La Belva
di
suo schiavo
genere
dominazione
Camminava indolente di sera lungo un marciapiede tutto compreso nei suoi pensieri, quando udì un fischio che ne richiamò l'attenzione, seguito da un gesto eloquente come a dire “Svelto, vieni qua”. Attraversò la via deserta e quando si avvicinò a quel tizio a lui sconosciuto, fu fatto inginocchiare. Si genuflesse e gli venne d'impulso di baciargli il pacco. Un collare canino di buona fattura gli fu subito stretto al collo e fu tirato a zampettare fino a una casa e su per le scale fino a un appartamento, all'interno della quale c'era un “Servo Nudo” ad aspettarli, il quale lo invitò a spicciarsi nel togliersi di dosso i vestiti. Ubbidì senza capire o sapere a cosa andava incontro.
-Mi chiamano “Belva” e codesto è il mio “Primo Schiavo”. Tu puoi avere l'onore di diventare il mio “Secondo”.
Inebetito annuì. A colui che era stato chiamato “Primo” fu comandato di impugnare la frusta e di darne un buon assaggio al “Secondo”. Cosa che lui fece con molta determinazione senza farsi intenerire dai lamenti e dalle lagne che quel poveretto imprecò. Stramazzò sul pavimento ma gli fu ordinato di rialzarsi e di prendere posizione in una gogna, dove fu immobilizzato con tanto di “Lucchetti”. Il “Pene” della “Belva” guizzava e già si muoveva all'assalto, quando il “Pallosetto” di fresca nomina supplicò:
-Ti prego risparmiami.
-Pochi Piagnistei. Arrenderti e impara a reagire da “Inferiore” senza troppa confidenza. Rivolgiti a me solo con il “Lei” e chiamami “Signore”.
-Sì “Signore”. Mi scusi “Signore”.
Il suo culo già in vampa fu governato a dovere. Venne slegato e spedito fuori a calci, a piangere e a singhiozzare, nudo e riverso in mezzo alla strada, senza riuscire a capacitarsi come era successo che d'improvviso fosse diventato la vittima di un così brutale stupro. La sera dopo tornò sui suoi passi e ardì suonare a quel portone per reclamare i suoi abiti e soprattutto il portafoglio e l'orologio e il telefonino che erano rimasti lì. Fu sottoposto a una ripassata e poi licenziato con in mano un fagotto che conteneva tutta la sua roba. Sul cellulare, che era stato debitamente manipolato, trovò una foto oscena della “Belva” e del suo “Primo” in atto di copula, diverse foto di sé orrendamente esposto, indirizzo, campanello a cui suonare, orari di ricevimento e numero di quel figuro, salvato in rubrica sotto l'esatta denominazione di “Tuo Padrone”. Cercò di dimenticare ciò che gli era disgraziatamente accaduto ma ogni giorno gli arrivavano foto e filmati nei quali si accorse che ci aveva messo la faccia durante quelle due ingiuste, precedenti e forzate tribolazioni. Capì di essere facilmente ricattabile e ne fu certo quando ricevette minaccioso e testuale il seguente messaggio:
-”Abbiamo clonato il tuo indirizzario. Ti metteremo presto alla berlina”.
La sera stessa si precipitò di nuovo da loro e disse chiaramente che non gli garbavano le intimidazioni di questo tipo. Fu trattato con molta rispetto ed educazione. Gli restituirono per intero il malloppo delle foto e dei filmati compromettenti che lo avevano visto protagonista, scusandosi per la maniera maldestra con cui avevano inteso forzargli la mano e il sederino. Intuendo che era un soggetto limpido e onesto, equipaggiato di buona voglia, lo invitarono a tornare la sera dopo di testa sua. Ci tornò. Fu coinvolto in una serie di situazioni bizzarre tutte nuove per lui che trovò molto emozionanti. Alla fine era stanchissimo e chiese di poter restare da loro fino al mattino dopo in modo da riprendere fiato. Fu fatto dormire nudo sul pavimento tal e quale a un animale e di buon ora fu svegliato con delle pedate assestategli senza risparmio sui fianchi. Gli fu subito insegnato ad abbaiare, a dare la zampa e solo allora gli fu allungata per colazione una ciotola di croccantini veterinari che fu costretto a masticare a strozza gola e a mandar giù. Ormai era fatta. Diventò il più bravo schiavo che la “Belva” avesse mai avuto fra le sue grinfie, mandando in secondo piano il “Primo”, che fu destinato ad affiancarlo alla pari o a stare in coda a lui. La sua dignità di schiavo volontario e volonteroso non fu più messa in discussione. Ne nacque una intesa di grande effetto per come sapeva sostenere il ruolo sempre più suo di ignobile, sconcio, lurido, deliberato e minuscolo addetto a servire dal basso le direttive che riceveva dall'alto, fremente e conquistato dalla gioia pura di donarsi tutto, come attese e fece per i mesi a seguire in modo esaltante e davvero stupefacente, nutrito all'ingrosso e all'ingrasso.
-Mi chiamano “Belva” e codesto è il mio “Primo Schiavo”. Tu puoi avere l'onore di diventare il mio “Secondo”.
Inebetito annuì. A colui che era stato chiamato “Primo” fu comandato di impugnare la frusta e di darne un buon assaggio al “Secondo”. Cosa che lui fece con molta determinazione senza farsi intenerire dai lamenti e dalle lagne che quel poveretto imprecò. Stramazzò sul pavimento ma gli fu ordinato di rialzarsi e di prendere posizione in una gogna, dove fu immobilizzato con tanto di “Lucchetti”. Il “Pene” della “Belva” guizzava e già si muoveva all'assalto, quando il “Pallosetto” di fresca nomina supplicò:
-Ti prego risparmiami.
-Pochi Piagnistei. Arrenderti e impara a reagire da “Inferiore” senza troppa confidenza. Rivolgiti a me solo con il “Lei” e chiamami “Signore”.
-Sì “Signore”. Mi scusi “Signore”.
Il suo culo già in vampa fu governato a dovere. Venne slegato e spedito fuori a calci, a piangere e a singhiozzare, nudo e riverso in mezzo alla strada, senza riuscire a capacitarsi come era successo che d'improvviso fosse diventato la vittima di un così brutale stupro. La sera dopo tornò sui suoi passi e ardì suonare a quel portone per reclamare i suoi abiti e soprattutto il portafoglio e l'orologio e il telefonino che erano rimasti lì. Fu sottoposto a una ripassata e poi licenziato con in mano un fagotto che conteneva tutta la sua roba. Sul cellulare, che era stato debitamente manipolato, trovò una foto oscena della “Belva” e del suo “Primo” in atto di copula, diverse foto di sé orrendamente esposto, indirizzo, campanello a cui suonare, orari di ricevimento e numero di quel figuro, salvato in rubrica sotto l'esatta denominazione di “Tuo Padrone”. Cercò di dimenticare ciò che gli era disgraziatamente accaduto ma ogni giorno gli arrivavano foto e filmati nei quali si accorse che ci aveva messo la faccia durante quelle due ingiuste, precedenti e forzate tribolazioni. Capì di essere facilmente ricattabile e ne fu certo quando ricevette minaccioso e testuale il seguente messaggio:
-”Abbiamo clonato il tuo indirizzario. Ti metteremo presto alla berlina”.
La sera stessa si precipitò di nuovo da loro e disse chiaramente che non gli garbavano le intimidazioni di questo tipo. Fu trattato con molta rispetto ed educazione. Gli restituirono per intero il malloppo delle foto e dei filmati compromettenti che lo avevano visto protagonista, scusandosi per la maniera maldestra con cui avevano inteso forzargli la mano e il sederino. Intuendo che era un soggetto limpido e onesto, equipaggiato di buona voglia, lo invitarono a tornare la sera dopo di testa sua. Ci tornò. Fu coinvolto in una serie di situazioni bizzarre tutte nuove per lui che trovò molto emozionanti. Alla fine era stanchissimo e chiese di poter restare da loro fino al mattino dopo in modo da riprendere fiato. Fu fatto dormire nudo sul pavimento tal e quale a un animale e di buon ora fu svegliato con delle pedate assestategli senza risparmio sui fianchi. Gli fu subito insegnato ad abbaiare, a dare la zampa e solo allora gli fu allungata per colazione una ciotola di croccantini veterinari che fu costretto a masticare a strozza gola e a mandar giù. Ormai era fatta. Diventò il più bravo schiavo che la “Belva” avesse mai avuto fra le sue grinfie, mandando in secondo piano il “Primo”, che fu destinato ad affiancarlo alla pari o a stare in coda a lui. La sua dignità di schiavo volontario e volonteroso non fu più messa in discussione. Ne nacque una intesa di grande effetto per come sapeva sostenere il ruolo sempre più suo di ignobile, sconcio, lurido, deliberato e minuscolo addetto a servire dal basso le direttive che riceveva dall'alto, fremente e conquistato dalla gioia pura di donarsi tutto, come attese e fece per i mesi a seguire in modo esaltante e davvero stupefacente, nutrito all'ingrosso e all'ingrasso.
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