Teresa l'indomita - Cap. 5
di
Glorfindel
genere
dominazione
CAPITOLO 5
Mentre era ancora infilato dentro entrambe i miei buchi la sua espressione di puro godimento si andò a mischiare a quella di stupore per la vita che lo stava abbandonando, un urlo cercò di uscire dalla sua bocca ma rimase incastrato nel collo all'altezza del profondo taglio che lo solcava, fiotti di sangue cominciarono a sgorgare come da una bottiglia di spumante agitata e stappata, mi investirono in pieno tingendo di rosso il mio corpo nudo. Ammutolita dallo spettacolo mi trovai imbavagliata da una forte mano prima che il fiato mi tornasse. Una voce nota mi arrivò in un bisbiglio vicino all'orecchio:
“fai silenzio, non so cosa credi di questo uomo ma ora non ho tempo di spiegarti, puoi rimanere qui al fianco del suo cadavere a spiegare cosa centri con la sua morte e chi abbia aperto la porta d'ingresso o puoi venire con me, sopravvivere e ascoltare la mia spiegazione”
La scelta era obbligata e feci cenno di si con la testa, mi lasciò, lentamente. Libera, dovetti estrarmi quella mano e quel pene ormai morti che ancora occupavano il mio culo e la mia fica e non fu facile. Mi alzai incerta e andai a recuperare la veste trasparente con cui ero arrivata che subito si tinse del sangue di cui ero cosparsa. Askal mi guardava serio e concentrato, aprì la porta, due guardie esanimi a terra, il collo spezzato e le espressioni vitree, avemmo vita facile fino a giungere vicino all'uscita, era l'alba e nella villa quasi tutti dormivano, quasi tutti. Due guardie di fronte alla porta per l'esterno, Askal gli si parò davanti all'improvviso, arma in mano, quelle lanciarono l'allarme mentre estraevano le spade e si lanciavano alla carica, la prima lama cozzo contro lo spadone, la spada d'argento piegò il braccio per accompagnare la prima ad incontrare la seconda bloccandole entrambe con la sua arma, un rapido gesto circolare e, ambedue le guardie, andarono a scaricare i loro colpi nel vuoto mentre le teste si staccavano dai corpi che ricaddero a terra sprizzando sangue. Uscimmo ma l'allarme aveva attirato dodici soldati dalla caserma all'esterno che ci stavano caricando. Askal mi fermò con una mano e avanzò sicuro verso lo scontro impari. La scena che seguì ebbe dell'irreale, sullo sfondo io, venere rossa, il lungo abito candido macchiato di sangue ancora caldo a coprire le mie forme generose, capelli scompigliati, occhi sbarrati e lacrime rosse della vita di altri che cadeva dall'alto come pioggia. Askal che si muoveva come una gigantesca ombra, spade che lo fendevano da ogni parte senza mai colpirlo come fosse un miraggio e teste che cadevano una dopo l'altra lasciando colli monchi a sprizzare sangue verso il cielo per alimentare quella pioggia rossa. Pochi secondi dopo stavamo marciando verso il cavallo di lui che ci attendeva nel vicino bosco, dodici cadaveri a farci da contorno mentre le nostre figure macchiate color vermiglio si allontanavano verso il sole nascente. Cavalcammo fino a che il sole non fu al suo punto più alto, senza dire una parola, ci accampammo per riposare un po'. Mi porse del cibo che la fame mi costrinse ad accettare, non sapevo cosa pensare, aveva ucciso quell'uomo che avevo riconosciuto come mio padrone e che mi aveva fatto solo del bene ma non riuscivo comunque a vedere in lui malvagità. Attese che finissi, che mi dissetassi e in fine parlò:
“non so che tipo di rapporti ti eri creata in quella casa ma ora ti dirò quello che conosco, cosa guida le mie azioni e cosa farò in futuro poi potrai decidere cosa vuoi fare.
L'uomo che ti ho visto cercare di soddisfare con tanto impegno non era il nobile spirito che cercava di apparire, tutte le donne in quella cosa erano li da quando avevano 7 o al massimo 8 anni, erano quelle che lui aveva scelto per se mentre le altre le vendeva per i sollazzi di ricchi depravati. Questi erano i suoi affari, trafficava schiavi bambini, era il migliore nel suo campo e se è vero che donava una specie di vita felice a quelli che sceglieva non aveva nessuna pietà per quelli che vendeva, incurante dell'orribile sorte a cui li mandava in contro. Il motivo per cui tutte le fanciulle di quella casa gli erano così fedeli è che le aveva soggiogate fino dalla più tenera età. Quello che ho ucciso, nella vita, faceva il mercante di bambini”
“se tutte gli erano così fedeli come hai fatto a farmi avere il biglietto?”
“non vi è cosa più letale e incontrollabile di una donna respinta mentre cerca di donarsi con tutto il cuore, ma tu perché hai aperto la porta?”
“quindi è stata Aria a darmi il biglietto, lo amava tanto da non poter accettare di non averlo, lo preferiva morto o forse non aveva calcolato bene quali sarebbero state le conseguenze del suo gesto. Ho aperto la porta perché, per quanto assurdo potesse sembrare, speravo fossi tu ma io ti ho visto morire”
“tu mi hai visto cadere a terra, il colpo è stato forte, mi sono ripreso dopo quasi due giorni ma, a parte un grosso livido, ero illeso, per mia fortuna indosso sempre, sotto il corpetto di pelle, una cotta di maglia fatta della stessa lega della mia spada, un regalo del mio maestro, è quasi impossibile tagliarla. Dopo essermi ripreso ho impiegato un po' di tempo per riuscire a guadagnarmi la fiducia di Aria ma poi, grazie a lei, riuscivo ad essere informato di cosa accadeva all'interno. Come avevo sperato quando ti ho incontrata, tua sei stata la chiave per espugnare il rifugio del mio obbiettivo”
“ecco cosa intendevi dicendo che se mi avessero accolta nella villa il problema sarebbe stato risolto, avevi intenzione di usarmi fin dall'inizio”
“non giungere a conclusioni affrettate, ho rischiato la vita per proteggerti perché rispetto la vita altrui e non ti avrei mandata senza spiegarti tutto fino in fondo, non volevo usarti ma chiedere il tuo aiuto”
''e ora?”
“dopo le guerre di quasi venti anni fa in cui le due famiglie predominanti si distrussero a vicenda queste terre sono diventate la patria della violenza, quattro sono i signori che detengono il potere e il controllo, uno l'ho appena ucciso, la mia missione è quella di eliminare anche gli altri tre e intendo portarla avanti anche da solo, il problema è che i miei bersagli sanno che noi spade d'argento siamo a caccia delle loro teste e hanno preso provvedimenti, ecco perché l'uomo che fino a poche ore fa chiamavi padrone viveva rinchiuso in quel modo e, un'ultima cosa Teresa, l'ultimo dei tre ancora sulla mia lista è quello che ha marchiato la tua spalla, quella cicatrice impressa dal ferro rovente, raffigura il suo stemma”
“ti devo la vita più di una volta e voglio sapere perché quell'uomo mi ha strappato dal mio mondo cambiando la mia esistenza quindi, Askal, vorrei venire con te ed aiutarti a costo della vita”
“immaginavo che lo avresti detto ma ti chiedo di riflettere bene su ciò che hai dovuto subire fino ad ora perché è probabile che andando avanti le cose peggioreranno quindi, ora laviamoci questo sangue di dosso, prepariamo il campo per la notte, ceniamo e se domani sarai dello stesso avviso allora di dirò di si”
Dovetti mettere ad asciugare l'unico vestito che avevo vicino al fuoco dopo averlo lavato e mi ritrovai ancora nuda, mi sentivo un po' imbarazzata con lui che faceva in modo di non guardarmi, mi porse il suo mantello per coprirmi e attesi il trascorrere della notte per poter intraprendere quel viaggio alla scoperta della verità.
La mia risposta alla sua domanda era ormai scontata, si, lo avrei seguito fino alla fine a qualunque costo. Il prossimo obbiettivo si trovava a sei giorni di cavallo di distanza, mi venne spiegato che il palazzo aveva una strana conformazione, era alla periferia nord di un grande villaggio, il piano sotto terra era stato trasformato in una prigione senza sbarre nel senso che ci si poteva entrare solo da delle botole nel soffitto ad almeno 5 metri di altezza. I colpevoli venivano calati dall'alto e li abbandonati, liberi di vagare nel livello senza guardie ne celle, non vi era via di fuga se non la morte che si poteva trovare in mille modi. Quando le guardie avevano bisogno di scendere usavano delle lunghe scale che venivano issate fuori una volta finita l'ispezione. Il piano terra era circondato da un grosso giardino con mura alte, all'esterno cento guardie e all'interno altre trenta, scelte e di massima fiducia. La particolarità era che tutte le guardie erano donne. Al piano superiore una gigantesca stanza senza finestre, vi si accedeva solo da una scala a chiocciola sigillata da una porta d'acciaio spessa come le spalle di un lottatore e che poteva essere aperta solo dall'interno. Cibo, acqua e sollazzi venivano issati con una specie di ascensore comandato dall'alto, era inespugnabile, le pareti del pozzo erano di liscio marmo, impossibili da scalare e se qualcuno di indesiderato avesse cercato di issarsi sarebbe stato bersagliato di frecce ancora prima di iniziare.
Il nostro obbiettivo si era nascosto in quel palazzo proprio perché nessuno era mai riuscito ad infrangerne le difese, anche sbaragliando l'esercito al suo esterno la stanza superiore sarebbe stata inviolabile, bisognava riuscire ad infiltrarsi e l'unica che poteva ero io. Per entrare a far parte della guardia esterna vi era una semplice regola, si doveva affrontare un combattimento a mani nude con una delle attive scelte a caso con un sorteggio e se si vinceva si era assunte ma se si perdeva si finiva nella prigione sotto il palazzo. Askal passò sei mesi ad allenarmi ed istruirmi, era un maestro capace quanto severo, duro nell'insegnare quanto affettuoso nel curare i lividi, imparavo bene anche se il tempo trascorreva troppo veloce rispetto ai miei progressi. Lo vedevo sempre un po' impacciato con me al di fuori dell'addestramento ma ogni volta che andavo al fiume a lavarmi ero certa che i suoi occhi mi spiassero, negli scontri, quando i nostri corpi si avvinghiavano lottando, vedevo il suo sguardo indugiare sulle mie curve ma non aveva dato mai cenno di esplicito desiderio nei miei confronti mentre io bruciavo per lui.
Un giorno, durante un combattimento, mi disarmò e ci trovammo, in piedi, uno appiccicato all'altro, sudati, ansimanti, lui cercò subito di ritrarsi ma io lo fermai afferrandolo per i fianchi:
“perché ti allontani sempre? Mi trovi così ripugnante come donna? E’ per quello che mi hai vista fare e subire?”
“no, è che ti desidero troppo”
“prendimi allora, puoi avermi”
“io, ero fuori dalla porta ed ho visto tutto quello che hai fatto per far godere quel bastardo e mi sono trovato a desiderare di farti quello che ti ha fatto lui. Non credo che sia giusto e non ho il desiderio di piegare una donna ai miei capricci ma ogni volta che il tuo corpo è vicino al mio scatta qualcosa, mi tornano in mente quelle immagini e desidero viverle”
Non potei fare a meno di arrossire e abbassare lo sguardo, pensare a lui che mi guardava mentre mi facevo impalare in tutti i modi mi fece vergognare ma allo stesso tempo non potevo dimenticare tutto il coinvolgimento di quella notte e non potevo negare che avevo voglia di riviverla con lui. Con lo sguardo sempre basso inizia a spogliarmi dicendo:
“resta qui con me ti prego”
La voce mi tremava pronunciando quelle parole e una volta nuda iniziai a spogliare lui, chiusi gli occhi togliendo l'ultimo indumento e liberando il suo pene. Lui non parlava e mi strinsi forte al suo corpo, gli presi le mani con le mie e le guidai sulle natiche, iniziarono a stringere, in modo sempre più vigoroso, la sue pelle a palpare, finalmente, la mia e, nascondendo il viso nel suo petto:
“colpiscimi, sculacciami se ti va”
Ci vollero dei minuti durante i quali il suo battito accelerava sempre più come sincronizzato con il mio respiro, sentivo il suo cazzo vibrare a contatto con la pelle morbida e poi due colpi in sincrono, leggeri, il mio volto sempre nascosto nel suo petto mentre sussurravo:
“spada d'argento, quello che hai tra le mani non è il culo di un neonato, non temere, ho capito e mi fido di te, non ti lascerò fare nulla che non mi senta di fare ma ora lasciati andare, per una volta lascia che sia io ad insegnare a te.
Più forte, sei l'uomo a cui devo la vita, più forte”
Una mano sola, la destra, mi lasciò solo un istante e colpì, la carne vibrò, un leggero bruciore che si propagava per la natica, un fuoco che si allargava impetuoso nel mio ventre, non riuscivo a evitare di strusciarmi su di lui mentre sentivo che mi stavo bagnando, ansimai:
“più forte ti prego”
Due colpi in rapida successione, le mani che avevano fatto sentire finalmente il loro peso, ora iniziavo a percepire di donarmi come meritava, un mugolo sommesso, il viso ad alzarsi a cercare i suoi occhi, lui già preoccupato per me, gli afferrai i capelli, lo tirai per baciarlo e mentre la mia lingua cercava la sua:
“continua, dai senso alla vita che hai salvato, lascia che ti dia tutto quello che sento di voler donare, lasciati andare e non trattenere nulla di te, te ne prego”
Chiuse gli occhi un istante trattenendo il respiro mentre le mani stringevano il mio culo sempre più forte, sembrava che stesse lottando con se stesso poi il suo bacio si fece avido, vorace, il suo uccello sussultava schiacciato fra di noi, mi morse un labbro abbastanza forte da farmi guaire e poi, con prepotenza, mi girò, spinse in avanti il mio busto facendomi appoggiare a un vicino albero, quasi a novanta gradi, esponendomi completamente a lui, per lui. Le grosse tette sobbalzavano al ritmo delle sculacciate che cominciò ad infliggermi, respirava veloce e la carne subiva il fuoco che avevo risvegliato in lui. Un susseguirsi di schiaffi dati da mani forti, abituate a combattere, penetravano la mia morbida pelle arrossata, mi scaldavano dall'interno con un dolore che si propagava alle cosce, al sesso. Nel silenzio della foresta le mie urla echeggiavano in lontananza rotte solo dal mio continuargli a dire di non smettere. La furia iniziale lasciò spazio al momento che vivevamo, le sue mani iniziarono a carezzare la pelle accaldata dei glutei fra un colpo e l'altro, anche la forza diminuì riequilibrando il limite fra dolore e piacere, voltai la testa a guardarlo, stava osservando il mio culo come perso poi si accorse dei miei occhi su di lui e mi restituì una sguardo perplesso, gli sorrisi, con una mano presi la sua che mi carezzava, divaricai le gambe e la guidai verso il mio sesso immergendola nei copiosi umori per fargli capire cosa stavo provando. Capì, mi rimisi in posizione lasciandogli totale potere sul mio corpo, mi carezzò la fica a lungo, indugiò all'esterno con calma penetrando in profondità con una lentezza estenuante che fece salire la mia eccitazione a dismisura. Sembrava non doversi stancare mai di far sguazzare le dita nel sesso mentre aveva iniziato a baciarmi la schiena allungandosi su di me. Stavo scoppiando e quando sentii il suo uccello sfiorare le mie cosce non potei fare a meno di afferrarlo per infilarmelo dentro ma mi concesse di sentirne appena la cappella e si ritrasse per iniziare a carezzarmi le cosce per tutta la loro lunghezza, all'esterno e all'interno fino ai margini della fica grondante. Mentre mi massaggiava aveva iniziato a leccarmi il solco del culo per giungere in breve al mio buchetto che lappò con avidità fino a ricoprirlo di saliva, la punta della lingua spinse per entrare e io cercai di facilitarle il compito spingendo per offrirmi il più possibile, si saziò a lungo per poi scorrere verso il basso, la lingua percorreva con la punta le mie grandi labbra, le sfiorava appena provocandomi un intenso formicolio allo stomaco, mi muovevo per farla scorrere dentro di me, a cercare più piacere ma non appena si avvicinava al clitoride turgido si riallontanava lasciandomi delusa e vogliosa. Si staccò da me per prendere il frustino del cavallo, me lo fece passare davanti alla bocca e io lo leccai vorace, mi colpì con colpi netti l'interno delle cosce, solo la punta piatta arrivava sulla carne provocando schiocchi di un dolore intenso ma che svaniva in un attimo, mugolavo sommessa mentre subivo quel trattamento ma poi urlai, urlai forte, un colpo diretto sul sesso e poi subito un altro. Per quanto il dolore scemasse molto alla svelta nel momento del colpo era tanto intenso da inondare il cervello:
“se ne subirai dieci senza urlare allora ti penetrerò finché non sarai venuta”
La mia risposta fu semplice e immediata, feci passare una mano in mezzo alle cosce e con le dita mi allargai il sesso in modo da dare più spazio al suo supplizio. Lui mi percorse tutta la schiena con dei baci delicati e poi sparì per farsi sostituire dal primo colpo. Gemetti, ebbra di quell'intenso dolore che sentivo come gioia per il solo fatto che era lui a donarmelo e rimasi in posizione, le gambe che tremavano, il sesso che bruciava, contando colpo dopo colpo mentre nella mente la sola cosa che rimaneva come un vuoto era la distanza che mi separava dal poter ospitare il suo pene dentro di me. I colpi si esaurirono strappandomi dalle labbra serrate coi denti solo mugugni mentre il desiderio che provavo saliva a dismisura. Mi prese e mi fece sdraiare a pancia in alto, si inginocchiò davanti a me alzandomi le cosce e iniziò a far scorrere il robusto cazzo sopra il clitoride tenendocelo premuto a forza con i pollici. Continuò questa masturbazione contemporanea dei nostri sessi per interi minuti mentre osservava il mio corpo nudo, il mio viso contratto dal desiderio. Ogni volta che il suo pene indietreggiava desideravo con tutta me stessa che l'affondo successivo fosse dentro il mio corpo. Ero un fuoco indomabile dentro e questo suo strusciare continuo sul mio sesso mi stava facendo impazzire, desideravo quel cazzo con tutta me stessa ed avevo iniziato a stropicciarmi le tette da sola per cercare un po' più piacere e poi fu un attimo, mi accontentò, sprofondò nella fica fradicia tutto d'un botto senza incontrare nessun ostacolo, fu così improvviso e appagante che restai a bocca aperta in attesa di ossigeno, cominciò a chiavarmi forte, quasi con rabbia mentre io gemevo finalmente piena, spinse le mie braccia sopra la testa ed io ubbidii docile, con una mano mi coprì la bocca come a voler dimostrare che non avevo diritto a tanto piacere e con l'altra iniziò a torturarmi, alternativamente, i capezzoli turgidi usandoli come appiglio ber sbatacchiare le morbide tette. Mi stantuffò con foga, con metodo, appagandosi della mia fica e poi, all'improvviso, uscì fuori lasciando un vuoto incolmabile nella vagina, si alzò in piedi e tirandomi per i capelli mi costrinse in ginocchio, aprii la bocca e lo accolsi, i suo sapore mischiato al mio mentre gli davo la giusta accoglienza con la lingua, stantuffava forte penetrandomi la gola e poi si fermava a godere dei giochi della mia lingua e del mio succhiare, mi afferrò dietro la testa con entrambe le mani ed affondò totalmente, spingendo forte e impedendomi di indietreggiare continuando a scavare con il bacino, continuò fino a sfiorare l'orgasmo, aveva ormai perso il controllo e si saziava a pieno del mio corpo come meglio credeva, mi ributtò a terra in malo modo, su un fianco, mi alzò una gamba verso l'alto, si sedette sopra l'altra e mi penetrò con forza riuscendo, in quella posizione, ad andare ancora più a fondo. Non usciva di un pelo da me impartendomi solo veloci colpi con il bacino, raggiunsi presto l'orgasmo e lui mi premiò con una forte sculacciata su una natica e tirandomi sopra di lui che si stava sdraiando. Mi spinse la testa verso il pisello e si lasciò andare per rilassarsi un po' sull'erba. Gli regali il pompino migliore della mia vita, gli massaggiai i coglioni mentre lo insalivavo per tutta la sua altezza, lo segai a lungo e con vigore tenendo la cappella in bocca per leccarla, ogni tanto lo ingoiavo per intero due o tre volte per poi ripartire con la sega in punta di labbra. Quel trattamento ebbe effetto e le sue mani tornarono ad afferrare la mi testa bloccandola per poi scoparmi la gola inserendosi tutto e poi fuoriuscendo ad un ritmo infuriato. L'orgasmo lo stava per travolgere e mi staccai per alzarmi in piedi sopra di lui facendolo rimanere fra le mie gambe. Guardandolo fisso negli occhi, steso sotto di me, gli presi una mano, la tirai verso l'alto e la indirizzai alla mia fica:
“è questo che vuoi? Vuoi infilare una mano nel mio sesso mentre mi metti il cazzo nel culo? Puoi farlo, a te non negherei niente”
La sua mano si fece rigida e il mio sguardo interrogativo:
“quello che voglio ora è che appoggi quelle tue splendide labbra sulle mie, voglio vederti godere, voglio sentirti godere nella mia bocca mentre ti bacio, voglio provare ogni sensazione che provi. Restai stupita nel sentilo dire che la cosa che lo eccitava di più era la mia eccitazione, il mio piacere, piegai le ginocchia abbassandomi su di lui, mi vergognavo come se fosse la prima volta che giacevo con un uomo. Con lo sguardo basso presi il suo pene e mordendomi le labbra lo feci entrare, man mano, dentro il mio culo fino alla radice, incurante del dolore al buchetto violato mi godetti tutto lo scorrere del cazzo dentro di me felice di poter donare a lui il mio ano. Arrossendo ritrovai il suo sguardo, gli afferrai una mano e guidai due dita verso il clitoride esposto, mi accascia su di lui, le tette sul suo petto con il braccio che mi stava masturbando a dividerle, il viso di fianco al suo e dissi:
“tu non muoverti, lasciami fare ti prego”
Inizia a strusciarmi nascondendo il viso sulla sua spalla, avanti e indietro a far si che il cazzo mi inculasse e le dita mi strofinassero il clitoride mentre i capezzoli strusciavano sui suoi. Mi venne in breve il respiro pesante mentre lui stava inerme, mugolavo come una cagna in calore per il piacere che mi stava donando, il calore si propagava dentro di me rapidamente e non resistetti più, lo avvinghia in un bacio appassionato, la mia bocca spalancata a lasciare uscire i rumori del mio godimento, le lingue intrecciate, il bacino che spingeva sempre più forte verso le dita, il cazzo che pulsava nel culo, un continuo crescendo di sensazioni sempre più forti e poi esplose nel mio corpo, le mie urla esplosero nella sua bocca, spasmi mi percorrevano mentre mi costringevo ad un rapido sue e giù sul cazzo, mentre stringevo i muscoli doloranti dello sfintere più che potevo per far aderire il buco del culo alla sua mazza in modo che lo seguisse, mentre mi sfondava l'ano con colpi violenti che mi somministravo da sola, senza darmi sosta, senza che l'orgasmo mi desse sosta e alla fine lui si unì a me, fiotti, caldi, liquidi nel mio intestino, lussuria a travolgerci entrambe, avvinghiati, sudati, stremati:
“Ti Amo Askal, ti amo”
CONTINUA' IL RACCONTO TI E' PIACIUTO? LO HAI ODIATO O ALTRO? DARE UN'OPINIONE AIUTA A MIGLIORARSI glorfindel@email.com
Mentre era ancora infilato dentro entrambe i miei buchi la sua espressione di puro godimento si andò a mischiare a quella di stupore per la vita che lo stava abbandonando, un urlo cercò di uscire dalla sua bocca ma rimase incastrato nel collo all'altezza del profondo taglio che lo solcava, fiotti di sangue cominciarono a sgorgare come da una bottiglia di spumante agitata e stappata, mi investirono in pieno tingendo di rosso il mio corpo nudo. Ammutolita dallo spettacolo mi trovai imbavagliata da una forte mano prima che il fiato mi tornasse. Una voce nota mi arrivò in un bisbiglio vicino all'orecchio:
“fai silenzio, non so cosa credi di questo uomo ma ora non ho tempo di spiegarti, puoi rimanere qui al fianco del suo cadavere a spiegare cosa centri con la sua morte e chi abbia aperto la porta d'ingresso o puoi venire con me, sopravvivere e ascoltare la mia spiegazione”
La scelta era obbligata e feci cenno di si con la testa, mi lasciò, lentamente. Libera, dovetti estrarmi quella mano e quel pene ormai morti che ancora occupavano il mio culo e la mia fica e non fu facile. Mi alzai incerta e andai a recuperare la veste trasparente con cui ero arrivata che subito si tinse del sangue di cui ero cosparsa. Askal mi guardava serio e concentrato, aprì la porta, due guardie esanimi a terra, il collo spezzato e le espressioni vitree, avemmo vita facile fino a giungere vicino all'uscita, era l'alba e nella villa quasi tutti dormivano, quasi tutti. Due guardie di fronte alla porta per l'esterno, Askal gli si parò davanti all'improvviso, arma in mano, quelle lanciarono l'allarme mentre estraevano le spade e si lanciavano alla carica, la prima lama cozzo contro lo spadone, la spada d'argento piegò il braccio per accompagnare la prima ad incontrare la seconda bloccandole entrambe con la sua arma, un rapido gesto circolare e, ambedue le guardie, andarono a scaricare i loro colpi nel vuoto mentre le teste si staccavano dai corpi che ricaddero a terra sprizzando sangue. Uscimmo ma l'allarme aveva attirato dodici soldati dalla caserma all'esterno che ci stavano caricando. Askal mi fermò con una mano e avanzò sicuro verso lo scontro impari. La scena che seguì ebbe dell'irreale, sullo sfondo io, venere rossa, il lungo abito candido macchiato di sangue ancora caldo a coprire le mie forme generose, capelli scompigliati, occhi sbarrati e lacrime rosse della vita di altri che cadeva dall'alto come pioggia. Askal che si muoveva come una gigantesca ombra, spade che lo fendevano da ogni parte senza mai colpirlo come fosse un miraggio e teste che cadevano una dopo l'altra lasciando colli monchi a sprizzare sangue verso il cielo per alimentare quella pioggia rossa. Pochi secondi dopo stavamo marciando verso il cavallo di lui che ci attendeva nel vicino bosco, dodici cadaveri a farci da contorno mentre le nostre figure macchiate color vermiglio si allontanavano verso il sole nascente. Cavalcammo fino a che il sole non fu al suo punto più alto, senza dire una parola, ci accampammo per riposare un po'. Mi porse del cibo che la fame mi costrinse ad accettare, non sapevo cosa pensare, aveva ucciso quell'uomo che avevo riconosciuto come mio padrone e che mi aveva fatto solo del bene ma non riuscivo comunque a vedere in lui malvagità. Attese che finissi, che mi dissetassi e in fine parlò:
“non so che tipo di rapporti ti eri creata in quella casa ma ora ti dirò quello che conosco, cosa guida le mie azioni e cosa farò in futuro poi potrai decidere cosa vuoi fare.
L'uomo che ti ho visto cercare di soddisfare con tanto impegno non era il nobile spirito che cercava di apparire, tutte le donne in quella cosa erano li da quando avevano 7 o al massimo 8 anni, erano quelle che lui aveva scelto per se mentre le altre le vendeva per i sollazzi di ricchi depravati. Questi erano i suoi affari, trafficava schiavi bambini, era il migliore nel suo campo e se è vero che donava una specie di vita felice a quelli che sceglieva non aveva nessuna pietà per quelli che vendeva, incurante dell'orribile sorte a cui li mandava in contro. Il motivo per cui tutte le fanciulle di quella casa gli erano così fedeli è che le aveva soggiogate fino dalla più tenera età. Quello che ho ucciso, nella vita, faceva il mercante di bambini”
“se tutte gli erano così fedeli come hai fatto a farmi avere il biglietto?”
“non vi è cosa più letale e incontrollabile di una donna respinta mentre cerca di donarsi con tutto il cuore, ma tu perché hai aperto la porta?”
“quindi è stata Aria a darmi il biglietto, lo amava tanto da non poter accettare di non averlo, lo preferiva morto o forse non aveva calcolato bene quali sarebbero state le conseguenze del suo gesto. Ho aperto la porta perché, per quanto assurdo potesse sembrare, speravo fossi tu ma io ti ho visto morire”
“tu mi hai visto cadere a terra, il colpo è stato forte, mi sono ripreso dopo quasi due giorni ma, a parte un grosso livido, ero illeso, per mia fortuna indosso sempre, sotto il corpetto di pelle, una cotta di maglia fatta della stessa lega della mia spada, un regalo del mio maestro, è quasi impossibile tagliarla. Dopo essermi ripreso ho impiegato un po' di tempo per riuscire a guadagnarmi la fiducia di Aria ma poi, grazie a lei, riuscivo ad essere informato di cosa accadeva all'interno. Come avevo sperato quando ti ho incontrata, tua sei stata la chiave per espugnare il rifugio del mio obbiettivo”
“ecco cosa intendevi dicendo che se mi avessero accolta nella villa il problema sarebbe stato risolto, avevi intenzione di usarmi fin dall'inizio”
“non giungere a conclusioni affrettate, ho rischiato la vita per proteggerti perché rispetto la vita altrui e non ti avrei mandata senza spiegarti tutto fino in fondo, non volevo usarti ma chiedere il tuo aiuto”
''e ora?”
“dopo le guerre di quasi venti anni fa in cui le due famiglie predominanti si distrussero a vicenda queste terre sono diventate la patria della violenza, quattro sono i signori che detengono il potere e il controllo, uno l'ho appena ucciso, la mia missione è quella di eliminare anche gli altri tre e intendo portarla avanti anche da solo, il problema è che i miei bersagli sanno che noi spade d'argento siamo a caccia delle loro teste e hanno preso provvedimenti, ecco perché l'uomo che fino a poche ore fa chiamavi padrone viveva rinchiuso in quel modo e, un'ultima cosa Teresa, l'ultimo dei tre ancora sulla mia lista è quello che ha marchiato la tua spalla, quella cicatrice impressa dal ferro rovente, raffigura il suo stemma”
“ti devo la vita più di una volta e voglio sapere perché quell'uomo mi ha strappato dal mio mondo cambiando la mia esistenza quindi, Askal, vorrei venire con te ed aiutarti a costo della vita”
“immaginavo che lo avresti detto ma ti chiedo di riflettere bene su ciò che hai dovuto subire fino ad ora perché è probabile che andando avanti le cose peggioreranno quindi, ora laviamoci questo sangue di dosso, prepariamo il campo per la notte, ceniamo e se domani sarai dello stesso avviso allora di dirò di si”
Dovetti mettere ad asciugare l'unico vestito che avevo vicino al fuoco dopo averlo lavato e mi ritrovai ancora nuda, mi sentivo un po' imbarazzata con lui che faceva in modo di non guardarmi, mi porse il suo mantello per coprirmi e attesi il trascorrere della notte per poter intraprendere quel viaggio alla scoperta della verità.
La mia risposta alla sua domanda era ormai scontata, si, lo avrei seguito fino alla fine a qualunque costo. Il prossimo obbiettivo si trovava a sei giorni di cavallo di distanza, mi venne spiegato che il palazzo aveva una strana conformazione, era alla periferia nord di un grande villaggio, il piano sotto terra era stato trasformato in una prigione senza sbarre nel senso che ci si poteva entrare solo da delle botole nel soffitto ad almeno 5 metri di altezza. I colpevoli venivano calati dall'alto e li abbandonati, liberi di vagare nel livello senza guardie ne celle, non vi era via di fuga se non la morte che si poteva trovare in mille modi. Quando le guardie avevano bisogno di scendere usavano delle lunghe scale che venivano issate fuori una volta finita l'ispezione. Il piano terra era circondato da un grosso giardino con mura alte, all'esterno cento guardie e all'interno altre trenta, scelte e di massima fiducia. La particolarità era che tutte le guardie erano donne. Al piano superiore una gigantesca stanza senza finestre, vi si accedeva solo da una scala a chiocciola sigillata da una porta d'acciaio spessa come le spalle di un lottatore e che poteva essere aperta solo dall'interno. Cibo, acqua e sollazzi venivano issati con una specie di ascensore comandato dall'alto, era inespugnabile, le pareti del pozzo erano di liscio marmo, impossibili da scalare e se qualcuno di indesiderato avesse cercato di issarsi sarebbe stato bersagliato di frecce ancora prima di iniziare.
Il nostro obbiettivo si era nascosto in quel palazzo proprio perché nessuno era mai riuscito ad infrangerne le difese, anche sbaragliando l'esercito al suo esterno la stanza superiore sarebbe stata inviolabile, bisognava riuscire ad infiltrarsi e l'unica che poteva ero io. Per entrare a far parte della guardia esterna vi era una semplice regola, si doveva affrontare un combattimento a mani nude con una delle attive scelte a caso con un sorteggio e se si vinceva si era assunte ma se si perdeva si finiva nella prigione sotto il palazzo. Askal passò sei mesi ad allenarmi ed istruirmi, era un maestro capace quanto severo, duro nell'insegnare quanto affettuoso nel curare i lividi, imparavo bene anche se il tempo trascorreva troppo veloce rispetto ai miei progressi. Lo vedevo sempre un po' impacciato con me al di fuori dell'addestramento ma ogni volta che andavo al fiume a lavarmi ero certa che i suoi occhi mi spiassero, negli scontri, quando i nostri corpi si avvinghiavano lottando, vedevo il suo sguardo indugiare sulle mie curve ma non aveva dato mai cenno di esplicito desiderio nei miei confronti mentre io bruciavo per lui.
Un giorno, durante un combattimento, mi disarmò e ci trovammo, in piedi, uno appiccicato all'altro, sudati, ansimanti, lui cercò subito di ritrarsi ma io lo fermai afferrandolo per i fianchi:
“perché ti allontani sempre? Mi trovi così ripugnante come donna? E’ per quello che mi hai vista fare e subire?”
“no, è che ti desidero troppo”
“prendimi allora, puoi avermi”
“io, ero fuori dalla porta ed ho visto tutto quello che hai fatto per far godere quel bastardo e mi sono trovato a desiderare di farti quello che ti ha fatto lui. Non credo che sia giusto e non ho il desiderio di piegare una donna ai miei capricci ma ogni volta che il tuo corpo è vicino al mio scatta qualcosa, mi tornano in mente quelle immagini e desidero viverle”
Non potei fare a meno di arrossire e abbassare lo sguardo, pensare a lui che mi guardava mentre mi facevo impalare in tutti i modi mi fece vergognare ma allo stesso tempo non potevo dimenticare tutto il coinvolgimento di quella notte e non potevo negare che avevo voglia di riviverla con lui. Con lo sguardo sempre basso inizia a spogliarmi dicendo:
“resta qui con me ti prego”
La voce mi tremava pronunciando quelle parole e una volta nuda iniziai a spogliare lui, chiusi gli occhi togliendo l'ultimo indumento e liberando il suo pene. Lui non parlava e mi strinsi forte al suo corpo, gli presi le mani con le mie e le guidai sulle natiche, iniziarono a stringere, in modo sempre più vigoroso, la sue pelle a palpare, finalmente, la mia e, nascondendo il viso nel suo petto:
“colpiscimi, sculacciami se ti va”
Ci vollero dei minuti durante i quali il suo battito accelerava sempre più come sincronizzato con il mio respiro, sentivo il suo cazzo vibrare a contatto con la pelle morbida e poi due colpi in sincrono, leggeri, il mio volto sempre nascosto nel suo petto mentre sussurravo:
“spada d'argento, quello che hai tra le mani non è il culo di un neonato, non temere, ho capito e mi fido di te, non ti lascerò fare nulla che non mi senta di fare ma ora lasciati andare, per una volta lascia che sia io ad insegnare a te.
Più forte, sei l'uomo a cui devo la vita, più forte”
Una mano sola, la destra, mi lasciò solo un istante e colpì, la carne vibrò, un leggero bruciore che si propagava per la natica, un fuoco che si allargava impetuoso nel mio ventre, non riuscivo a evitare di strusciarmi su di lui mentre sentivo che mi stavo bagnando, ansimai:
“più forte ti prego”
Due colpi in rapida successione, le mani che avevano fatto sentire finalmente il loro peso, ora iniziavo a percepire di donarmi come meritava, un mugolo sommesso, il viso ad alzarsi a cercare i suoi occhi, lui già preoccupato per me, gli afferrai i capelli, lo tirai per baciarlo e mentre la mia lingua cercava la sua:
“continua, dai senso alla vita che hai salvato, lascia che ti dia tutto quello che sento di voler donare, lasciati andare e non trattenere nulla di te, te ne prego”
Chiuse gli occhi un istante trattenendo il respiro mentre le mani stringevano il mio culo sempre più forte, sembrava che stesse lottando con se stesso poi il suo bacio si fece avido, vorace, il suo uccello sussultava schiacciato fra di noi, mi morse un labbro abbastanza forte da farmi guaire e poi, con prepotenza, mi girò, spinse in avanti il mio busto facendomi appoggiare a un vicino albero, quasi a novanta gradi, esponendomi completamente a lui, per lui. Le grosse tette sobbalzavano al ritmo delle sculacciate che cominciò ad infliggermi, respirava veloce e la carne subiva il fuoco che avevo risvegliato in lui. Un susseguirsi di schiaffi dati da mani forti, abituate a combattere, penetravano la mia morbida pelle arrossata, mi scaldavano dall'interno con un dolore che si propagava alle cosce, al sesso. Nel silenzio della foresta le mie urla echeggiavano in lontananza rotte solo dal mio continuargli a dire di non smettere. La furia iniziale lasciò spazio al momento che vivevamo, le sue mani iniziarono a carezzare la pelle accaldata dei glutei fra un colpo e l'altro, anche la forza diminuì riequilibrando il limite fra dolore e piacere, voltai la testa a guardarlo, stava osservando il mio culo come perso poi si accorse dei miei occhi su di lui e mi restituì una sguardo perplesso, gli sorrisi, con una mano presi la sua che mi carezzava, divaricai le gambe e la guidai verso il mio sesso immergendola nei copiosi umori per fargli capire cosa stavo provando. Capì, mi rimisi in posizione lasciandogli totale potere sul mio corpo, mi carezzò la fica a lungo, indugiò all'esterno con calma penetrando in profondità con una lentezza estenuante che fece salire la mia eccitazione a dismisura. Sembrava non doversi stancare mai di far sguazzare le dita nel sesso mentre aveva iniziato a baciarmi la schiena allungandosi su di me. Stavo scoppiando e quando sentii il suo uccello sfiorare le mie cosce non potei fare a meno di afferrarlo per infilarmelo dentro ma mi concesse di sentirne appena la cappella e si ritrasse per iniziare a carezzarmi le cosce per tutta la loro lunghezza, all'esterno e all'interno fino ai margini della fica grondante. Mentre mi massaggiava aveva iniziato a leccarmi il solco del culo per giungere in breve al mio buchetto che lappò con avidità fino a ricoprirlo di saliva, la punta della lingua spinse per entrare e io cercai di facilitarle il compito spingendo per offrirmi il più possibile, si saziò a lungo per poi scorrere verso il basso, la lingua percorreva con la punta le mie grandi labbra, le sfiorava appena provocandomi un intenso formicolio allo stomaco, mi muovevo per farla scorrere dentro di me, a cercare più piacere ma non appena si avvicinava al clitoride turgido si riallontanava lasciandomi delusa e vogliosa. Si staccò da me per prendere il frustino del cavallo, me lo fece passare davanti alla bocca e io lo leccai vorace, mi colpì con colpi netti l'interno delle cosce, solo la punta piatta arrivava sulla carne provocando schiocchi di un dolore intenso ma che svaniva in un attimo, mugolavo sommessa mentre subivo quel trattamento ma poi urlai, urlai forte, un colpo diretto sul sesso e poi subito un altro. Per quanto il dolore scemasse molto alla svelta nel momento del colpo era tanto intenso da inondare il cervello:
“se ne subirai dieci senza urlare allora ti penetrerò finché non sarai venuta”
La mia risposta fu semplice e immediata, feci passare una mano in mezzo alle cosce e con le dita mi allargai il sesso in modo da dare più spazio al suo supplizio. Lui mi percorse tutta la schiena con dei baci delicati e poi sparì per farsi sostituire dal primo colpo. Gemetti, ebbra di quell'intenso dolore che sentivo come gioia per il solo fatto che era lui a donarmelo e rimasi in posizione, le gambe che tremavano, il sesso che bruciava, contando colpo dopo colpo mentre nella mente la sola cosa che rimaneva come un vuoto era la distanza che mi separava dal poter ospitare il suo pene dentro di me. I colpi si esaurirono strappandomi dalle labbra serrate coi denti solo mugugni mentre il desiderio che provavo saliva a dismisura. Mi prese e mi fece sdraiare a pancia in alto, si inginocchiò davanti a me alzandomi le cosce e iniziò a far scorrere il robusto cazzo sopra il clitoride tenendocelo premuto a forza con i pollici. Continuò questa masturbazione contemporanea dei nostri sessi per interi minuti mentre osservava il mio corpo nudo, il mio viso contratto dal desiderio. Ogni volta che il suo pene indietreggiava desideravo con tutta me stessa che l'affondo successivo fosse dentro il mio corpo. Ero un fuoco indomabile dentro e questo suo strusciare continuo sul mio sesso mi stava facendo impazzire, desideravo quel cazzo con tutta me stessa ed avevo iniziato a stropicciarmi le tette da sola per cercare un po' più piacere e poi fu un attimo, mi accontentò, sprofondò nella fica fradicia tutto d'un botto senza incontrare nessun ostacolo, fu così improvviso e appagante che restai a bocca aperta in attesa di ossigeno, cominciò a chiavarmi forte, quasi con rabbia mentre io gemevo finalmente piena, spinse le mie braccia sopra la testa ed io ubbidii docile, con una mano mi coprì la bocca come a voler dimostrare che non avevo diritto a tanto piacere e con l'altra iniziò a torturarmi, alternativamente, i capezzoli turgidi usandoli come appiglio ber sbatacchiare le morbide tette. Mi stantuffò con foga, con metodo, appagandosi della mia fica e poi, all'improvviso, uscì fuori lasciando un vuoto incolmabile nella vagina, si alzò in piedi e tirandomi per i capelli mi costrinse in ginocchio, aprii la bocca e lo accolsi, i suo sapore mischiato al mio mentre gli davo la giusta accoglienza con la lingua, stantuffava forte penetrandomi la gola e poi si fermava a godere dei giochi della mia lingua e del mio succhiare, mi afferrò dietro la testa con entrambe le mani ed affondò totalmente, spingendo forte e impedendomi di indietreggiare continuando a scavare con il bacino, continuò fino a sfiorare l'orgasmo, aveva ormai perso il controllo e si saziava a pieno del mio corpo come meglio credeva, mi ributtò a terra in malo modo, su un fianco, mi alzò una gamba verso l'alto, si sedette sopra l'altra e mi penetrò con forza riuscendo, in quella posizione, ad andare ancora più a fondo. Non usciva di un pelo da me impartendomi solo veloci colpi con il bacino, raggiunsi presto l'orgasmo e lui mi premiò con una forte sculacciata su una natica e tirandomi sopra di lui che si stava sdraiando. Mi spinse la testa verso il pisello e si lasciò andare per rilassarsi un po' sull'erba. Gli regali il pompino migliore della mia vita, gli massaggiai i coglioni mentre lo insalivavo per tutta la sua altezza, lo segai a lungo e con vigore tenendo la cappella in bocca per leccarla, ogni tanto lo ingoiavo per intero due o tre volte per poi ripartire con la sega in punta di labbra. Quel trattamento ebbe effetto e le sue mani tornarono ad afferrare la mi testa bloccandola per poi scoparmi la gola inserendosi tutto e poi fuoriuscendo ad un ritmo infuriato. L'orgasmo lo stava per travolgere e mi staccai per alzarmi in piedi sopra di lui facendolo rimanere fra le mie gambe. Guardandolo fisso negli occhi, steso sotto di me, gli presi una mano, la tirai verso l'alto e la indirizzai alla mia fica:
“è questo che vuoi? Vuoi infilare una mano nel mio sesso mentre mi metti il cazzo nel culo? Puoi farlo, a te non negherei niente”
La sua mano si fece rigida e il mio sguardo interrogativo:
“quello che voglio ora è che appoggi quelle tue splendide labbra sulle mie, voglio vederti godere, voglio sentirti godere nella mia bocca mentre ti bacio, voglio provare ogni sensazione che provi. Restai stupita nel sentilo dire che la cosa che lo eccitava di più era la mia eccitazione, il mio piacere, piegai le ginocchia abbassandomi su di lui, mi vergognavo come se fosse la prima volta che giacevo con un uomo. Con lo sguardo basso presi il suo pene e mordendomi le labbra lo feci entrare, man mano, dentro il mio culo fino alla radice, incurante del dolore al buchetto violato mi godetti tutto lo scorrere del cazzo dentro di me felice di poter donare a lui il mio ano. Arrossendo ritrovai il suo sguardo, gli afferrai una mano e guidai due dita verso il clitoride esposto, mi accascia su di lui, le tette sul suo petto con il braccio che mi stava masturbando a dividerle, il viso di fianco al suo e dissi:
“tu non muoverti, lasciami fare ti prego”
Inizia a strusciarmi nascondendo il viso sulla sua spalla, avanti e indietro a far si che il cazzo mi inculasse e le dita mi strofinassero il clitoride mentre i capezzoli strusciavano sui suoi. Mi venne in breve il respiro pesante mentre lui stava inerme, mugolavo come una cagna in calore per il piacere che mi stava donando, il calore si propagava dentro di me rapidamente e non resistetti più, lo avvinghia in un bacio appassionato, la mia bocca spalancata a lasciare uscire i rumori del mio godimento, le lingue intrecciate, il bacino che spingeva sempre più forte verso le dita, il cazzo che pulsava nel culo, un continuo crescendo di sensazioni sempre più forti e poi esplose nel mio corpo, le mie urla esplosero nella sua bocca, spasmi mi percorrevano mentre mi costringevo ad un rapido sue e giù sul cazzo, mentre stringevo i muscoli doloranti dello sfintere più che potevo per far aderire il buco del culo alla sua mazza in modo che lo seguisse, mentre mi sfondava l'ano con colpi violenti che mi somministravo da sola, senza darmi sosta, senza che l'orgasmo mi desse sosta e alla fine lui si unì a me, fiotti, caldi, liquidi nel mio intestino, lussuria a travolgerci entrambe, avvinghiati, sudati, stremati:
“Ti Amo Askal, ti amo”
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