Un Liberto
di
suo schiavo
genere
dominazione
Nell'antica Roma non tutti gli schiavi erano carne da cannone. Molti di essi avevano talento e ambizione sufficienti a meritarsi di venire prima o poi emancipati diventando dei “Liberti”, i quali con molto bernoccolo riuscivano talvolta a farsi strada e a salire di grado fino a diventare anche potenti e ricchissimi. Uno di loro, un certo “Satinerme” ebbe l'idea geniale di istituire nella capitale una prima particolarissima casa di prostituzione, abitata solo da maschi, di diversa età e provenienza, che aveva raccolto in giro fra gli scarti della società. Alcuni erano ex gladiatori riscattati a poco prezzo perché in qualche misura menomati e non più adatti a scendere nell'arena, altri erano giovani efebici e sbandati di poco avvenire che era riuscito a comprare di svendita. Li radunò tutti in un “Lepidarium” facendo evolvere le loro capacità amatorie in tutte le direzioni. Ciascuno doveva imparare a comportarsi da maschio con le femmine e indifferentemente da attivo o da passivo con i propri simili. Vi convenivano delle matrone i cui mariti erano temporaneamente in missione in province lontane, madri o zie che accompagnavano delle fanciulle da iniziare al sesso, e patrizi di alto lignaggio in cerca di avventure, alcuni molto giovani e già debosciati, altri già maturi e in cerca di autore. La formula mista di tale “Casa” riscosse subito un grande successo al punto di essere replicata in diverse città dell'Italia dell'epoca, con filiali a “Panórmus” (Palermo), “Pompéia” (Pompei), “Brundìsium” (Bridisi), “Tàras” (Taranto), “Félsina” (Bologna), “Génua” (Genova), “Mediolànum” (Milano) e in altri località, dando vita a una catena di postriboli ben organizzati, che grazie al frequente interscambio di materiale umano, offrivano sempre un grande e vario assortimento di “Traci”, di “Corinzi”, di “Elleni” e di “Barbari” addetti al sollazzo in tutte le forme richiesto, tanto dalle donne quanto dagli uomini. Ogni “Puttano” aveva un numero tatuato sul braccio con il quale veniva individuato e convocato attraverso un megafono a fare compagnia in appositi cubicoli a coloro che espressamente lo avevano scelto.
-”Numero Dieci al cubicolo Tre”.
Nei momenti di maggior traffico sembrava di stare in una stazione con treni in partenza e in arrivo. Gli avventori più spericolati estraevano a sorte da un'urna una biglia con impresso il numero di colui che il destino gli voleva riservare per quella sera. I “Danti Cazzo e Culo” più gettonati venivano prenotati con giorni di anticipo. Gli “Sfigatelli” rimasti con il pene e le chiappe in mano erano dirottati al pianoterra frequentato solo dalla plebaglia e le loro prestazioni cedute sottocosto fino a quando non si erano fatti le ossa. I tenutari di ognuna di queste benemerite “Case” a fine mese presentavano un rapporto al loro capo “Satinerme” per ragguagliarlo sull'andamento del mercato, facendo pervenire nelle sue mani i lauti proventi di ognuna delle sedi perifericche. L'ideatore dell'iniziativa non sapeva più come impiegare i propri guadagni se non investendoli in sempre nuove “Case” dislocate negli angoli più sperduti dell'impero, che da otto si fecero venti, da venti cinquanta, e da cinquanta cento e più. Diventò l'incontrastato patrono della “Chiavata Universale” e venne insignito dall'imperatore in persona, che comunque figurava fra i suoi più assidui clienti, con l'alto titolo riservato a pochi di “Scaccia Mestizie” di prima classe, con diritto di speciale posto in tribuna ad ogni spettacolo che si teneva al “Colosseo”.
-”Numero Dieci al cubicolo Tre”.
Nei momenti di maggior traffico sembrava di stare in una stazione con treni in partenza e in arrivo. Gli avventori più spericolati estraevano a sorte da un'urna una biglia con impresso il numero di colui che il destino gli voleva riservare per quella sera. I “Danti Cazzo e Culo” più gettonati venivano prenotati con giorni di anticipo. Gli “Sfigatelli” rimasti con il pene e le chiappe in mano erano dirottati al pianoterra frequentato solo dalla plebaglia e le loro prestazioni cedute sottocosto fino a quando non si erano fatti le ossa. I tenutari di ognuna di queste benemerite “Case” a fine mese presentavano un rapporto al loro capo “Satinerme” per ragguagliarlo sull'andamento del mercato, facendo pervenire nelle sue mani i lauti proventi di ognuna delle sedi perifericche. L'ideatore dell'iniziativa non sapeva più come impiegare i propri guadagni se non investendoli in sempre nuove “Case” dislocate negli angoli più sperduti dell'impero, che da otto si fecero venti, da venti cinquanta, e da cinquanta cento e più. Diventò l'incontrastato patrono della “Chiavata Universale” e venne insignito dall'imperatore in persona, che comunque figurava fra i suoi più assidui clienti, con l'alto titolo riservato a pochi di “Scaccia Mestizie” di prima classe, con diritto di speciale posto in tribuna ad ogni spettacolo che si teneva al “Colosseo”.
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