le emozioni contrastanti che le percorrevano il viso.
Teresa, 1,55 centimetri ad occhio, capelli scuri, lisci che le arrivavano fino all’altezza del seno prosperoso, una quarta almeno messa in risalto da un’abbondante scollatura, non propriamente magra ma semplicemente morbida quanto basta. Labbra carnose incastonato in un viso capace di passare da allegro e spensierato a impertinente e vizioso in un istante. Un vitino grazioso come preambolo ad un culo sodo, prepotente ed invitante sorretto da cosce morbide che promettevano beata comodità nel possederla.
Avevo provato quel discorso nella mia mente per tutta la giornata e fatto un respiro profondo incominciai a tessere la mia tela:
“Jessica è la mia schiava ed io il suo padrone, ti considero abbastanza intelligente da non cadere in scontati luoghi comuni, posso assicurarti che nel nostro rapporto non vi è costrizione, non c’è nessuno da salvare qui. Sono sicuro che ritrovando Jessica dopo tanti anni tu abbia notato l’incredibile crescita che ha avuto, la sua sicurezza riflessa nella sua immagine, la felicità nel vivere la vita, queste cose sono frutto del nostro rapporto. Non è plagiata, costretta, ricattata o quant’altro, è qui, siamo qui perché è qui che liberamente, in modo appagante, abbiamo scelto di essere. Siamo qui perché questo rapporto e il rapporto migliore e più vero per noi. Sperando che tu creda alle mie parole voglio dirti che non ho potuto non notare, durante la nostra precedente cena, il luccicare dei tuoi occhi mentre facevo battute, sottintendevo, alla nostra unione nella dominazione, tu hai sicuramente pensato che le mie fossero solo battute, scherzi ma io, comunque, ho percepito in te tensione, curiosità, forse desiderio. Per questo sei qui oggi, spero tu non abbia fame perché non vi è cibo, sei stata invitata per darti la possibilità di vedere con i tuoi occhi, vivere con i tuoi sensi una situazione che credo ti intrighi. Ora noi due scenderemo al piano di sotto a vivere la nostra serata, se mi perdoni la citazione, hai due possibilità, o prendi la porta e te ne vai o scendi nella tana del bianconiglio a scoprire la verità su di noi, forse su di te. Qualunque cosa sceglierai sappi che l’alba di domani cancellerà tutto quello che succederà da ora in poi, tutto sparirà e nessuno ne saprà mai nulla, per rimanere in tema di citazioni, sarà il sogno di una notte di mezza estate.
Senza staccare gli occhi dai suoi presi Jessica per la mano, la feci alzare mentre mi alzavo e mi diressi al piano di sotto, dentro di me nervosismo, ansia, eccitazione.
…
Ascoltai le sue parole fissando negli occhi Teresa con sguardo sicuro, rilassato, sereno a dare veridicità a tutto quello che le veniva detto. Sollevata per una mano mi alzai insieme al mio uomo e mi feci accompagnare al piano di sotto. Dentro di me nervosismo, ansia, eccitazione.
...
Passarono diversi minuti nel silenzio più totale, la nostra tavernetta dedicata al sesso era in penombra tranne che per un’unica lampada a soffitto che illuminava il corpo di Jessica con un cono di luce, le mani in alto, legate e fissate ad un anello che pendeva, sui suoi occhi una benda scura di morbida seta a privarla della vista, sul corpo null’altro, neanche il piercing che avevo tolto appena arrivati di sotto, era un oggetto delicato in un punto delicato e richiedeva la giusta attenzione ed esperienza durante i nostri giochi. La luce investiva perfettamente il corpo teso della mia donna e si diffondeva, leggera, nel resto della stanza dove avevamo messo in bella mostra tutti i nostri giochini erotici. Il tempo trascorreva lento mentre io mi trastullavo distrattamente stuzzicando i capezzoli turgidi di Jessica, ero nervoso e forse stavo esagerando un po’, senza volerlo, al giudicare da come si contorceva il suo corpo nel silenzio. Non era il momento, non volevo, la lascia e le diedi un bacio in mezzo al seno come a scusarmi ed è li che sentii il rumore.
…
Mi lasciai legare, bendare, il mio ruolo era chiaro, io ero l’esca per attirare la sua preda, se lui era il ragno io ero la ragnatela. Stranamente non provavo gelosia e neanche paura. Essere donata, legata e indifesa, a quella che alla fine era una sconosciuta credo che avrebbe dovuto terrorizzarmi ma in quella stanza c’era lui, in quella stanza mi sentivo al sicuro. Stringeva e contorceva i miei capezzoli mentre attendevamo, lo faceva forte, mi faceva male mentre sentivo i miei umori invadere il sesso. Non credo si stesse accorgendo della forza che ci metteva e a me piaceva essere il suo sfogo ma per quanto riuscissi a non emettere fiato non riuscivo ad evitare di contorcermi un po’ per il dolore. Alla fine se ne dovette accorgere, mi lasciò subito e sentii un dolce bacio in mezzo ai miei seni. Va tutto bene amore mio, continua pure anche tutta la vita ma non dissi nulla mentre un rumore giungeva alle mie orecchie dall’oscurità, non era una porta che si chiudeva ma tacchi che percorrevano le scale.
…
La guardai scendere lentamente, insicura mentre il suo sguardo precedeva i passi, arrivò e iniziò a guardarsi intorno smarrita mentre gli occhi si adattavano all’oscurità. All’inizio vide solo Jessica, legata, appesa, bendata, illuminata e poi, mano a mano che le pupille si allargavano per adattarsi alla scarsa luce, il letto, le fruste, i falli, le corde e tanti altri accessori. Mi allontanai da Jessica sparendo nella penombra e da li mi avvicinai silenzioso a lei. Appoggia le mani sui suoi fianchi da dietro, ebbe un leggero sussulto e poi, vicino al suo orecchio sussurrai:
“Benvenuta, la c’è Jessica, l’ho preparata per te, puoi farne ciò che vuoi, non vi sono regole e non devi trattenerti, lascia che la parte più nascosta di te venga alla luce senza preoccuparti di nulla, io sarò sempre qui vicino a te e guiderò le tue azioni nel caso prendessero una strada che è meglio non percorrere ora quindi sentiti completamente libera da ogni vincolo o responsabilità. Penserò io a proteggerti e tu dovrai rispettare una sola cosa, ti è proibito parlare, se vuoi fare qualcosa non dirlo parlando ma fallo con le azioni, con il corpo. Se dirai una sola parola il gioco finirà.
Di nuovo raggiunsi un angolo per farmi ricoprire dalle tenebre.
Teresa iniziò a girare intorno a Jessica osservandola sconvolta, avrei voluto poter sentire i suoi pensieri in quel momento, non si avvicinò mai molto, restò sempre fuori dal cono di luce come a nascondersi poi passò ai vari accessori a sua disposizione, allungò una mano a sfiorarli e li studiò a lungo mentre il silenzio ci circondava, stava sicuramente cercando di immaginare gli usi possibili di ogni singolo gioco che trovava davanti a se e poi fece la cosa più ovvia, cadde infine in un luogo comune e come inizio, come primo gesto di quella su nuova esperienza prese una frusta, la osservò a lungo e poi si diresse con passo insicuro verso la sua preda.
Purtroppo prese una frusta di quelle pericolose, realizzata ad intreccio in pelle nera era lunga 180 centimetri, un oggetto che anche io usavo con estrema cautela e mai se non ero completamente calmo e sereno. Era una frusta capace di lacerare, non era semplice da adoperare e se sfuggiva al controllo poteva tagliare la pelle come una lama ma mi affidai all’inesperienza di Teresa convinto che difficilmente avrebbe avuto grossi risultati con quell’attrezzo. Ero teso ma restai a guardare.
…
Sentii dei bisbigli appena Teresa ci raggiunse, non riuscivo a capire ma immaginavo che vicino al suo orecchio le stesse bisbigliano le regole del gioco. Dopo ci fu un lungo silenzio, forse dei passi attutiti dalla moquette, mi sembrava di essere completamente sola in una bolla lontana da tutti poi mi raggiunse un rumore di aria tagliata, schiocchi deboli, una frusta credo, le fruste erano strumenti strani per me, alcune le adoravo per quell’intenso dolore che mi procuravano senza però ferire, senza arrivare troppo in profondità, descrivevo quel dolore che era possibile godersi fino in fondo. Altre però mi terrorizzavano per la loro capacità di incidere, ferire, entrare nella carne e quelle che schioccavano erano proprio quelle che facevano paura, sudore mi scorreva sul corpo mentre l’eccitazione mi invadeva.
…
Osservai la mia preda mentre cercava di prendere dimestichezza con il suo nuovo gioco, com’era prevedibile faceva fatica ad utilizzarla anche se ad ogni tentativo che faceva migliorava un po’ i risultati. Si fermò, guardò Jessica da dietro, la sua schiena esposta, fece qualche passo in avanti e con tutta l’insicurezza che il momento doveva farle provare menò un colpo. La frusta colpì Jessica sulla schiena praticamente senza fare rumore, era la parte larga della frusta, quella spessa più vicina all’impugnatura che colpì; tranne che un sobbalzo per la sorpresa Jessica non ebbe reazioni, il colpo era stato leggero, una carezza. Teresa era caparbia, uno dopo l’altro mollo altri colpi e ogni volta cercava di prendere le misura, tra ogni colpo una lunga pausa come stesse riflettendo, ad ogni colpo il suo braccio era più sciolto mentre cominciava a credere nella situazione. Jessica li subiva tutti apparentemente senza troppo sforzo, certo alcuni dovevano aver fatto male ma nulla che potesse infastidire il mio angelo poi ci fu uno schiocco. Teresa aveva fatto un ulteriore passo indietro ed era riuscita a far scivolare la frusta in aria in modo omogeneo, scorrevole, la parte sottile della pelle intrecciata trovò la pelle di Jessica, si arrotolò intorno alla sua schiena, vi girà intorno e la punta finì la sua corsa proprio sul seno destro con un forte schiocco. Quando la frusta ricadde a terra un lungo segno rosso si estendeva da metà schiena fino a pochi millimetri da un capezzolo. Un mugolo intenso fu soffocato mentre Jessica si issava sulla corda a cui era appesa tirando le gambe verso il corpo per il dolore improvviso. Vidi come un sorriso in Teresa per il risultato raggiunto, mi aveva ascoltato e non si stava frenando, era già pronta a sferrare un altro colpo quando la mia mano le cinse delicatamente il braccio fermandola. La guardai negli occhi e non potei fare a meno di sorridere vedendo quanto era stravolta, il respiro pesante, sudore ad imperlarle il corpo:
“usa questa, ti permetterà di sfogarti come vuoi e quanto vuoi molto meglio”
Le passai una frusta a nove code molto leggera, non era in pelle, le frange erano morbide, quasi ovattate, era la preferita di Jessica ma questo a Teresa non lo dissi.
Lei guardò quel nuovo oggetto come ragionandoci poi si rese conto di avere caldo, si tolse la giacca e sbottonò la camicia mettendo in mostra il seno prosperoso. Mentre si spogliava io mi avvicinai a Jessica, percorsi con un dito, lentamente, il lungo segno rosso sul suo corpo, Teresa non si accorse di nulla, appoggiai appena le labbra sulle sue sussurrandole: “tutto bene?”
…
I colpi che mi arrivavano non erano dolorosi, la frusta era usata nel modo sbagliato, la mia schiena veniva colpite da una parte troppo spessa e ne risultava poco più di una botta, quasi mi dispiaceva, quell’esecuzione così sgraziata mi stava facendo passare l’eccitazione ma poi i colpi andarono mano a mano migliorando, sentivo la pelle colpita in modo più intenso e il calore nel ventre si riaccese insieme alla paura che i colpi potessero divenire troppo intensi. Sentivo il respiro di Teresa alle mie spalle, affannato, pesante, si stava lasciando andare e poi ci fu lo schiocco. Come se una lama mi avesse tagliato da metà schiena fino a un seno, era stato improvviso, terribilmente più intenso dei precedenti, trattenere l’urlo spontaneo che stava per uscirmi fu impegnativo mentre mi contraevo fino a sollevarmi da terra ma poi, rapidamente rimase solo il bruciore che andò attenuandosi nel silenzio che era tornato.
Un dito a percorrere la carne arrossata, labbra che toccano le mie labbra e la sua voce “tutto bene?”, lo bacia avidamente, come volessi mangiarmelo, mi protesi in avanti al meglio che potevo per cercare di catturarlo, legata, accecata, mi mancava tanto e lui mi assecondo, ricambiò il mio bacio per il tempo necessario poi gli sorrisi e dissi “si amore, tutto bene”, lui si staccò sparendo di nuovo ma lo sentii sussurrare “non avere paura”. Non capii bene cosa volesse dire ma poco dopo una pioggia di colpi incominciò ad investirmi, forti, veloci nel susseguirsi, abbracciavano la schiena, il culo, le gambe ripetendosi ad un ritmo serrato. Conoscevo chi mi stava colpendo, amavo quell’oggetto, era quello che mi faceva provare quel tipo di sottile dolore che più mi eccitava e sorridendo mi abbandonai alle sue intense carezze mugolando.
…
Osservai Teresa dare sfogo a tutta la sua rabbia, quell’oggetto leggero le permetteva di sfogarsi con brutalità, non aveva idea che per quanto forza ci mettesse le avevo tolto la possibilità di far provare alla mia compagnia più dolore di quanto le piacesse provare. Non era sua, era mia e non le riconoscevo il diritto di farle del male ma nella sua testa questa mia consapevolezza non c’era. Continuò a lungo, ansante, sudata, si liberò della camicia restando solo con il reggiseno a sorreggere le enormi mammelle. Alla fine i colpi rallentarono, il suo braccio era divenuto pesante e il viso era tramutato da sentimenti che non sapeva di poter provare. Con il fiatone si spostò di fronte a Jessica, per la prima volta veramente vicina a lei, le strappò la benda da sopra la testa e con il viso a pochi centimetri dal suo le sputò in faccia tutto quello che provava:
“non ho finito con te puttana, ora ti frusterò queste tue tettine e poi toccherà alla fica”
…
Lascia che i colpi mi invadessero, familiari, appaganti mentre immaginavo che fosse lui a colpirmi poi si fermò, la sentii avvicinarmi a me con foga e strapparmi la benda, la luce mi invase gli occhi costringendomi a chiuderli mentre la sentivo vomitarmi addosso tutta la sua libidine fuori controllo. Appena riuscii ad aprire gli occhi cercai lui e lo trova subito, nell’oscurità, nello sfondo della stanza, sorrideva, gli sorrisi e quando Teresa mi disse di volermi frustare i seni, le fica, con il coraggio della certezza del mio uomo alle sue spalle alzai una gamba lasciando indifeso il mio sesso ad ogni colpo.
…
Teresa restò disarmata da come Jessica si espose volontariamente ai suoi colpi, restò senza parole per qualche secondo poi, come posseduta, fece un passo indietro e sferrò una frustata dal basso in alto a colpire proprio in mezzo alle gambe di Jessica, lei fece un mugolo ma non richiuse le gambe, sapevo quanto piacere le dava essere colpita da quella morbida frusta sul sesso. Teresa attese un attimo per vedere il risultato del suo colpo poi, vedendo Jessica insistere del donarsi ne diede un altro e poi un altro aspettandosi di vederla cedere, non aveva la minima idea di quanto fosse lontana dal riuscirci, getto a terra la frusta, afferrò il collo di quella che credeva essere la sua schiava e con l’altra mano le afferrò forte la fica, stringendola, con il viso a pochi millimetri l’una dall’altra e le ringhio contro: “ora ti scopo puttana”. Jessica la baciò, un bacio inaspettato, intenso, che la travolse, la incatenò a lei con le labbra e fece dissipare la rabbia incontrollabile che l’aveva avvolta, la baciò fino a che non sentì che l’unica cosa che rimaneva era la libido e il bacio, piano piano, si tramutò nel bacio di due donne, leggero, intenso, saffico poi si staccò e le disse: “scopami”
Teresa tornò in se, abbandonata quella reazione furiosa a tutto il potere che le era stato regalato all’improvviso riprese il controllo del suo corpo e si rese conto della forte eccitazione che la pervadeva. Io ero li al loro fianco porgendo uno tanga in lattice con due falli attaccati, uno interno ed uno esterno. Lei lo guardò un po’ stupita e poi, molto più calma di prima, lo prese sorridendo. Le lascia un po’ di intimità mentre liberavo Jessica dalle corde e presa in braccio, la portavo sule letto. Per tutta la strada non riuscii a staccare gli occhi da lei, ogni secondo che passava, ogni emozione che mi faceva provare me la facevano vedere più bella più desiderabile. Lei sorrideva pacifica, comoda, fra le mie braccia.
Dopo un po’ ci raggiunse Teresa, imbarazzata, con quel pene nero che le penzolava davanti e che con ogni oscillazione faceva muovere quello dentro di lei. Io mi allontanai di qualche centimetro mentre Jessica, con la schiena appoggiata sul letto, le gambe divaricate, allungava le braccia come a chiamarla, come a incoraggiarla. Si raggiunsero, le mani nelle mani, Teresa venne attirata come una mosca dal miele, si fece accompagnare dentro Jessica in modo tenero, affondò fino in fondo in quel lago di umori, il suo viso fra le mani della mia donna che a pochi centimetri le sussurrava “scopami, fammi tua” ma la verità è che era lei a decidere il ritmo, le movenze, la verità è che era Jessica quella che possedeva Teresa.
Restai a guardarle mentre il piacere le invadeva e mi spogliai, incomincia ad accarezzare la schiena di Teresa, in modo vellutato mentre mi avvicinavo sempre più, ero li in ginocchio di fianco a loro che si scopavano a vicenda in modo sempre più intenso, la mano di Jessica prese il mio cazzo e incominciò a segarlo mentre stantuffava la fica di Teresa che emetteva mugoli sempre più intensi. Mi guidò verso di lei, verso le sue labbra e poi, dopo avermi fatto arrivare abbastanza vicino, incomincio uno dei suoi stupendi pompini. Il tutto si svolgeva per forza di cose, a pochi centimetri dalla faccia della nostra ospite che vedendo saettare la lingua dell’amica sulla mia cappella non riusciva a staccare gli occhi dalla scena mentre con lo stesso cazzo che le scavava la fica apriva contemporaneamente anche quella di Jessica.
In breve le loro bocche si incontrarono in un misto fra un bacio saffico e un doppio bocchino, Io mi gustavo quel lavoretto non tanto per le sensazioni che provavo, Jessica da sola riusciva a fare dieci volte meglio ma per il vedere Teresa sottomessa a Jessica che la stava inconsciamente guidando a donarsi a me.
…
Tutto era andato bene, Teresa mi aveva seguita proprio fin dove volevo ed ora, travolta dall’eccitazione, mentre mi lavoravo la sua fica con la mia stava leccando il cazzo del mio padrone ma non mi bastava, volevo portarla molto più in la. Presi la cappella in bocca e fissando gli occhi nei suoi ne feci scivolare una buona metà nella gola facendo mugolare il mio uomo. Lei mi guardava rapita, lo feci uscire, la bacia leggermente e poi le puntai il cazzo verso la bocca sfidandola in silenzio. Lei sorrise, spalancò le labbra e uguagliò il mio gesto, lo prese dentro, lo succhiò avidamente, lo fece uscire e leccò una goccia di saliva che stava scendendo sull’asta, era brava, mi piaceva, sorrisi anch’io, guardai lui in una silenziosa richiesta e lui, capendo, si avvicinò di più. Ritrovai gli occhi ti Teresa, aprii la bocca e inizia a scendere su quel pezzo di carne, sempre più giù, sempre più giù fino a che, davanti agli occhi invidiosi della mia compagna, le mie labbra arrivarono ai peli del suo pube e li, spingendo con la testa, incomincia a fare dei piccoli affondi mentre il glande mi scava la gola.
…
Jessica stava per farmi venire, maledetta nella sua ineguagliabile bravura con la bocca ma in fine, probabilmente percependolo, mi graziò cacciandomi fuori dalle labbra e puntando il mio membro verso la bocca di Teresa, lei lo accolse e incominciò a scendere ma non molto più giù della metà incominciarono i problemi, quella ragazza era caparbia ma quello che voleva fare, uguagliare Jessica non era in suo potere, stava rischiando di farsi venire i conati e alla fine fui io a sottrarmi. La afferrai per i capelli, in modo un po’ duro ma senza esagerare, la feci girare verso di me e poi le dissi: “va bene così, tu non sei lei”. Lo feci apposta, volevo fare leva sul fascino che provava per la mia donna e funzionò. Vidi un attimo di tristezza nei suoi occhi e poi determinazione, cominciò a baciarmi convulsivamente mentre diceva:
“voglio essere lei, fammi essere lei”
Io sorridevo soddisfatto, Jessica sorrideva complice al che le dissi:
“vuoi che ti scopi? rispondi”
“si, si, ti prego”
“ma la tua fica è occupata da Jessica e io non voglio sottrargliela”
Ci fu un attimo di silenzio, io guardavo lei, Jessica guardava me mentre le graffiava impercettibilmente la schiena, eravamo arrivati al momento più importante, il nodo di tutta la matassa, era ora di scoparcela insieme come voleva Jessica, come volevo io, come volevamo noi.
“inculami, mentre mi scopa inculami”
…
Le sentii dire finalmente quelle parole, lo voleva, voleva essere scopata da noi contemporaneamente. Allungai la mano sul comodino per prendere il lubrificante mentre lui spariva alle spalle di Teresa.
Incomincia a baciarla parlandole:
“resta con me, guarda solo me, senti solo me, non esiste altro, ti faremo felice”
Con una mano le accarezzavo i capelli mentre mi saziavo con le sue labbra, Con l’�altra iniziai a spalmare lubrificante sul suo culo e sul sesso del mio padrone, gli presi il pene e inizia a guidarlo verso il suo forellino, aumentai l’intensità del bacio tirandola sempre più verso di me e usando il pene che mi scopava per muove quello di lei più in profondità poi mi concentrai solo su di lei lasciando finire il lavoro al mio uomo.
…
Jessica preparò tutto, pensò al lubrificante e attirò l’attenzione di Teresa verso di lei scopandola in modo sempre più intenso. Appoggia il glande su quell’invitante forellino, un capriccio che volevo togliermi dalla prima volta che l’avevo vista, spinsi verso il basso per forzare lentamente i muscoli dello sfintere poi, rilasciando, facevo entrare un po’ la cappella, ci volle tempo e cautela per forzare quell’apertura senza rendere la cosa traumatica, ogni centimetro che guadagnavo nel suo culo Teresa mugolava ma era completamente rapita da Jessica e mi lasciava fare docile. Alla fine la cappella superò lo stretto varco, mi fermai per darle il tempo di adattarsi, si era irrigidita, la sentivo stringere attorno al mio pene ma le sapienti attenzioni della mia stupenda creatura riuscirono in breve a farla rilassare riportando la sua attenzione sulla fica che le stava scopando la fica. Scivolai lentamente dentro di lei, sentivo il fallo all’interno dell’altro buco che si muoveva agli ordini di Jessica. Non fu semplice occupare quello spazio già occupato ma alla fine io e la mia compagna ci trovammo completamente accolti nel corpo di Teresa.
In quella posizione riuscivamo a guardarci negli occhi, io nei suoi, lei nei miei e Teresa persa non so dove. Slacciai il perizoma di Teresa e Jessica, abbassate le mani verso il pube ne prese il controllo, era ora in grado di muoversi a piacimento, iniziai a stantuffarla a fondo, ad ogni mio colpo nel culo seguiva uno di Jessica uguale nella fica, seguivamo i respiri e i mugoli di Teresa ormai completamente in nostra balia. Il ritmo del suo cuore in mezzo a noi andava aumentando e così i nostri colpi contrapposti e così i suoi lamenti di piacere. Non ci volle molto e un intenso orgasmo la percorse, urlò come un’ossessa mentre si contorceva schiacciata fra i nostri due corpi, urlò e urlò ancora mentre noi due continuavamo a infierire sui suoi buchi. Le mani di Jessica raggiunsero il mio culo invitandomi, guidandomi ad incularla ancora più forte e alla fine, anche io, dopo aver stretto le mani della mia donna fra le mie mi riversai, soddisfatto nella pancia di Teresa, lunghi fiotti fino a svuotarmi completamente. Mi accasciai sul letto, anche Jessica si liberò dal corpo dell’amica e sorridente incominciò a pulirmi il cazzo con la lingua, io risi, la sensazione era troppo forte, lo stava facendo apposta, la afferrai per i capelli e la tirai a me per baciarla, mi lasciò fare e poi mi sussurrò:
“sei contento?”
Il suo sguardo di sfida, impertinente:
“sei il mio angelo, sei il mio demone, tu sei, sei tutto per me”
Restammo li abbracciati e dopo qualche minuto ci raggiunse anche Teresa, si accoccolò sul ventre di Jessica, rilassata, serena, sfinita ma dopo poco alzò la testa, mi guardò e disse:
“frustami, voglio essere legata la come lei, voglio sapere cosa si prova, voglio essere la tua schiava”
La guardai stupito della sua stupidità, credeva di poter arrivare e diventare quello era Jessica come fosse niente poi, però, venni catturato proprio dagli occhi della ma compagna, era intrigata, voleva farlo e beh; come minimo le dovevo un regalo. Sorrisi e acconsentii.
…
Lo guardai mentre bendava Teresa, lei tremava leggermente, le mise i bracciali ai polsi, e la fissò al soffitto, era pronta e lui le parlò:
“Teresa, non puoi urlare, puoi gemere, mugolare, contorcerti ma non amo sentire urla e come prima non puoi parlare, questo sarà anche il tuo segnale, quando vorrai smettere ti basterà dirlo, alla prima parola capirò e ti libererò”
Andò a prendere la frusta, scelse la stessa di prima e cercò il mio sguardo, cercò il mio consenso e lo ebbe, forse mi aveva capito, si avvicinò a me, mi baciò dolcemente e mi passò la frusta fra le mani, si mi aveva capito.
Mi portai davanti a lei, non mi interessava la sua schiena, volevo il suo splendido seno, feci partire il primo colpo, leggero, dato con uno strumento leggero, non ero abituata a frustare ma mi bastava sentire quel rumore tanto familiare per capire come stavo andando. Teresa sussultava e mugolava ma sapevo che il dolore che provava era poco più di mille, intense carezze, non vi era euforia in me, solo calma, densa libidine. Feci susseguire i colpi con lentezza gustandomi quelle tette che sobbalzavano. Ammiravo le varie code della frusta che abbracciavano quelle cure, ricoprivano strisciando i capezzoli, ne prendevano la forma come un reggiseno per poi riafflosciarsi verso terra. Colpii il ventre piatto, le cosce e ancora i seni, sempre i seni, la pelle che si arrossava leggermente e poi arrivò lui. Teresa respirava velocemente ma non dava segno di voler smettere. Le alzò una gamba tenendola sotto il ginocchio ed esponendo il sesso, era fradicio, lei non fece nulla per impedirlo. Feci roteare la frusta, dal basso verso l’alto fino ad impattare sul suo sesso esposto. Si contorse e tirò la corda che la imprigionava con le braccia, si morse vistosamente le labbra ma ancora non diede segno di essere paga del trattamento. Feci scorrere la frusta fra le mie mani, era bagnata, bagnata dei suoi umori, un altro colpo, un suo lamento, un altro colpo, un altro lamento sempre più simile ad un gemito, un altro colpo e poi un altro e poi ancora. Teresa stava godendo, stava indiscutibilmente godendo per il contatto del suo sesso con la frusta e io la capivo. Gettai quell’oggetto, la liberai della benda, la liberai dalle corde, sembrava quasi stupita, la portai verso il letto e la misi a novanta gradi, le ginocchia per terra, il ventre sullo spigolo del materasso e il busto disteso. Presi lo stesso tanga che aveva indossato lei, lo indossai, il cazzo al suo interno mi entrò come risucchiato, avevo un desiderio di essere penetrata, riempita che mi sembrava impossibile appagare poi mi posi dietro di lei e dopo averla lubrificata un po’ la sodomizzai, un colpo le fui tutta dentro e li restai mentre lei emetteva un gridolino di dolore subito seguito da mugoli di piacere incontrollato. Allungai le mani dietro di me a cercare il mio padrone, era vicino, eccitato per quella scena, me lo strinsi alle spalle e lui subito capì, in poco mi trovai sodomizzata anche io, finalmente piena in modo appagante. Incomincia a inculare Teresa e così facendo impalavo me stessa sul cazzo del mio uomo, lei godeva, io godevo, lui godeva. Presi le mani di lui, le misi all’interno delle mie e le guidai sulle splendide tette della nostra ospite, io stringevo, lui stringeva, lei gemeva. Il ritmo aumentò sempre di più, vedevo il buchino di Teresa allungarsi verso l’esterno mentre mi ritraevo da lei per poi rientrare ad ogni mio affondo, sentivo la carne del mio culo avvolgere il pene del mio amore e seguirlo mentre mi stantuffava. Mi aggrappavo alle sue mani con tutta la forza mentre lui rifletteva il movimento sulle morbide mammelle di quell’intrusa. Il pene dentro di me rifletteva nella fica tutto quello che facevo al culo di lei e i mugoli di tutti crescevano, si amplificavano. Lasciai le mani di lui che continuarono a massaggiare quelle enormi protuberanze e scesi a cercare il sesso grondante della mia amica, lo trovai, con una mano le aprii le labbra e con l’altra le afferrai il clitoride stringendo. Lei esplose e cominciò a muoversi in modo forsennato schiacciata dai nostri due corpi. Così facendo si inculava ancora più affondo e di conseguenza spingeva i due cazzi dentro di me a penetrarmi in modo ancora più inteso. Il suo grido fu il primo, liberatorio, intenso come l’orgasmo che la pervase mentre strusciavo il suo clitoride con le dita. Quei versi di puro piacere mi riempirono la testa e liberarono anche il mio orgasmo che stava crescendo dal primo colpo di frusta che avevo inferto e, massaggiato dagli spasmi di tutte e due, anche il cazzo che mi stava scavando il culo si riversò in me, caldo, piacevole, accompagnato dai suoi grugniti di soddisfazione.
Ci accasciammo tutti e tre sul letto e li restammo, sfiniti, fino a risvegliarci la mattina seguente.
...
Facemmo colazione tutti insieme, come promesso, l’alba aveva cancellato tutto e io e Jessica non facemmo alcun riferimento a quanto accaduto. Una volta giunti sulla porta però, mentre Teresa si stava allontanando per andarsene, si girò, mi guardò e mi disse:
“Lo pensavo davvero, voglio essere la tua schiava, voglio essere tua e solo tua”
Vidi Jessica partire con la coda dell’occhio ma la fermai subito stringendole una mano, la sentii calmarsi un po’, giusto quel poco che serviva per evitare che aggredisse l’invasore.
“sono lusingato Teresa ma come ti avevo detto, quello che è successo resta racchiuso nella notte di ieri, io non cerco un’altra compagna, ho tutto quello che voglio e non desidero altro. Tu hai scoperto cose nuove di te ieri ma non sono io la guida che potrà accompagnarti nel viaggio che ti attende. Nella mia vita, nel mio cuore, non c’è spazio per altri che per Jessica”
…
Disse quelle parole in un modo così sincero da far capire a Teresa che non vi era possibilità alcuna che ottenesse quello che voleva, ci salutò e se ne andò un po’ triste, un lungo viaggio la attendeva prima di scoprire cosa c’era nascosto dentro di lei e io lo sapevo bene.
Lui chiuse la porta e si girò, mi appoggiò le mani sui fianchi e guardandomi serio lo sentii dire:
…
Chiusi la porta e mi girai, appoggia le mani sui fianchi di Jessica e guardandola serio dissi:
“Jessica, io ti amo”
…FINE. NON CONTINUA PIU’
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