Una storia vera - Cap 6

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CAPITOLO 6 – VIA DI FUGA

Sono in strada, è buio. L’incantesimo ha fatto si che il fragore dell’esplosione non fosse udito ma il fuoco presto attirerà gente. Spero che nel palazzo non si faccia male nessuno ma sono troppo frastornata per riuscire a fare qualcosa. Faccio un passo e poi mio fermo, non posso, non posso andarmene così.
Mi giro verso la porta di ingresso del palazzo, suono a tutti i campanelli, come una pazza, insisto e insisto finché non sento le prime parole arrabbiate, urlo: “al fuoco, al fuoco” e poi fuggo.
Per strada non vi è nessuno, cazzo, certo che non c’è nessuno, la luna è potente questa notte e io sono in giro da sola, ferita e distrutta in mezzo a una strada. Forse sono più in pericolo ora di prima.
Dove cazzo posso andare? Devo trovare subito un rifugio o sarò spacciata; mi infilo in un vicolo, resta il problema che sicuramente il fuoco attirerà delle guardie, guardie che presumibilmente sanno già di chi è la casa che sta bruciando, mi cercheranno.
Mi muovo furtiva per quanto riesco, cerco di stare in penombra ma non ho lucidità. La lunga tortura durata almeno mezza giornata mi ha svuotata, faccio fatica a connettere, a pensare.
Vedo passare altre due figure, disperati che arrivano da strade diverse guidate dagli istinti della luna. Se ne vanno in giro come ubriachi, barcollando, uomini che cercano una donna per sfogarsi, una donna che non trovano. Alla fine iniziano ad avvinghiarsi fra loro, si baciano lussuriosamente sbavando, si avvinghiano, il più grosso spinge in ginocchio l’altro e in assenza di una fica si accontenta di affondare, animalesco, nella sua bocca facendolo tossire. Inizia a scopargli la testa li, in mezzo alla strada, come si fottesse il culo di una puttana e l’altro accetta, passivo mentre si masturba con il membro in mano.
In un istante un’ombra enorme dietro di loro, improvvisa, come una improvvisa notte totalmente buia. La testa di quello in piedi sparisce in una specie di enorme becco. Io mi rannicchio ancora di più nell’ombra, ho paura anche di respirare.
L’enorme creatura sparisce verso l’alto mentre il cadavere ancora in piedi spruzza sangue come una fontana dal corpo mancante della testa. Ricopre il suo amante che gli succhia il cazzo. Il liquido caldo riporta il secondo uomo alla realtà, il cadavere gli crolla addosso, lui lo schiva e si rialza, si guarda le mani, il corpo, vede il sangue fresco che lo ricopre e inizia a urlare. Continua ad urlare anche mentre la creatura scende dall’alto, lo afferra per le spalle con artigli enormi e lo trascina in alto. La sua voce disperata si perde nel cielo notturno.
Tremo, non voglio morire, lentamente raggiungo l’antro di ingresso di un palazzo, li mi rannicchio nel buio cercando di ritrovare la lucidità.
Dai Susanne, cazzo, negli ultimi due giorni sei sopravvissuta a troppe cose per morire adesso, devi farcela. Non è la prima volta che esci di notte, è solo questione di essere attenti, mimetizzarsi e trovare un rifugio in fretta.
Un rifugio, un cazzo di rifugio, dove posso andare ora che non ho più una casa?
Voci distante, voci di due uomini, guardie, cazzo, mi stanno cercando, sento i loro discorsi, cercano me, sono vicini, mi serve un rifugio…

Certooo, il locale dove ho incontrato Askal, quel luogo è pensato apposta per essere un rifugio in queste notti, no, non è lontano, posso farcela e sono fortunata, è dalla parte opposta alle guardie che mi cercano.
Un respiro profondo, niente fretta, devo essere lucida. Ricaccio indietro il dolore che mi pervade ogni angolo del corpo, ricaccio indietro la paura che mi fa tremare le gambe, mi guardo attorno per mettere a fuoco dove sono, dove devo andare. Chiudo gli occhi, ricordo tutta la strada che mi separa dal mio obbiettivo, ogni angolo che può nascondermi, ogni ombra in cui sparire.
Apro gli occhi e parto. Il pericolo potrebbe essere ovunque, devo affrontare ogni svolta in modo ampio, in modo da poter vedere la strada che percorrerò prima di percorrerla. Il pericolo è sicuramente in cielo, devo cercare di non stare mai allo scoperto, saltare di albero in albero, di androne in androne. Come in un mortale gioco a nascondino guadagno metri, accorcio le distanze ma sono lenta, i miei inseguitori, su un percorso molto più lineare si stanno avvicinando, li sento, per fortuna non li vedo e credo che loro non vedano me o si sarebbero già messi a correre. Sono sicuri di loro difesi da quei cazzo di anelli anche se di guardie sparite in queste notti ce ne sono tante.
Il locale è di fronte a me, dall’altro lato della piazza, centocinquanta metri in linea retta, centocinquanta metri allo scoperto totale. Potrei fare il giro della piazza ma farei in tempo? Se mi vedessero entrare nel locale sarei persa, entrerebbero anche loro e non avrei via di fuga.
Non ho scelta, devo rischiare, scatto più veloce che posso. Alle mie spalle non sento nulla, se le guardie vedessero una donna che corrisponde alla descrizione correre come una pazza in mezzo alla piazza le urlerebbero di certo di fermarsi.
Cento metri, la porta che si ingrandisce ai miei occhi, il corpo che si ribella, ogni cicatrice che lancia coltellate straziata dal movimento della corsa.
Settanta metri, nulla da dietro, nessun urlo, non sento neanche più le loro voci ma forse il vento nelle orecchie le sta rubando ai miei sensi.
Quaranta metri, ho il fiatone, vorrei rallentare ma non devo, cazzo Susanne, un po’ di sport in più, una corsetta è già ansimi senza fiato.
Venti metri, vedo chiari i dettagli della pesante porta in metallo ma sento anche chiaramente uno stridio penetrante dall’alto, cazzo, la creatura? Sta planando su di me? A breve mi sentirò lacerare le spalle da artigli affilati ed enormi per poi essere portata in cielo, pasto per non so bene che mostruosa creatura?
Non posso girarmi, guardare, non servirebbe a nulla, perderei solo tempo, posso solo correre.
Sbatto sulla pesante porta, batto contro la pesante porta le mani in un bussare disperato, è normale in queste notti, tutti raggiungono quella porta costretti dagli istinti ma terrorizzati di diventare prede.
Dai, daiiii, dovrebbe esserci sempre qualcuno, perché non aprono???
Sbatto, sbatto ma non accade nulla, perché??? Stridio ancora, intenso, mi pervade il corpo, le voci delle guardie, sono vicine, molto, se la porta non fosse in ombra totale mi avrebbero già visto di certo e nessuno apre questa maledetta barriera che mi divide dalla salvezza…
Idiota, Susanne, idiota, la porta serve a difendere, se non ti fai vedere non ti apriranno mai.
Nella foga mi sono lanciata contro la porta, appiccicata, dallo spioncino non possono vedermi. Mi alzo in piedi, all’ontano un pelo il viso perché mi vedano bene, busso ancora e la porta si schiude, una lama di luce soffusa dall’interno, mi lancio dentro, sono dentro, la porta serrata dietro di me:

“la solita idiota che si caga sotto e non si fa vedere dallo spioncino, se non ti fossi alzata saresti diventata l’ennesimo cadavere qui davanti e io non avrei aperto lo stesso”

L’addetto all’ingresso, un uomo enorme, mi guarda dicendo quelle parole e torna sul suo sgabello in attesa del prossimo pazzo che busserà questa notte.

Sudata, ansimante mi trascino dentro quel posto noto, lontana dal bancone del bar trovo una poltrona su un lato, devo riprendermi, mi ci butto di peso cercando di farmi vedere il meno possibile, cercando di sfuggire agli sguardi dei molti che in questa notte affollano il locale. Ricordo solo in quel momento il mio corpo, il mio viso, me stessa deturpata da quel sadico figlio di puttana. Alzo il cappuccio, vergognarsi è istintivo anche se ancora non ho avuto neanche modo di vedere come sono ridotta. Attendo di riprendere il fiato.

Appena un paio di minuti e vedo due uomini arrivare dal corridoio dell’ingresso, si guardano intorno, riesco a capire cosa si dicono, lo intuisco dalle loro labbra:

“ti ho detto che ho visto aprirsi questa porta, ho visto la luce uscire, qualcuno deve essere entrato da pochissimo, magari è lei, dobbiamo controllare la gente che c’è in questo locale”

Le guardie, merda, non hanno visto me ma hanno visto la porta aprirsi, sono fottuta, hanno la mia descrizione, lo so già, ce l’aveva anche Gihren.
Indietreggio d’istinto, cerco riparo nella penombra prima che mi vedano ma non posso andare da nessuna parte, se controlleranno tutti prima o poi mi troveranno. Indietreggio fino a che sento una mano afferrare la mia coscia, reagisco d’istinto e la stacco scattando, mi giro, sono al limitare del cerchio dei corpi nudi che si stanno avvinghiando per dare sfogo alle loro pulsioni incontrollabili.
Il cappuccio mi proteggerà ancora per poco dagli sguardi di quei due anzi, una persona incappucciata in un locale al chiuso forse attira l’attenzione più del normale. Una guardia si ferma all’inizio del corridoio che porta all’uscita bloccando ogni via di fuga. La seconda va dal barista, entrambe scrutano nella penombra cercando me.
Il peso della situazione mi crolla addosso, sconfitta, sfinita, dolorante, senza speranze attendo il destino che incombe su di me.
Come ha fatto la mia vita a distruggersi in questo modo? Askal? È colpa sua? Io non ho fatto nulla di male ma, ma… per quello che so neanche lui ha fatto nulla di male, magari mi sbaglio ma di una cosa sono sicura, nessuno di quelli che mi hanno inseguita, braccata, torturata in questi ultimi giorni era interessato a sapere della mia innocenza. La domanda mi sovviene spontanea, Askal sarà veramente colpevole di qualcosa?
La guardia si muove dal bar nel suo cappotto nero, scruta seria, cerca di vedermi mentre rabbia cresce in me.
Non voglio arrendermi, mi guardo intorno in cerca di speranza dove speranza non c’è o forse si? Le guardie possono sicuramente controllare il locale ma una cosa è certa, controllare quella massa di corpi alle mie spalle, dividerli per vederli, avvicinarsi per scrutare bene non sarebbe stato facile neanche per loro. Le persone che stanno copulando alle mie spalle sono perse nei loro sensi, drogate, incoscienti di loro stessi. Richiamarle all’ordine sarebbe impossibile. Solo con la forza si potrebbe districare quel centinaio di persone una dall’altra e ci vorrebbero ore per riportarle alla realtà e controllarle. Forse, con un po’ di fortuna, forse in mezzo a quei corpi il mio corpo potrebbe nascondersi. E’ una cosa che non ho mai fatto, anche nelle peggiori notti di luna piena non ho mai perso il controllo tanto da avvinghiarmi in quelle situazioni senza controllo. Mi è sempre piaciuto poter scegliere il mio partner, poter scegliere le mie pratiche e in più, questa sera, l’idea che qualcuno armeggi con il mio corpo deturpato, dolorante in modo indicibile. L’idea che qualcuno abusi di me mi repelle ma o mi arrendo o mi decido a fare di necessità virtù e io di arrendermi dopo tutto quello che ho fatto per sopravvivere non ho proprio voglia.
Rubo un bicchiere colmo di qualcosa di alcolico dal tavolo vicino al mio, lo ingolo tutto d’un fiato e prima ancora di capire quale sia il contenuto striscio silenziosa, bassa, acquattata verso la zona del piacere dissoluto. Lascio che mi prendano, che mi avvinghino e in breve sono un oggetto coperto di indumenti in mezzo a sudati oggetti nudi che mi inglobano famelici.
Ora il controllo della situazione non mi compete più, non riesco neanche a vedere cosa stiano facendo le guardie, ora sono solo carne nuova per decine di mani che mi anelano.
Pensavo che mi avrebbero travolta, ero spaventata all’idea del peso di esseri vogliosi che si riversavano sul mio corpo martoriato. Certo, il contatto delle cicatrici con pelli sconosciute è intenso, doloroso ma i tocchi sono comunque leggeri, avidi, intensi ma non brutali.
E’ impossibile capire chi abbia vicino perché troppi mi sono vicini. Riesco solo a sentire cosa succede sul mio corpo.
Mani spaiate che lavorano all’unisono scivolando sulla mia schiena, infilandosi dentro i pantaloni a cercare i miei glutei. Lo stretto passaggio fra stoffa e pelle si allarga spontaneo grazie allo slacciarsi del bottone, all’abbassarsi della zip. Il colpevole non è chiaro, forse lo stesso che libera le mie gambe denudandole.
L’intero gruppo sembrerebbe puntare diretto al mio sesso come cani che inseguono una preda dall’odore irresistibile.
Massaggi profondi sulle natiche tali da dilatarle, profondi da raggiungere l’ano, lo spacco del mio sesso sotto gli slip. Una bocca senza razza e tipo ad avvinghiarsi al mio sesso attraverso la stoffa. La lingua irruenta ad inzuppare il tessuto facendo arrivare calore e umidità alla mia fica che inizia a dare segnali di apprezzamento. La luna è intensa anche per me.
Stesa su un fianco, testa del mio amante stretta fra le gambe, non riescono a domare la lingua avida. Contro la schiena il calore di un corpo, di più corpi? Mani a frugarmi con una avidità senza confini. Altre mani raggiungono il mio viso, alzano la mia testa, distendo il collo. Ansimo a bocca aperta e una lingua morbida, appuntita mi penetra cercando la mia lingua. Sapore di donna, di questo sono sicura, è un bacio saffico quello che mi invade, della lingua che mi lappa il collo invece non capisco il sesso, è ruvida ma delicata. Le mani di chi mi sta leccando il sesso salgono. Un brivido mentre percorre il corpo sotto la maglia, un brivido per il contatto con le cicatrici mentre raggiunge e si impossessa dei seni, dei capezzoli. Intorno a me il calore sta aumentando e poi, d’improvviso, mani decise, diverse mani decise mi alzano prima le gambe per liberarmi degli slip e poi mi tirano per le spalle per alzare la maglia senza togliermela, lasciandomi con le braccia alzate sopra la testa e la maglia a coprirmi il volto togliendomi la vista, nascondendomi alla vista.
Il reggiseno scompare all’istante chi sa dove.
Vengo penetrata profondamente da qualcuno che si afferra alle mie tette per scoparmi a fondo. Resta piantato in me e mi lascia abituare alla sua presenza spingendo ritmicamente. Ansimo mentre qualcuno mi percorre il corpo con la lingua, le lingue, mille lingue. La sensazione quasi a lenire il dolore delle cicatrici. Leccata, lappata, assaggiata ovunque e scopata con forza. Altre mani a cercare il mio volto sotto la maglia, dita ad infilarmisi in bocca, le lappo vogliosa, sanno di sesso, sanno di fica, sanno di ano, hanno il sapore di mani che si sono insinuate in mille corpi, sono buonissime, inizio a perdermi anche io.
In quel buio che sembra come proteggermi mi trovo in breve scopata mentre un altro uomo mi si mette sopra e inizia a masturbare il suo sesso con i miei seni. Scivola ruvido sulla pelle asciutta fino a che non sento saliva a colarmi copiosa fra le tette, a lubrificare. La mano che mi scopa la bocca esce per il tempo necessario a liberarmi dell’ultimo indumento riportandomi alla luce. Una donna matura, la stessa dalle dita così buone sta succhiando a fondo il cazzo che mi scopava le tette fino a poco prima. Ci cola sopra abbondante saliva proprio come l’aveva colata sul mio seno e poi mi afferra saldamente le mammelle, le spinge una contro l’altra per tenerle nella posizione adatta a farle scopare. L’uomo che si era goduto la sua bocca infila il cazzo fra i miei seni, sono stretti, lei li stringe forte per far godere lui.
Più in basso qualcuno mi sta scopando con passione, tenendomi per i glutei segnati, alzandomi un po’ per avere lo spazio di affondarmi dentro con forza. La mia compagna sempre ben salda sulle mammelle che sta facendo scopare mi scavalca la testa presentandomi una vagina gonfia davanti alla bocca. La apro con le mani e un fiume di umori mi cola in faccia, sulle labbra che apro, sulla lingua. Bevo di gusto quel sapore misto a saliva di chi sa quanti, misto a sperma di troppi e poi lei si siede, lulle mie labbra e io affondo, nel suo sesso e mi perdo nel leccarlo, profanarlo con la lingua, masturbarlo come se fosse l’unico scopo della mia vita.
Lei ulula e i suoi gemiti si mischiano a quelli dei corpi che si avvinghiano vicini a noi.
Senza premura la penetro, due dita dentro quella figa opulenta e uno nel culo morbido. Mi accetta senza problemi aumentando il peso sul mio viso per far sprofondare meglio la mia lingua. Sento liquido caldo sul cullo, sotto il mento, l’uomo che si stava facendo una spagnola con le mie tette deve essere venuto addosso a me. La pressione sulle tette sparisce, lei si alza un po’ per farmi vedere il mio seno cosparso di sperma, lo prende con le dita e me lo porta alla bocca. Tiro fuori la lingua e lascio che ce lo spalmi sopra. Ne prende altro e se lo porta alla bocca, abbondante se lo fa grondare sulle labbra e l’ultima cosa che vedo prima che mi faccia immergere ancora nel suo sesso è lei che si inclina in avanti a baciare l’uomo che mi sta scopando con la bocca grondante lo sperma dell’uomo che ha avuto il mio seno.
Mi tira indietro le gambe, blocca le mie caviglie fra il suo corpo e il corpo di chi mi possiede e insieme mi fottono a fondo pomiciando fra loro fino a che lui mi schizza dentro la fica mentre lei mi schizza dentro la bocca. Mi liberano e si stendono soddisfatti.
Mille bocche immediatamente avide sui nostri corpi a leccare e bere ogni traccia dei liquidi sessuali di cui siamo coperti, mille lingue ad indagarci incontrandosi fra loro.
Non vi è pausa in quel luogo, sono spossata ma indipendentemente dalla mia volontà vengo afferrata, alzata a calata sopra il membro di un giovane e robusto ragazzo, mi muove come una bambolina portandomi a foderare la sua mazza, lo accolgo in me passiva, la penetrazione mi attraversa il corpo. Mi tira a lui, sdraiata, il seno sul suo petto muscoloso e mi bacia, avidamente, lingue che si intrecciano.
Tra i nostri visi appoggiata si insinua un nuovo pene che cerca conforto. E’ saporito, umido, non è il primo luogo in cui si insinua questa sera. Lo accolgo fra le labbra, assaporo la cappella mentre il ragazzo sotto di me inizia a leccare lo scroto, i testicoli.
Lenti ritmici affondi nel mio corpo, l’uomo davanti a me affonda sempre più nella mia bocca, nella mia gola spostando la lingua avida del mio amante dallo scroto al suo ano, al suo buchino che gli lascia lappare con gusto.
Un’altra lingua trova un ano da leccare, è il mio, alle mie spalle, esposto dalle mani del ragazzo che fottendomi mi allarga le natiche. E’ piacevole, il cazzo nella fica, la lingua nel culo, il cazzo in bocca, calore di corpi ovunque ma all’improvviso quello in bocca entra tutto, mi fa strabuzzare gli occhi, tossire, sbavare. Alzo lo sguardo, l’uomo in fondo alla mia gola non ha colpa, irrigidito a bocca spalancato resta immobile, è stato sodomizzato da qualcuno alle sue spalle che nel farlo me lo ha ficcato tutto dentro il collo. Questo strano groviglio prende ritmo ansimando, tutto scorre in tutti e tutti godono, sento la saliva di chi è alle mie spalle colarmi verso il sesso ostruito, sento la lingua entrarmi dentro l’ano in profondità e poi anche io, vengo penetrata, senza che mi venga chiesto permesso mi ritrovo anche il secondo canale ostruito. Fa mele, per un lungo momento frigno sul cazzo che ho in gola e poi tutti ricomincia scorrere senza sosta, senza pace in una spirale di sesso senza regole, senza fine.
Ritmicamente ricevo sperma ovunque da chi riceve sperma ovunque. Tanto e tante si alternano in me con cazzi, dita, lingue. Mi sento colare liquido bianco ovunque, ne sono ricoperta, travolta.

Con lo scorrere della notte il mio corpo naviga fra gli altri corpi, docile e remissivo accetta tutto da tutti, sapore di sesso di tutti i sessi mi ricopre ovunque man mano che i partecipanti sazi, appagati, liberati da quell’attrazione animale, se ne vanno. Non mi è permesso andarmene, non a me, per quanto i miei sensi siano inebriati e sconvolti dalla situazione il ricordo di essere braccata non mi abbandona. Non so neanche se le guardie stiano ancora perlustrando il bar.
Dopo molte ore mi trovo ad essere l’unica rimasta distesa nuda a terra. Credo di essermi addormentata, apro gli occhi e vedo il barista che mi guarda dall’altro:

“quei due cercano te vero?”

Un brivido lungo la schiena:

“tranquilla, hanno controllato tutto quello che potevano ma non sapevano come avvicinarsi a questa zona e quindi hanno preferito proseguire le ricerche altrove, per ora sei salva ma non credo che sia una buona idea per te uscire da qui e poi, emmm, credo che ti serva una doccia”

…CONTINUA. IL RACCONTO TI E' PIACIUTO? LO HAI ODIATO O ALTRO? DARE UN'OPINIONE AIUTA A MIGLIORARSI glorfindel75@gmail.com
scritto il
2025-03-10
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