Il Pirata
di
suo schiavo
genere
sadomaso
Il suo nome di battesimo sembra che fosse “Agnus” ma si faceva chiamare “SADOKAN”. I Portoghesi e gli Spagnoli lo avevano soprannominato il “Taglia Gole” e gli Inglesi il “Macellaio”. Dai suoi veniva chiamato a bassissima voce la “Belva dei Caraibi” e considerato un “Avvoltoio” e tanto vi basti come prima presentazioni dei fatti e dei misfatti che a lui si ascrivono. Con i nemici si comportava in modo crudele, con i “Fratelli della Costa” che lo attorniavano sapeva essere spietato. Tutti i pirati delle navi di cui era armatore e comandante in capo erano stati comprati come schiavi fra gli avanzi di galera di più continenti e come tali venivano trattati. Durante gli arrembaggi a cui prendeva parte maneggiava una lancia con la quale riusciva a trafiggere anche tre nemici in fila squarciandone il petto con un colpo solo. Custodiva dentro un fodero che teneva sempre sul petto una bilama affilatissima che era una mannaia portatile e che estraeva al volo tutte le volte in cui gli sembrava utile usarla per punire la gente che aveva intorno, avventandosi a mutilare i corpi di coloro che lo avevano deluso o tradito. A quelli in sospetto di essersi impossessati fraudolentemente di una quota indebita dei bottini che spettavano di diritto soltanto a lui, con quella micidiale arma mozzava di netto un dito, o più dita o l'intera mano o tutte e due. Ad altri che si erano condotti da codardi in battaglia troncava gli avampiedi e scassava le ginocchia, mettendoli fuori gioco per sempre. I pochi che a più riprese avevano osato ribellarsi ai suoi ordini e al suo imperio, la prima volta che erano stati colti in castagna venivano segnalati come fedifraghi con una stella marchiata a fuoco sull'avambraccio. Al secondo avvertimento e alla seconda stella della loro carriera di recidivi erano allontanati dal servizio attivo sul mare, alla terza erano spacciati e andavano a raggiungere i loro cari nell'Aldilà. Amici o nemici, alcuni li faceva seppellire vivi, altri li bolliva lessi in un calderone, altri li sfracellava sugli scogli dall'alto di una torre a picco sull'oceano, altri li impalava dall'ano fino alla bocca. I più fortunati li teneva appesi per giorni a testa in giù e poi li segregava squallidamente nudi a sola acqua per un mese in una tenebrosa cantina piena di muffe e topi prima di trarli fuori che sembravano dei fantasmi e di esporli alla berlina come bestie in gabbia davanti alla sua dimora, per servire da monito a chiunque avesse in animo di seguirne le orme e la sorte. Dimagriti di botto di qualche decina di chili se ne attorniava, resi docili e ossequienti, a fare da vili servi in casa sua e questi tali li chiamava “Le Sogliole” o le “Ombre”. Mai più si ardivano a contraddirlo o a incrociare i suoi sguardi di fuoco e se davano ancora segni di alzare minimamente la testa e la cresta o a parlar male di lui, per castigo gli cavava gli occhi e gli tagliava la lingua, poi di persona li flagellava in piazza fino a scorticare con rabbia il loro misero culo e a ridurlo in poltiglia. A pochi che ancora dava segni di resistergli strappò con violenza le palle riducendoli a capponi che consegnava ai suoi più stretti accoliti perché se li passassero e li ripassassero a suon di inculate e se ancora persistevano a palesarsi un po' resiliente gli amputava quel tanto di cazzo che ancora gli restava e glielo faceva mangiare crudo. Nessuno dopo tale devastazione dei propri inguini, ridotti a malandate fattezze donnesche, dimostrava ulteriori spavalderie e veniva relegato come un rifiuto umano fra i “Gallinacei” che aveva ridotto alla stremo, avviato nel “Pollaio” dei suoi “Froci” da stupro, striduli e completamente privati di ogni traccia di dignità e di virilità. Si faceva talmente schifo da solo per le azioni che aveva compiuto durante la giornata che ogni sera dava di vomito prima di addormentarsi.
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